Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2012-09-24, n. 201205067

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2012-09-24, n. 201205067
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201205067
Data del deposito : 24 settembre 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 09883/2008 REG.RIC.

N. 05067/2012REG.PROV.COLL.

N. 09883/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9883 del 2008, proposto da:
Autorita' Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

Acea S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati M R, F S, G T, F L, con domicilio eletto presso Satta &
Associati Studio in Roma, Foro Traiano n. 1/A;
Suez Environnement S.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Alberto Sciumè, Massimo Zaccheo, Angelo Clarizia, Danilo Tassan Mazzocco, Luigi Manzi, con domicilio eletto presso Luigi Manzi in Roma, via Confalonieri, 5;
Federutility-Federazione Imprese Energetiche ed Idriche, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avvocato Fabrizio Pietrosanti, con domicilio eletto presso lo Studio Pietrosanti Paparo e associati in Roma, via di S. Teresa, 23;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I n. 6238/2008, resa tra le parti, concernente SANZIONE ANTITRUST PER INTESA ILLECITA.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio delle società Acea s.p.a. e Suez Environnement S.A. nonché di Federutility;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 maggio 2012 il consigliere di Stato Giulio Castriota Scanderbeg e uditi per le parti l’avvocato Roma, per sé e per delega dell’avvocato Lepri, l’avvocato Satta, l’avvocato Clarizia, l’avvocato Andrea Manzi, per delega dell’avvocato Luigi Manzi, l’avvocato Tassan, l’avvocato Paparo, per delega dell’avvocato Pietrosanti, e l’avvocato dello Stato Fiorentino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

FATTO

La presente controversia trae origine da un bando di gara pubblicato dal Comune di Firenze il 23 ottobre 2002 per la individuazione di un socio industriale privato interessato a rilevare il 40% del capitale di Publiacqua s.p.a., società di gestione dei servizi idrici all’interno dell’ambito ottimale n. 3 – Medio Valdarno della Regione Toscana. Successivamente all’aggiudicazione definitiva della gara in favore di un raggruppamento temporaneo di imprese partecipato, tra le altre, da ACEA e

SUEZ

Environnement S.A., Acea comunicava all’Autorità garante della concorrenza e del mercato ( d’ora in avanti anche AGCM) la costituzione di una società denominata Acque Blu Fiorentine s.p.a. che avrebbe dovuto acquisire il 40% della predetta società Publiacqua s.p.a., conformemente all’esito della gara. In data 31 maggio 2006 l’Autorità riteneva che l’operazione notificata non costituiva una concentrazione vietata ai sensi dell’art. 5 della legge n. 287 del 1990 e, pertanto, con provvedimento n. 15553 del 31 maggio 2006 disponeva il non luogo a provvedere al riguardo. In pari data, tuttavia, la stessa Autorità avviava un procedimento istruttorio nei confronti della società ACEA,

SUEZ

Environnement S.A. e Publiacqua s.p.a. per presunta violazione dell’art. 81 del Trattato CE ( oggi art. 101 del TFU) al fine di verificare: a) l’eventuale illiceità delle condotte tenute da ACEA e SE nell’ambito della partecipazione alla gara;
b) la possibile esistenza di un più ampio coordinamento tra Acea e Suez Environnement nella gestione in Italia dei servizi idrici integrati;
c) la legittimità dei rapporti correnti tra ACEA, Suez Environnement S.A. e Publiacqua s.p.a. alla stregua dei contenuti del patto parasociale disciplinante i rapporti tra quest’ultima società ed i suoi soci.

A chiusura di una lunga e articolata istruttoria l’Autorità, con provvedimento n. 17623 del 22 novembre 2007 ha deliberato: a) che le società Acea S.p.A. e Suez Environnement S.A. hanno posto in essere un’intesa restrittiva della concorrenza ai sensi dell’articolo 81 del Trattato CE, che ha avuto per oggetto e per effetto un coordinamento delle rispettive strategie commerciali nell’ambito del mercato nazionale della gestione dei servizi idrici;
b) che Acea S.p.A. e Suez Environnement S.A. avrebbero dovuto astenersi in futuro dal porre in essere comportamenti analoghi a quelli oggetto dell’infrazione accertata, dando comunicazione all’Autorità delle misure a tal fine adottate entro novanta giorni dalla notifica del provvedimento;
c) che Acea S.p.A. e Suez Environnement S.A., con specifico riferimento a quanto stabilito dall’articolo 13 del patto parasociale intercorrente tra i soci di Publiacqua S.p.A., avrebbero dovuto procedere ad adottare misure idonee al fine della sua eliminazione e in ogni caso avrebbero dovuto astenersi dal darvi attuazione, dando comunicazione all’Autorità delle misure a tal fine adottate entro il termine di cui al punto precedente;
d) che, in ragione della gravità dell’infrazione di cui al punto a), alle società Acea S.p.A. e Suez Environnement S.A. vengano applicate sanzioni amministrative pecuniarie pari, rispettivamente, a 8.300.000 euro ed a 3.000.000 euro.

Avverso tale provvedimento hanno proposto separati ricorsi al T del Lazio le società sanzionate, chiedendone l’annullamento.

Con sentenza 26 giugno 2008 n. 6238 il T del Lazio ha accolto, previa riunione, i ricorsi ed ha annullato il provvedimento dell’Autorità rilevando, tra l’altro, che, fermo il carattere perplesso e contraddittorio delle indicazioni dell’AGCM quanto alla individuazione del mercato rilevante, non fosse stata provata la sussistenza di un’intesa tra le imprese suscettibile di essere negativamente apprezzata quale illecito anticoncorrenziale. In ogni caso, il T ha escluso che una tale intesa, anche ove sussistente, potesse sortire conseguenze distorsive di carattere anticompetitivo ( con conseguente sbarramento all’ingresso di altri operatori), sia avuto riguardo agli ambiti territoriali nei quali essa ha avuto attuazione, sia alle quote di mercato acquisite da Acea e da Suez. Ancora, i giudici di primo grado hanno escluso che sulla base degli elementi documentali raccolti potesse individuarsi una strategia imprenditoriale comune alle ricorrenti di primo grado, volta a pianificare la congiunta partecipazione delle stesse a tutte le procedure di selezione indette per l’affidamento delle gestioni idriche facenti capo ai distinti ambiti territoriali ottimali (ATO).

L’Autorità garante della concorrenza e del mercato impugna la prefata sentenza del T del Lazio deducendo la incongruità della motivazione e, in ogni caso, la erroneità nella valutazione dei fatti e nelle considerazioni in diritto.

Ha proposto altresì appello incidentale avverso la stessa sentenza la società ACEA, deducendo l’omessa pronuncia sulla censura di primo grado relativa alla violazione dell’art. 2 della legge n. 287 del 1990 in relazione alla impossibilità di configurare un’intesa illecita laddove, come nel caso di specie, l’accesso al mercato sia regolato tramite gara.

Le parti hanno prodotto memorie a sostegno delle loro rispettive pretese.

All’udienza del 15 maggio 2012 la causa è stata trattenuta per la sentenza.

DIRITTO

1.- Per una migliore comprensione della vicenda appare utile premettere una rapida ricostruzione del quadro normativo della materia e delle modalità di gestione, all’epoca di adozione del provvedimento in primo grado impugnato, dei servizi idrici integrati in Italia;
secondo la stessa definizione normativa, il servizio idrico integrato è costituito dall'insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili nonché di fognatura e di depurazione delle acque reflue, e deve essere gestito secondo principi di efficienza, efficacia ed economicità, nel rispetto delle norme nazionali e comunitarie.

