Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2012-01-30, n. 201200445

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2012-01-30, n. 201200445
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201200445
Data del deposito : 30 gennaio 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00160/2011 REG.RIC.

N. 00445/2012REG.PROV.COLL.

N. 00160/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 160 del 2011, proposto da:
FISIOELLE S.a.s. di

LOSACCO

Antonietta, in persona del legale rappresentante p.t.,
rappresentata e difesa dagli avv.ti G B, R D L e P K M ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. F. De Lorenzo, in Roma, via L. Luciani, 1,

contro

LABORATORIO ANALISI “LAVELLO” s.n.c. di Foscarini Flora &
C., in persona del legale rappresentante p.t., costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dagli avv.ti A Fni e Donato Cicenia ed elettivamente domiciliata presso lo studio degli stessi, in Roma, via Due Macelli, 75 – Palazzo “Salone Margherita”,

nei confronti di

Regione Basilicata, in persona del Presidente della Giunta regionale p.t., costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dall’avv.to Maddalena Bruno ed elettivamente domiciliata presso l’Ufficio di Rappresentanza della Regione Basilicata, in Roma, via Nizza, 56;
Azienda Sanitaria Usl N. 1 di Venosa, Gestione Liquidatoria della ex Azienda Sanitaria Usl N. 1 di Venosa, Azienda Sanitaria Locale di Potenza;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. BASILICATA - POTENZA: SEZIONE I n. 00924/2010, resa tra le parti, concernente AMPLIAMENTO ATTIVITÀ STRUTTURA SANITARIA.


Visto il ricorso, con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio, nonché appello incidentale, della parte privata appellata;

Visto l’appello incidentale autonomo proposto dalla Regione;

Visto che non si sono costituiti né le Aziende Sanitarie, né il Comune intimati;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive domande e difese;

Vista l’ordinanza n. 349/2011, pronunciata nella Camera di Consiglio del giorno 28 gennaio 2011, di reiezione della domanda di sospensione dell’esecuzione della sentenza appellata;

Vista la decisione interlocutoria n. 4220/2011;

Visti gli atti tutti della causa;

Data per letta, alla pubblica udienza del 16 dicembre 2011, la relazione del Consigliere Salvatore Cacace;

Uditi, alla stessa udienza, l’avv.to P K M per l’appellante principale, l’avv. Maddalena Bruno per la Regione e l’avv. Donato Cicenia per la parte privata appellata/appellante incidentale;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:


FATTO

L’odierna appellante principale è una struttura autorizzata ed accreditata di Fisiokinesiterapia nel territorio dell’ASP di Potenza.

Essa richiedeva l’autorizzazione all’ampliamento della propria attività anche per la branca «medicina di laboratorio generale di base con sezione specializzata di microbiologia e sierologia».

Il relativo procedimento si snodava attraverso la verifica di compatibilità di cui all’art. 3, comma 2, della L.R. n. 28/2000 (determina dirigenziale n. 345 in data 9 marzo 2006, adottata su conforme parere della Commissione ASL/1 in data 1° dicembre 2005), la denuncia di inizio attività per lavori edilizi interni di realizzazione della nuova struttura sanitaria (prodotta agli atti del Comune di Lavello in data 27 giugno 2006), l’autorizzazione all’apertura ed all’esercizio di cui al D.P.R. n. 278 in data 22 dicembre 2006 (adottato sulla base della conforme valutazione della Commissione Tecnica Aziendale in data 9 novembre 2006).

Avverso detti provvedimenti (con esclusione del titolo edilizio) è insorta in primo grado l’odierna appellata/appellante incidentale, esercente attività sanitaria di laboratorio di analisi cliniche in Lavello in virtù di originaria autorizzazione del 1980 poi fatta oggetto di provvedimento di sospensione-decadenza (D.P.G.R. in data 22 agosto 2003) ed infine riattivata giusta D.P.G.R. n. 215 in data 20 ottobre 2006.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata, con la sentenza indicata in epigrafe, accoglieva il ricorso, nel suo petitum di annullamento, in relazione al solo primo motivo di impugnazione, con il quale era dedotta la violazione dell’art.

