Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2022-11-04, n. 202209694

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2022-11-04, n. 202209694
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202209694
Data del deposito : 4 novembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/11/2022

N. 09694/2022REG.PROV.COLL.

N. 08979/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 8979 del 2021, proposto da
-O-, rappresentata e difesa dall'avvocato M S, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

contro

ANAC – Autorità Nazionale Anticorruzione, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Comune di -O-, -O-, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. -O-, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di ANAC - Autorità Nazionale Anticorruzione;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 aprile 2022 il consigliere A R e viste le conclusioni delle parti, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. L’odierna appellante, già originaria ricorrente, ha impugnato innanzi al Tribunale amministrativo per il Lazio – Roma gli atti con i quali l’Autorità Nazionale Anticorruzione (di seguito “ANAC” o “Autorità” ) le ha irrogato, nella qualità di Presidente dell’Ufficio Procedimenti Disciplinari (nel prosieguo “U.P.D.” o “Ufficio” ) del Comune di -O-, la sanzione pecuniaria di € 5000,00 ex art. 54 bis del D.Lgs. 165/2001, ovvero la Delibera n. -O- adottata dal Consiglio dell'Autorità nell'Adunanza del 4.9.2019, in uno ad ogni atto presupposto connesso e/o conseguenziale, comunque lesivo delle posizioni giuridiche soggettive della ricorrente.

In particolare, la sanzione impugnata è stata applicata in ragione di condotte asseritamente ritorsive (consistenti in due sanzioni disciplinari irrogate dall’U.P.D.) nei confronti del Comandante della Polizia Municipale di -O- -O- il quale aveva chiesto e ottenuto dall’ANAC la tutela del “dipendente pubblico che segnala illeciti” (c.d. whisteblower ) ai sensi dell’art. 54 bis del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (recante “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche” ).

2. Il giudizio così incardinato (nel quale si costituivano l’ANAC e il -O- sostenendo la legittimità dei provvedimenti gravati) è stato definito dalla sentenza in epigrafe, con cui il Tribunale amministrativo ha respinto il ricorso, ritenendo infondati i motivi di censura che avevano lamentato sia l’esistenza di vizi procedurali che il difetto di istruttoria, il travisamento dei fatti e la violazione di legge.

2.1. Il Tribunale ha in sintesi ritenuto: a) che non vi fosse errore nell’individuazione del destinatario della sanzione irrogata (il Presidente del Collegio dell’UDP, anziché l’intero organo collegiale) “perché l’ANAC ha intesto punire la dottoressa -O- non in detta qualità ma per comportamenti da ella personalmente tenuti, ritenuti ritorsivi” ; b) che al dipendente pubblico destinatario dei provvedimenti disciplinari dovesse essere accordata la tutela del c.d. whistleblower ai sensi del ricordato art. 54 bis , qui ricorrendone i presupposti; c) che le sanzioni disciplinari integrassero misure discriminatorie e ritorsive e che fosse, in particolare, dimostrato l’intento ritorsivo del Presidente dell’UDP.

3. L’appello proposto dall’originaria ricorrente avverso la sentenza di primo grado è affidato ai seguenti motivi di diritto:

“1. Error in iudicando - Contraddittorietà manifesta- Difetto di istruttoria- Motivazione perplessa, carente ed erronea- erroneità e/o illogicità e/o contraddittorietà della motivazione in ordine alla corretta e coerente individuazione del destinatario della sanzione- nullità radicale del provvedimento- violazione del principio di unicità e di solidarietà della sanzione.

2. Error in iudicando - contraddittorietà manifesta- difetto di istruttoria- motivazione perplessa, carente ed erronea- Erroneità e/o illogicità e/o contraddittorietà della motivazione nella parte in cui qualifica il -O- Whistleblower- Violazione di legge- Violazione e falsa applicazione degli artt. 54 e 54 bis del D.Lgs. 165/20021- Violazione e falsa applicazione della L. 241/90- Violazione e falsa applicazione delle Linee Guida Anac n. 6/2015 in materia di tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti- Violazione e falsa applicazione della L.R. Campania n. 12/2003- Violazione e falsa applicazione della L. 65/86 Difetto di istruttoria e di motivazione- Travisamento dei fatti- Inesistenza dei presupposti di fatto e di diritto- Violazione degli artt. 24 e 97 della Carta Costituzionale- Sviamento- Eccesso di potere- Contraddittorietà- Illogicità manifesta.

3. Error in iudicando - Contraddittorietà manifesta- Difetto di istruttoria- Motivazione perplessa, carente ed erronea- Erroneità e/o illogicità e/o contraddittorietà della motivazione nella parte in cui si sofferma sul carattere ritorsivo del primo provvedimento sanzionatorio del 14.2.2019 irrogato dall’UDP nei confronti del -O-.

