Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2015-11-03, n. 201505011

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2015-11-03, n. 201505011
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201505011
Data del deposito : 3 novembre 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 09510/2014 REG.RIC.

N. 05011/2015REG.PROV.COLL.

N. 09510/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9510 del 2014, proposto da:
Croce Rossa Italiana, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato per legge;

contro

F P, G O, F S, E P, R P, C P, A O;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. del LAZIO – Sede di ROMA - SEZIONE III n. 06243/2014, resa tra le parti, concernente ricostruzione giuridica ed economica di carriera del personale militare;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 settembre 2015 il Consigliere F T e uditi per le parti gli Avvocati Stigliano Messuti, per l'Avvocatura Generale dello Stato;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con la sentenza in epigrafe impugnata il Tribunale amministrativo regionale del Lazio– Sede di Roma – ha scrutinato il ricorso corredato da motivi aggiunti, con il quale l’odierna parte appellata aveva gravato gli atti posti in essere dall’amministrazione odierna appellante e consistenti nell’annullamento in autotutela degli inquadramenti del personale operati con la precedente Ordinanza Commissariale n. 470\2003, e nell’avvio delle procedure di recupero delle somme indebitamente corrisposte erogate negli anni in forza dell’inquadramento operato con l’Ordinanza Commissariale n. 470\2003.

Il T ha in primo luogo scrutinato i motivi di censura contenuti nell’atto introduttivo del giudizio avversanti la statuizione di annullamento in autotutela dell’inquadramento, e li ha respinti in quanto infondati. Ripercorso –anche sotto il profilo cronologico - il succedersi di provvedimenti ed iniziative che avevano condotta alla statuizione in autotutela, ha sostenuto che detta iniziativa –ed il conseguente reinquadramento - si presentasse come un atto dovuto

Ha poi preso in esame il mezzo per motivi aggiunti, volto a contestare l’iniziativa tesa alla ripetizione delle somme indebitamente erogate negli anni in virtù dell’atto di inquadramento annullato.

Di tale mezzo, ha affermato la fondatezza, con specifico riferimento alla articolata eccezione di prescrizione delle somme (seppur indebitamente) erogate.

Ha in proposito sostenuto la doverosità della iniziativa tesa a ripetere l’indebito oggettivo costituito dalle differenze retributive non spettanti ai dipendenti interessati da tali avanzamenti.

Senonchè, ha rilevato che la CRI aveva per la prima volta provveduto a ripetere l’indebito oggettivo con atti risalenti al 2013.

Le somme (differenze retributive) indebitamente erogate, erano stati versate a parte appellata dal 1994 al 2002.

Ne discendeva che il credito per indebito azionato dall’Amministrazione risultava, al momento della ripetizione, interamente prescritto, posto che l'azione di recupero di somme indebitamente corrisposte dal pubblico dipendente da parte della P. A. doveva ritenersi soggetta all'ordinaria prescrizione decennale di cui all'art. 2946 c.c.

La originaria parte resistente rimasta parzialmente soccombente, ha impugnato la detta decisione criticando il capo accoglitivo del ricorso per motivi aggiunti di primo grado con il quale era stata affermata la irripetibilità delle somme erogate in virtù della maturata prescrizione.

Ripercorso l’iter del contenzioso, anche infraprocedimentale, intercorso ha rammentato il pacifico indirizzo giurisprudenziale per cui il diritto alla repetitio indebiti da parte della p.a., a norma dell’art. 2946 c.c., è soggetto a prescrizione ordinaria decennale, il cui termine decorre dal giorno in cui le somme sono state materialmente erogate (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 24 aprile 1993, nr. 294;
Corte Conti, sez. giur. Veneto, 19 novembre 2009, nr. 782).

Contrariamente a quanto affermato dal T non era intervenuta alcuna prescrizione stante che l’esborso di somme indebitamente erogate (per effetto dell’O.C. n. 470 del 17/03/2003 e a seguito dell’O.C. n. 1383 del 17/07/2003) era avvenuto solo a partire dal luglio 2003: pertanto, l’Amministrazione era ampiamente legittimata e nei termini di legge (10 anni) per procedere al recupero in questione.

Parte appellata non ha depositato scritti difensivi nell’odierno grado di giudizio.