8-ter, comma 3, del D. Lgs. n. 502/1992, dell’art. 3 della L.R. n. 28/2000 e delle DD.GG.RR. n. 1347/2003, n. 2041/2004 e n. 1907/2006, ritenendo in sostanza l’applicabilità alla fattispecie della sola delibera di giunta regionale da ultimo sopra indicata, che regolamentava in maniera diversa la determinazione del fabbisogno e della quale invece gli atti impugnati non avevano tenuto conto alcuno.

La sentenza è stata appellata in via principale dalla struttura soccombente in primo grado e con appello incidentale autonomo dalla Regione Basilicata.

Nel giudizio si è costituita con controricorso l’originaria ricorrente, proponendo altresì con lo stesso atto appello incidentale, con il quale la sentenza impugnata viene contestata nella parte in cui ha ritenuto infondati tre dei quattro motivi di illegittimità dedotti ed ha respinto l’istanza risarcitoria.

Non si sono costituiti in giudizio le Aziende Sanitarie, né il Comune intimati.

Con Ordinanza n. 349/2011, pronunciata nella Camera di Consiglio del giorno 28 gennaio 2011, è stata respinta la domanda di sospensione dell’esecuzione della sentenza appellata.

Tutte le parti hanno, con successive memorie, svolto ulteriori considerazioni a sostegno delle rispettive tesi e domande.

All’ésito della chiamata e passaggio in decisione della causa alla udienza pubblica del 17 giugno 2011, la Sezione, con decisione interlocutoria n. 4220/2011, riteneva necessaria attività istruttoria, preliminare a qualsiasi decisione in rito e nel mèrito.

A fronte, infatti, dell’affermazione della Regione di aver ottemperato “alla sentenza del TAR n. 924/10 con la DGR n. 361 del 16.03.11 disponendo a tal fine l’annullamento del DPGR n. 278/06 e della DGR n. 2005/06, con cui si autorizzava, ai sensi dell’art. 5, comma 1, lett. b) della L.R. n. 28/00 e s.m. ed i., l’ampliamento dell’attività di laboratorio generale di base con sezione specializzata” (v. memoria in data 13 maggio 2011 ) ed in presenza altresì della diffida inoltrata alla Regione stessa dall’odierna appellante principale “a disporre la revoca di tutte le autorizzazioni rilasciate nelle zone contraddistinte come rosse dalla delibera n. 805/2007” (v. pag. 16 memoria depositata in data 16 maggio 2011), riteneva il Collegio che occorresse acquisire agli atti del giudizio:

- copia DGR n. 361 in data 16 marzo 2011;

- relazione del Dirigente del Dipartimento Salute, Sicurezza e Solidarietà Sociale della Regione Basilicata in ordine ad ogni eventuale iniziativa assunta a séguito della notifica del citato atto di diffida.

“Ciò ai fini della verifica della permanenza dell’interesse tanto al ricorso di primo grado quanto agli odierni appelli, tenuto conto in particolare del naturale effetto caducatòrio discendente dalla provvisoria esecutività della sentenza di primo grado, sì che occorre accertare se l’apparentemente ultroneo annullamento disposto dalla Regione con riguardo ad atti già annullati dal giudice (così come l’eventuale adozione di atti di révoca di precedenti autorizzazioni, sul qui contestato decisum di primo grado fondati) non possa configurarsi come condivisione della sentenza di prime cure e della motivata ordinanza cautelare di questa Sezione, piuttosto che come mera esecuzione delle stesse” (pagg. 6 – 7 sent. cit.).

Nei términi indicati dalla citata decisione la Regione Basilicata non ha provveduto all’incombente istruttorio posto a suo càrico, del quale le era stata data puntuale comunicazione con avviso in data 13 luglio 2011, trasmessole a mezzo fax in data 14 luglio 2011.

