Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2020-11-09, n. 202006856

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2020-11-09, n. 202006856
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202006856
Data del deposito : 9 novembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/11/2020

N. 06856/2020REG.PROV.COLL.

N. 10317/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 10317 del 2019, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati C P e R R, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. C P in Roma, via Denza, 16;

contro

Ministero della giustizia, in persona del Ministro in carica – Procura nazionale antimafia – Procura della Repubblica presso il Tribunale di Venezia – C.S.M. – Consiglio Superiore della Magistratura in persona dei legali rappresentanti, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

C Patrizia, non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto (Sezione Terza) n. -OMISSIS-, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della giustizia e del C.S.M. - Consiglio Superiore della Magistratura;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 settembre 2020 il Cons. Federico Di Matteo;
nessuno è presente per le parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Il -OMISSIS-è magistrato ordinario in servizio come sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Venezia dal 12 gennaio 2012. Il 20 luglio 2016 ha conseguito la VI valutazione di professionalità.

1.1. Il 24 ottobre 2012 venne designato quale componente della Direzione Distrettuale Antimafia (D.D.A.) presso il Tribunale di Venezia per il biennio 2012 – 2014;
designazione confermata per i bienni successivi 2014 – 2016 e 2016 – 2018.

1.2. Nel settembre 2018 il Procuratore distrettuale avviò la riorganizzazione della D.D.A.;
a tal fine venne redatto un progetto organizzativo per il triennio 2017 – 2019 che, al punto 2, “ Struttura della direzione distrettuale antimafia ” prevedeva, al secondo capoverso: “ L’assegnazione alla DDA ha in via generale la durata minima di 2 anni e può essere rinnovata per ulteriori bienni fino ad un complessivo termine massimo di 10 anni, come meglio indicato nella delibera del Consiglio superiore della Magistratura in data 17.11.2010 sopra citata. Nella valutazione dell’opportunità del rinnovo sarà tenuto conto anche della necessità di valorizzare la formazione professionale dei Colleghi anche con una periodica rotazione sempre garantendo le esigenze di funzionalità dell’Ufficio, come espressamente richiesto dal Consiglio Superiore della Magistratura nell’art. 4 della delibera del 16.11.2017 ”.

1.3. Il -OMISSIS-afferma di aver avuto conoscenza del progetto organizzativo con mail del 13 settembre 2018 e di avere, nella riunione del 24 settembre 2018, ribadito la contrarietà al criterio della periodica rotazione , già anticipata in osservazioni trasmesse al Procuratore distrettuale, perché non previsto da disposizione normativa di rango primario né secondario.

1.4. Adottato il progetto organizzativo il 25 settembre 2018, con atto dell’8 ottobre 2018, il -OMISSIS-presentava osservazioni critiche ai sensi dell’art. 8, comma 1, della Circolare CSM sulla organizzazione degli uffici di Procura del 17 novembre 2017 n. 20458.

Il progetto di riorganizzazione era, quindi, trasmesso al Consiglio giudiziario presso la Corte d’Appello di Venezia e, in seguito, al Consiglio Superiore della Magistratura.

1.5. Con atto del 9 ottobre 2018 prot. 685/2018, intanto, veniva avviata la procedura di interpello per l’assegnazione alla D.D.A.;
si dava atto che il 24 ottobre 2018 scadeva il terzo biennio di assegnazione del -OMISSIS- per cui era necessario conoscere eventuali disponibilità all’inserimento nell’Ufficio di altri magistrati.

Il -OMISSIS-rispondeva all’interpello con istanza del 15 ottobre 2018, accompagnata da una relazione sulle attività svolte.

Con atto del 20 novembre 2018 il Procuratore distrettuale designava la dott.ssa P C.

2. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, il -OMISSIS-impugnava l’atto di designazione della dott.ssa C alla D.D.A. e il progetto organizzativo della D.D.A. della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Venezia per il triennio 2017 – 2019 avente ad oggetto “ Criteri di organizzazione della Direzione distrettuale Antimafia ”;
e impugnava anche “ il provvedimento implicito di mancata conferma del ricorrente nelle funzioni di sostituto D.D.A. ”.

