Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2024-01-05, n. 202400207
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Testo completo
Pubblicato il 05/01/2024
N. 00207/2024REG.PROV.COLL.
N. 05743/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5743 del 2021, proposto da
A B, M B, P B, P B, E B, G B, R B, S B, V B, A G, A G, M G, M G, rappresentati e difesi dagli avvocati A A e G T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio A A in Roma, via degli Avignonesi n. 5;
contro
Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Ministero per i Beni e Le Attività Culturali - Soprintendenza per i Beni Archeologici della Campania, non costituiti in giudizio;
Ministero della Cultura, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda) n. 01928/2020, resa tra le parti,
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Cultura;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 settembre 2023 il Cons. Roberta Ravasio e uditi per le parti gli avvocati Nessuno è comparso per le parti.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Gli odierni appellanti sono comproprietari, nel Comune di Buccino (SA), di un vasto appezzamento censito al Catasto Terreni al foglio 22 del Comune di Buccino mapp. 357 e 346, sul quale insiste un fabbricato residenziale e il giardino di pertinenza.
2. Con D.M. del 15 ottobre 1985 l’area è stata dichiarata “ di importante interesse archeologico ai sensi della legge 1.6.1939 n. 1089” in relazione alla presenza, nel sottosuolo, di resti dell’antica città di Vulcei.
3. In seguito la Soprintendenza ha approvato un progetto finalizzato alla istituzione di un parco archeologico, e ha avviato la procedura espropriativa delle aree a ciò necessarie, tra le quali anche il mapp. 357, di proprietà degli appellanti: la Soprintendenza ha quindi preso possesso dell’area ed ha intrapreso degli scavi che hanno consentito il rinvenimento di reperti indicativi della presenza del criptoportico dell’acropoli dell’antica città di Vulcei.
4. La procedura espropriativa, tuttavia, è stata annullata con sentenza del TAR per la Campania, sede di Napoli, del 28.11.2001, n. 3824/2001, passata in giudicato. L’area è stata conseguentemente restituita agli odierni appellanti in data 3 luglio 2002.
5. Il 17 febbraio 2010 gli appellanti hanno presentato alla Soprintendenza istanza finalizzata alla liquidazione ed erogazione del premio di cui all’art. 89 del D.Lgs n. 490/1999, in relazione al ritrovamento effettuato dalla Soprintendenza durante il periodo di occupazione dell’area; l’istanza, in difetto di riscontro, è stata reiterata con raccomandata del 29 maggio 2012.
6. Il 29 luglio 2012, a seguito di proposizione di ricorso avverso il silenzio dell’amministrazione, la Soprintendenza ha esitato la richiesta degli appellanti con una nota interlocutoria, nella quale rappresentava che “ questa Soprintendenza si impegna a comunicare la valutazione dei
rinvenimenti e la quota di premio spettante entro il 31 luglio p.v… ..”.
7. Solo dopo aver presentato un secondo ricorso contro il silenzio mantenuto dalla Soprintendenza, la stessa si pronunciava sulla medesima con nota del 3 dicembre 2015, nella quale preannunciava, ai sensi dell’art. 10 bis della L. n. 241/90, che il premio non era dovuto agli appellanti “ in quanto negli anni è stato condotto un unico limitato saggio al solo fine di chiarire la presenza di eventuali stratificazioni all’interno dell’edificio Brun, e che nulla è stato acquisito al patrimonio dello Stato, dal momento che i muri perimetrali del giardino, identificati come parte di un edificio antico, sono stati da sempre in vista tanto da essere già editi in una pubblicazione dello studioso V B nel 1978 …”, soggiungendo che secondo la giurisprudenza il premio è dovuto unicamente quale ricompensa a favore di colui che contribuisca al ritrovamento.
8. Gli appellanti trasmettevano, allora, osservazioni nelle quali rappresentavano, inter alia , che le opere rinvenute nel corso degli scavi effettuati dalla Soprintendenza non erano conosciute fino a quel momento, non erano mai state censite prima di allora e, per ammissione della stessa Soprintendenza, rappresentavano un eccezionale ritrovamento; inoltre gli scavi avevano notevolmente stravolto lo stato dei luoghi.