Le attività di gestione dei servizi idrici in Italia sono disciplinate dagli artt. 141 e seguenti del Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 [recante il così detto (c.d.) Codice ambientale], il quale ha abrogato la legge 5 gennaio 1994, n. 36 (conosciuta come legge Galli), mantenendo nondimeno una sostanziale continuità di contenuti con la stessa. Per effetto della entrata in vigore della legge Galli, il settore è stato interessato a livello nazionale da un profondo processo di ridefinizione organizzativa, volto a razionalizzare l’elevato numero di gestioni territoriali al tempo esistenti (oltre 9.000) nel tentativo di conseguire più adeguate dimensioni gestionali sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici e politico-amministrativi.

La legge Galli aveva assegnato alle Regioni e alle Province autonome la competenza a delimitare gli ambiti territoriali ottimali (di seguito ATO), ovvero le aree di riferimento per la fornitura dei servizi idrici da parte dei diversi operatori. Ciascun ATO risultava soggetto al controllo e alla responsabilità istituzionale di un’apposita autorità d’ambito, riunente in forma di consorzio o convenzione tutti gli enti locali compresi nel territorio dell’ATO. All’epoca di adozione del provvedimento sanzionatorio, il territorio nazionale risultava ripartito in 91 ATO, i quali non erano tuttavia ancora pervenuti al riassorbimento di tutte le gestioni locali comprese al loro interno: ciò a causa di forti ritardi nell’effettiva organizzazione integrata dei servizi, nonché della persistenza di frammentate gestioni c.d. in salvaguardia.

La costituzione degli ATO risultava preventiva e funzionale allo stabilimento al loro interno del c.d. servizio idrico integrato (di seguito SII), da intendersi come l’insieme dei servizi pubblici di acquedotto, fognatura e depurazione ad usi civili.

Sotto il profilo organizzativo, la normativa in materia di servizi idrici s’intreccia con quella disciplinante i servizi pubblici locali, come esemplifica l’articolo 150 del Codice Ambientale nella parte in cui dispone che l’Autorità d’ambito deliberi le forme di gestione fra quelle previste dall’articolo 113, comma 5, del Decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. In virtù di tale combinato disposto, all’epoca della adozione del provvedimento impugnato in prime cure, l’affidamento del servizio poteva avvenire nei confronti di: a) società di capitali individuate attraverso l’espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica (gara diretta);
b) società a capitale misto pubblico-privato nelle quali il socio privato venga scelto attraverso l’espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica (c.d. partenariato pubblico-privato, di seguito anche PPP);
c) società a capitale interamente pubblico, a condizione che l’ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o gli enti pubblici che la controllano (c.d. gestione in house ).

In relazione agli affidamenti effettuati in concreto, su cinquantacinque casi di attivazione effettiva della gestione del SII risultanti al giugno 2006, sono stati riscontrati tredici casi di PPP e tre affidamenti in concessione a società di capitali interamente private selezionate a mezzo di gara diretta. Merita considerare altresì che undici dei restanti trentasei ATO in cui ancora manca l’affidamento del SII hanno svolto gare prive di esito per una pluralità di ragioni, la principale delle quali è da individuarsi nell’essere andate deserte per mancanza di offerte. In totale,dunque, a livello nazionale si sono svolte ventisette procedure di gara.

Tale essendo, in sintesi, il quadro normativo di riferimento e le modalità organizzative del servizio può fin d’ora dirsi che il settore risulta caratterizzato, nonostante i lunghi anni trascorsi dall’inizio del processo di riforma, da scarsa competitività sia in ragione della limitata domanda di SII sia in ragione della offerta ( anche a giudicare dalle gare espletate senza esito), essendo poche – ed in genere di grandi dimensioni – le imprese attive nel settore dei servizi idrici integrati.

Inoltre, tenuto conto del limitato ricorso a gare dirette e di un più frequente ricorso alle forme gestionali del PPP, allo stato sussiste a livello nazionale una pervasiva presenza di enti locali presenti contemporaneamente nell’Autorità d’ambito territoriale ottimale(AATO) – cioè il soggetto controllore che procede all’affidamento del SII – e nell’azionariato delle imprese gerenti i servizi idrici.

2.- Tanto premesso, in sintesi, sulla situazione normativa e organizzativa del settore all’epoca dei fatti, può ora procedersi all’esame dell’appello.

Con il primo motivo l’appellante Autorità contesta la fondatezza dei dubbi e delle perplessità espresse dal giudice di primo grado in ordine alla ricostruzione del <mercato rilevante>
nello specifico settore dei servizi idrici integrati, per come operata dalla stessa autorità nel provvedimento conclusivo oggetto dei ricorsi di primo grado. A parere dei primi giudici, è apparsa in particolare dubbia e contraddittoria la ricostruzione <dicotomica>
della categoria giuridica del <mercato rilevante>, laddove si è individuato un ambito locale del mercato ( corrispondente all’area geografica dei distinti ATO) dal lato della domanda ed un ambito <nazionale>
del mercato dal lato dell’offerta;
peraltro sempre ad avviso del giudice di primo grado, sarebbe difficile configurare una limitazione dello stesso mercato all’ambito geografico nazionale, data la possibilità che operatori economici provenienti da altri Paesi ( quantomeno in ambito comunitario) possano partecipare in Italia agli affidamenti del SII.

L’appellante ribadisce la correttezza dell’approccio interpretativo fatto proprio, peraltro conformemente ai principi desumibili dalla giurisprudenza nazionale e comunitaria nella materia, dalla deducente Autorità in relazione alla ricostruzione della nozione di mercato rilevante nel settore peculiare dei servizi idrici integrati. In particolare insiste nell’affermare la piena plausibilità del principio per cui il mercato geografico rilevante è nazionale sul versante dell’offerta e si riferisce ad ambiti locali dal lato della domanda, senza che ciò implichi alcuna contraddizione logica;
si tratta al contrario di una descrizione realistica e rigorosa del mercato dei servizi idrici, che è senz’altro nazionale, in quanto così connotato dal lato dell’offerta “pur vedendo la sua domanda nazionale articolarsi ATO per ATO, gara per gara, in specifici momenti di confronto concorrenziale”.

2.1- Ritiene il Collegio che i dubbi e le perplessità espressi dai primi giudici in ordine alla corretta ricostruzione della nozione di <mercato rilevante>
nel caso in esame non abbiano ragione di porsi.

Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, per mercato rilevante si intende quella zona geograficamente circoscritta dove, dato un prodotto o un servizio considerati tra loro sostituibili, le imprese che forniscono quel prodotto o quel servizio si pongono fra loro in rapporto di concorrenza (cfr. Cons. St., sez. VI, 14 marzo 2000 n. 1348, Italcementi;
Cons. St., sez. VI, 12 febbraio 2001 n. 652, Vendomusica).

Come è noto, la definizione del mercato rilevante implica un accertamento di fatto cui segue l’applicazione ai fatti accertati delle norme giuridiche in tema di mercato rilevante, come interpretate dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale. Tale applicazione delle norme ai fatti comporta un’operazione di <<contestualizzazione>>
e di adattamento delle norme, frutto di una valutazione giuridica complessa che consiste nella implementazione di concetti giuridici indeterminati, quale il <<mercato rilevante>>
ovvero <<l’intesa restrittiva della concorrenza >>, al caso specifico.

Non di rado tale operazione di contestualizzazione implica margini di opinabilità, atteso il carattere di concetto giuridico indeterminato di dette nozioni.

Il giudice amministrativo in relazione ai provvedimenti dell’AGCM esercita un sindacato di legittimità, che non si estende al merito, salvo per quanto attiene al profilo sanzionatorio: pertanto, deve valutare i fatti, onde acclarare se la ricostruzione di essi operata dall’AGCM sia immune da travisamenti e vizi logici, e accertare che le norme giuridiche siano state correttamente individuate, interpretate e applicate. Laddove residuino margini di opinabilità in relazione ai concetti indeterminati, il giudice amministrativo non può comunque sostituirsi all’AGCM nella definizione del mercato rilevante, se questa sia immune da vizi di travisamento dei fatti, da vizi logici, da vizi di violazione di legge (Cons. St., sez. VI, 23 aprile 2002 n. 2199, Rc Auto;
Cons. St., sez. VI, 2 marzo 2004 n. 926, buoni - pasto).

