Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2015-03-04, n. 201501069
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N. 01069/2015REG.PROV.COLL.
N. 08630/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8630 del 2014, proposto dalla società Italian International Film S.r.l., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dagli avvocati F T, A T e A G, con domicilio eletto presso A T in Roma, Via Cicerone, n. 49
contro
Ministero per i beni e le attività culturali e il turismo, in persona del Ministro
pro tempore
, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12
nei confronti di
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato e le Regioni e Le Provincie autonome di Trento e Bolzano, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12
per la riforma della sentenza del T.A.R. del Lazio, Sezione II-quater, n. 8745/2014
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero per i beni e le attività culturali, della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell'Economia e delle Finanze e della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 3 febbraio 2015 il Cons. Claudio Contessa e uditi per le parti gli avvocati Tedeschini e Giussani;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue
FATTO
La società appellante riferisce di essere attiva nel settore cinematografico e di aver presentato ai competenti Uffici del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, in data 15 marzo 2012, un’istanza finalizzata al riconoscimento dei benefici economici di cui all’articolo 10 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 28.
Con ricorso proposto dinanzi al T.A.R. del Lazio ai sensi degli articoli 31 e 117 cod. proc. amm. e recante il n. 11115/2013 l’odierna appellante ha chiesto l’accertamento dell’obbligo di provvedere sulla richiamata domanda, ritenendo che fosse ormai decorso il termine per provvedere, a mente del d.P.C.M. 22 dicembre 2010, n. 271 (‘ Regolamento di attuazione dell'articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, riguardante i termini dei procedimenti amministrativi del Ministero per i beni e le attività culturali aventi durata non superiore a novanta giorni ’).
Nel corso del primo grado di giudizio il Ministero appellato ha depositato in atti una nota in data 20 febbraio 2014 da cui risulta intervenuta la quantificazione definitiva del contributo in favore della società appellante (pari a 934.756,45 euro), mentre il materiale pagamento delle somme sarebbe avvenuto una volta che sussistesse la disponibilità di cassa sul relativo capitolo di bilancio.
Con la sentenza in epigrafe il Tribunale adito (accogliendo la richiesta in tal senso formulata dal Ministero appellato) ha dichiarato il ricorso improcedibile per cessazione della materia del contendere.
La sentenza in questione è stata impugnata in appello dalla società Italian International Film s.r.l. la quale ne ha chiesto la riforma articolando un unico motivo ( Error in iudicando – Violazione di legge – Violazione e falsa applicazione dell’art. 10 del decreto legislativo 28 del 2004 e degli articoli 3 r 9 del decreto ministeriale 8 febbraio 2013 ).
Si è costituito in giudizio il Ministero per i beni e le attività culturali e il turismo il quale ha concluso nel senso della reiezione dell’appello.
Alla camera di consiglio del 3 febbraio 2015 il ricorso è stato trattenuto in decisione
DIRITTO
1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto da una società attiva nel settore cinematografico avverso la sentenza del T.A.R. del Lazio con cui è stata dichiarata l’improcedibilità per cessazione della materia del contendere del ricorso proposto avverso il silenzio serbato dal Ministero per i beni e le attività culturali e il turismo a fronte dell’istanza finalizzata al riconoscimento dei benefici economici di cui all’articolo 10 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 28.
2. L’appello è infondato.
2.1. Con l’unico motivo di appello la società Italian International Film lamenta l’erroneità della sentenza in epigrafe per la parte in cui ha dichiarato la cessazione della materia del contendere in relazione all’instaurato giudizio avverso il silenzio, stante l’adozione della nota ministeriale in data 20 febbraio 2014 con la quale era stato comunicato l’ammontare del contributo dovuto e si era precisato che “ la liquidazione del suddetto contributo potrà essere effettuata – nel rispetto dell’ordine cronologico determinato dalla stessa data di presentazione dell’istanza – successivamente alla finalizzazione al settore degli incassi di una quota del FUS cinema, ed alla conseguente disponibilità di cassa sul pertinente capitolo di bilancio ”.
In tal modo decidendo, infatti, i primi Giudici avrebbero omesso di considerare che l’adozione della richiamata nota non valesse a concludere il procedimento avviato con la richiesta in data 15 marzo 2012 il quale è finalizzato in ultima analisi alla liquidazione del contributo e non solo alla sua mera quantificazione.
In definitiva, l’impugnata decisione di improcedibilità sarebbe basata su un vero e proprio fraintendimento fra la fase di quantificazione del contributo e quella della sua liquidazione (da intendersi come materiale corresponsione delle somme dovute).
In particolare i primi Giudici avrebbero interpretato in modo non corretto le previsioni degli articoli 2, 3, 6 e 9 del decreto ministeriale 8 febbraio 2013 (attuativo dell’articolo 10 del decreto legislativo n. 28 del 2004) il cui combinato disposto porterebbe a ritenere che entro il sessantesimo giorno successivo alla data di scadenza del termine di diciotto mesi decorrenti dalla prima proiezione delle pellicole ammesse al contributo, gli Organi del Ministero debbano provvedere alla liquidazione dei contributi dovuti - intesa come materiale corresponsione delle somme dovute e non solo come quantificazione degli importi – (in tal senso, in particolare, l’articolo 3, comma 1 del richiamato decreto).
