Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-07-12, n. 201303759

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-07-12, n. 201303759
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201303759
Data del deposito : 12 luglio 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02373/2013 REG.RIC.

N. 03759/2013REG.PROV.COLL.

N. 02373/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2373 del 2013, proposto da:
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

G M, rappresentato e difeso dall'avv. G M, con domicilio eletto presso G M in Roma, via Angelo Brofferio, 7;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I BIS n. 00709/2013, resa tra le parti, concernente accesso agli atti del procedimento di individuazione alloggi di servizio resi alienabili


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di G M;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 21 maggio 2013 il Cons. Nicola Russo e uditi per le parti l’Avvocato dello Stato Pampanelli e l’Avvocato Murano;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso notificato il 20.3.2013 e depositato il 29.3.2013, il Ministero della Difesa ha impugnato la sentenza del TAR Lazio, Sez. I bis n. 709/13 del 22.1.2013, notificata il 19.2.2013, con cui è stato accolto il ricorso, proposto in pendenza di giudizio, ai sensi dell’art. 116, comma 2, del d.lg. n. 104/2010, con cui il signor G M aveva chiesto la declaratoria del diritto ad accedere alla documentazione relativa alla procedura di trasferimento al patrimonio disponibile degli alloggi da alienare ai sensi dell’art. 306, comma 3, del d.lg. n.66/2010, di cui all’istanza presentata, in via amministrativa, il 6.8.2012.

Il giudice di prime cure, dopo aver constato:

“-che l’interesse del Montesano ad accedere agli atti di cui è causa non può, obiettivamente, esser posto in dubbio;

-che tali atti paiono effettivamente necessari per consentire al ricorrente di svolgere al meglio le sue ragioni nel giudizio (pendente presso questo Tribunale: e per il quale è già stata fissata, al 13.2.2013, l’udienza di discussione) concernente un decreto direttoriale avente ad oggetto proprio il cennato trasferimento al patrimonio disponibile dello Stato;

-che, nella fattispecie, non sussistono di certo le condizioni previste – dall’ordinamento – per la secretazione degli atti amministrativi;

-che non ricorrono, neppure, reali esigenze di tutela della riservatezza di terzi. (Esigenze che dovrebbero, comunque, ritenersi recessive rispetto a quelle connesse alla possibilità – per un soggetto – di esercitare compiutamente il suo “diritto di difesa” nelle competenti sedi giurisdizionali)”;
così provvedeva:

“-accoglie il ricorso indicato in epigrafe e, per l’effetto, dichiara sussistente il diritto del Montesano di prender visione di tutti gli atti richiesti – in via amministrativa – il 6.8.2012;

-ordina al Ministero della Difesa (e, per esso, al Ministro “pro tempore”) di consentire al ricorrente di estrarre – a sue spese: ed entro il termine di 20 giorni (decorrenti dalla comunicazione della presente sentenza) – copia di tali atti;

-condanna lo stesso Ministero al pagamento delle spese del giudizio: che liquida in complessivi 1500 euro;

-fissa, per la trattazione del (vero e proprio) merito della controversia, la pubblica udienza del 29.5.2013”.

Il Ministero deduce l’erroneità della sentenza impugnata: a) trattandosi di un’istanza di accesso inammissibile ex art. 24, comma 3, della legge n. 241/90, in quanto tendente ad un controllo generalizzato dell’operato delle pubbliche amministrazioni;
b) trattandosi di documentazione comunque sottratta all’accesso, ai sensi dell’art. 24 della legge n. 241/90, in relazione all’interesse alla salvaguardia della difesa nazionale, con conseguente messa in pericolo degli interessi pubblici, a fronte dei quali il mero collegamento con le esigenze di difesa in giudizio addotte dal ricorrente non sarebbe sufficiente a porre nel nulla la normativa sulla sottrazione della documentazione in questione all’accesso, avendo del resto il Montesano già azionato un fitto contenzioso contro l’Amministrazione a tutela delle proprie ragioni e non presentando, la documentazione richiesta, quei caratteri di inderogabile necessità, diversi dall’utilità, ai fini difensivi, che è indefettibilmente richiesta dalla giurisprudenza ai fini che qui rilevano.

Si è costituito il Montesano, contestando, con articolate controdeduzioni, le argomentazioni contenute nell’appello, sia per quanto concerne la pretesa inammissibilità dell’accesso con riferimento ad un controllo generalizzato dell’operato delle pubbliche amministrazioni, sia con riferimento ai pretesi motivi attinenti alla sicurezza e difesa nazionale e chiedendo, pertanto, il rigetto dell’appello, con vittoria delle spese di giudizio.