4. Error in procedendo- Error in iudicando - Contraddittorietà manifesta- Difetto di istruttoria- Motivazione perplessa, carente ed erronea- Erroneità e/o illogicità e/o contraddittorietà della motivazione nella parte in cui si sofferma sul carattere ritorsivo del secondo provvedimento sanzionatorio del 14.2.2019 irrogato dall’UPD nei confronti del -O-.

5. Error in iudicando - Difetto di istruttoria- Motivazione perplessa, carente ed erronea- Erroneità e/o illogicità e/o contraddittorietà della motivazione nella parte in cui si sofferma sul carattere ritorsivo delle sanzioni irrogate.”

3.1. Si è costituita in resistenza l’ANAC, argomentando l’infondatezza dell’appello e domandandone il rigetto.

3.2. Il controinteressato, pur ritualmente evocato, non si è costituito nel presente giudizio.

3.3. All’udienza del 7 aprile 2022, la causa è passata in decisione.

DIRITTO

4. L’appello proposto dall’interessata, destinataria dell’impugnata sanzione irrogata dall’ANAC ai sensi dell’art. 54 bis D.Lgs. 165/2001 per condotte asseritamente ritorsive nei confronti del c.d. whistleblower , ripropone sostanzialmente le censure di primo grado, respinte dalla sentenza con motivazione, secondo l’appellante, erronea, contraddittoria e non condivisibile.

4.1. In punto di fatto l’appellante espone:

- che a seguito di un alterco sul luogo di lavoro tra il Comandante della Polizia Municipale del Comune di -O-, -O-, e un Luogotenente della medesima Polizia Municipale, -O-, veniva avviato a carico di quest’ultimo (che avrebbe offeso il primo) e su segnalazione del predetto Comandante un procedimento disciplinare, poi conclusosi, il 20 febbraio 2018, con l’archiviazione a seguito delle formali scuse del sottoposto e in ragione della lieve entità della contestazione, con il solo voto contrario dell’allora Presidente dell’UPD (lo stesso Comandante di Polizia Municipale, il quale ricopriva tale carica sin dal 9 ottobre 2017);

- che in data 27 febbraio 2018 il -O-, dimessosi nel frattempo dalla carica di Presidente dell’U.P.D. dopo l’archiviazione del detto procedimento disciplinare, denunciava all’Autorità giudiziaria i componenti dell’U.P.D. per abuso d’ufficio e omissione di atti d’ufficio in relazione a fatti pregressi concernenti la gestione dei procedimenti disciplinari nel biennio 2016-2017, ma la denuncia era archiviata per infondatezza della notizia di reato, giusto decreto del GIP del Tribunale di S. Maria Capua Vetere del 16.04.2018;

- che in data 31 maggio 2018, a distanza di circa sei mesi dall’alterco, il Comandante -O- sporgeva querela anche nei confronti del Luogotenente per oltraggio a pubblico ufficiale in relazione ai fatti per i quali aveva chiesto l’attivazione del procedimento disciplinare a carico di quest’ultimo, ma anche per tale querela l’Autorità procedente presentava in data 9 aprile 2019 richiesta di archiviazione;

- che nelle more il -O- ometteva di dare comunicazione al Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (come richiede l’art. 6, comma 4 del Codice di comportamento comunale) e al Sindaco quale superiore gerarchico (come, invece, sancito dall’art. 8 d.P.R. n. 63/2012) dell’aver denunciato penalmente il dipendente comunale (l’istruttore di vigilanza -O-) e rilasciava agli organi di stampa, senza autorizzazione del Sindaco, due interviste su fatti commessi nel territorio comunale oggetto di un'indagine penale (per i reati di prostituzione minorile) che aveva avuto grande risonanza mediatica per il Comune di -O- (in violazione dell'art. 10 comma 6 del Codice di comportamento);

- che il Responsabile della prevenzione della corruzione e trasparenza (di seguito RPCT ) del Comune di -O-, apprese queste omissioni, segnalava all’UPD le richiamate violazioni, dandone prima preavviso telefonico al destinatario con nota prot. 48745 del 18.10.2018 (come si evince dalla nota del RPCT del 4 dicembre 2018);

- che in data 20.10.2018, dopo il preavviso di avvio del procedimento disciplinare nei suoi riguardi, il -O- richiedeva all’Autorità giudiziaria la riapertura ex art. 414 c.p.p. delle medesime indagini nel procedimento penale contro i componenti dell’UPD, già archiviato il 16 aprile 2018 (riapertura che, allo stato, non sarebbe stata autorizzata dall’Autorità giudiziaria) e depositava poi (il 29 novembre 2018) una memoria difensiva nell’ambito del primo procedimento disciplinare instaurato nei suoi confronti con la quale sostanzialmente richiedeva all’UPD di astenersi dal giudicarlo in virtù della formulata richiesta di riapertura indagini;