Nell’ipotesi di intese restrittive, la definizione del mercato rilevante è successiva all’individuazione dell’intesa, in quanto sono l’ampiezza e l’oggetto dell’intesa a circoscrivere il mercato su cui l’abuso è commesso: vale a dire che la definizione dell'ambito merceologico e territoriale nel quale si manifesta un coordinamento fra imprese concorrenti e si realizzano gli effetti derivanti dall'illecito concorrenziale è funzionale alla decifrazione del grado di offensività dell’illecito (Cons. St., sez. VI, 10 marzo 2006 n. 1271 Telecom Italia). Al contrario, in altre fattispecie di illecito anticoncorrenziale (il riferimento è, in particolare, all’abuso di posizione dominante) la perimetrazione del mercato rilevante rappresenta un prius , costituendo un elemento costitutivo dell’illecito la stessa configurazione del mercato rilevante in relazione al quale la condotta ascritta all’impresa assume i tratti dell’abuso di posizione dominante.

E’ bensì vero che il mercato di riferimento deve comunque essere costituito da una parte «rilevante» del mercato nazionale e di regola non può coincidere con una qualsiasi operazione economica.

Tuttavia anche una porzione ristretta del territorio nazionale può assurgere a “mercato rilevante”, ove in essa abbia luogo l'incontro di domanda ed offerta in condizioni di autonomia rispetto ad altri ambiti anche contigui, e quindi esista una concorrenza suscettibile di essere alterata.

Pertanto le gare di pubblici appalti possono costituire, avuto riguardo alle circostanze del caso concreto, un mercato a sé stante, in quanto la definizione del mercato rilevante varia da caso a caso in funzione delle diverse situazioni di fatto (v. la gara Consip per i buoni pasto, su cui ha deciso la citata decisione Cons. St., n. 926/2004;
le gare per la fornitura di carburante indette da aziende comunali di trasporto pubblico, su cui ha deciso Cons. St., sez. VI, 10 febbraio 2006 n. 548;
le gare per la fornitura di prodotti per diabetici, su cui ha deciso Cons. St., sez. VI, 16 marzo 2006 n. 1397).

In particolare, la questione della possibilità di identificare il mercato rilevante anche con una singola gara bandita dalla pubblica amministrazione (p.a.) è già stata esaminata dalla Sezione e risolta in senso favorevole sulla base della considerazione secondo cui l’ammissibilità di una coincidenza tra mercato rilevante e gara non può essere né affermata né negata in termini assoluti, dovendosi indagare in concreto le caratteristiche del mercato oggetto della gara (Cons. St., sez. VI, 2 marzo 2001 n. 1191 Imprese di assicurazione).

Ciò non significa affatto che ad ogni gara pubblica corrisponde un mercato a sé stante, anche in considerazione della circostanza che l’intesa restrittiva deve riguardare l’intero mercato nazionale, o una sua <parte rilevante>. Sicché un pubblico appalto costituisce mercato rilevante se assume dimensione nazionale o riguardi comunque una parte rilevante del territorio nazionale: nel caso Consip, si è ritenuto che costituisse mercato rilevante la gara indetta da Consip per i buoni pasto, trattandosi di gara svolta a livello centralizzato, che ha concentrato gran parte della domanda proveniente dalla p.a. ed era idonea ad estendere l’ambito di operatività anche alla domanda di altri enti pubblici, che volontariamente potevano aderire all’offerta (Cons. St., sez. VI, n. 926/2004, cit.).

La Sezione ha anche affrontato il caso, diverso da quello di una unica gara di dimensione nazionale (come le gare Consip), e più simile a quello odierno, di una pluralità di gare di appalto da parte di singole pubbliche amministrazioni (gare per l’acquisizione di servizi assicurativi, Cons. St., sez. VI, n. 1191/2001, cit.), arrivando a identificare, a causa delle caratteristiche e della specificità di una gara svolta nel settore assicurativo, il mercato rilevante con una singola gara. Ciò quando una singola pubblica amministrazione richieda un prodotto particolare, caratterizzato da standard e caratteristiche diverse rispetto a quelle di altri soggetti (c.d. differenziazione orizzontale del prodotto o del servizio).

2.2 - Orbene, nel caso in esame, correttamente l’Autorità, dopo aver individuato elementi univoci ( sul punto v. infra) per ravvisare una intesa illecita tra le società ACEA e Suez Environnement S.A. finalizzata alla ripartizione del mercato italiano dei servizi idrici integrati, ha ricostruito l’ambito geografico del mercato rilevante. In tale prospettiva l’Autorità ha correttamente considerato l’insieme delle gare bandite per l’affidamento del SII cui hanno partecipato le imprese appellate congiuntamente ( ma anche singolarmente) adottando una nozione di mercato rilevante che dal lato della offerta ha una connotazione spiccatamente nazionale, in ragione della peculiarità italiana del sistema dei servizi idrici integrati ( per come conformato dalla legislazione di cui innanzi si è fornito un quadro riassuntivo).

Si afferma infatti nel provvedimento che “più in generale, in materia di servizi idrici occorre fare riferimento, da un lato, alle condizioni di monopolio locale di cui godono gli affidatari del SII, e dall’altro, al grado effettivo di ricorso a procedure concorrenziali per l’affidamento del medesimo servizio. Con riferimento al primo profilo, in una prospettiva di preminente considerazione del lato della domanda, il mercato rilevante deve ritenersi corrispondente all’ambito locale di erogazione, ovvero il singolo ATO, in linea con quanto ordinariamente considerato in materia di prestazione di servizi pubblici in ragione della natura di monopolio legale propria della gestione dei servizi. In relazione al secondo profilo, tenuto conto che il meccanismo della gara – sia nel caso di Gara Diretta che di PPP – determina una tipica situazione di concorrenza per il mercato ed un confronto tra più soggetti dal lato dell’offerta, è possibile delineare le dimensioni del mercato rilevante in termini più ampi, sebbene la singola gara possa di per sé rappresentare un contesto competitivo rilevante, attesa la porzione di domanda da essa specificamente individuata”.

Tale ricostruzione è immune da vizi logici.

Anche in base alla decisione della Commissione UE del 4 marzo 1999 ( resa nel caso FCC/Vivendi), citata nel provvedimento impugnato in primo grado, il mercato dei servizi idrici è stato preso in considerazione da entrambi i versanti ( quello della domanda e quello della offerta) senza che ciò abbia potuto dar luogo a censure di contraddittorietà nella ricostruzione della nozione.

Anche nel caso di specie la supposta dicotomia dell’unica fattispecie scrutinata in realtà non sussiste, posto che l’Autorità ha preso in considerazione, in coerenza con quanto stabilito dalla Commissione nella precitata decisione, una nozione di mercato rilevante coincidente con il mercato nazionale dei servizi idrici. In ragione delle diverse normative applicabili tanto a livello nazionale che a livello locale nei diversi Stati membri, avuto riguardo alle distinte regole di organizzazione delle gare e delle diverse responsabilità che devono assumersi le imprese aggiudicatarie, oltre che alle difficoltà obiettive delle imprese di entrare in contatto con le autorità locali, è da escludere che il mercato dei servizi idrici integrati possa assumere una dimensione <comunitaria>
( come ipotizzato dal T), per quanto non sia da escludere evidentemente che alle singole gare possano partecipare anche imprese stabilite in altri Stati membri ( la stessa decisione della Commissione UE del 30 settembre 2008 a proposito della valutazione della concentrazione Acea/Ondeo Italia / Acque Blu perviene alla conclusione secondo cui il mercato in oggetto ha dimensione non eccedente l’ambito nazionale).