2.1. Per il ricorrente, il procedimento volto all’adozione del progetto di riorganizzazione non sarebbe mai stato completato e sarebbe rimasto sempre in “bozza” ma il Procuratore della Repubblica avrebbe avviato la sua sostituzione nell’organico dei magistrati componenti la D.D.A. mediante diramazione di un interpello tra i magistrati, dunque contro i principi dell’art. 97 Cost., della Circolare sull’organizzazione degli Uffici di Procura n. 20458/2017 e dell’art. 1 d.lgs. n. 106 del 2006.

Egli poi lamentava che il progetto era stato predisposto nel 2018 con effetti sin dal 2017 (e fino al 2019), contro il principio che le regole generali vanno portate a conoscenza degli interessati prima della loro operatività temporale, non potendo avere effetti retroattivi salve le specifiche eccezioni previste dalla legge.

Da ultimo, egli lamentava la scelta di introdurre il criterio di designazione dei magistrati alla D.D.A. della “rotazione professionalizzante” .

Con altri motivi contestava la designazione della dott.ssa C.

2.2. Si costituivano con unico atto il Ministero della giustizia, la Procura nazionale antimafia e la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Venezia, che eccepivano l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse relativamente all’impugnazione del progetto di riorganizzazione della D.D.A..

Restava intimata la dott.ssa C.

2.3. Il Tribunale amministrativo dichiarava inammissibili per carenza di interesse tutte le censure contro il progetto riorganizzativo adottato dal Procuratore distrettuale della Repubblica di Venezia, ma accoglieva per difetto di motivazione (in ordine alla valutazione comparativa con il -OMISSIS- il ricorso in relazione alla designazione della dott.ssa C alla D.D.A., che annullava. L’inammissibilità era pronunciata perché il progetto organizzativo non era la “radice genetica” della mancata conferma del -OMISSIS-né della designazione della dott.ssa C, poiché per entrambi gli atti valeva la circolare del

CSM

17 novembre 2010 e successive modifiche (da ultimo con delibera del 19 ottobre 2016) p. 24930 in tema di organizzazione delle direzioni distrettuali antimafia.

3. Propone appello il -OMISSIS- Si sono costituiti il Ministero della giustizia, la Procura nazionale antimafia e la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Venezia a mezzo patrocinio dell’Avvocatura generale dello Stato.

Il 15 settembre 2020 il -OMISSIS-ha depositato istanza di rinvio dell’udienza di merito.

All’udienza del 17 settembre 2020 la causa è stata assunta in decisione.

DIRITTO

1. Preliminarmente va respinta l’istanza di rinvio dell’udienza di merito a data successiva alla definizione del procedimento disciplinare avviato nei confronti dell’appellante -OMISSIS- che si assume “ scaturito proprio dalla vicenda contenziosa e con evidenti attinenze a essa e dunque al ricorso in appello per cui è causa ”.

Letta la documentazione da ultimo depositata (l’atto di incolpazione della Procura generale presso la Corte di cassazione), il Collegio non ravvisa un collegamento pregiudiziale tra il procedimento disciplinare contro il -OMISSIS-e la presente controversia. Non v’è valida ragione, pertanto, che possa giustificare il rinvio dell’udienza e la decisione dell’appello.

2. Inoltre, il presente giudizio riguarda solo il capo della sentenza di primo grado che dichiara l’inammissibilità della domanda di annullamento del progetto di riorganizzazione della D.D.A., in relazione al quale v’è soccombenza dell’appellante. Per questo va respinta l’eccezione di inammissibilità dell’appello proposta dalle amministrazioni appellate per l’asserita carenza della condizione per la proposizione dell’appello per essere il -OMISSIS-vincitore nel merito;
il Ministero, invece, ha prestato acquiescenza al capo della sentenza di accoglimento del ricorso avverso il provvedimento di nomina della dott.ssa C.