- che ciò nonostante l’UDP, ritenendo infondata l’eccezione di improcedibilità sollevata, dopo articolata istruttoria, irrogava al -O-, in data 14.2.2019, la sanzione della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per giorni 10;

- che in seguito, il 17 dicembre 2018, il nuovo comandante della Polizia Municipale comunicava al RPCT che il -O- aveva, in precedenza, denunciato altri due collaboratori e anche in tal caso omesso di segnalare la situazione di irregolarità al Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza;

- che, a seguito della segnalazione da parte del RPCT di tali omissioni, con atto notificato all’interessato il 5 febbraio 2019 veniva avviato un secondo procedimento disciplinare a suo carico che si concludeva con la sanzione irrogatagli in data 30.05.2019 della sospensione dal servizio per giorni 12 con privazione della retribuzione;

- che due giorni dopo la notifica della seconda contestazione, il 7 febbraio 2019, il -O-, sporgeva una nuova querela contro i due nuovi componenti dell’UPD (07.02.2019) non colpiti dalla sua prima denuncia, che si accingevano a giudicarlo;

- che il -O-, in tutte le memorie difensive presentate nei procedimenti disciplinari in corso contro di lui, “sbandierava” le sue denunce contro l'UPD con il fine di paralizzare i relativi procedimenti avviati nei suoi confronti (cfr. atto di appello);

- che, a seguito di tali accadimenti l’ANAC dava avvio, su impulso di parte, a un procedimento sanzionatorio nei confronti dell’Ufficio Procedimenti disciplinari (dandone comunicazione il 28 febbraio 2019 al suo presidente, odierna appellante, nella detta qualità) per l’accertamento della possibile natura ritorsiva delle sanzioni irrogate nei procedimenti disciplinari contro il -O-, applicando all’esito la sanzione impugnata soltanto nei confronti dell’odierna appellante.

4.2. Così compiutamente delineati i fatti di causa, con i motivi di gravame articolati l’appellante lamenta che:

a) la sentenza avrebbe erroneamente trascurato l’illegittimità della sanzione impugnata, in quanto irrogata ex art. 54 bis D.Lgs. 165/2001 nei confronti del solo Presidente dell’UPD, benché le condotte asseritamente ritorsive nei riguardi del c.d. whistleblower siano consistite in sanzioni disciplinari adottate collegialmente e all’unanimità dall’intero Ufficio e non vi sia prova in atti- contrariamente a quanto sostenuto dal primo giudice- di comportamenti ritorsivi “personalmente” tenuti dall’appellante;
tale personale animosità o inimicizia andrebbe anzi esclusa rispetto all’appellante tanto più che quest’ultima non è stata l’unica ad essere denunciata dal dipendente ma lo sono stati anche gli altri componenti dell’Ufficio;
difatti però la -O- è stata l’unica ad essere punita per un provvedimento collegiale;
il provvedimento sanzionatorio gravato violerebbe quindi i “principi di unicità e solidarietà della sanzione” desumibili anche dall’art. 2055 cod. civ. (laddove si stabilisce la responsabilità di “tutti” in caso di “fatto imputabile a più persone” ) e dall’art. 24 del T.U. n. 3 del 1957 ( Testo Unico degli impiegati dello Stato ) che ha introdotto nell’ordinamento il principio generale di attribuzione delle responsabilità solidale a tutti i componenti del collegio amministrativo deliberante che hanno preso parte ad atti e operazioni comportanti la violazione di diritti, a meno che non sia stata esternata nel verbale un’ eventuale posizione di dissenso;
a ciò conseguirebbe la “nullità radicale del provvedimento” (primo motivo di appello);

b) la sentenza sarebbe erronea nella parte in cui non ha considerato che non sussistevano i presupposti per l’operatività della tutela del c.d. whisteblower posta a base del provvedimento sanzionatorio impugnato: in disparte l’assenza di segnalazione di condotte illecite in forma anonima, non vi è stato infatti e comunque non è provato (né nel procedimento né nel conseguente giudizio amministrativo per l’annullamento dei provvedimenti impugnati) alcun intento ritorsivo da parte dell’Ufficio e, tanto meno, dell’appellante;
ciò sarebbe dimostrato dal fatto che la Presidente dell’UPD ha sospeso il procedimento per consentire al dipendente di accedere alle progressioni verticali;
inoltre, il dipendente non ha denunciato condotte “per la tutela dell’integrità dell’amministrazione” ma afferenti a fatti e vicende personali (originate dall’alterco in cui il sottoposto avrebbe proferito al suo indirizzo una frase offensiva), mentre il procedimento penale nei confronti dei componenti dell’UPD è stato archiviato e non risulta che vi sia stata alcuna riapertura delle indagini (richiesta dal dipendente), non essendo state perciò in alcun modo accertate condotte illecite nella gestione dei procedimenti disciplinari commesse dai componenti dell’Ufficio;
sicché dalla complessiva ricostruzione della vicenda sarebbe certamente rilevabile che né l’Ufficio né tantomeno la ricorrente abbiano agito in via ritorsiva nei confronti del -O-, potendo anzi ben sostenersi il contrario;