E tuttavia, poiché le gare per l’affidamento del servizio integrato non si svolgono, su base nazionale, ma sempre su base locale, il <<mercato>>
dove si incontrano domanda ed offerta, è costituito dalla singola gara di appalto, come correttamente ritenuto dall’AGCM. L’intesa non poteva avere ad oggetto un unico mercato nazionale, per la semplice ragione che non ci sono, nel settore dei servizi idrici integrati, gare di dimensione nazionale. L’intesa non poteva pertanto che riguardare singole gare, e dunque singoli mercati, la cui somma diventava una porzione rilevante del mercato nazionale degli affidamenti ( con gara diretta o in PPP) dei servizi idrici integrati da parte dei singoli ATO.

L’autonoma rilevanza dei singoli bacini messi a gara deriva altresì dall’elementare considerazione che ciascuno di essi identifica l’ambito locale di erogazione di un servizio rispetto al quale l’analoga prestazione offerta, in diverso contesto cronologico e con distinte caratteristiche del servizio ( in ragione della conformazione del territorio, della diversa popolazione servita, delle diverse condizioni della rete infrastrutturale esistente) in altro bacino non è sostituibile né succedanea essendo intrinsecamente inidonea a soddisfare la domanda di SII propria di un diverso ambito territoriale.

3.- Relativamente alla consistenza dell’intesa, il T ha ritenuto non adeguatamente motivata la determinazione dell’Autorità di ritenere sussistente tale elemento essenziale ai fini della configurabilità dell’illecito antitrust. In particolare, i primi giudici pur premettendo che nelle intese anticoncorrenziali per oggetto la valutazione degli effetti dell’intesa incide sulla gravità della sanzione, non sull’in sé dell’illecito, hanno tuttavia affermato che “ rappresenta un carattere intrinseco della strategia anticoncorrenziale la programmata attitudine della stessa ad incidere sul mercato con valenza consistente, ovvero a produrre in maniera non circoscritta, né occasionale, né meramente sporadica quell’effetto di limitazione concorrenziale altrimenti inspiegabile ove gli operatori concordino condotte dettate dal solo intento di sviluppare sinergie o comunque forme di collaborazione che ben possono trovare legittimo fondamento giustificativo nella connotazione intrinseca di un determinato segmento di mercato, ovvero nella particolare tipologia di una prestazione che essi siano chiamati ad offrire”.

Inoltre i giudici di primo grado, sulla base delle indicazioni desumibili dalla Commissione europea in sede di elaborazione delle “Linee direttrici sull’applicabilità dell’art. 81 del trattato CE agli accordi di cooperazione orizzontale”, hanno preso in esame l’esiguità delle gare in cui il concordamento tra le parti per ripartirsi il mercato del SII sarebbe stato posto in essere, a fronte del numero complessivo degli affidamenti diretti o nella forma del PPP ed al numero non insignificante di gare a cui le due società Acea e Suez hanno preso parte separatamente;
giungendo in ogni caso a concludere che “ la complessità del quadro di riferimento fosse tale da indurre ad escludere che la presenza di un’intesa orizzontale sia ex se identificabile con un intendimento delle parti di alterare la concorrenza”.

Inoltre, in relazione alla questione delle quote di mercato detenute da ciascuna impresa ritenuta parte della contestata intesa restrittiva il T ha evidenziato, sempre nella logica della non sufficiente dimostrazione dell’elemento della “consistenza” dell’intesa, che Acea, sulla base dei dati ( riferiti al 2006) desumibili dalla stessa comunicazione delle risultanze istruttorie dell’Autorità, risultava detenere una quota di mercato del 9,4% ( volume), del 6,3% ( valore) e del 8,2% ( popolazione nazionale servita), mentre a Suez dovrebbe essere ascritta una quota del mercato nazionale pari a circa lo 0,4%. Da tanto il Collegio di primo grado ha tratto il convincimento che, anche ad assumere che il mercato rilevante possa essere individuato in una dimensione nazionale, non sia configurabile una “complessiva presenza di Acea e Suez avente carattere di consistenza tale da poter indurre a desumere la presenza di una sottesa strategia di concordamento anticoncorrenziale attuata a mezzo della congiunta partecipazione alle gare di affidamento a mezzo r.t.i.”.

4.- A parere del Collegio le considerazioni svolte dai primi giudici anche sulla questione della “consistenza” dell’intesa non appaiono condivisibili e non resistono alle puntuali censure articolate dalla appellante Autorità.

Nel provvedimento conclusivo l’Autorità ha anzitutto ribadito come la consistenza della intesa sia desumibile dal fatto che la stessa ha coinvolto ACEA, ovvero il principale operatore a livello nazionale nel mercato dei servizi idrici, e SE, tra i principali concorrenti a livello nazionale e primo operatore a livello mondiale nel settore idrico, oltre che parte di un gruppo tra i principali al mondo nei settori ambientale ed energetico, dunque con ampia disponibilità di risorse finanziarie e tecnologico-operative.

Peraltro, se anche la quota di mercato complessivamente espressa dalla singola intesa sanzionata rappresenta meno del 10% del mercato nazionale, cionondimeno l’intesa non si posizionerebbe al di sotto della soglia c.d. de minimis individuata dalla Commissione nella Comunicazione relativa agli accordi di importanza minore, “che non determinano restrizioni sensibili della concorrenza ai sensi dell’art. 81, par. 2 del Trattato che istituisce la Comunità” (2001/C 368/07 in G.U.C.E. 22.12.2001, C368/13).

Infatti la “ripartizione dei mercati o della clientela” è considerata dalla Commissione una restrizione grave ( hardcore ) della concorrenza. Pertanto, in tale ipotesi, anche al di sotto delle soglie minime di mercato dalla stessa individuate, la Comunicazione sopra citata prevede l’automatica esclusione dell’accordo dall’applicabilità del beneficio de minimis .

Analogamente, secondo quanto chiarito dalla Commissione nella sua Comunicazione Linee Direttrici in materia di accordi orizzontali (2001/C-3/02), si presume che “gli accordi aventi per oggetto una restrizione della concorrenza che consiste nel fissare i prezzi, limitare la produzione o ripartire i mercati o la clientela […] abbiano effetti negativi sul mercato e non è quindi necessario procedere ad un’analisi delle loro conseguenze effettive sulla concorrenza e sul mercato al fine di stabilire che essi rientrano nel campo di applicazione dell’articolo 81, paragrafo 1 del Trattato CE”.

Inoltre, anche a tralasciare l’argomento della esclusione, ratione materiae , dell’intesa de qua dal regime dei cd. accordi de minimis , va osservato che non appaiono pertinenti i dati fattuali valorizzati dal T per porre in dubbio gli effetti anticoncorrenziali da riconnettere all’intesa occorsa tra le odierne società appellate.

Ed invero, nel caso in esame, la quota di contendibilità del mercato dei servizi idrici deve intendersi limitata ai pochi affidamenti del SII operati dagli ATO che hanno inteso in concreto dar corso a procedure ad evidenza pubblica per la scelta del socio privato da aggregare alle società gerenti il servizio ovvero per affidare integralmente il servizio a società private a tal uopo selezionate.

In tale prospettiva, non appare corretto il calcolo operato dai primi giudici per addivenire alla conclusione che i soggetti parte dell’intesa sanzionata avrebbero in Italia, nel settore dei servizi idrici, una quota cumulata di mercato inferiore al 10%.

