Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2010-04-13, n. 201002045

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2010-04-13, n. 201002045
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201002045
Data del deposito : 13 aprile 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 05942/2008 REG.RIC.

N. 02045/2010REG.SEN.

N. 05942/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 5942 del 2008, proposto dal prof. -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avv. D R, presso cui elettivamente domicilia in Roma, Lungotevere Marzio 3,

contro

l’Università degli studi di Padova, in persona del Rettore p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti C C e L M e presso il secondo elettivamente domiciliata in Roma, via F. Confalonieri 5,
e
il Ministero dell’università e della ricerca, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi 12;

per la riforma

della sentenza del TAR del Veneto, Sez. I, 14 maggio 2007, n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente RISARCIMENTO DANNO PER MOBBING.


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio delle parti appellate;

Esaminate le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti tutti gli atti di causa;

Vista la decisione interlocutoria n. 6226 del 9 ottobre 2009 ed il conseguente adempimento istruttorio;

Relatore, alla pubblica udienza del 15 gennaio 2010, il consigliere Paolo Buonvino;

Uditi per le parti gli avvocati Resta, Cester e L M;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

1) – Si riporta, di seguito, la decisione interlocutoria della Sezione n. 6226 del 9 ottobre 2009, relativa al presente gravame.

“Oggetto dell’appello è la sentenza specificata in rubrica, con la quale il TAR del Veneto ha respinto il ricorso proposto dall'attuale appellante, in servizio fino al 1° aprile 2005 presso l'Università di Padova quale professore associato confermato, per l'accertamento del comportamento vessatorio, tenuto dall'Università nei suoi confronti fin dagli anni ‘70, e per la condanna al risarcimento dei danni subiti a titolo di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, distintamente a titolo di danno biologico, danno morale, danno esistenziale, danno all'immagine, danno patrimoniale, per complessivi di € 2.255.000,00.

Secondo il primo giudice, che, peraltro ha ritenuto sussistere la giurisdizione amministrativa sia in relazione alla responsabilità ex articolo 2087 del codice civile, sia in relazione alla responsabilità ex articolo 2043 del codice civile, non vi sarebbero nel caso di specie gli estremi per configurare un comportamento vessatorio imputabile al datore di lavoro ma, semmai, una situazione di forte competizione tra pari grado, che peraltro ha visto il ricorrente più volte sconfitto.

L'appellante contesta le motivazioni contenute nella sentenza, sostenendo, al contrario, che l'Amministrazione, attraverso i suoi dirigenti, avrebbe perseguito costantemente l'obiettivo di mortificarne l'immagine, la professionalità e la posizione tanto da indurlo a presentare le dimissioni dal servizio. Il primo giudice, infatti, nel ridurre le vessazioni a mere competizioni tra pari grado, ha trascurato di considerare che egli era legato agli autori della condotta dell'Amministrazione da un vincolo di dipendenza gerarchica e funzionale, posto che questi, in quanto professori ordinari, svolgevano il ruolo di direttore del Dipartimento e di direttore della Clinica ostetrica presso l'Università di Padova. Cioè del servizio cui l'appellante era assegnato in qualità di professore associato, equiparato a medico appartenente ad una posizione intermedia. Contesta, poi, la sentenza impugnata sotto il profilo del difetto di motivazione. Nelle conclusioni, l'appellante, in via istruttoria, chiede che venga disposta una consulenza tecnica d'ufficio di carattere medico legale, al fine di accertare eziologia, natura e gravità delle patologie lamentate nonché l'acquisizione di documentazione in possesso presso l'Università di Padova.

Conclude quindi chiedendo, in riforma della sentenza appellata, l'accoglimento delle domande proposte con il ricorso di primo grado.

