Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2024-02-28, n. 202401931
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Testo completo
Pubblicato il 28/02/2024
N. 01931/2024REG.PROV.COLL.
N. 10651/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10651 del 2021, proposto dalla sig.ra -OMISSIS-, rappresentata e difesa dall’avvocato N P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,
contro
il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia in Roma, via dei Portoghesi, n. 12,
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Sezione staccata di Reggio Calabria, n. -OMISSIS- resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 15 febbraio 2024, il Cons. E F e uditi per le parti gli avvocati come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. I sig.ri -OMISSIS- hanno agito dinanzi al T.A.R. per la Calabria per l’annullamento del decreto prot. n. -OMISSIS-, con il quale il competente Dirigente del Ministero dell’Interno ha disposto la revoca del decreto n. -OMISSIS-, con il quale veniva riconosciuto ai suddetti, quali familiari superstiti di persona vittima della criminalità organizzata, lo speciale assegno vitalizio di cui all’art. 2, comma 105, l. 24 dicembre 2007, n. 244, nonché del decreto n. -OMISSIS-, recante il riconoscimento a favore dei predetti dell’assegno vitalizio ai sensi della l. n. 407/1998 e della l. n. 388/2000.
Con il provvedimento impugnato, in particolare, veniva disposta la revoca con effetto ex nunc , con decorrenza dalla data della sospensione in via provvisoria dell’efficacia dei suddetti decreti (precedentemente disposta con separati provvedimenti), degli assegni vitalizi erogati in favore dei ricorrenti, con riserva “ di provvedere all’eventuale ripetizione delle somme già corrisposte ”.
2. Premesso che i suddetti benefici, di matrice solidaristica, trovavano titolo nella relazione di parentela (di coniugio per la sig.ra -OMISSIS- e di filiazione per gli altri due ricorrenti) dei titolari con -OMISSIS-, deceduto a seguito dell’agguato mafioso tesogli il 1° aprile 1987, il provvedimento di revoca derivava invece, secondo la relativa motivazione, da plurimi elementi informativi, individuati dall’Amministrazione: 1) nel rapporto di parentela dei ricorrenti con -OMISSIS- (fratelli di -OMISSIS- e zii materni di -OMISSIS-), ritenuti esponenti di spicco della cosca mafiosa denominata “ -OMISSIS- ” e organici alla ‘ndrangheta , oltreché condannati per associazione mafiosa ed estorsione e sottoposti alla misura della sorveglianza speciale; 2) nei plurimi controlli di polizia in occasione dei quali il sig. -OMISSIS- era stato trovato in compagnia di personaggi ritenuti vicini ad ambienti legati al piccolo spaccio di sostanze stupefacenti; 3) nella sottoposizione dello stesso sig. -OMISSIS- alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con l’obbligo di soggiorno sino al 12 giugno 2009; 4) nel rapporto di coniugio della sig.ra -OMISSIS- con -OMISSIS-, segnalato per associazione mafiosa e denunciato in data 23 dicembre 2010 per violazione dell’art. 17 T.U.L.P.S., con il quale la prima gestiva un locale commerciale alla cui conduzione risultavano interessati anche gli zii-OMISSIS-.
Riteneva infatti l’Amministrazione che dall’illustrato quadro informativo, ovvero, da un lato, dalla sussistenza di rapporti di parentela degli interessati con soggetti controindicati, dall’altro lato, dalla non estraneità degli stessi agli ambienti criminali, fosse desumibile, secondo le pertinenti disposizioni di legge, la carenza in capo ai primi dei requisiti soggettivi necessari alla perdurante percezione dei predetti benefici.
3. Con il ricorso introduttivo del giudizio, i ricorrenti lamentavano in particolare l’indebita applicazione retroattiva da parte dell’Amministrazione della normativa sopravvenuta, dettata dall’art. 2- quinquies d.l. n. 151/2008, inserito con la legge di conversione n. 186/2008, con il quale il legislatore aveva reso più rigidi i requisiti morali richiesti in capo ai familiari superstiti delle vittime della criminalità organizzata per l’accesso ai benefici contemplati dalla legge n. 302/1990, deducendo che la predetta disposizione non poteva disciplinare le situazioni già compiutamente definite nella vigenza della precedente normativa.