4.1- A confutazione dei dati riportati dal giudice di primo grado va infatti osservato che su 91 ATO esistenti, all’epoca dei fatti, sul territorio nazionale, solo in 55 vi è stata l’attivazione in concreto del servizio idrico integrato;
nell’ambito di questi ultimi soltanto 3 sono stati gli affidamenti con gara diretta e 13 i casi di PPP, mentre per le restanti gestioni il rapporto è stato mantenuto nella forma delle società in house ( e quindi senza gara). Inoltre, negli altri 36 ATO in cui è mancata l’attivazione del SII , solo 11 hanno svolto gare per l’affidamento del servizio idrico, senza tuttavia che tali gare abbiano sortito esito alcuno per mancanza di offerenti ( ed anche tale dato attesta la scarsa competitività del mercato dei SII, al quale sono interessate essenzialmente imprese di grandi dimensioni).

Per conseguenza, l’ambito nel quale “pesare” le quote di mercato di Acea e Suez non va rapportato al numero complessivo degli ATO esistenti su tutto il territorio nazionale, quanto piuttosto a quelli che hanno dato corso, in tutto o in parte, ad affidamenti esterni del servizio: il mercato rilevante è infatti soltanto quello contendibile, di tal che non avrebbe senso tener conto di realtà in cui non è mai stata offerta l’opportunità ad alcuna impresa privata di concorrere per la assegnazione del servizio.

Il T, pur muovendo da una corretta disamina dei dati fattuali ( giungendo per tal via ad individuare 20 affidamenti con gara, 15 in forma di PPP e 5 in favore di società interamente private), non trae tuttavia le giuste conclusioni da tale dato aggregato, che semmai attesta la scarsa concorrenzialità strutturale di un mercato contraddistinto dalla esiguità degli affidamenti;
anche tale elemento avrebbe dovuto senza dubbio indurre maggior rigore esegetico nel valutare gli effetti distorsivi dell’intesa contestata a Suez ed Acea sul mercato delle commesse pubbliche relative al SII.

4.2- Inoltre, non va condivisa la considerazione dei primi giudici a supporto della ritenuta insussistenza del carattere anticoncorrenziale dell’intesa a proposito delle gare in cui i due soggetti sanzionati hanno partecipato separatamente. Al proposito vale osservare, da un lato, che qui i giudici di primo grado assumono dati irrilevanti, in quanto cronologicamente riferibili ad epoca anteriore all’accordo inter partes ( la cui efficacia l’Autorità ha collocato a partire dalla seconda metà del 2001), di tal che non potrebbe riconnettersi valenza indiziaria a gare bandite prima che divenisse efficace l’intesa posta in essere tra le parti. Per altro verso, l’Autorità ha dimostrato, con elementi condivisibili, che anche la scelta di concorrere separatamente non è di per sé estranea all’oggetto <spartitorio>
della intesa contestata alle odierne parti appellate.

Ed invero, riguardo alle aree ritenute di competenza esclusiva e, come tali, non soggette a pratiche di cooperazione tra le parti, l’istruttoria ha accertato come Acea abbia inteso preservare una propria autonomia nell’area laziale ( il dato è confermato da tutta la documentazione espressamente richiamata dall’Autorità nell’impugnato provvedimento). Con riferimento specifico all’ATO 5 ( Toscana Costa) la documentazione raccolta dall’Autorità ha consentito di fornire una spiegazione plausibile delle ragioni sottese alla partecipazione di Acea in raggruppamento con Italgas anziché con Suez;
infatti, come chiarito nel corso dell’istruttoria dai rappresentanti di Acea, “ la partecipazione congiunta con Italgas, anziché con SE come nelle precedenti gare toscane, è stata dovuta al fatto che la gara prevedeva anche l’affidamento dei servizi relativi alla rete del gas e Acea ha ritenuto pertanto opportuno associarsi ad un soggetto specializzato nel settore del gas. Peraltro, in relazione alla stessa gara l’Autorità ha tratto dagli atti istruttori elementi non equivoci per ritenere che, anche se Suez non prese parte alla procedura, era nondimeno intervenuta presso la propria controllata Agbar per indurla a non presentare la propria offerta, e di tanto Acea espresse riconoscenza a Suez ( par. 80 del provvedimento). Anche tale elemento va congruamente apprezzato per la sua indubbia valenza indiziaria in ordine alla effettiva sussistenza di un’intesa avente ad oggetto il coordinamento delle rispettive strategie d’intervento sul mercato italiano dei servizi idrici, con una logica finalizzata alla spartizione di tale mercato ed alla esclusione di altri contendenti;
in tale prospettiva, la partecipazione in forma associata a singole gare si è rivelata soltanto come una delle modalità attuative di un più ampia intesa anticoncorrenziale ( che contemplava infatti anche l’impegno di Suez a non partecipare ad eventuali affidamenti dei SII nel territorio laziale, di tradizionale appannaggio di Acea).

5.-Inoltre, come lamentato dalla Autorità appellante, nella sentenza impugnata è ravvisabile una sottovalutazione della natura e dei contenuti della intesa tra Acea e SE, che invece l’AGCM ha ben ricostruito nel provvedimento sanzionatorio, individuandolo nell’intento spartitorio del mercato attraverso un concordamento delle rispettive azioni.

5.1- Giova premettere al proposito che, secondo il tradizionale orientamento della Sezione, la prova di un’intesa anticoncorrenziale quasi mai è diretta, in quanto difficilmente esistono, o sono comunque rinvenibili, i suoi elementi rappresentativi (documenti) e altrettanto difficilmente possono essere acquisite testimonianze (che dovrebbero provenire dagli stessi autori dell'illecito). Ma la circostanza che la prova sia indiretta (o indiziaria) non comporta che la stessa sia munita di minor forza persuasiva.

La ricostruzione dei fatti, operata dall'Autorità, deve essere verificata in virtù dei requisiti generali che presiedono alla valutazione dell'ipotesi, dell'assenza di valide spiegazioni alternative o di elementi che contraddicano la tesi seguita.

Ciò che determina l'attendibilità del convincimento sul fatto oggetto di prova (l'intesa illecita) non è la categoria in cui la prova può essere collocata, ma è il contenuto ed il fondamento della regola di inferenza posta a garanzia delle argomentazioni accolte;
pertanto, la prova indiretta ben può presentare attitudine dimostrativa pari, se non superiore, a quella diretta quando faccia applicazione di una regola fondata su criteri universalmente accettati o comunque adeguatamente motivati con argomentazioni non contraddette.

Pur essendo onere dell'Autorità fornire tutti gli elementi probatori a sostegno delle contestazioni mosse alle imprese, in presenza di alcuni concorrenti elementi spetta alle imprese prospettare ipotesi alternative rispetto a quelle formulate dall'Autorità.

Come ha avuto modo di precisare la Sezione in fattispecie analoghe, nell'ambito dei procedimenti antitrust, dove vengono in gioco leggi economiche, ed anche massime di esperienza, il criterio guida per prestare il consenso all'ipotesi ricostruttiva formulata dall'Autorità è quello della c.d. congruenza narrativa, in virtù del quale l'ipotesi sorretta da plurimi indizi concordanti può essere fatta propria nella decisione giudiziale quando sia l'unica a dare un senso accettabile nella ricostruzione della intesa illecita.

In tale quadro i vari "indizi" costituiscono elementi del modello globale di ricostruzione del fatto, coerenti rispetto all'ipotesi esplicativa coincidente con la tesi accusatoria.

Unitamente all'acquisizione di informazioni coerenti con le contestazioni mosse (riscontri), deve essere esclusa l'esistenza di valide ipotesi alternative alla tesi seguita dall'Autorità.

L'ipotesi accusatoria potrà essere considerata vera quando risulti l'unica in grado di giustificare i vari elementi, o sia comunque nettamente preferibile rispetto ad ogni ipotesi alternativa astrattamente esistente (Cons. St., sez. VI, 20 febbraio 2008 n. 594 Jet fuel).

