Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2012-04-02, n. 201201939

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2012-04-02, n. 201201939
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201201939
Data del deposito : 2 aprile 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00164/2008 REG.RIC.

N. 01939/2012REG.PROV.COLL.

N. 00164/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 164 del 2008, proposto dalla signora R M T, rappresentata e difesa dall'avvocato M S, con domicilio eletto presso lo studio Paolini e Pagano in Roma, viale Regina Margherita, 42;

contro

L’Ufficio Scolastico Regionale (U.S.R.) per il Lazio, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
la Commissione esaminatrice del Corso-Concorso per il reclutamento dei dirigenti scolastici per la scuola primaria e secondaria di primo grado, di cui all’art. 8 del decreto del direttore generale (D.G.) 22 novembre 2004, operante presso l’U.S.R. per il Lazio, in persona del suo legale rappresentante pro tempore;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale (T.A.R.) LAZIO - SEZ. STACCATA DI LATINA – SEZ. I n. 307/2007, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Ufficio Scolastico Regionale per il Lazio;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 febbraio 2012 il Cons. C B e udito per le parti l’avvocato dello Stato Bacosi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso n. 955 del 2006 proposto al TAR per il Lazio - Sezione staccata di Latina, la signora M T R ha chiesto l’annullamento del mancato superamento della prova orale del concorso per dirigenti scolastici, disposto dalla competente Commissione mediante l’attribuzione della votazione 18/30, così come risulta dal verbale n. 46 del 3 luglio 2006 e dalla scheda di valutazione allegata;
nonché l’annullamento della graduatoria generale di merito relativa all’ammissione al corso di formazione, per la scuola primaria e secondaria di primo grado, pubblicata in via definitiva con provvedimento del D.G. dell’U.S.R. del Lazio in data 3 agosto 2006, nella parte in cui la ricorrente non risulta inclusa.

A sostegno di quanto richiesto la signora R deduceva: violazione dell’art. 11, commi 12 e 13, del decreto del direttore generale (D.D.G.) del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca (MIUR) del 22 dicembre 2004;
dell’art. 3, comma 1, della legge n. 241 del 1990 e dell’art. 12 del D.P.R. 9 maggio 1994, n. 487;
nonché eccesso di potere per violazione del principio di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione.

In particolare, eccepiva che il voto della prova orale riportato nella scheda della relativa prova risultava corretto e privo di convalida da parte della commissione e, comunque, rivelava un ripensamento della commissione;
che l’attribuzione del solo voto numerico non lasciava intravedere alcun giudizio valutativo delle prove (particolarmente necessario in questa circostanza in considerazione che il voto di 18/30 era vicino al minimo richiesto, 21/30, per il superamento della stessa);
che la determinazione dei quesiti da sottoporre ai candidati era stata effettuata non il giorno delle prove orali ma in un periodo di tempo anteriore, facendo venir meno qualsiasi garanzia di imparzialità e trasparenza.

2. Con sentenza n. 307 del 2007 il T.A.R. per il Lazio, sezione staccata di Latina, sezione prima, ha respinto il ricorso, ritenendo che il voto attribuito alla ricorrente esprimeva un chiaro giudizio di insufficienza;
che ogni possibile incertezza o ripensamento, eventualmente derivante dalla sovrapposizione delle due espressioni grafiche, era stata eliminata dal giudizio insufficiente espresso in forma numerica ed inequivoca;
che la sottoscrizione del verbale n. 46 del 3 luglio 2006 da parte dei commissari deponeva per l’ascrivibilità delle operazioni alla Commissione.

Aggiungeva il giudice di prime cure, relativamente alla questione della motivazione del voto, che nel caso di specie assumeva valore dirimente l’art. 11, comma 14, del D.D.G. del 22 novembre 2004 che stabiliva che la valutazione del colloquio di gruppo e di quello individuale dovesse essere espressa in trentesimi con voto unico.

Quanto, infine, alla questione della predeterminazione dei quesiti con largo anticipo, il T.A.R. adito riteneva che l’art. 12 del D.P.R. n. 487 del 1994 non sanzionava espressamente una predeterminazione dei quesiti che non fosse stata effettuata immediatamente prima dell’inizio delle prove e che comunque l’operato della commissione non vulnerava, anche solo potenzialmente, il principio di imparzialità.

3. Avverso la suddetta sentenza, la dottoressa M T R ha proposto ricorso in appello (ricorso n. 164 del 2008).

Per quanto riguarda la questione relativa alla carenza di motivazione, occorre osservare che la commissione, come risulta dal verbale n. 42 della seduta del 14 giugno 2006, aveva predisposto, ai sensi dell’art. 12 del D.P.R. n. 487 del 1994, gli elenchi dei quesiti da sottoporre ai candidati e un modulo (P.O.1) per la gestione delle prove, nel quale erano riportati i criteri da seguire per la valutazione del colloquio collettivo e di quello individuale, così come previsto dal bando di concorso.

