Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2024-02-27, n. 202401928

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2024-02-27, n. 202401928
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202401928
Data del deposito : 27 febbraio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/02/2024

N. 01928/2024REG.PROV.COLL.

N. 02868/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2868 del 2022, proposto dai signori G B, G M C, G C, R M C, L D, L D B, Silvia D'Orta, F R F, N M F, P G, V G, L I, T M, L M, L M, M L N, D M P, L S, G S, C T, I T, R T, L V, rappresentati e difesi dall'avvocato D N, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'istruzione, oggi Ministero dell’istruzione e del merito, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Signore Cecilia Oliva, Emilia Falanga, non costituite in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Roma, Sezione Terza Bis, n. 1305/2022 del 4 febbraio 2022, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Istruzione;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 dicembre 2023 il Cons. R S e udito per le parti l’avvocato dello Stato Eva Ferretti;

Viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1 - Gli appellanti chiedono la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Roma, Sezione Terza Bis, n. 1305/2022 del 4 febbraio 2022, con cui è stato respinto il ricorso R.G. n. 8082/2021. Il Ministero si è costituito in giudizio e vi è stato ampio scambio di memorie fra le parti. Nelle more del giudizio, due degli appellanti hanno rinunciato all’appello domandando la compensazione delle spese di giudizio.

2 - La controversia concerne la procedura straordinaria, per titoli ed esami, per l’immissione in ruolo, su posto comune e di sostegno, di docenti della scuola secondaria di primo e secondo grado. Le censure hanno riguardo alla mancata motivazione della insufficienza attribuita alla prova scritta svolta dagli appellanti e alla incompatibilità di uno dei Commissari, in ragione dei corsi svolti dal commissario T per la preparazione ai concorsi finalizzati al reclutamento dei docenti in violazione, si afferma, dell’art. 10, comma 1, lett. g) del decreto dipartimentale n. 510 del 23 aprile 2020.

3 - In sede di sommaria delibazione la domanda cautelare è stata respinta con ordinanza del 1 giugno 2022.

Con ordinanza istruttoria del 9 dicembre 2022 la Sezione ha poi chiesto al Ministero di depositare in giudizio idonea documentazione preordinata a rendere i necessari chiarimenti, ai sensi dell’art. 64, comma 3 c.p.a., in ordine ai corsi eventualmente svolti dal commissario T per la preparazione ai concorsi finalizzati al reclutamento dei docenti.

Con ordinanza dell’8 giugno 2023 l’ordine istruttorio è stato rinnovato.

Da ultimo, con ordinanza collegiale del 29 settembre 2023 l’ordine istruttorio è stato ulteriormente rinnovato, con rinvio alla pubblica udienza del 19 dicembre 2023, avendo il Collegio “ rilevato che il Ministero appellato ha dato esecuzione alle precedenti ordinanze istruttorie della Sezione, depositando in data 7 luglio 2023 la richiesta relazione, nella quale sono indicati come allegati alcuni documenti che possono assumere rilievo ai fini della presente decisione;
Rilevato, tuttavia, che, benché indicati come allegati alla relazione, tali documenti non risultano depositati”
.

Il Ministero intimato ha, infine, fatto pervenire una dichiarazione con la quale il commissario (peraltro riferendosi ad altro contenzioso) afferma di non aver mai svolto i corsi contestati.

Gli appellanti, con propria memoria, hanno al contrario insistito sulla circostanza che lo stesso commissario risulterebbe tra i componenti del direttivo di un Ente che, secondo il proprio sito internet, offre “ corsi e seminari propedeutici e formativi per chi voglia intraprendere la carriera accademica, oltre a una formazione continua per docenti di ogni ordine e grado e ricercatori giovani e intermedi in ambito umanistico e filologico” . Sarebbe quindi evidente come il predetto commissario si occupasse non solo della sola parte scientifica, ma anche dell’attività di promozione di corsi e seminari, inclusi quelli di preparazione ai concorsi per docenti.

4 – In particolare, vengono dedotti quattro motivi d’appello.

4.1 - con il primo motivo si deducono i vizi di “ error in iudicando: erroneità della sentenza per illogicità della motivazione in relazione al motivo n. 1) del ricorso con cui è stata dedotta la violazione e falsa applicazione del principio di collegialità e dell'art. 15, comma 1, del d.p.r. 9 maggio 1994, n. 487 in sede di correzione degli elaborati. violazione del principio del giusto procedimento. eccesso di potere per travisamento dei fatti”.

Il TAR avrebbe del tutto erroneamente statuito che la non contestuale sottoscrizione dei verbali da parte di taluni componenti non fosse idonea, come invece ritenuto dagli appellanti, a denotare una irrimediabile mancanza di collegialità dell’operato della Commissione di concorso.

Da tutti i verbali in atti relativi alla correzione della prova svolta da ciascun ricorrente, risulterebbe infatti che i commissari hanno proceduto alla apposizione delle loro firme a distanza gli uni dagli altri di molte ore: non si tratterebbe di una questione formale ma sostanziale, interessando il principio di uniformità, trasparenza e universalità che si attesterebbe solo tramite la ricerca di evidenze comuni e probanti per il giudizio collegiale. Sussisteva, quindi, l’obbligo, in capo a ciascun membro della Commissione, di procedere alla firma dei documenti relativi alla procedura concorsuale in sede di correzione degli elaborati, in maniera contestuale alla correzione stessa.

Nessun atto attesterebbe che la correzione e la scelta del punteggio siano state collegiali e condivise,

né sarebbero rinvenibili atti scritti comprovanti un approccio collegiale o comune agli elaborati o un dibattito o un confronto rispetto a valori, criteri o termini di paragone.