Con memoria depositata in data 15 novembre 2011, l’appellante principale, reiterata l’eccezione (già sollevata con memoria depositata in data 16 maggio 2011) di inammissibilità del ricorso di primo grado per carenza di interesse di parte ricorrente e ribadito il suo perdurante interesse alla coltivazione dell’appello anche alla luce del valore meramente applicativo della sentenza di primo grado da attribuirsi alla sopravvenuta deliberazione della Giunta Regionale n. 361 in data 16 marzo 2011 (copia della quale è stata depositata congiuntamente alla memoria stessa), ha poi contestato punto per punto tutte le eccezioni e deduzioni contenute nell’appello incidentale proposto dalla controinteressata.

Questa, con memoria di replica depositata in data 24 novembre 2011, ha svolto ulteriori considerazioni con riferimento specifico alla predetta memoria avversaria, in particolare contestando la ammissibilità della produzione documentale che l’ha accompagnata, per esser stato detto deposito compiuto oltre il términe, di cui all’art. 73, comma 1, c.p.a.

Conformemente a quanto già stabilito nella citata decisione interlocutoria, la causa è stata nuovamente fissata, chiamata e trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 16 dicembre 2011.

DIRITTO

1. - I provvedimenti oggetto del giudizio attengono all’ampliamento dell’attività dell’odierna appellante principale per la branca di «medicina di laboratorio generale di base con sezione specializzata di microbiologia e sierologia».

Gli atti autorizzatori (D.G.R. n. 2005 in data 22 dicembre 2006 e coevo D.P.G.R. n. 278, nonché gli atti della presupposta serie procedimentale ) sono stati annullati, in accoglimento del ricorso di primo grado, dalla sentenza impugnata, avendo il T.A.R. ritenuto erroneamente applicate, nella considerazione del fabbisogno oggetto della verifica di compatibilità reputata atto endoprocedimentale finalizzato al rilascio della controversa autorizzazione all’apertura, le delibere della Giunta regionale n. 1347/2003 e n. 2041/2004, anziché la n. 1907/2006, che all’11 dicembre 2006 (e dunque in data anteriore a quella di adozione del contestato provvedimento conclusivo) fotografava il fabbisogno di prestazioni 2006.

Alla reviviscenza degli atti stessi, mediante annullamento della sentenza impugnata, mirano gli appelli principale ed incidentale autonomo, mentre all’affermazione subordinata di ulteriori vizi di legittimità ravvisabili nella sequenza procedimentale de qua è finalizzato l’appello incidentale autonomo proposto dall’originaria ricorrente, che reitera altresì la domanda risarcitoria respinta in primo grado.

2. - Va, preliminarmente:

- respinta l’eccezione di inammissibilità della produzione documentale effettuata dall’appellante principale in data 15 novembre 2011, giacché questa consiste di un “atto di diffida rivolto alla Regione Basilicata” già presente agli atti del giudizio (v. allegato alla memoria dalla stessa appellante principale depositata in data 16 maggio 2011) e di copia della D.G.R. Basilicata n. 361 in data 16 marzo 2011, depositata in esecuzione dell’ordine del Giudice dato con la decisione interlocutoria n. 4220/2011;
incombente, cui, se pure ivi posto a càrico della Regione Basilicata, è buona regola di correttezza e di collaborazione nel processo tra le parti e di queste col Giudice (al fine di assicurare il giusto e celere svolgimento del processo stesso) che adempia comunque la parte più diligente. Né siffatta diligenza può essere certo vanificata dal mancato rispetto dell’invocato termine di cui all’art. 73 c.p.a., che può ritenersi applicabile soltanto alle produzioni effettate dalle parti di propria iniziativa e non certo a quelle derivanti da ordini del Giudice;
né, peraltro, l’eccipiente ha reclamato in proposito términi a difesa, che comunque ha più che adeguatamente svolto con la memoria di replica da ultimo depositata;