L’appellante deduce che, anche in presenza di previa fissazione di criteri validi per tutti i candidati, il voto numerico avrebbe bisogno sempre di motivazione. E chiede al riguardo la rimessione della questione all’adunanza plenaria del Consiglio di Stato.

Il motivo è infondato.

Costituisce ius receptum il principio secondo cui il voto numerico, attribuito dalle competenti Commissioni alle prove scritte ed orali di un concorso pubblico, esprime e sintetizza il giudizio tecnico-discrezionale della Commissione stessa, contenendo in sé la sua stessa motivazione, senza bisogno di ulteriori spiegazioni e chiarimenti (salvo il caso in cui, mancando l'unanimità, uno dei commissari solleciti specifiche determinazioni). La motivazione espressa numericamente, oltre a rispondere al principio di economicità e proporzionalità dell’azione amministrativa di valutazione, assicura infatti la necessaria spiegazione delle valutazioni di merito compiute dalla Commissione e consente il sindacato sul potere amministrativo esercitato (da ultimo questa Sezione, 18 ottobre 2011, n. 5597;
30 giugno 2011, n. 3890;
12 aprile 2011, n. 1612;
31 marzo 2011, n. 1996;
11 febbraio 2011, n. 913).

Tra l’altro, nella specie, l’art. 11 del bando di concorso stabiliva che la valutazione del colloquio di gruppo e di quello individuale sia espressa in trentesimi, con un unico voto. Sotto questo profilo, pertanto, l’operato della commissione è stato pienamente conforme a quanto previsto dal bando, essendo proprio quest’ultimo a consentire alla commissione di valutare il colloquio con un giudizio reso in forma di “espressione numerica”. A ciò deve aggiungersi che, essendo previsto dal bando un voto unico per la prova collettiva e per quella individuale e atteso che nel bando stesso non si rinviene alcuna previsione circa la necessità di una specificazione del punteggio in relazione ai singoli parametri da utilizzare per valutare la prova, non può che concludersi nel senso che l’operato della commissione sia stato anche del tutto conforme a quanto prescritto dalla lex specialis .

Non sussistono, pertanto, i presupposti per il deferimento all’adunanza plenaria, ai sensi dell’art. 99 del codice del processo amministrativo.

4. L’appellante ha dedotto, rispetto alla questione della “sovrapposizione” del voto, che, se è vero che la valutazione della commissione non è stata comunque di sufficienza, è anche vero che quanto sopra attesta che la commissione ha avuto incertezze circa il valore da attribuire alla prova d’esame e che pertanto un’adeguata motivazione dell’esito della prova stessa avrebbe certamente fugato ogni dubbio sull’esatto valore da attribuire alla medesima.

L’argomentazione è priva di pregio.

Infatti, il voto che risulta dal verbale della commissione d’esame è comunque d’insufficienza. E ciò a discapito di qualsiasi ipotetico ripensamento che la commissione stessa abbia potuto avere relativamente al giudizio da attribuire alle prove della signora R. A ciò deve aggiungersi che il verbale risulta regolarmente sottoscritto da tutti i commissari e che, pertanto, fino a prova contraria, tutto quanto ivi contenuto è da ascriversi all’operato della commissione d’esame.

5. Privo di pregio è l’ultimo motivo d’appello, consistente nella lamentata violazione della norma del bando che prevedeva la predisposizione dei quesiti relativi alle prove orali immediatamente prima delle prove stesse.

In proposito occorre osservare che la prova orale si è articolata in due distinte fasi, la prima consistente in un colloquio di gruppo nel quale i candidati avrebbero dovuto affrontare la discussione di un tema proposto dalla commissione su argomenti predefiniti dal bando e la seconda consistente in un colloquio individuale vertente su due quesiti predisposti dalla commissione, estratti a sorte dal candidato.

La commissione ha preparato, come risulta dal verbale n. 42 del 14 giugno 2006, per il primo gruppo 25 quesiti sulle aree tematiche previste dal bando e 88 per il secondo gruppo, sempre sulle aree tematiche previste dal bando. Così precisata l’attività svolta dalla commissione è ben difficile ipotizzare che essa potesse essere realizzata attuando alla lettera il disposto dell’art. 12 del D.P.R. n. 487 del 1994, che ovviamente detta una norma di principio che deve poi confrontarsi con quanto previsto nei singoli bandi circa il contenuto delle prove e delle connesse necessità temporali per organizzarle. E proprio il fatto che il bando prevedesse l’enucleazione dei quesiti all’interno di aree tematiche preventivamente individuate ha fatto si che la commissione dovesse individuare per la predisposizione della prova una cadenza temporale particolare che comunque non si è posta in contrasto con il principio di imparzialità, se si tiene conto, come correttamente rilevato dal giudice di prime cure, della ”predetta articolazione e della corrispondente previsione del bando”.

6. Per quanto sin qui esposto il Collegio ritiene che l’appello, siccome infondato, vada respinto.

7. Il Collegio ritiene, altresì, che sussistano giusti motivi per compensare le spese della presente fase di giudizio.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi