Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-06-26, n. 202306219

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-06-26, n. 202306219
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202306219
Data del deposito : 26 giugno 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 26/06/2023

N. 06219/2023REG.PROV.COLL.

N. 00828/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 828 del 2021, proposto dai sigg. A B, A B, R C, N G, F L M, V L, S M, C M, R P, G R, tutti rappresentati e difesi dagli avvocati U C e S C, con domicilio digitale presso i medesimi in assenza di elezione di domicilio fisico in Roma;

contro

Ministero della Difesa, Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, Comando Legione Carabinieri Campania, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, sezione staccata di Salerno (sezione prima), del 16 novembre 2020, n. 1677, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa, del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri e del Comando Legione Carabinieri Campania;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 marzo 2023 il Cons. Francesco Guarracino e udito per la parte appellante l’avv. U C;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, i sigg. A B, A B, N G, F L M, V L, S M, C M e G R, militari dell’Arma dei Carabinieri già in forza al Nucleo cinofili di Pontecagnano (SA), e i sigg. R C e Raffaele Parascandalo, militari dell’Arma dei Carabinieri già in forza al Nucleo cinofili di Napoli, esponevano in fatto che, avendo presentato dichiarazione di gradimento al trasferimento presso l’istituendo Nucleo cinofili di Sarno (SA), destinato a essere costituito previa soppressione dei rispettivi nuclei di appartenenza, ed essendovi stati trasferiti con decorrenza 25 Marzo 2015, si dolevano del diniego opposto alla loro domanda di corresponsione dell’indennità per trasferimento d’autorità ai sensi dell’art. 1, comma 1, della legge 29 marzo 2001, n. 86, motivato sulla base della ritenuta natura “a domanda” del trasferimento e chiedevano che, previo annullamento dell’atto di diniego, il Ministero della difesa fosse condannato al pagamento in loro favore delle somme spettanti a tale titolo, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali.

A fondamento della domanda deducevano che il trasferimento, sebbene disposto in esito a un procedimento in cui si era inserita una loro manifestazione di gradimento, doveva essere qualificato come d’autorità, in quanto attivato in ragione e conseguenza di scelte ed esigenze dell’Amministrazione che avevano indotto alla soppressione, fra l’altro, dei Nuclei cinofili di Napoli e di Pontecagnano (SA), e che la loro nuova sede di servizio si trovava in un comune (Sarno) diverso da quelli di Pontecagnano e di Napoli, dove erano ubicate le loro soppresse sedi di servizio, non confinante con detti comuni e distante da essi rispettivamente 43 km e 44 km. Per queste ragioni sarebbero risultati integrati tutti i presupposti per il riconoscimento del beneficio economico richiesto, atteso che (i) il loro trasferimento era avvenuto d’autorità a seguito della soppressione dei Nuclei cinofili di Pontecagnano e di Napoli, (ii) le sedi di servizio di provenienza e quella di destinazione erano ubicate in comuni diversi e distavano più di 10 km, sia considerando le case comunali che le nuove sedi come tali, (iii) i comuni ove erano ubicate le sedi di servizio di provenienza non erano limitrofi, né nel senso di confinanti, né in quello di finitimi o vicini, rispetto a quello ove era ubicata la nuova seda di servizio.

Con la sentenza in epigrafe il T.A.R. ha respinto il ricorso, avendo riconosciuto che il trasferimento, disposto a seguito della soppressione del reparto di provenienza, rientrasse nel novero di quelli di autorità, ma escluso la ricorrenza degli altri presupposti. Secondo il primo giudice, infatti, i ricorrenti avrebbero dovuto provare, senza averlo fatto, che la sede di servizio cui erano stati destinati non era limitrofa a quella di provenienza – con riguardo all’ambito della circoscrizione territoriale della sede di provenienza e di quella di destinazione e non già al fatto che fossero ubicate o meno in comuni confinanti - e che dal trasferimento fosse derivato loro un concreto pregiudizio in termini di maggior distanza dalla propria residenza rispetto alla sede precedente, risolvendosi altrimenti in un sostanziale beneficio.