All’adunanza camerale del 17.3.2015 fissata per la delibazione del petitum cautelare il Collegio ha sospeso l’esecutività della gravata decisione alla stregua della considerazione per cui “rilevato che l’appello cautelare appare provvisto del prescritto, decisivo, fumus, come peraltro a più riprese affermato dalla Sezione, sia in sede cautelare che, ancora di recente, con la sentenza n. 750/2015;
”.

Alla odierna pubblica udienza del 22 settembre 2015 la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.

DIRITTO

1. L’appello è fondato e va accolto, con le precisazioni di cui alla parte motiva.

2. La questione posta dalla parte appellante principale –come peraltro già evidenziato in sede cautelare- è già stata affrontata dalla Sezione, tra l’altro, con la sentenza di merito n. 750/2015.

Da tale condivisibile approdo raggiunto dalla Sezione, il Collegio non intende discostarsi: si vaglieranno pertanto le tematiche rilevanti nel processo, di pari passo con quanto affermato nella citata decisione n. 750/2015, al precipuo scopo di valutare se siano stati prospettati argomenti in grado di incidere sull’iter motivazionale ivi contenuto.

2.1. Ad avviso di parte appellante principale il T avrebbe errato in quanto avrebbe ritenuto sussistente la prescrizione riferendola all’epoca di maturazione dei compensi e non invece all’epoca di materiale erogazione.

2.2. La censura è pienamente fondata.

2.2.1. Essa si fonda sul principio -consolidato in giurisprudenza - per cui il diritto alla repetitio indebiti da parte della p.a., a norma dell’art. 2946 cod. civ., è soggetto a prescrizione ordinaria decennale il cui termine decorre dal giorno in cui le somme sono state materialmente erogate (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 24 aprile 1993, nr. 294;
Corte Conti, sez. giur. Veneto, 19 novembre 2009, nr. 782).

Più specificamente, l’azione di ripetizione di indebito ha come suo fondamento l’inesistenza dell’obbligazione adempiuta da una parte, o perché il vincolo obbligatorio non è mai sorto o perché è venuto meno successivamente, a seguito ad esempio di annullamento.

Come osservato nella richiamata decisione n. 750/2015, ciò è quanto avvenuto nella fattispecie de qua: l’erogazione delle somme è avvenuta in esecuzione dell’ordinanza nr. 470/2003, con la quale era stato disposto l’inquadramento nelle rispettive posizioni superiori, ai fini sia giuridici che economici, di militari che all’esito delle procedure di avanzamento a suo tempo espletate erano risultati semplicemente idonei ma non promossi;
pertanto, a nulla vale il richiamo dell’appellante incidentale al periodo di servizio anteriore cui vanno formalmente imputati gli emolumenti indebitamente corrisposti, dovendosi avere riguardo unicamente al momento della loro materiale erogazione, verificatasi nel 2003, poiché è solo da tale momento che il diritto dell’Amministrazione alla restituzione avrebbe potuto essere fatto valere.

L’ordinanza che ha annullato l’erogazione delle somme è stata emanata nel 2012, e pertanto l’attività di ripetizione è certamente tempestiva rispetto al termine decennale (la tesi della prescrizione quinquennale è, all’evidenza, del tutto destituita di fondamento) prevista dall’art. 2946 cod. civ.

2.2.2. Né potrebbe sostenersi (ciò si afferma con riguardo ad argomenti adombrati in primo grado) che possa fondatamente sostenersi la asserita carenza di prova fornita da parte odierna appellante in ordine alla data di materiale corresponsione degli emolumenti.

2.2.3. Osserva il Collegio che risulta dagli atti che:

a) il fatto “genetico” che ha determinato l’erogazione delle somme riposa nell’ordinanza nr. 470/2003 (tale dato è incontestato);

b)per logica, è evidente che materialmente l’erogazione abbia dovuto seguire, e non già precedere, detta ordinanza;

c)se l’erogazione, quindi, non può non essere avvenuta che nel 2003 (e segnatamente dopo l’ordinanza del 17 luglio 2003), la prescrizione decennale (art. 2946 cod. civ.)alla data del 2012 di emissione della avversata ordinanza commissariale nr. 394 del 2012 (momento “genetico” dell’azione di ripetizione) non si era compiuta ed il termine di prescrizione –quindi- non era ancora decorso;