3. Nell’unico motivo di appello proposto (“ 1. Sull’interesse del ricorrente in primo grado.

1.1. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 8 della Circolare P.N. 20458 del 16.11.2017 e succ. mod. del 18.06.2018. 1.2. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5 della Circolare n. P-24930 del 19.11.2010 e succ. mod. del 19.10.2016. 1.3. Travisamento dei presupposti di fatto e di diritto
”), il -OMISSIS-contesta alla sentenza di aver erroneamente ricostruito la relazione tra il progetto di riorganizzazione della D.D.A. e l’interpello e la conseguente nomina della dott.ssa C. A suo dire, questi atti sono diretta conseguenza dell’introduzione del criterio della “rotazione professionalizzante” nella scelta dei magistrati della D.D.A.. Se non fosse stato adottato il progetto riorganizzativo, e si fosse fatta applicazione della regola della proroga per il biennio successivo su richiesta del magistrato e senza motivazione, egli sarebbe stato confermato avendo manifestato sin dal 3 ottobre 2018 la volontà di permanenza, e non potendosi ravvisare ragioni per un parere negativo del Procuratore distrettuale;
d’altra parte , né l’interpello né la nomina della dott.ssa C sarebbero mai avvenuti.

Pertanto, per l’appellante, contrariamente a quanto ritenuto dalla sentenza, egli aveva interesse a ricorrere avverso il progetto riorganizzativo perché atto presupposto dei successivi atti con cui gli è stata negata la conferma per un ulteriore biennio a componente della D.D.A..

4. Il motivo, ritiene il Collegio, è infondato: la sentenza appellata va in parte qua confermata sia pure con modificazione della motivazione.

4.1. Come bene ricorda la stessa sentenza, l’art. 1 ( Attribuzioni del procuratore della Repubblica ), comma 6, lett. a) , d.lgs. 20 febbraio 2006, n. 106 ( Disposizioni in materia di riorganizzazione dell’ufficio del pubblico ministero, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera d), della legge 25 luglio 2005, n. 150) attribuisce al Procuratore della Repubblica il potere di determinare « i criteri di organizzazione dell’ufficio» , attraverso provvedimenti che, ai sensi del comma 7, « devono essere trasmessi al Consiglio superiore della magistratura» .

4.2. La sentenza si è soffermata sul potere del C.S.M. una volta ricevuto l’atto organizzativo del Procuratore della Repubblica – dunque, sul rapporto tra il potere organizzativo del Procuratore della Repubblica e la funzione del C.S.M. – affermando che “la disciplina vigente delinea un procedimento di formazione del progetto organizzativo la cui adozione da parte del Procuratore della Repubblica segna il momento del perfezionamento dell’atto medesimo, dovendosi al contempo escludere che il Consiglio Superiore della Magistratura possa esercitare un vero e proprio potere di controllo successivo, in astratto, con esito negativo, id est disconoscendo l’idoneità dell’atto (il progetto organizzativo) a produrre effetti giuridici” ;
non viene “contemplata l’adozione di una deliberazione lato sensu approvativa da parte del Consiglio Superiore della Magistratura ovvero, in direzione diametralmente opposta, di una misura di controllo con esito negativo” . Perciò “la locuzione “controllo” (in relazione al progetto organizzativo e alle relative variazioni) racchiusa nella rubrica dell’art. 8 della […] circolare sulla organizzazione degli Uffici di Procura non può essere intesa come controllo suscettibile di incidere sull’efficacia del progetto organizzativo” : pertanto il C.S.M. solo adotta una “ mera attestazione o dichiarazione di scienza ” giusta l’art. 8 ( Procedimento di formazione e controllo del progetto organizzativo e delle relative variazioni ), comma 6, della circolare del C.S.M. 17 novembre 2017 P. n. 20458 sull’organizzazione degli uffici di Procura, per il quale: “ All’esito (dell’istruttoria svolta dalla commissione referente e degli eventuali chiarimenti richiesti ed ottenuti dal Procuratore distrettuale) il C.S.M., nel prendere atto del provvedimento , invia al Procuratore della Repubblica eventuali osservazioni e specifici rilievi ”.

