Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2018-10-03, n. 201805668

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2018-10-03, n. 201805668
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201805668
Data del deposito : 3 ottobre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/10/2018

N. 05668/2018REG.PROV.COLL.

N. 02812/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2812 del 2012, proposto dai signori:
T M, P S, M M S, L S, A S, M S, rappresentati e difesi dall'avvocato M G, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. R R in Roma, via Boiardo, 17;

contro

il Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del TAR Campania, sede di Napoli, sezione VIII, 29 agosto 2011 n.4239, resa fra le parti, la quale ha respinto il ricorso n.5890/2003 R.G. proposto per l’annullamento del provvedimento 14 febbraio 2003 n.117, notificato il successivo 7 marzo 2003, con il quale il Soprintendente regionale per i beni e le attività culturali per la Campania presso il Ministero per i beni e le attività culturali ha imposto vincolo indiretto con divieto assoluto di edificazione a tutela dell’Anfiteatro Campano di Santa Maria di Capua Vetere sui terreni di proprietà di Andrea Salzillo, distinti al catasto comunale al foglio 1, particelle 157 a e 157 b;

e degli atti precedenti, complementari e connessi;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 25 settembre 2018 il Cons. Francesco Gambato Spisani e uditi per le parti l’avvocato Domenico Cirino per delega dell'avv. M G e l’avvocato dello Stato Giuseppe Cimino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il provvedimento meglio indicato in epigrafe, l’amministrazione intimata appellata ha imposto sui terreni dell’originario ricorrente, del quale gli appellanti sono eredi, che si trovano a Santa Maria di Capua Vetere, in località Berolasi, distinti al catasto al foglio 1, particelle 157 e 157 b, un vincolo indiretto di inedificabilità assoluta ai sensi dell’art. 49 dell’allora vigente d. lgs. 29 ottobre 1999 n.490, oggi riprodotto dall’ art. 45 del d. lgs. 22 gennaio 2004 n.42, a tutela dell’Anfiteatro Campano (doc. ti 2 e 3 in I grado ricorrente, provvedimento impugnato e relazione tecnica, ove l’ubicazione esatta).

Nella relazione allegata al decreto di vincolo (doc. 5 in I grado amministrazione, decreto completo), l’amministrazione evidenzia che l’anfiteatro in questione è il più grande fra quelli ancora conservati dopo il Colosseo, e rappresenta un caso “quasi unico fra i grandi anfiteatri” per l’assenza di edifici ad esso adiacenti e di “schermi visivi verso lo stesso”, a differenza di quanto accade per altri noti monumenti dello stesso tipo, come lo stesso Colosseo e l’Arena di Verona, che si trovano “soffocati da edilizia moderna contrastante… con l’antica architettura”.

Ciò posto, sempre nella relazione, l’amministrazione evidenzia che le aree interessate “si trovano al limite dell’area edificata e sono le prime libere dalle costruzioni che intercludono indecorosamente la prospettiva dell’edificio, nonché le uniche, tra quelle della fascia a nord dell’anfiteatro, non ancora sottoposte a vincolo”.

Con la sentenza meglio indicata in epigrafe, il TAR ha respinto il ricorso del proprietario contro tale provvedimento, ritenendolo in sintesi estrema congruamente motivato.

Contro tale sentenza, gli eredi del proprietario, come tali a lui succeduti nel rapporto controverso, hanno proposto impugnazione, con appello che contiene due censure, riconducibili ad un unico motivo di violazione, propriamente, degli artt. 49 d. lgs. 490/1999 e 3 della l. 7 agosto 1990 n.241, nel senso che a loro avviso l’imposizione del vincolo sarebbe ingiustificata;
in proposito, hanno in particolare sostenuto in primo luogo che un precedente decreto di vincolo, poi annullato in sede giurisdizionale, aveva motivato diversamente, riferendosi alla visibilità di una collina sullo sfondo, il Monte Tifata;
hanno ancora sostenuto, argomentando da una perizia di parte depositata in I grado (doc. 3 in I grado ricorrente) che nella zona esisterebbero edifici moderni, anche di notevole altezza, ovvero il palazzo “Cipullo” e uno dei palazzi appartenenti a certa Cooperativa Zenith, i quali avrebbero prodotto una interruzione ormai non rimediabile della prospettiva e della visuale (appello, p.16);
hanno infine sostenuto che l’amministrazione avrebbe potuto accontentarsi di imporre prescrizioni meno invasive.