- respinta l’eccezione sollevata in memoria dall’appellante principale, con la quale si denuncia l’inammissibilità del ricorso di primo grado per assoluta carenza di interesse alla luce della menzionata deliberazione della Giunta Regionale n. 361/2011, dalla quale, si afferma, “anche la posizione della ricorrente di primo grado risultava in palese contrasto con il fabbisogno anno 2006”, che, come s’è visto, il Giudice di primo grado ha ritenuto applicabile ai fini della verifica di compatibilità oggetto del giudizio. L’eccezione, pur ammissibile (essendo pacifico, contrariamente a quanto dedotto dalla parte privata appellata/appellante incidentale, che l’eventuale inammissibilità del ricorso di primo grado per carenza di interesse può formare oggetto di motivo d’appello – o comunque essere sollevata in grado d’appello anche con semplice memoria, sempre che il Giudice di primo grado non si sia espressamente pronunciato sul punto di diritto e sullo stesso non si sia pertanto formato il giudicato – anche qualora la relativa eccezione non sia stata sollevata in primo grado, trattandosi di questione rilevabile anche d’ufficio dal Giudice in quanto attinente alla sussistenza di una condizione dell’azione), è invero infondata, giacché l’interesse differenziato e qualificato della società originaria ricorrente ad impugnare gli atti emessi dall’Amministrazione per l’ampliamento dell’attività della controinteressata deriva ad essa dall’autorizzazione all’apertura ed all’esercizio dell’attività per la stessa branca e per lo stesso ambito territoriale rilasciatale con D.P.G.R. 20 ottobre 2006, n. 215, la cui legittimità non risulta contestata né nel presente giudizio con il ben noto strumento del ricorso incidentale di primo grado, né in altro giudizio, costituendo pertanto questione di mero fatto, di per sé inidonea a provocare la sua carenza di interesse alla contestazione dei titoli rilasciati alla controinteressata, quella per cui i criteri di verifica della compatibilità alla realizzazione della struttura (che il T.A.R. ha ritenuto applicabili all’istanza autorizzatoria di quest’ultima e che in concreto risultano effettivamente preclusivi del rilascio dell’autorizzazione stessa) si dovrebbero applicare anche in relazione al titolo autorizzatorio in possesso della ricorrente di primo grado, la cui posizione, si afferma, “risultava in palese contrasto con il fabbisogno dell’anno 2006” (pag. 2 memoria depositata in data 15 novembre 2006). Ed invero questo Giudice non può certo conoscere, nemmeno in via incidentale, della legittimità di tale titolo, estraneo al giudizio ed alla cui esecutività (che può essere eventualmente rimessa in discussione soltanto da un provvedimento di autotutela dell’Amministrazione) nessun ostacolo giuridico allo stato si frappone;