4.3. Va qui osservato che in effetti è al Procuratore della Repubblica, non al C.S.M., che per la legge compete il compito di organizzazione dell’ufficio. Egli è invero preposto, e in virtù del ruolo suo proprio, con funzioni di direzione a quell’organo della giurisdizione. Da questa preposzione consegue che gli spettano vuoi atti monocratici di giurisdizione o inerenti alla giurisdizione;
vuoi – quando del caso come ad esempio circa il personale amministrativo - atti amministrativi (cfr. Cons. Stato, V, 4 gennaio 2017, n. 10, dove si distingue, in relazione al Presidente del Tribunale - ma ciò vale anche per il Procuratore della Repubblica - tra “atto giurisdizionale o inerente la giurisdizione” e “atto amministrativo” , solo quest’ultimo suscettibile di impugnazione ai sensi dell’art. 7 Cod. proc. amm.).

4.4. Per giungere al caso in questione, sono atti organizzativi inerenti la giurisdizione quelli sulla distribuzione del personale di magistratura all’interno degli uffici giudiziari. Se la legge non prevede un parametro di riferimento, questa distribuzione avviene in base a strette valutazioni di opportunità, rimesse al capo dell’ufficio e istituzionalmente finalizzate alla buona amministrazione della giustizia. Si tratta infatti di espressione insindacabile del merito organizzativo.

4.5. Le scelte organizzative del Procuratore sono funzionali ad assicurare « il corretto, puntuale ed uniforme esercizio dell'azione penale, l'osservanza delle disposizioni relative all'iscrizione delle notizie di reato ed il rispetto delle norme sul giusto processo da parte del suo ufficio» , come prescritto dal ricordato art. 1, comma 2, del citato d.lgs. 20 febbraio 2006, n. 106. E questo compito di organizzazione interna è strumentale all’espletamento della funzione giudiziaria dell’ufficio. Ne segue che, sempre in virtù del principio di separazione dei poteri, è valutazione assistita dalle garanzie costituzionali di autonomia della giurisdizione: che riguardano anzitutto l’organizzazione interna degli uffici.

Non muta le cose il dato che il potere organizzativo di ordine generale sia dalla legge specificato, con alcune previsioni speciali, per le D.D.A., uffici di dimensione distrettuale, all’art. 102 ( Direzione distrettuale antimafia ) d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 ( Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136 ), che ha sostituito – in continuità della fattispecie - il quasi simile art. 70- bis dell’Ordinamento giudiziario, introdotto a suo tempo dal d.-l. 20 novembre 1991, n. 367. A tenore di tale speciale disposizione, per la trattazione di procedimenti penali antimafia e antiterrorismo «il procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto costituisce, nell'ambito del suo ufficio, una direzione distrettuale antimafia designando i magistrati che devono farne parte per la durata non inferiore a due anni. Per la designazione, il procuratore distrettuale tiene conto delle specifiche attitudini e delle esperienze professionali. Della direzione distrettuale non possono fare parte magistrati in tirocinio. La composizione e le variazioni della direzione sono comunicate senza ritardo al Consiglio superiore della magistratura» (comma 1) e «delle eventuali variazioni nella composizione della direzione, il procuratore distrettuale informa preventivamente il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo» (comma 4) .

Ciò che va evidenziato a questi propositi particolari, come riguardo al caso generale dell’art. 1 d.lgs. n. 106 del 2006, è che, l’organo di governo autonomo della magistratura - in virtù delle circolari sull’organizzazione delle Procure o delle D.D.A. (per queste ultime: circolare C.S.M. 17 novembre 2010 e succ. modd., da ultimo con delibera del 19 ottobre 2016 p. 24930 sull’organizzazione delle D.D.A) - ha un’apposita capacità di interlocuzione finalizzata a verificare, seppur in termini interni all’organizzazione della giurisdizione, il buon uso del merito organizzativo da parte del capo dell’ufficio (qui specialmente riguardo alle «specifiche attitudini e […] esperienze professionali» ). Si tratta di una fattispecie non legale, a formazione eventualmente progressiva, di verifica interna dell’uso del potere organizzativo del capo dell’ufficio e conseguente eventuale valutazione da parte del C.S.M.. L’atto di base del Procuratore (distrettuale) della Repubblica è atto inerente l’organizzazione della funzione giudiziaria interna all’ufficio e questa viene esplicata - com’è normale nell’attività amministrativa e a maggior ragione in quella giudiziaria - sulla base delle valutazioni di opportunità del capo dell’ufficio, finalizzate alla buona amministrazione della giustizia.