d)sulla circostanza che il termine di prescrizione non possa essere quinquennale, ma si estenda per dieci anni, il Collegio non ha dubbi. In armonia con la consolidata giurisprudenza, si evidenzia che nel caso in esame si verte sulla ripetizione, ex art. 2033 c.c., di somme indebitamente percepite alle quali è applicabile l'ordinaria prescrizione decennale di cui all'art. 2946 c.c. (cfr. fra le altre Con. Stato Sez. II 18.12.1996 n. 2612 Sez. IV n.2150/2006, Sez. VI n. 6599/2002), per cui la pretesa recuperatoria può spingersi sino al decennio precedente l'atto interruttivo.

A fronte di tale sequenza sarebbe spettato a parte appellata provare che, materialmente, l’erogazione sarebbe avvenuta in precedenza rispetto al 2003 (e, francamente, non si vede neppure come ciò sarebbe potuto avvenire).

Ma parte appellata non ha assolto a questo onere: la omessa produzione dei cedolini stipendiali da parte della difesa erariale non rileva in senso preclusivo all’accoglimento dell’appello.

Il consolidato orientamento è quello secondo il quale (ex aliis Cassazione civile sez. I 05/04/2013 n. 8426) se la allegazione e prova del fatto estintivo incombe sulla parte che eccepisca la prescrizione, spetta al creditore, invece, provare la circostanza eccezionale che impedisca il prodursi degli effetti del predetto fatto estintivo.

Il Collegio, non ritiene neppure che detta documentazione (cedolini, etc) vada acquisita ex officio;
provato il fatto genetico della erogazione, l’appellante aveva assolto al suo onere: spettava a parte appellata provare eventualmente in via di eccezione che la prescrizione era già maturata in quanto, eccezionalmente, la erogazione di somme asseritamente non dovute era avvenuta materialmente in via anticipata rispetto al fatto che vi diede causa: essa non ha assolto a tale onere.

Ma ciò non è mai avvenuto, nell’odierno processo.

3.Da quanto sopra discende la riforma in parte qua della sentenza impugnata, con la conseguente reiezione della pretesa azionata in primo grado, salva la precisazione che segue immediatamente.

3.1. Va ribadito che parte appellata non ha proposto appello incidentale (come invece avvenuto in seno alla causa n. 9508/2014, chiamata in decisione del pari alla odierna udienza pubblica del 22 settembre 2015, ma anche nell’ambito del processo dal quale è scaturita la sentenza di merito n. 00750/2015 a più riprese in precedenza richiamata, e che costituisce il leading case in materia) con apposito motivo prospettante l’illegittimità del recupero delle somme disposto al lordo e non al netto delle ritenute fiscali.

Ritiene tuttavia il Collegio,sia per ragioni di complessiva equità sostanziale rispetto alle altre equiordinate posizioni, che in considerazione della circostanza che il recupero delle somme disposto al netto delle ritenute fiscali, , costituisce la maniera “ordinaria” di procedere al recupero di rilevare quanto segue.

Costituisce jus receptum che l’Amministrazione, nel procedere al recupero delle somme indebitamente erogate ai propri dipendenti, deve eseguire detto recupero al netto delle ritenute fiscali, previdenziali e assistenziali;
non può invece pretendere di ripetere le somme al lordo delle ritenute fiscali (e previdenziali e assistenziali), allorché le stesse non siano mai entrate nella sfera patrimoniale del dipendente (cfr. Cons. Stato, sez. III, 4 luglio 2011, nr. 3984;
id., sez. VI, 2 marzo 2009 nr. 1164). Nella fattispecie, come risulta dalle diffide di pagamento, la C.R.I. ha chiesto la restituzione delle somme al lordo, disattendendo il principio sopra richiamato: ne consegue che dovrà essere emesso apposito provvedimento che tenga conto di quanto sopra e contenga in tali termini l’importo da recuperare.

4. Conclusivamente, l’appello va accolto, con le precisazioni di cui alla parte motiva, e per l’effetto, in riforma della sentenza gravata, va respinto il ricorso di primo grado.

5. La natura e la particolarità della controversia, legittimano la integrale compensazione tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio sostenute.

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