5.2- Nel caso specifico, ad avviso della Sezione, l'ipotesi ricostruttiva formulata dall'Autorità risponde al criterio della c.d. congruenza narrativa come sopra illustrato.

I documenti da cui si desume l’intesa illecita nel caso di specie sono molteplici ( sul punto v provvedimento par. 40-97), e si tratta di documentazione dal valore particolarmente sintomatico sul piano indiziario.

Si legge, al proposito, nel provvedimento irrogativo della sanzione ( par. 40 ): “ Nel provvedimento di avvio si dava conto della partecipazione congiunta nella forma del r.t.i. da parte di ACEA e SE a più gare per l’acquisizione di partecipazioni in società di gestione del SII, e si considerava tale ricorrenza degna di approfondimenti istruttori anche alla luce della crescente presenza del gruppo Suez nel capitale sociale di ACEA, al fine di verificare l’eventuale sussistenza di una più ampia intesa nell’ambito della gestione dei servizi idrici. Con specifico riferimento ai rapporti di ACEA e SE con PBA, una clausola del Patto relativo a PBA stessa veniva ritenuta suscettibile di determinare un generale coordinamento delle attività delle citate società, e pertanto meritevole di ulteriori valutazioni.

Ancora, nel provvedimento ( par. 41 e segg. ) si legge, significativamente che <<sulla base di quanto accertato in corso d’istruttoria, tra ACEA e SE intercorrono da tempo rapporti di diverso tipo, stabilitisi e sviluppatisi a partire da quelli già in essere tra l’impresa italiana e un’altra società facente parte del gruppo Suez, la belga Electrabel S.A. (di seguito Electrabel). Con tale società ACEA ha costituito nel 2002 AceaElectrabel S.p.A. (di seguito AceaElectrabel), un’impresa comune per la produzione, distribuzione e vendita di energia elettrica in Italia.

A margine di tale operazione, direttamente richiamata dai rappresentanti di ACEA come centrale nell’instaurazione di rapporti privilegiati con il gruppo Suez e debitamente comunicata all’autorità competente per ottenerne l’autorizzazione ai fini antitrust, ACEA ha avviato i contatti con un’altra società del gruppo Suez, SE, per verificare la possibilità di una cooperazione nel settore dei servizi idrici. Sulla base di numerosi documenti acquisiti al fascicolo istruttorio è possibile ricostruire la dinamica di tale cooperazione, facendo risalire le sue origini alla seconda metà dell’anno 2001.

In un memorandum datato 31 agosto 2001 e reperito presso la sede di SE, si legge infatti di alcune riunioni tenutesi a Roma il 29 e 30 agosto 2001 tra alti dirigenti del gruppo Suez, il presidente e l’amministratore delegato di ACEA: tali riunioni si ricollegavano a una precedente visita a Parigi “a seguito della quale si era convenuta la ricerca di ambiti di cooperazione”.

Dopo aver dato conto dei rapporti in corso di definizione tra Electrabel e ACEA nel settore elettrico, il memo prosegue indicando che “nell’acqua, ACEA ribadisce il suo interesse per una collaborazione equilibrata a livello internazionale con Ondeo. Patrick Babin organizza una riunione su questo tema per la fine di settembre”26 (doc. 142). Significativo è come sin dall’inizio di tali contatti, peraltro, venga espressa una resistenza alla piena ‘visibilità’ del rapporto tra ACEA e SE.

Poco tempo dopo, l’allora direttore per il Sud Europa e attuale responsabile speciale per l’Italia di SE, [omissis], invia all’amministratore delegato di ACEA un “documento che contiene gli elementi essenziali della nostra proposta di collaborazione nel settore idrico” (doc. 132). Nella proposta, datata 26 ottobre 2001, si dà atto che “il progetto di collaborazione con Acea è riferito alla società Ondeo Services e riguarda sia l’Italia che l’internazionale. Questo documento riporta i punti essenziali della proposta di Ondeo Services ad Acea e dovrebbero costituire la base di discussione per la definizione di un accordo strategico nel settore idrico”.

45. Rispetto all’Italia, “la collaborazione fra Acea e Ondeo potrebbe riguardare l’acquisizione di una partecipazione nell’Acquedotto Pugliese, la partecipazione congiunta ad alcune gare per la gestione di ATO, l’eventuale acquisizione del settore acqua di Italgas”. Con riferimento al secondo punto, l’estensore della proposta prosegue considerando che “nell’ipotesi della costruzione di una partnership strategica, Acea ed Ondeo potranno valutare di seguire congiuntamente le gare per la gestione di ATO di comune interesse. Tra le possibili gestioni da perseguire congiuntamente particolare interesse riveste l’ATO di Siena Grosseto [leggi ATO6] ed eventuali altri ATO nella regione Toscana. Infatti Ondeo è già presente in Toscana in associazione con la Banca Monte dei Paschi di Siena ed intrattiene ottime relazioni con la banca stessa. Anche Acea intrattiene ottime relazioni con la Banca Monte dei Paschi di Siena ed ha una buona presenza commerciale nel territorio toscano”.

Al successivo 12 novembre 2001 risale una bozza di un protocollo d’intesa, inviata via fax da SE a ACEA e da cui risulta il comune impegno “con reciproca esclusiva, a compiere ogni più utile attività finalizzata alla verifica della convenienza economico-finanziaria e della fattibilità tecnico-giuridica delle iniziative individuate dall’allegato A del presente protocollo”. In tale allegato sono riportate esattamente le medesime indicazioni di cui al precitato doc. 132 sia per la parte internazionale che per le attività all’interno del mercato italiano, tra cui, nello specifico, la partecipazione congiunta a gare per la gestione del SII in Toscana “nella prospettiva di dare vita ad una partnership strategica e duratura”. In apertura al protocollo viene inoltre premesso che “Ondeo e ACEA sono altresì interessate, in conseguenza dello sviluppo positivo dell’instaurando rapporto di collaborazione, a studiare, di concerto con il management di ACEA e con l’assenso del Comune di Roma, l’acquisizione da parte di Ondeo di una partecipazione significativa in ACEA, nelle forme, nei tempi e con le modalità che, nel tempo verranno individuate”.

A dimostrazione di come le imprese si rendessero conto della sensibilità dell’accordo in corso di discussione, l’articolo 19 del protocollo stabilisce che “nessuna parte farà qualsiasi annuncio pubblico o comunicato stampa relativamente al presente protocollo o ad uno qualsiasi degli atti ed operazioni che ne costituiscano esecuzione”: inoltre, un ulteriore allegato al documento impegna le parti alla riservatezza più rigorosa sui termini dell’accordo, prevedendo che “in qualunque ipotesi di interruzione della cooperazione ciascuna delle parti dovrà restituire alla controparte e, ove ciò non sia possibile, distruggere […] tutte le informazioni, le copie o gli estratti delle stesse, ogni memorandum, analisi o documento derivato da – o contenente – le informazioni trasmesse”.