A questi fini, per assicurare coerenza al sistema e rilevare usi stimati incongrui di quel potere, e facendo base sull’obbligo legale di trasmissione/comunicazione, il C.S.M. si è dato mediante circolari – come quella testé rammentata – che indicano in via astratta criteri di scelta e di distribuzione del personale di magistratura dell’ufficio, una occasione di verifica di uniformità ed efficienza, eventualmente su “osservazioni” di un magistrato interessato: in modo tale da - indirettamente e con apposita procedimentalizzazione - confrontare, condizionare o all’ultimo riprendere la difforme discrezionalità esercitata alla base. In ciò si concreta la progressività eventuale della fattispecie. È un vaglio interno che - non essendo specificato dalla legge e anzi da confrontare con il principio di legalità - non può sfociare in un annullamento gerarchico improprio (ammesso che questo sia mai possibile alla luce degli artt. 101 e 105 Cost.). È piuttosto un’interlocuzione, parametrata su criteri generali predeterminati dal C.S.M. e funzionale all’esito del vaglio dei contenuti di opportunità organizzativa, de «i criteri di organizzazione dell’ufficio» , che si conclude con atti consiliari atipici e non coercitivi che appunto sono non di decisione gerarchica impropria, ma semmai – tramite “osservazioni e specifici rilievi” - di non vincolante invito e sollecitazione, cioè (solo lato sensu ) di indirizzo: la cui efficacia giuridica non è caducatoria;
ma resta indirettamente assistita perché – ove ne ricorrano i presupposti - involge la professionalità, la responsabilità e la compatibilità funzionale del Procuratore. Tanto appare sufficiente a contrastare usi impropri o distorti dell’autonomo potere organizzativo in questione.

Ciò che va qui sottolineato è che si tratta, soggettivamente, di vicenda interna all’organizzazione di uffici giudiziari, cioè di esercizio discrezionale di un potere autonomo, separato dalla pubblica amministrazione: e, oggettivamente, di un atto inerente alla giurisdizione anziché alla cura concreta di interessi amministrativi.

Il caso è dunque ben diverso da quello degli atti del C.S.M., perché il C.S.M. non è un organo giurisdizionale ma un organo amministrativo e i suoi atti sono atti amministrativi, come tali sottoposti alla giurisdizione amministrativa (Corte cost., 14 maggio 1968, n. 44;
8 febbraio 1991, n. 72;
22 aprile 1992, n. 189;
19 novembre 2002, n. 457;
Cons. Stato, IV, 27 dicembre 2004, n. 8210;
20 dicembre 2005, n. 7216;
10 luglio 2007, n. 3893;
27 giugno 2011, n. 3858;
2 settembre 2011, n. 4975;
1 febbraio 2012, n. 486).

Tutto questo conduce a escludere che l’atto organizzativo del Procuratore sia un provvedimento amministrativo impugnabile. Diversamente, del resto, un così particolare procedimento, costruito nell’immediata giustiziabilità dell’atto di base, sarebbe ridondante e potenzialmente contraddittorio;
la funzionalità dell’ufficio e l’autonomia e responsabilità del preposto potrebbero esserne compromesse a scapito della buona amministrazione della giustizia e in ulteriore violazione del principio di separazione dei poteri, stavolta tra giurisdizioni e per di più territorialmente contigue (per effetto della paradossale – e costituzionalmente sospettabile - inapplicazione della competenza funzionale inderogabile del Tribunale amministrativo per il Lazio, ex art. 135, comma 1, lett. a) Cod. proc. amm., non trattandosi di atto ex art. 17, primo comma, l. 24 marzo 1958, n. 195);
e potrebbe essere pregiudicato il vaglio dell’organo di governo autonomo perché la decisione - finanche cautelare - del giudice amministrativo potrebbe inserirsi nell’ iter di tale sviluppo procedimentale, così compromettendo non solo l’autonomia dell’ordine giudiziario, ma anche il compito del C.S.M. e l’interlocuzione testé descritta. Resta poi palese il pericolo di incidenza trasversale di un contenzioso amministrativo sui processi in atto, con potenziali aggrovigliamenti di contenziosi e conseguenze dannose per lo sviluppo e l’economia dei processi e per la stessa generale sicurezza giuridica.