I ricorrenti hanno appellato la decisione di primo grado invocando il consolidato indirizzo di questo Consiglio sull’interpretazione dei presupposti richiesti dall’art. 1, comma 1 bis , della legge 86/2001.

Il Ministero della difesa si è costituito in giudizio per resistere all’appello.

Gli appellanti hanno depositato una memoria di discussione.

Alla pubblica udienza del 21 marzo 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

L’appello è fondato.

Il comma 1 dell’art. 1 della legge n. 86/2001 prevede che " Al personale volontario coniugato e al personale in servizio permanente delle Forze armate, delle Forze di polizia ad ordinamento militare e civile e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, agli ufficiali e sottufficiali piloti di complemento in ferma dodecennale di cui alla legge 19 maggio 1986, 11224, e, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 28, comma 1, del decreto legislativo 19 maggio 2000, n. 139, al personale appartenente alla carriera prefettizia, trasferiti d’autorità ad altra sede di servizio sita in un comune diverso da quello di provenienza, compete una indennità mensile pari a trenta diarie di missione in misura intera per i primi dodici mesi di permanenza ed in misura ridotta del 30 per cento per i secondi dodici mesi ”.

Il comma 1 bis del medesimo articolo dispone che “ l’indennità di cui al comma 1 nonché ogni altra indennità o rimborso previsti nei casi di trasferimento d’autorità non competono al personale trasferito ad altra sede di servizio limitrofa, anche se distante oltre dieci chilometri, a seguito della soppressione o dislocazione dei reparti o relative articolazioni ”.

Per la giurisprudenza di questa stessa Sezione, dalla quale non si ravvisa motivo per discostarsi, per ragioni di coerenza sistematica il suddetto comma 1 bis – che non precisa cosa debba intendersi per sede “limitrofa” e cioè se occorra fare riferimento ad un criterio di tipo geografico, da correlare al comune che ospita la sede, o se invece si debba fare riferimento alla struttura organizzativa dell’ente datoriale e quindi alla dislocazione sul territorio delle relative articolazione funzionali – va applicato seguendo lo stesso criterio espressamente richiamato dal comma 1 per l’effetto, quindi, di riferire il limite della sede “limitrofa” al comune che ospita la sede di destinazione, col corollario che l’indennità si giustifica solo se il trasferimento avviene in una sede di servizio situata in un comune non confinante con quello che ospita la sede di provenienza (da ultimo, C.d.S., sez. II, 4 agosto 2022, n. 6836, e 23 gennaio 2023, n. 743).

La medesima giurisprudenza ha chiarito, in base al testo vigente dell’art. 1 cit., che l’accesso all’indennità in questione risulta regolata in base a un chiaro automatismo, dovendosi escludere la necessità dell’interessato di comprovare che il trasferimento comporti un effettivo disagio, valutazione già effettuata dal legislatore nel prendere in esame i requisiti per il diritto a percepire l’indennità, che infatti l’ha esclusa nelle ipotesi in cui il trasferimento avvenga entro termini geografici limitati (così C.d.S., sez. II, n. 6838/2022 cit.).

Per queste ragioni l’appello deve essere accolto.

Per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, il ricorso di primo grado va accolto e il Ministero della difesa condannato al pagamento, in favore degli appellanti, delle somme loro rispettivamente spettanti a titolo di indennità mensile ai sensi dell’art. 1 della legge 86/2001, che non avendo natura retributiva devono essere maggiorate dei soli interessi legali dalla scadenza dei singoli ratei fino all’effettivo soddisfo.

Le spese del doppio grado del giudizio possono essere compensate in considerazione delle oscillazioni degli orientamenti giurisprudenziali registratisi in passato sulle questioni esaminate.

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