Pertanto, siccome il procedimento avviato con l’istanza di parte mira sia ad ottenere la quantificazione del dovuto, sia ad ottenere la concreta corresponsione delle somme, i primi Giudici avrebbero – al più – dovuto dichiarare la soltanto parziale cessazione della materia del contendere (in relazione alla fase della quantificazione) e dichiarare la persistente inottemperanza dell’amministrazione in ordine all’obbligo di versamento del dovuto.
2.2. Il motivo è infondato.
2.2.1. Il Collegio ritiene infatti che la nota ministeriale in data 20 febbraio 2014, pur se tardivamente adottata, ha effettivamente posto fine all’inerzia dell’amministrazione in relazione all’istanza di liquidazione presentata in data 15 marzo 2012 e che non possa condividersi la tesi dell’appellante secondo cui la nozione di ‘liquidazione’ di cui all’articolo 3, comma 1 del decreto ministeriale 8 febbraio 2013 starebbe ad indicare non solo “ l’ammontare teorico dei contributi da assegnare ” (secondo la terminologia dell’articolo 2, comma 2), ma anche la materiale corresponsione degli importi medesimi.
Si osserva inoltre che, ai sensi dell’articolo 117, comma 5 del cod. proc. amm., a fronte di un atto (la richiamata nota ministeriale del 20 febbraio 2014) in ipotesi ritenuto non satisfattivo e non conforme al pertinente paradigma normativo, l’appellante avrebbe potuto e dovuto attivare il rimedio dell’impugnativa con motivi aggiunti, ma non avrebbe potuto avvalersi del rimedio del giudizio avverso il silenzio per censurare un’inerzia che ormai era venuta meno, mercé l’adozione di un atto espresso.
Al riguardo si osserva che la scansione delineata dagli articoli 2, 3 e 9 del richiamato decreto ministeriale distingua in modo piuttosto netto:
- la fase della liquidazione – per così dire – ‘preliminare’ di cui all’articolo 3, comma 1 (intesa, conformemente alle generali regole contabili, come determinazione dell’esatto ammontare della spesa o del debito con contestuale individuazione dell’esatto creditore ) e
- la successiva fase del materiale soddisfacimento delle istanze liquide ed esigibili (articolo 2, comma 3) alla quale è prodromica l’esatta determinazione della quota parte del fondo unico dello spettacolo (F.U.S.) di cui alla l. 30 aprile 1985, n. 163 che potrà essere destinata ai contributi di cui all’articolo 10 del decreto legislativo n. 28 del 2004.
E il fatto che (contrariamente a quanto ritenuto dall’appellante) la nozione di ‘liquidazione’ di cui all’articolo 3, comma 1 del decreto ministeriale 8 febbraio 2013 stia semplicemente ad indicare la determinazione di un ammontare teorico di contributi da assegnare (senza che ciò comporti un titolo giuridico all’immediata corresponsione di tale quantum , anche a prescindere dalla previa ripartizione del F.U.S.) è confermato dalla lettura contestuale degli articoli 2 e 3 del richiamato decreto, da cui emerge:
- che l’iniziale liquidazione dei contributi dovuti a ciascuna impresa ai sensi del richiamato articolo 3, comma 1 (effettuata in base agli incassi delle pellicole) non determina un quantum finanziario che sarà certamente corrisposto all’impresa cinematografica;
- che, al contrario, la concreta quantificazione degli importi dovuti avviene all’esito di un’ulteriore e diversa fase (disciplinata nei suoi tratti essenziali dall’articolo 5 del richiamato decreto) al cui esito è ben possibile che il contributo in effetti erogato risulti di ammontare diverso (inferiore) rispetto all’iniziale liquidazione, in conseguenza della quantificazione della quota parte del F.U.S. che il decreto ministeriale annuale di cui all’articolo 2 destinerà alle finalità di cui all’articolo 10 del decreto legislativo n. 28 del 2004 (non a caso, l’articolo 2, comma 2 parla in modo significativo di “ ammontare complessivo teorico di contributi da assegnare ”, in tal modo confermando che l’iniziale quantificazione operata ai sensi dell’articolo 3, comma 1 non consente di disporre di un titolo giuridico certo alla corresponsione delle somme in tal modo determinate);
-. che, in modo significativo, l’articolo 2, comma 3 del richiamato decreto ministeriale stabilisce che “ le risorse annualmente stanziate nel pertinente capitolo di spesa con il decreto ministeriale di ripartizione del Fondo unico per lo spettacolo di cui alla legge 30 aprile 1985, n. 163, vengono utilizzate per soddisfare in ordine cronologico le istanze liquide ed esigibili giacenti presso l'Amministrazione, anche con riferimento a quelle di cui al successivo art. 9, comma 2 ”. E il riferimento al carattere ‘ liquido ed esigibile ’ del credito che può essere in concreto soddisfatto rende altrimenti palese che la mera quantificazione/liquidazione operata in via preliminare ai sensi dell’articolo 3, comma 1, cit. non conferisce un titolo certo e immediatamente azionabile per la corresponsione del contributo.
Si tratta di un ordito normativo complessivamente lineare nella sua impostazione di fondo e nei cui confronti, comunque, l’odierna appellante non ha rivolto specifiche censure (peraltro, in via di principio incompatibili con la tipologia di rito prescelta).
4. Per le ragioni sin qui esposte l’appello in epigrafe deve essere respinto.
Il Collegio ritiene che sussistano giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese fra le parti anche in considerazione della parziale novità delle questioni di diritto sottese alla presente decisione.