I termini della cooperazione tra SE e ACEA vengono richiamati in un’ampia serie di documenti, fino ai tempi immediatamente precedenti l’avvio dell’istruttoria: in relazione ai loro rapporti nel mercato italiano dei servizi idrici, infatti, le due società non hanno mai stipulato un atto formale, preferendo piuttosto dare attuazione all’accordo attraverso una cooperazione pratica soggetta a successivi aggiustamenti (al riguardo v. anche infra, para. 59). Al maggio 2002 risale ad esempio un memo interno a SE (doc. 149), dove viene fissato un vero e proprio schema procedurale: premesso che “l’evoluzione della legge Galli è lenta e l’acquisizione di una massa critica è difficile”, il responsabile per l’Italia di SE ricorda ad altri dirigenti dell’impresa che “per questa ragione abbiamo proposto un’alleanza con ACEA che potrebbe evolversi in un’acquisizione di partecipazioni nella società romana, nel momento in cui il Comune decidesse di ridurre la sua partecipazione al di sotto del 51%. Questo progetto prevede dunque tre fasi: accordo di collaborazione nell’energia;
accordo di collaborazione nell’acqua;
eventuale acquisizione di partecipazioni”>>.

mercato per individuare un partner strategico, poi trovato nella società Electrabel, all’epoca partecipata al 50% dal gruppo Suez. ACEA ed Electrabel hanno quindi costituito un’impresa comune nella forma di un gruppo di imprese operative specializzate”

5.3 Tra i tanti documenti richiamati a comprova della intesa anticoncorrenziale, a parere del Collegio vanno poi espressamente richiamati, senza nessuna pretesa di completezza:

1) la bozza di accordo datata 15 ottobre 2002 e intitolata “ACEA/Suez Environnement. Accordo di cooperazione – Linee Guida”, nel quale si legge tra l’altro che Acea e Suez “intendono creare una società operativa integrata per i servizi idrici in Toscana” nonché “ sviluppare i loro affari nei servizi idrici e fognari. Acea conferisce la sua forte presenza in Italia e le sue conoscenze nella gestione di tali servizi. Ondeo services ( poi Suez, ndr), leader mondiale in questo mercato, conferisce la sua esperienza internazionale, le sue conoscenze tecniche ed operative. Rispetto all’Italia l’accordo stabilisce quali propri obiettivi “ lo stabilimento di una strategia per i mercati dell’Italia centrale e del nord lo stabilimento di comuni obiettivi finanziari e operativi per gare da vincere o la gestione di contratti di concessione in Italia/la presentazione di offerte per partenariati pubblico-privato, acquisizione di contratti per servizi idrici e fognari e l’acquisizione di imprese. Acea e Suez Environnement presenteranno queste offerte insieme….con riferimento al territorio l’accordo si applica come segue: esclusività in Toscana, Veneto ed Emilia Romagna/diritto di primo rifiuto per il resto d’Italia/ la città di Roma non è parte del presente accordo ( in altro documento – cfr. par. 91 del provvedimento - viene precisato che tutto il Lazio è escluso dalla cooperazione tra Acea e Suez) ;

2) un memo interno rinvenuto presso la società Suez del 17 ottobre 2002 in cui si dà conto di un incontro con i rappresentanti di ACEA in cui tra l’altro si legge “ In Italia gli auspici di Acea sono di sviluppare progressivamente un partenariato…. Noi abbiamo ben precisato che sul mercato italiano siamo in grado di definire dei territori/progetti di collaborazione e altri dove i partner potrebbero condurre le proprie strategie a condizione di reprimere la concorrenza frontale eventuale e che Acea non concluda accordi di partenariato paralleli con dei concorrenti di Suez”.

6.- Sulla base di tali elementi, ma anche tenuto conto degli ulteriori riscontri istruttori di cui dà puntuale riscontro il provvedimento originariamente impugnato, l’Autorità ha ragionevolmente ravvisato nella intesa inter partes la portata complessiva “strategica-ripartitoria-escludente”. L’intento è quello di stabilire preventivamente su quali mercati agire concordemente e quali lasciare ad Acea, leader del mercato italiano del settore. Nelle aree geografiche in cui la strategia è quella di cooperare l’obiettivo non è quello di aggregare tecniche e conoscenze per rafforzare le proprie chances di vittoria negli affidamenti in partenariato, quanto piuttosto quella di non farsi concorrenza reciproca o piuttosto quella di scoraggiare la concorrenza altrui in un settore di per sé già poco competitivo.

L’impegno di Suez a non partecipare a gare nel bacino storico di competenza di ACEA ( e cioè il Lazio) assume pertanto – come già anticipato - anch’ esso una significativa valenza nella logica dell’accordo finalizzata alla ripartizione del mercato.

Si è dunque trattato di un’intesa con oggetto illecito, di per sé vietata ai sensi della disciplina antitrust ( per quanto l’Autorità abbia dato dimostrazione anche della esistenza di effetti anticoncorrenziali).

6.1 E’ noto che, ai sensi dell’art. 2, co. 1, lett. c), l. n. 287/1990, e dell’art. 81, Trattato CE, sono vietate le intese tra imprese che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all'interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante, anche attraverso attività consistenti nel ripartire i mercati o le fonti di approvvigionamento.

L’art. 2, l. n. 287/1990 è chiaro nel richiedere la sola presenza dell’oggetto anticoncorrenziale, e non anche necessariamente dell’effetto, e in tal senso si è pronunciata anche la giurisprudenza comunitaria avuto riguardo alle intese incidenti sul mercato comunitario (cfr., C. giust. CE, C – 219/95, Ferriere Nord, 17-7-97, par. 30 e seguenti;
Cons. St., sez. VI, 8 febbraio 2007 n. 515;
Id., nn. 2199/2002, 1199/2001, 652/2001, citt.). Anche secondo la giurisprudenza comunitaria le intese che hanno per oggetto la ripartizione del mercato sono annoverate nella categoria delle restrizioni della concorrenza “per oggetto”, in quanto, alla luce delle regole di concorrenza comunitarie, hanno una potenzialità talmente alta di causare gravi restrizioni della concorrenza che “è inutile, ai fini dell’applicazione dell’art. 81.1. Tr CE, dimostrare l’esistenza di specifici effetti sul mercato”.

Neppure risponde al vero, del resto, che l’intesa è intervenuta, nel caso in esame, in un mercato liberalizzato perché, al contrario, ad una liberalizzazione formale non è corrisposta, a tutt’oggi, una liberalizzazione sostanziale, e l’intesa, intervenuta tra incumbents , è stata proprio rivolta a contrastare la liberalizzazione incipiente rafforzando le posizioni di mercato dei soggetti che hanno partecipato all’intesa illecita. E’ pertanto evidente la finalità dell’accordo di incrementare le attuali quote di mercato e di creare barriere all’ingresso di terzi.

In tale contesto, gli elementi di prova raccolti dall’Autorità a carico di ACEA e SE, appaiono complessivamente gravi, precisi e concordanti nella dimostrazione di un’intesa orizzontale che ha avuto per oggetto e per effetto un coordinamento delle strategie commerciali di due imprese tra loro concorrenti nel mercato italiano della gestione dei servizi idrici: e tutto ciò è avvenuto in una delicata fase di riorganizzazione ed effettiva apertura alla concorrenza di tale mercato, e quindi con effetti tendenzialmente pregiudizievoli per i suoi futuri sviluppi. Alla luce della pluralità di elementi indiziari presi in esame dall’Autorità le accertate condotte delle due imprese si sono risolte in un’intesa unica e complessa, contraria all’articolo 81 del Trattato CE.

7.- Anche in relazione ai contenuti del patto parasociale (art. 13) stipulato tra i soci di Publiacqua spa, affidataria del servizio idrico integrato nell’ambito dell’ATO 3 Medio Valdarno, le conclusioni cui perviene l’Autorità sono coerenti con gli accertamenti presupposti compiuti in ordine alla sussistenza della intesa tra le odierne parti appellate. Come si è già detto, infatti, Acea e Suez avevano il controllo della società Acqueblufiorentine s.p.a., che aveva rilevato il 40% del capitale di Publiacqua s.p.a. a seguito della gara indetta nell’ambito dell’ATO 3 per la individuazione del socio privato industriale della società pubblica di gestione del servizio idrico.