c) sotto altro profilo, la sentenza sarebbe ingiusta erronea e ingiusta anche per non aver considerato l’insussistenza di ragioni di astensione dal procedimento disciplinare (tale non essendo, per giurisprudenza consolidata, la mera denuncia sporta nei confronti del dipendente) e che le sanzioni disciplinari sono state irrogate, oltre che per la mancata segnalazione di condotte illecite asseritamente commesse dall’istruttore di vigilanza e da altri due collaboratori da parte dell’allora Comandante della Polizia Municipale, anche per aver quest’ultimo rilasciato, senza autorizzazione del Sindaco, dichiarazioni agli organi di stampa su indagini penali concernenti fatti di reato commessi nel territorio comunale.

6. L’appello, i cui motivi possono essere trattati congiuntamente stante la loro connessione, è fondato.

7. L’articolo 54 bis del D. Lgs n. 165/2001, rubricato “Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti” , introdotto dalla L. n. 6 novembre 2012, n. 190 ( Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione ) e modificato dalla L. 30 novembre 2017, n. 179 ( Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell'ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato ) ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico la figura del c.d. whistleblower , prevedendone le relative forme e strumenti di tutela: tale è colui che, nell'interesse dell'integrità della pubblica amministrazione segnala o denuncia al Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza o all’ANAC ovvero denunci all’autorità giudiziario ordinaria o contabile condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro;
in conseguenza di ciò il dipendente pubblico non può subire condotte ritorsive e perciò non può essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito, o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro determinata dalla segnalazione;
egli ha inoltre diritto alla tutela della riservatezza, infatti la sua identità non può essere rivelata, è coperta dal segreto nell’ambito del procedimento penale nei modi e limiti previsti dal codice di rito e nel procedimento dinanzi alla Corte dei conti non può essere rivelata fino alla chiusura della fase istruttoria.

7.1. In particolare, l’art. 54 bis prevede che: “1. Il pubblico dipendente che, nell'interesse dell'integrità della pubblica amministrazione, segnala al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza di cui all'articolo 1, comma 7, della legge 6 novembre 2012, n. 190, ovvero all'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), o denuncia all'autorità giudiziaria ordinaria o a quella contabile, condotte illecite di cui è venuto a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro non può essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito, o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro determinata dalla segnalazione. L'adozione di misure ritenute ritorsive, di cui al primo periodo, nei confronti del segnalante è comunicata in ogni caso all'ANAC dall'interessato o dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative nell'amministrazione nella quale le stesse sono state poste in essere. L'ANAC informa il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri o gli altri organismi di garanzia o di disciplina per le attività e gli eventuali provvedimenti di competenza.

2. Ai fini del presente articolo, per dipendente pubblico si intende il dipendente delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, ivi compreso il dipendente di cui all'articolo 3, il dipendente di un ente pubblico economico ovvero il dipendente di un ente di diritto privato sottoposto a controllo pubblico ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile. La disciplina di cui al presente articolo si applica anche ai lavoratori e ai collaboratori delle imprese fornitrici di beni o servizi e che realizzano opere in favore dell'amministrazione pubblica.

3. L'identità del segnalante non può essere rivelata. Nell'ambito del procedimento penale, l'identità del segnalante è coperta dal segreto nei modi e nei limiti previsti dall'articolo 329 del codice di procedura penale. Nell'ambito del procedimento dinanzi alla Corte dei conti, l'identità del segnalante non può essere rivelata fino alla chiusura della fase istruttoria. Nell'ambito del procedimento disciplinare l'identità del segnalante non può essere rivelata, ove la contestazione dell'addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione, anche se conseguenti alla stessa. Qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione e la conoscenza dell'identità del segnalante sia indispensabile per la difesa dell'incolpato, la segnalazione sarà utilizzabile ai fini del procedimento disciplinare solo in presenza di consenso del segnalante alla rivelazione della sua identità.

4. La segnalazione è sottratta all'accesso previsto dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n.241, e successive modificazioni.

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