L’amministrazione ha resistito, con atto 30 aprile 2012 e memoria 5 settembre 2012, e chiesto che l’appello sia respinto.

Alla pubblica udienza del giorno 25 settembre 2018, infine, la Sezione ha trattenuto il ricorso in decisione.

DIRITTO

1. L’appello, nell’unico motivo di cui consta, è infondato e va respinto, per le ragioni di seguito precisate.

2. Per chiarezza, si ricorda il testo della norma di riferimento, ovvero dell’allora vigente art. 49 comma 1 del T.U. 490/1999, riprodotta alla lettera dal vigente art 45 comma 1 del d. lgs. 42/2004, per cui “ Il Ministero, anche su proposta del soprintendente, ha facoltà di prescrivere le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo l'integrità delle cose immobili soggette alle disposizioni di questo Titolo, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro ”.

3. Ciò posto, secondo la costante giurisprudenza, l’atto con il quale l’amministrazione applica la norma citata ed impone su un dato immobile il cd vincolo indiretto è espressione di ampia discrezionalità tecnica, e come tale è sindacabile in questa sede giurisdizionale di legittimità nei soli casi di motivazione mancante, ovvero erronea o illogica, o di valutazione inattendibile allo stato delle conoscenze: così per tutte C.d.S. sez. VI 30 maggio 2018 n.3246 e 15 maggio 2000 n.2776.

Va poi aggiunto, con riferimento alle caratteristiche specifiche del caso, che non è illogica la decisione di apporre il vincolo indiretto a tutela di un immobile che si trovi in un contesto ambientale e paesaggistico in qualche modo già compromesso, trattandosi di impedire un degrado ulteriore: così C.d.S. sez. VI 14 giugno 2018 n.3662 e 9 agosto 1986 n.630.

4. Applicando i principi appena delineati al caso in esame, il motivo di appello dedotto risulta infondato, perché nel ragionamento seguito dall’amministrazione non è dato riscontrare illogicità o erroneo apprezzamento dei fatti.

In primo luogo, anche semplicemente osservando la piantina catastale allegata alla relazione storica (doc. 5 in I grado amministrazione, cit.), risponde senz’altro al vero quanto essa dice, ovvero che i resti dell’anfiteatro sorgono al centro di un’area ancora libera da costruzioni. Da ciò consegue che non è per nulla illogico provvedere nel senso che tale situazione venga mantenuta, allo scopo di conservare la visibilità del bene, e quindi appare giustificato apporre il vincolo sui terreni degli appellanti, che sono al bordo estremo della zona ancora libera, e risultano, come non è contestato, gli unici non ancora resi inedificabili.

Si tratta di uno scopo di per sé corretto e congruo, indipendentemente da quanto si possa dire circa la visibilità di colline sullo sfondo, le quali potrebbero essere anche elementi paesaggistici di qualche pregio, ma all’evidenza non fanno parte del monumento che si intende proteggere.

Inoltre, l’esistenza di costruzioni moderne nell’area limitrofa, confinante con quella libera, non è di ostacolo alla tutela per le ragioni di cui s’è detto, ovvero perché si tratta di impedire un degrado maggiore.

Da ultimo, non è pertinente la perizia di parte alla quale gli appellanti fanno riferimento, secondo la quale la vista del monumento sarebbe già ostacolata da palazzi realizzati in zona, per cui vincolare il loro terreni sarebbe ininfluente ai fini della tutela. Esaminando i grafici e le fotografie prodotte a corredo (nel doc. 3 in I grado originario ricorrente, elaborato della perizia), si nota infatti che le foto stesse ritraggono la visuale che si gode dal monumento verso la città circostante, e quindi sono prese da una prospettiva opposta a quella considerata dal provvedimento;
si nota ancora, osservando i grafici, che viceversa dal fondo vincolato all’anfiteatro la visuale non è bloccata, perché le costruzioni esistenti interferiscono solo di scorcio.

5. Le spese seguono la soccombenza, e si liquidano come da dispositivo.

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