L’art. 13 del patto parasociale, riguardante gli obblighi di non concorrenza del socio privato di Publiacqua, imponeva al socio privato di portare preventivamente a conoscenza dei soci pubblici i propri programmi di sviluppo sul territorio italiano;
più in particolare il patto imponeva al predetto socio privato di comunicare le proprie intenzioni di partecipare direttamente a gare alle quali non fosse interessata Publiacqua s.p.a. direttamente ed in via esclusiva, in vista di un’eventuale partecipazione in forma associata di tale ultimo soggetto (nella veste di mandante del socio privato interessato all’affidamento in distinto ATO).

Al di là delle specifiche finalità cui il patto era preordinato nelle intenzioni del predisponente il bando di gara per l’individuazione del socio privato, non par dubbio che l’Autorità abbia correttamente percepito il carattere pregiudizievole di quell’impegno per il libero gioco della concorrenza nel settore dei servizi idrici e ne abbia conseguentemente inibito l’attuazione. Ed infatti l’assolvimento di quel patto imponeva di rendere effettivo un flusso informativo costante tra ACEA e Suez ( quali società controllanti il socio privato di Publiacqua, e cioè Acqueblufiorentine s.p.a.) al fine di rendere pienamente trasparenti le loro politiche commerciali anche in relazione alle future scelte ed agli interessi rispettivi per gli affidamenti del servizio in altri ambiti territoriali.

Ora, ciò che è stato contestato dalla Autorità ai soggetti sanzionati non è di aver architettato quel patto ( comportamento che evidentemente non potrebbe essere loro ascritto, trattandosi di clausola inserita nel bando di gara per la selezione del socio privato di Publiacqua), quanto piuttosto di valersi di quel patto quale utile strumento <istituzionale>
per veicolare tutte le informazioni possibili riguardo alle intenzioni di partecipare a gare future nel settore dei servizi idrici.

Il patto non è dunque in sé illecito, ciò che è vietato è l’utilizzo di quell’impegno per inverare un’intesa restrittiva tra le odierne appellate ( che preesiste e prescinde dal quel patto) per scambiarsi le informazioni rilevanti sulle rispettive strategie commerciali.

Né può farsi questione della diversità soggettiva dei patiscenti ( Acqueblufiorentine s.p.a., quale partner dei soci pubblici presenti nel capitale di Publiacqua) rispetto ai soggetti sanzionati all’esito del procedimento antitrust per cui è giudizio, posto che – come già detto – sul piano sostanziale è pacifico ed incontestato che Acea e SE avevano all’epoca dei fatti il controllo di Acqueblufiorentine s.p.a., di tal che non potrebbe dubitarsi del loro pieno coinvolgimento nell’attuazione del patto parasociale di cui si è detto.

Né rileva che la clausola del patto parasociale sia stata predisposta da soggetti diversi dalle società appellate ed in vista della salvaguardia delle prerogative del socio pubblico perché, si ripete, la illiceità del patto è soltanto indiretta e soggettivamente relativa, nel senso che quell’accordo è stato ritenuto di pregiudizio per il libero gioco della concorrenza nella misura in cui avrebbe potuto risolversi in uno strumento particolarmente efficace per inverare il coordinamento delle rispettive strategie commerciali da parte di Acea e SE.

Da quanto detto discende che non appare illogico o altrimenti irragionevole che nel dispositivo del provvedimento impugnato in primo grado l’Autorità diffidi le società appellate dal dare attuazione a quel patto, posto che la sua attuazione avrebbe potuto facilitare e rafforzare l’intesa anticoncorrenziale già individuata ed autonomamente contestata alle odierne società appellate.

A quel patto in definitiva l’Autorità non sembra riconnettere autonoma valenza di illecito anticoncorrenziale quanto piuttosto di pericolosa <occasione>
di scambio informativo riguardo a scelte strategiche su acquisizioni future di quote di mercato dei SII che, al contrario, il libero atteggiarsi di comportamenti pro-concorrenziali vorrebbe scevre da concordamenti e condizionamenti di sorta tra i pochi e grandi attori del mercato di riferimento.

In definitiva, anche per questa parte l’appello principale dell’Autorità merita di essere accolto risultando legittime le valutazioni operate e le conclusioni raggiunte nell’ambito del provvedimento sanzionatorio oggetto delle impugnazioni di primo grado.

8.- Venendo ora all’esame dell’appello incidentale di Acea s.p.a., con il quale tale società ha censurato la sentenza impugnata per omesso esame di un motivo di primo grado espressamente dedotto, osserva il Collegio che tale impugnazione risulta infondata e va conseguentemente respinta.

Con specifico motivo di primo grado rimasto assorbito nella sentenza di accoglimento oggetto dell’odierno appello principale, Acea s.p.a. aveva rilevato la contraddittorietà del provvedimento impugnato sotto il profilo che lo stesso, avendo omesso il deferimento dei fatti all’autorità giudiziaria penale per eventuali reati commessi dalle società sanzionate in sede di gara, aveva con ciò solo comprovato la regolarità della gara con consequenziale inconfigurabilità di alcuna fattispecie di illecito, anche ai fini anticoncorrenziali.

Nella prospettazione dell’appellante incidentale, dovrebbe sussistere una corrispondenza necessaria tra illecito anticoncorrenziale e illecito penale;
in altri termini, se tra le imprese ed il mercato c’è una gara da espletare nell’osservanza delle regole sull’evidenza pubblica tale meccanismo è di per sé capace di assicurare la selezione della migliore offerta con modalità necessariamente trasparenti, salvo che nell’ambito della gara le imprese siano incorse nella commissione di reati ( nel caso di intese anticoncorrenziali l’ipotesi prospettata potrebbe essere quella della turbativa d’asta);
di qui la illegittimità, anche sotto tal profilo, del provvedimento impugnato dinanzi ai giudici di primo grado, in ragione della mancata trasmissione degli atti alla Autorità giudiziaria penale.

8.1- L’appello incidentale non appare meritevole di condivisione e va respinto.

L’intesa restrittiva della concorrenza costituisce tipico illecito anticoncorrenziale la cui concreta ricorrenza va riscontrata in una dimensione spazio-temporale che esula da quella in cui si svolge la singola gara d’appalto;
quest’ultima potrebbe essere in sé pienamente legittima, per la semplice ragione che la partecipazione in associazione temporanea di due o più imprese potrebbe essere sintomatica di una legittima forma di cooperazione tra concorrenti, financo utile ad accrescere il tasso di concorrenzialità del mercato, secondo la stessa ratio sottesa alle disposizioni normative che favoriscono la partecipazione alle gare degli enti plurisoggettivi. La partecipazione alla singola gara in raggruppamento temporaneo non è quindi sintomo sufficiente per ritenere sussistente un’intesa restrittiva della concorrenza in considerazione del fatto che quest’ultima deve avere un oggetto ben più ampio di quello riferibile alla singola gara e rappresentare al più una tessera di un ben più ampio mosaico indiziario dal quale inferire la sussistenza dell’illecito anticoncorrenziale. Non è quindi corretta la premessa dalla quale muove l’appellante incidentale nell’affermare la sussistenza di una necessaria corrispondenza biunivoca tra illecito anticoncorrenziale e illecito penale nell’ambito di una singola gara, ben potendo il primo configurasi, con una più ampia sfera attuativa, anche a prescindere dal secondo.

8.2- D’altra parte il tema dei rapporti tra illecito anticoncorrenziale e associazione temporanea d’impresa, costituita o da costituire in funzione della partecipazione ad una gara pubblica, non è nuovo nella giurisprudenza di questo Consiglio di Stato.

Il problema si pone in particolare allorché lo strumento dell’associazione temporanea si riveli sovrabbondante o comunque non necessario ai fini partecipativi, nel senso che tutti i soggetti partecipanti all’ente costituito o costituendo avrebbero i requisiti prescritti dalla lex specialis per la partecipazione alla gara singulatim.

Nella sentenza n. 1267 del 2006 questa Sezione, richiamando il parere dell’

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