In disparte sta poi che il vizio che si potrebbe immaginare sarebbe di violazione non di legge ma piuttosto di mera circolare del C.S.M., che non è fonte di diritto perché per consolidata giurisprudenza – che sembra sfuggire alla sentenza appellata - il C.S.M. non ha potere regolamentare in materia riservata alla legge dall’art. 108, primo comma, Cost. (cfr. Cons. Stato, V, 6 settembre 2017, nn. 4215 e 4216;
V, 17 gennaio 2018, n. 271;
V, 2 agosto 2019, n. 5492;
V, 2 gennaio 2020, nn. 8 e 9;
V, 7 gennaio 2020, nn. 71 e 84;
V, 9 gennaio 2020, nn. 192 e 195;
V, 22 gennaio 2020, n. 524;
V, 7 febbraio 2020, n. 976;
V, 28 febbraio 2020, nn. 1448 e 1450;
V, 19 maggio 2020, n. 3171;
V, 14 maggio 2020, n. 3047;
V, 21 maggio 2020, n. 3213). Peraltro, nella specie la sentenza appellata ha ritenuto non dirimente la circolare e ha annullato la designazione della dott.ssa Ciccarrese per violazione de “l’obbligo di motivazione dei provvedimenti amministrativi […], principio generale dell’azione amministrativa” in ordine alla valutazione comparativa con il -OMISSIS- Ma di ciò difetta il presupposto, giacché non si discute, appunto, di un provvedimento amministrativo e perciò non trova applicazione né la l. n. 241 del 1990 né il suo art. 3 sulla motivazione.

Alla luce dell’art. 7 Cod. proc. amm., consegue da quanto sopra che si controverte di un atto posto in essere da non una pubblica amministrazione nell’esplicazione di una potestà amministrativa: ma da un organo della giurisdizione, che non è «tenuto[o] al rispetto dei principi del procedimento amministrativo» (art. 7, comma 2);
e che è un atto organizzativo della giurisdizione, cioè non è di «esercizio del potere amministrativo» (art. 7, comma 1). Sicché è atto non impugnabile davanti a giudice amministrativo.

4.6. Le esposte considerazioni sono confermate dalle sopravvenienze interlocutorie riportate dalle amministrazioni in memoria: il C.S.M., con delibera 16 ottobre 2019, ha ritenuto che la “rotazione” non può essere criterio di “valutazione dell’opportunità del rinnovo” e il Procuratore della Repubblica, con nota 21 ottobre 2019, ha modificato il progetto organizzativo in maniera conforme alle indicazioni del C.S.M. espungendo il riferimento al concetto della “rotazione” .

4.7. Il -OMISSIS-contesta il criterio di “rotazione professionalizzante” adottato dal Procuratore distrettuale di Venezia per il nuovo assetto organizzativo della D.D.A., assumendo che non è previsto da norme primarie, e perciò afferma dover prevalere il diverso criterio della proroga per ulteriore biennio su richiesta dell’interessato e senza necessità di motivazione (e per un periodo massimo di dieci anni). Perciò egli contesta come indebito il merito della scelta, asserendo al suo posto la validità del criterio di nomina basato sulla semplice manifestazione di interesse del singolo magistrato. Ma, per le ragioni testé considerate, non vi è luogo a una decisione in questa sede. Del resto, anche a tutto voler concedere, la mancanza di una preferenza nel corpo della norma primaria conferma l’inconsistenza dell’assunto. La circostanza che il C.S.M. abbia ritenuto il criterio sulle prime adottato dal Procuratore distrettuale non opportuno e che questi si sia conformato alla indicazione, è fatto di insindacabile merito organizzativo della giurisdizione e qui non rileva. Il che assorbe ogni eventuale questione circa la persistente, da questo punto di vista, attualità dell’interesse a ricorrere.

4.8. In conclusione, prevale la considerazione di base sulla non impugnabilità di questi atti: e comunque è inammissibile il motivo di ricorso (il terzo tra quelli ripresentati, rubricato “ 2.9. Eccesso di potere per non congruità del progetto di riorganizzazione della D.d.a. rispetto alla normativa primaria e secondaria di riferimento.

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