DIRITTO

L’appello è inammissibile.

L’art. 116, comma 2, del nuovo codice del processo amministrativo prevede la possibilità che il ricorso avverso il diniego espresso o tacito di accesso sia proposto in un ricorso già pendente, con istanza notificata e depositata presso la segreteria della sezione cui è assegnato il ricorso principale. L’istanza è decisa con ordinanza separatamente dal giudizio principale o con la stessa sentenza che definisce il giudizio.

Nella vigenza della pregressa disciplina era sorta questione, che non pare sia stata risolta dal nuovo codice, circa la natura di tale giudizio incidentale, e, cioè, se la relativa ordinanza avesse carattere istruttorio ovvero decisorio.

Secondo l’orientamento che il Collegio ritiene preferibile (cfr. Cons. St., Sez. VI, ord. 22 gennaio 2002, n. 401), l’ordinanza istruttoria prevista dall’art. 1, comma 1 ultima parte L. n. 205 del 2000, mediante la quale è decisa in camera di consiglio l’impugnativa di cui all’art. 25, comma 5, L. n. 241 del 1990 proposta, come nel caso di specie, per l’accesso ai documenti amministrativi in pendenza di ricorso, presuppone non soltanto la riscontrata sussistenza delle condizioni per l’esercizio del diritto di accesso, ma anche l’acclarata utilità dei documenti ai fini della decisione di merito, trattandosi di atto strettamente inerente ai poteri istruttori del giudice, non autonomamente appellabile, ferma la possibilità di contestarne la legittimità in sede di impugnazione della sentenza di merito.

Occorre, dunque, anche nel vigente sistema, tener fermo il carattere strumentale dell’istanza di accesso rispetto alle domande ed eccezioni proposte nel giudizio nel quale l’istanza stessa si inserisce e ciò in omaggio al carattere istruttorio dell’ordinanza, risultante dalla previsione legislativa.

La norma del codice non utilizza la parola ricorso, ma parla di “istanza”, evidenziandone il carattere di incidentalità e cioè di inserimento in un processo già avviato.

L’ordinanza in questione, dunque, ha in ogni caso natura istruttoria, in quanto presuppone comunque il vaglio della pertinenza dei documenti in relazione al giudizio in corso.

Il Collegio non condivide, pertanto, né la tesi dell’autonomia dell’istanza rispetto alla sorte del processo principale all’interno del quale venga fatta valere (cfr. Cons. St. Sez. IV, 12 maggio 2010, n. 1470), né quella che distingue, a seconda del contenuto motivazionale, tra ordinanze che si pronunciano sull’istanza, accogliendola o respingendola in relazione ai presupposti inerenti all’accesso in quanto tale, aventi natura decisoria e quindi appellabili, ed ordinanze che respingono l’istanza perché ritengono i documenti richiesti non utili ai fini del giudizio in corso, aventi natura meramente istruttoria e non autonomamente appellabili (cfr. Cons. St., Sez. V, 25 giugno 2010, n. 4068).

Tale distinzione appare priva di pregio;
in realtà trattasi di provvedimenti aventi comunque natura ordinatoria, e cioè di provvedimenti che non pregiudicano la decisione finale, sia quando decidono sulla rilevanza dei documenti sia quando decidono sulla sussistenza delle condizioni di ammissibilità dell’istanza;
essi, infatti, non sono preclusivi e, cioè, non possiedono né il carattere della irretrattabilità da parte del giudice che li ha emessi né quello di essere suscettibili di produrre giudicato formale.

Nel caso di specie, al di là del nomen iuris adoperato dal provvedimento adottato dal giudice di prime cure, avente la forma di sentenza, tale provvedimento, ha, in realtà, natura sostanziale di ordinanza - ed è noto che nell’ordinamento processuale la sostanza deve sempre prevalere sulla forma - dal momento che, nell’accogliere la domanda, dichiarando il diritto dell’istante a prendere visione dei documenti richiesti, ha al contempo fissato “per la trattazione del (vero e proprio) merito della controversia, la pubblica udienza del 29.5.2013”.

E’ evidente, dunque, che il provvedimento impugnato in questa sede presuppone l’accertamento non solo delle condizioni legittimanti l’accesso, ma anche dell’utilità dei documenti ai fini della decisione finale da assumere in primo grado.

Stante la natura necessariamente ordinatoria e non decisoria del provvedimento impugnato ne consegue l’inammissibilità dell’appello.

La novità delle questioni trattate giustifica l’integrale compensazione fra le parti delle spese del presente grado di giudizio.

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