E’ costituita in giudizio l’Università degli studi di Padova, che controbatte le tesi avversarie, eccependo, in via preliminare, la propria carenza di legittimazione, in relazione alla mancata attribuzione della direzione delle scuole di ostetricia di Venezia e di Udine ed al mancato svolgimento dell'attività assistenziale, per la quale è competente il Servizio sanitario nazionale. Sempre in via preliminare, eccepisce la prescrizione delle pretese anteriori al 17 giugno 1986. Contesta, poi, nel merito le affermazioni dell’appellante, che ritiene sfornite della benché minima prova per quel che attiene sia al comportamento antigiuridico che al danno subito, con riferimento alle singole voci indicate dall’appellante. Conclude, infine, per il rigetto dell'appello.

E’ altresì costituito in appello il Ministero dell'istruzione, dell’università e della ricerca, che chiede venga dichiarata la sua estromissione del giudizio trattandosi gli atti e comportamenti riferibili unicamente all'Ateneo…………………

Il giudice di primo grado, pur ammettendo che nel caso di specie "il servizio e il cursus honorum del ricorrente, all’interno della divisione medica in cui operava, può dirsi contrassegnato da forte ostilità con le due figure di vertice con le quali egli ha avuto a che fare nel corso del suo servizio" ha però aggiunto che "anche se può sembrare in qualche modo forzato, si può dire, invero, che i veri avversari del ricorrente sono i prof. O. e A., che, stando alla narrazione dei fatti , lo hanno osteggiato in tutti i modi. Ma essi, più che come esponenti della P.A.- datore di lavoro, vanno considerati, insieme con gli altri medici- docenti preferiti al ricorrente, all’incirca quali concorrenti pressoché inter pares, sul terreno della competizione professionale (da cui il ricorrente è uscito a più riprese sconfitto)".

Ora, l'appello contesta tale impostazione osservando che i prof. -OMISSIS- e -OMISSIS-, in quanto professori ordinari hanno svolto in successione un ruolo, quali direttori del Dipartimento e della clinica ostetrica presso l'Università di Padova, gerarchicamente sovraordinato a quello del ricorrente il quale rivestiva la qualifica di professore associato. Una posizione che ha loro consentito di esercitare una serie di pressioni psicologiche e vessazioni, che, in quanto tollerate dall'Amministrazione universitaria, sono ad essa direttamente riconducibili sotto il profilo risarcitorio. Sottolinea inoltre come il nesso di causalità tra le persecuzioni subite e la patologia da cui è affetto il ricorrente "cardiopatia ischemico ipertensiva e dilatativa con fibrillazione istriale" è stato già accertato dal comitato per la verifica delle cause di servizio nell'adunanza del 5 dicembre 2005 come derivante dalle particolari condizioni in cui egli è stato costretto a lavorare.

2. Prima di procedere all'esame delle questioni di diritto sottese alla presente controversia, il Collegio ritiene di dover espletare attività istruttoria al fine di collocare secondo una precisa visione prospettica alcune situazioni di fatto rilevanti ai fini del decidere:

La prima concerne la ricostruzione della posizione di dipendenza gerarchica del ricorrente dai proff. O. e A., nei periodi in cui si sono svolti gli episodi da lui riferiti e puntualmente riportati nell'esposizione in fatto contenuta nella sentenza impugnata, nonché riepilogati dall'appellante nella memoria presentata per l'odierna udienza di discussione datata 25 maggio 2009.

La seconda riguarda la conoscenza da parte degli organi accademici della situazione conflittuale esistente all’interno del Dipartimento e della Clinica ostetrica e le eventuali misure adottate per porvi rimedio.

La terza concerne il procedimento per la concessione dell'equo indennizzo, non solo in relazione al nesso di causalità ma anche in relazione agli sviluppi che esso ha avuto in termini di ristoro del pregiudizio sanitario subito dall’interessato.

3. Ai fini del decidere, pertanto, appare opportuno acquisire agli atti del presente giudizio:

- una relazione documentata dalla quale risulti la situazione gerarchica interna alla Clinica Ostetrica per i periodi nei quali erano direttori professori O. e .e i due direttori avevano assegnato al professor L.V., con l'ulteriore specificazione se tali compiti fossero assegnati in autonomia oppure sotto il coordinamento di altro sanitario. In quest'ultimo caso, la relazione dovrà contenere il nome e la qualifica del sanitario incaricato della funzione di coordinamento e direzione;

- una relazione documentata sulle misure adottate per porre fine alla conflittualità denunciata nell’atto introduttivo del giudizio ed ammessa pacificamente dall’Amministrazione universitaria negli scritti difensivi acquisiti agli atti del giudizio;

- tutti gli atti relativi al procedimento per la concessione dell'equo indennizzo”.