9. Con nota del 20 aprile 2016 la Soprintendenza concludeva il procedimento negando la spettanza del premio: a fondamento della decisione si deduceva che:
- non corrispondeva al vero che gli scavi avessero prodotto un notevole mutamento dei luoghi e, in generale, che fossero stati eseguiti scavi particolarmente approfonditi;
- le opere murarie rinvenute confermavano l’esistenza, in loco, di un’area di interesse archeologico, di cui si parlava già in un articolo specialistico pubblicato nel 1989, ove si evidenziava che ulteriori saggi, nel terreno, avrebbero consentito di determinare la cronologia, lo sviluppo e le funzioni del monumento, costituito da un lungo edificio, disposto in senso est-ovest sotto l’arce del castello medievale, suddiviso in settori, del quale erano già visibili le sommità delle murature di setti trasversali “ da sempre in vista, sin dall’antichità, tant’è che esso risultava ancora utilizzato nel XVI secolo, quando, presumibilmente a causa del terremoto del 1561, crollò la volta e lo spazio individuato dai muti divenne una discarica al pari del fossato del castello ”; pertanto, “ gli
scavi in oggetto non hanno portato al ritrovamento di un criptoportico, prima sconosciuto ed interrato, ma hanno solamente contribuito a confermare dati conoscitivi già in possesso dell’Amministrazione, che suggerivano la funzione di criptoportico, cioè un edificio coperto, seminterrato con funzione di contenimento del terreno e di sostegno di altri livelli monumentali del complesso edilizio ”;
- il monumento in questione risultava, inoltre, già segnalato in una pubblicazione del 1978, a cura dell’archeologo V B.
10. Avverso tale provvedimento gli appellanti proponevano ricorso al TAR per la Campania, rubricato al n. R.G. 1259/2016.
11. Il 6 dicembre 2020 l’avv. Brun, con atto per Notaio F P rep. n. 1532/1017, ha acquistava dai sigg.ri A, M, P e P B una quota pari a 24/96 del giardino antistante il fabbricato identificato in Catasto al foglio 22, p.lla 357, per un importo pari ad €
3.500,00; con il medesimo atto, i sigg.ri M Rosaria, M ed A G cedevano al sig. A G la quota pari a 18/96 del medesimo terreno, al prezzo di € 2.625,00; per l’effetto il il mapp. 357 veniva intestato pro indiviso al sig. V B per una quota pari al 50% del mapp. 357, al sig. A G per una quota del 25% e per la restante quota del 25% ai signori E, S e G B.
12. Con D.M. del 13 febbraio 2020 il Ministero esercitava la prelazione i sensi degli artt. 60 e ss. del D.Lgs. n. 42/2004: tale atto veniva impugnato avanti al TAR per la Campania con ricorso allibrato al n. 719/2020.
13. I due ricorsi, previa riunione, venivano decisi e respinti dal TAR per la Campania con la sentenza in epigrafe indicata, la quale è stata impugnata solo nella parte in cui ha respinto il ricorso n. R.G. 1259/2016, per l’effetto confermando la legittimità del provvedimento che aveva respinto l’istanza di riconoscimento del premio di ritrovamento.
14. Il Ministero della Cultura si è costituito in giudizio per resistere al gravame.
15. La causa è stata chiamata alla pubblica udienza del 28 settembre 2023, in occasione della quale è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
16. Con il primo motivo d’appello si censura la sentenza in epigrafe indicata nella parte in cui ha riconosciuto la legittimità del provvedimento della Soprintendenza, laddove esso afferma che “ il premio di rinvenimento è finalizzato a prevenire l’appropriazione indebita del bene culturale e a disincentivarne il commercio clandestino, e dunque spetta unicamente quale ricompensa per
aver contribuito all’arricchimento del patrimonio culturale statale ”.
16.1. Il TAR ha affermato, in particolare che “ Non è l'attività di ricerca che dà diritto al premio, ma l'accidentalità della scoperta: l'attività di ricerca è infatti riservata allo Stato, e può essere effettuata dai privati solo in forza di specifica concessione, come prescrivono espressamente gli artt. 88 e 89 del Codice richiamato (Consiglio di Stato sez. VI, 11/01/2013, n.116) ”, per poi concludere che nel caso di specie l’accidentalità della scoperta deve escludersi a fronte degli innumerevoli elementi indicati dalla Soprintendenza nel provvedimento impugnato, i quali indicano che al momento in cui la Soprintendenza prendeva possesso del fondo, nel 2001, erano visibili parti della costruzione (il criptoportico) che poi è stato portato alla luce nel corso degli scavi.
16.2. L’appellante critica il ragionamento del TAR affermando che esso condurrebbe ad una violazione della normativa di riferimento, che non subordinerebbe il diritto alla percezione del premio di ritrovamento alla circostanza che il ritrovamento sia fortuito o casuale, né richiede che il ritrovamento sia invisibile. L’appellante ricorda, quindi, che la norma, puramente e semplicemente, riconosce al proprietario