4. Il giudizio, interrotto in conseguenza del decesso della ricorrente sig.ra -OMISSIS- e successivamente riassunto dai restanti ricorrenti, anche quali eredi della defunta madre, veniva definito in senso reiettivo con la sentenza n. -OMISSIS-
5. Il T.A.R., respinta preliminarmente l’eccezione di difetto di giurisdizione formulata dall’Amministrazione resistente, sul presupposto della qualificabilità come interesse legittimo della posizione giuridica imputabile al richiedente la concessione dei benefici in parola, richiamava in primo luogo il disposto del già citato art. 2- quinquies d.l. n. 151/2008 (introdotto in sede di conversione dalla l. 28 novembre 2008, n. 186), laddove subordinava l’accesso ai benefici de quibus da parte dei superstiti, “ ferme le condizioni stabilite dall’articolo 4 della legge 20 ottobre 1990, n. 302 ”, a due ulteriori requisiti, l’uno (di segno negativo) che “ il beneficiario non risulti coniuge, convivente, parente o affine entro il quarto grado di soggetti nei cui confronti risulti in corso un procedimento per l’applicazione o sia applicata una misura di prevenzione di cui alla legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, ovvero di soggetti nei cui confronti risulti in corso un procedimento penale per uno dei delitti di cui all’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale ” e l’altro (a valenza positiva) che “ il beneficiario risulti essere del tutto estraneo ad ambienti e rapporti delinquenziali, ovvero risulti, al tempo dell’evento, già dissociato dagli ambienti e dai rapporti delinquenziali cui partecipava ”.
Il T.A.R. quindi, dopo aver riconosciuto rilievo scriminante, ai fini della soluzione della quaestio iuris prospettata dai ricorrenti, al disposto del comma 2, secondo cui “ Il sopravvenuto mutamento delle condizioni previste dagli articoli 1 e 4 della legge 20 ottobre 1990, n. 302, e successive modificazioni, comporta l’interruzione delle erogazioni disposte e la ripetizione integrale delle somme già corrisposte ”, rilevava che “ la possibilità di condurre la verifica della persistenza nell’attualità delle condizioni per il mantenimento del beneficio alla luce del mutato quadro normativo di riferimento non si pone affatto in contrasto con il divieto di applicazione retroattiva della legge sancito dall’art. 11 delle preleggi, tenuto conto della natura ‘continuativa’ della prestazione qui in rilievo, in relazione alla quale “fa parte dello statuto giuridico del diritto quale riconosciuto … la possibilità di una successiva revoca essendo tale riconoscimento sottoposto alla condizione risolutiva del mutamento delle condizioni originariamente apprezzate” ” (a sostegno della suesposta conclusione, il T.A.R. richiamava Consiglio di Stato, Sez. III, 10 febbraio 2021, n. 1245).
Osservava altresì il T.A.R. che “ l’erogazione del vitalizio previsto in favore delle vittime della criminalità organizzata è da inquadrarsi nell’alveo concettuale dei rapporti obbligatori di durata; avendo ad oggetto la corresponsione di emolumenti con cadenza mensile (assegni vitalizi), il diritto matura mese dopo mese ed è soggetto ai mutamenti della disciplina normativa che si verificano nel periodo di durata del rapporto (cd. ius superveniens) secondo il principio tempus regit actum. Da ciò discende quindi l’applicabilità delle nuove norme almeno in relazione al segmento del rapporto perfezionatosi sotto il vigore delle stesse ”.
6. La sentenza suindicata costituisce oggetto dell’appello proposto dalla sig.ra --OMISSIS-, in proprio e nella qualità di erede degli altri originari ricorrenti.
7. Mediante i motivi di appello, la parte appellante deduce in primo luogo che la sentenza appellata si pone in contrasto con il principio di irretroattività dei provvedimenti amministrativi, richiamando a fondamento della sua prospettazione la circolare n. -OMISSIS- del Ministero dell’Interno, con la quale viene chiarito che “ i procedimenti amministrativi instaurati prima dell’entrata in vigore ” della nuova norma devono “ essere definiti secondo la norma vigente alla data del loro avvio ”.
Essa lamenta inoltre il contrasto della sentenza appellata con la natura di diritto soggettivo della posizione facente capo ai titolati all’ottenimento dei benefici, la lesione del principio di tutela dell’affidamento e la disparità di trattamento che inficerebbe il provvedimento impugnato.
Deduce altresì la parte appellante che i controlli di polizia che hanno interessato il sig. -OMISSIS- non possono