Intervenuto l’adempimento istruttorio da parte dell’Università appellata (atti depositati il 19 dicembre 2009), la causa torna all’esame del Collegio.

DIRITTO

1) – Prima di prendere in esame le eccezioni di inammissibilità dell’originario ricorso per difetto di legittimazione passiva dell’Università appellata (nonché la richiesta di estromissione dal giudizio avanzata dal MURST), ritiene il Collegio di dover riassumere gli specifici elementi fattuali succedutisi nel tempo ed elencati dall’interessato che connoterebbero di antigiuridicità il comportamento omissivo al quale l’appellante riconduce l’accusa di mobbing nei confronti dell’Ateneo patavino.

Le vicende in questione, che si desumono dagli atti di causa, si articolano come segue:

- il prof. L. (appellante) è stato assistente incaricato presso la Clinica di ostetricia e ginecologia dell’Università di Padova dal 1° aprile 1971 al 30 novembre 1972;
da tale data fino al 30 marzo 1977 è stato ivi assistente di ruolo;
da tale ultima data fino al 29 dicembre 1985 è stato assistente di ruolo presso la cattedra di ostetricia e ginecologia, ma, in tale posizione, non ha potuto svolgere attività assistenziale (e percepire la relativa indennità) in quanto si trattava di struttura priva di posti letto;

- lo stesso appellante, l’8 aprile 1978, ha inviato una nota al rettore dell’Università patavina in cui ricordava l’indissolubilità – giusta c.m. del 5 giugno 1978 – delle attività didattica, scientifica e assistenziale “dell’unica funzione del docente medico universitario” e segnalava la “gravissima anomalia esistente nell’Istituto di Patologia ostetrica”, di cui faceva parte, in cui non poteva praticarsi alcuna attività assistenziale e chiedeva un intervento dell’Ateneo per sanare tale illegittima situazione, pregiudizievole dei suoi interessi economici e di carriera;

- la richiesta non aveva alcun seguito da parte dell’Università;

- successivamente (1982) il prof. L. è stato querelato dal prof. O. in quanto il primo avrebbe riferito ai dott. M. e C., oltreché al dott. F., che lo stesso prof. O. gli avrebbe chiesto 40/60 milioni – mediante finanziamento a una sua rivista – per il superamento degli esami di idoneità a professore associato;
il prof. O. avrebbe addotto anche due lettere dei dott. C. e M. a conferma;
tale querela è stata ritirata nel 1985 senza spiegazioni e sebbene si fosse costituito parte civile nel relativo giudizio per conseguire il risarcimento dei danni asseritamente patiti;

- è in atti una nota del prof. D.L. del 12 aprile 1984 che lamenta il fatto che nelle recenti sedute di Facoltà la commissione preposta a valutare le domande di concorso per il conferimento della direzione delle Scuole ostetriche di Venezia e Udine avesse escluso dal concorso stesso il prof. L., pur dopo la prestazione, da parte sua, di 12 anni di assistentato di ruolo;

- a seguito di tale vicenda il prof. O. è stato querelato dal prof. L., nel 1984, per abuso d’ufficio per avergli preferito i dott. C. e R. nel conferimento degli incarichi di direzione delle Scuole di ostetricia ora dette;

- il relativo giudizio si è estinto per amnistia (ma il P ha ritenuto che, allo stato degli atti, non poteva essere formulato un giudizio assolutorio nei confronti dello stesso prof. O.);