- escluso altresì che l’interesse concreto ed attuale all’impugnativa di detti atti sia venuto meno per effetto della deliberazione di Giunta n. 361/2011 intervenuta nelle mòre del giudizio, con la quale l’Amministrazione Regionale ha preso atto “della Sentenza n. 924/2010 con cui il TAR per la Basilicata, pronunciandosi sul ricorso n. 80/2007 prodotto dal Laboratorio di Analisi “Lavello” s.n.c. contro la Regione Basilicata, l’AUSL n. 1 di Venosa, il Comune di Lavello e nei confronti della Fisioelle s.a.s., ha annullato il D.P.G.R. n. 278/2006, i verbali della Commissione Tecnica ex art. 7 L.R. n. 28/2000 dell’AUSLl n. 1 di Venosa dell’1.12.2005 ( verifica di compatibilità ai sensi DD.G.R. nn. 1347/2003 e 2041/2004 ) e del 9.11.2006 (parere di conformità ai requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi art. 7 L.R. n. 28/2000) la determinazione del dirigente Dipartimento Sicurezza e Solidarietà Sociale della Regione Basilicata n. 345 del 9.3.2006 (parere di compatibilità) e l’autorizzazione ex art. 3, comma 2, L.R. 28/2000 (autorizzazione alla realizzazione) nonché dell’Ordinanza n. 349/2011 del Consiglio di Stato di rigetto dell’istanza cautelare di cui al ricorso in appello n. 160/2011 per l’annullamento, previa sospensione, della sentenza n. 924/2010” (punto 1 del dispositivo) e del fatto che per effetto di dette pronunce, “risulta annullato il D.P.G.R. n. 278 del 22.12.2006, conforme alla D.G.R. n. 2005 del 22.12.2006, con cui è stato autorizzato, ai sensi dell’art. 5, comma 1, lett. b) della L.R. n. 28/2000 e s.m.i., l’ampliamento dell’attività di laboratorio generale di base con sezione specializzata di microbiologia da aprire ed esercitarsi nei locali siti alla Via Vico I° Roma n. 10 in Lavello (PZ) della struttura sanitaria denominata ambulatorio di fisioterapia e rieducazione funzionale FISIOELLE s.a.s. di Losacco Antonietta” (punto 2 del dispositivo), “individuando, in coerenza alle indicazioni contenute [nelle decisioni dell’autorità giurisdizionale], quale modalità attuativa l’applicazione al 22.12.2006 (data di adozione del D.P.G.R. n. 278) dei dati numerici riportati nella D.G.R. n. 1907 dell’11.12.2006 …” (II “rilevato” del preambolo). Ed invero, a differenza di quanto ritiene l’appellata/appellante incidentale (secondo la quale con detto atto la Regione avrebbe “inteso avviare e concludere un autonomo procedimento di verifica di compatibilità con riferimento alla data del 22.12.2006, di rilascio alla Fisioelle dell’illegittimo decreto di apertura al funzionamento n. 278/2006”), la nuova istruttoria procedimentale compiuta a monte di tale deliberazione (v. nota dirigenziale prot. 35293/72AB in data 1 marzo 2011 alla stessa allegata) risulta posta in essere “in ottemperanza alla sentenza del TAR di Basilicata e all’Ordinanza del Consiglio di Stato”;
sì che, non essendosi in presenza di una nuova manifestazione di volontà dell’Amministrazione sostitutiva di quella precedente in ordine alla verifica di compatibilità oggetto del presente giudizio, quanto piuttosto di un atto di mera esecuzione della sentenza di primo grado (esecutiva in quanto non sospesa ) destinato in quanto tale a venir travolto dall’eventuale accoglimento degli appelli principale ed incidentale autonomo proposti avverso la sentenza stessa (che comporterebbe la reviviscenza degli atti originariamente impugnati ed annullati dal T.A.R.), permane tanto l’interesse (inteso quale vantaggio ritraibile dalla caducazione degli atti che si assumono illegittimi) della ricorrente originaria a veder accertati i vizi dai quali risultano a suo avviso affetti gli atti stessi, quanto l’interesse degli appellanti anzidetti all’annullamento della sentenza impugnata, la cui esecuzione è pacifico che non costituisce acquiescenza (Cons. St., IV, 28 marzo 2011, n. 1877).

3. – Venendo ora ai proposti appelli principale ed incidentale autonomo, la valutazione delle eccezioni formulate dall’appellante principale (di irricevibilità del ricorso di primo grado quanto all’impugnazione della verifica di compatibilità compiuta sulla sua richiesta di autorizzazione all’ampliamento di attività sanitaria, nonché del presupposto parere della Commissione aziendale) e di inammissibilità del gravame stesso per omessa impugnazione del titolo edilizio (ovvero del silenzio serbato dal Comune di Lavello sulla denuncia di inizio attività di opere edilizie a tal fine presentata), così come del mérito degli appelli medesimi, richiede un preliminare esame della materia concernente i titoli necessari al fine di poter svolgere legittimamente attività sanitaria privata.

3.1 - Ai sensi dell'art.

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