- il Consiglio di Stato, con sentenza parziale n. 940 del 1986 e definitiva del 10 agosto 1988, ha dichiarato illegittimi i provvedimenti dell’Università che escludevano il prof. L. dalla procedura di conferimento degli incarichi di direzione 1983/1984 delle predette scuole autonome di ostetricia e che gli negavano la qualifica di studioso (qualifica ritenuta spettante essendo il medesimo assistente ordinario;
il diniego di tale qualità poggiava, del resto, essenzialmente su carenza di attività assistenziale);

- nel 1985 l’Università cambiava, peraltro, orientamento e proponeva il prof. Laureti per l’incarico a Venezia per il 1984/1985 (incarico che non aveva seguito perché il Ministero negava il nulla osta e la questione si è risolta solo con sentenza TAR del 1994 che ha anche annullato il conferimento degli incarichi in questione, sempre a Venezia e Udine, ai controinteresssati);

- con la stessa decisione del 10 agosto 1988 il Consiglio di Stato negava, però, che potesse riconoscersi il diritto dell’interessato all’esercizio della mansioni nell’ambito dell’assistenza, in quanto, attraverso procedura di silenzio rifiuto, avrebbe dovuto attivarsi per conseguire sul piano organizzativo, da parte dell’Università, l’attivazione dei necessari servizi (in particolare, attivazione della cattedra di patologia ostetrica e ginecologica o inserzione nei turni assistenziali di Clinica ostetrica e ginecologica);

- con altra sentenza, n. 157/1994 (sopra cennata), resa su ricorso del 1985, veniva annullata – questa volta, dal TAR - la delibera dell’Università che, tenuto conto del mancato nulla osta ministeriale sulla nomina del prof. L. alla direzione delle predette scuole per il 1984/1985, aveva finito per attribuire nuovamente gli incarichi a due controinteressati;
in occasione della proposizione di tale ricorso il Preside della Facoltà, con nota del 16 maggio 1985 indirizzata al prof. L., si dissociava dall’iniziativa da quest’ultimo assunta con la proposizione di ricorso giurisdizionale, ricordando la propria opera di “mediazione” e concludendo con l’affermazione: “però si renda conto di aver sbattuto la porta in faccia ad un amico”;

- l’Università non ha appellato tale sentenza e vi ha dato esecuzione, scusandosi, in persona del Preside dalla Facoltà (giusta nota del 23 giugno 1994), con il prof. L. per le mancanze che avevano motivato l’azione legale e precedendo, quindi, anche se non con immediatezza, alla ricostruzione della posizione dell’interessato (nota del 22 maggio 1997: attribuzione, ora per allora, ai soli fini giuridici, dalla Direzione della Scuola Autonoma di Ostetricia di Venezia per l’a.a. 1984/1985);

- è in atti una nota rettorale del 17 marzo 1992, diretta al prof. L., in cui si segnala che, “con riferimento al procedimento disciplinare iniziato con la contestazione degli addebiti di cui alla rettorale..…..del 21 dicembre 1991, comunico che, viste le sue controdeduzioni……ho disposto l’archiviazione degli atti” (al riguardo non si rinviene altra documentazione nel fascicolo di causa);

- con sentenza del G.I. del Tribunale penale di Padova il prof. L. è stato assolto – perché il fatto non sussiste - dall’imputazione, relativa a fatti del 1988, di procurato aborto (essendone stato riconosciuto il carattere terapeutico) senza averne preventivamente dato comunicazione al primario, prof. O. (che aveva segnalato la vicenda all’Università e alla Procura della repubblica, esprimendo molteplici dubbi in merito alla condotta tenuta nell’occasione dal prof. L.);
con la stessa sentenza i dott. F. e V. sono stati assolti da imputazioni per diffamazione entrambi e calunnia (il primo) rivolte contro il prof. L.;

- a seguito di alcuni disservizi assistenziali relativi al Servizio di Patologia Ostetrica segnalati dai proff. G., D.L. e O., è stato demandato (v. nota del 7 febbraio 1991 acquista in sede istruttoria) ad una Commissione composta da tre colleghi estranei all’Istituto l’accertamento della situazione esistente onde proporre al Magnifico Rettore e al Presidente dalla

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