4.2 – Il secondo motivo pone le seguenti censure: “ error in iudicando: erroneità della sentenza per illogicità della motivazione in relazione al motivo n. 2) del ricorso con cui è stata dedotta l’incompatibilità dei membri delle commissioni;
violazione del principio di non discriminazione e di parità di trattamento nell’accesso ai pubblici concorsi”.

Ciò in quanto sarebbe stata fornita in giudizio dai ricorrenti, come ulteriormente argomentato con successive memorie, la prova della incompatibilità di uno dei commissari per le attività svolte in situazione di conflitto, in contrasto con le previsioni del bando di concorso.

4.3 – Vengono poi sollevate le censure di “ error in iudicando: erroneità della sentenza per illogicità della motivazione in relazione al motivo n. 3) del ricorso con cui è stata dedotta l’incongruità dei tempi e delle modalità di correzione;
violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della l. 7 agosto 1990 n. 241;
violazione e falsa applicazione dell’art. 35 del d. lgs. 30 marzo 2001 n. 165;
violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 12 del d.p.r. 9 maggio 1994 n. 487;
violazione dei principi di trasparenza ed imparzialità. eccesso di potere;
manifesta illogicità
.

Le prove si sarebbero svolte in ritardo rispetto al previsto orario e la Commissione avrebbe impiegato ed adottato nella correzione degli elaborati tempi (non superiori ai 15/20 minuti per candidato) incompatibili con una condotta che prevede atti ed azioni predeterminabili complessi, multidimensionali, come provato dal fatto che in una sola giornata (20 maggio 2021) sono stati corretti anche 21 elaborati in aperta violazione delle regole di correzione dei compiti laddove, in presenza di 5 risposte, la Commissione avrebbe dovuto prestare la seppur “minima” attenzione, pari a 5 minuti a risposta che, per il totale dei quesiti, avrebbe necessariamente richiesto un impegno nella correzione per un totale di almeno 25 minuti per candidato. Situazione che nel caso di specie non si sarebbe in alcun modo verificata, a danno degli odierni appellanti. Le modalità di correzione degli elaborati sarebbero state inoltre poco trasparenti e non rispettose del principio dell’anonimato.

4.4 – Con il quarto ed ultimo motivo d’appello vengono infine dedotti i seguenti vizi: “ error in iudicando: erroneità della sentenza per illogicità della motivazione in relazione al motivo n. 4) del ricorso con cui è stata dedotta l’illegittimità del bando di concorso nella parte in cui non prevede l’accertamento della conoscenza dell’uso delle apparecchiature informatiche;
violazione e falsa applicazione di legge: d. lgs. n. 165/01 – l. n. 82 del 07.03.2005;
violazione della legge n. 41/20;
eccesso di potere, discriminazione, irragionevolezza, inadeguatezza, arbitrarietà
”.

La sentenza del TAR del Lazio appellata si collocherebbe in aperto contrasto con l’art. 37 del D. Lgs. n. 165/01 e con il dominante orientamento della giurisprudenza amministrativa consolidatosi sul punto, avendo negato il rilievo invalidante della palese violazione dell’art. 37, comma 1, del D. Lgs. n. 165/01, il quale dispone che “ A decorrere dal 1 gennaio 2000 i bandi di concorso per l'accesso alle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, prevedono l'accertamento della conoscenza dell'uso delle apparecchiature e delle applicazioni informatiche più diffuse e della lingua inglese, nonché, ove opportuno in relazione al profilo professionale richiesto, di altre lingue straniere”.

In particolare, avendo i ricorrenti presentato correttamente la domanda di partecipazione, non doveva sfuggire al giudice di primo grado la lesività per i ricorrenti della scelta dell’Amministrazione di omettere una prova prevista come obbligatoria in tutte le procedure concorsuali, risultando pertanto evidente il concreto ed attuale interesse dei candidati allo svolgimento della “ulteriore” prova di informatica, che dovrebbe essere prevista per legge in tutte le procedure concorsuali, in quanto preordinata a completare il quadro delle competenze specifiche richieste al personale da immettere in ruolo.

5 – Le sopra sintetizzate censure, che riproducono sostanzialmente i corrispondenti motivi svolti in primo grado, sono peraltro infondate alla stregua delle seguenti considerazioni.

5.1 - Il primo motivo di ricorso non può trovare accoglimento, in quanto non assume carattere invalidante della procedura concorsuale la mera circostanza del differimento nel tempo delle diverse firme dei verbali, la cui sottoscrizione da parte dei commissari presuppone la previa redazione del testo e la sua correzione, solo al termine dei lavori che si attesta essersi svolti in sede collegiale con dichiarazione contestabile solo mediante querela di falso.

Inoltre, neppure viene evidenziato da parte ricorrente quale incidenza possa tale circostanza aver avuto sull’esito della prova selettiva, non venendo evidenziata alcuna comprovata anomalia degli esiti della correzione dei singoli elaborati.

Più in generale, il verbale si limita a riportare in sintesi l’attività svolta dall’organo collegiale comprendente, nel caso di specie, la deliberazione delle votazioni espresse in ambito collegiale, al fine di attestare il regolare svolgimento delle attività della Commissione e di permettere il controllo della regolarità dell’iter di formazione della volontà collegiale, senza che sia necessaria una indicazione minuta delle singole attività compiute, mentre le griglie di valutazione della prova scritta svolta dagli appellanti danno adeguatamente conto dei voti numerici non sufficienti da questi ottenuti e, alla fine di ogni griglia, riportano per ciascun candidato un giudizio sintetico che chiarisce ulteriormente le ragioni del risultato negativo.

5.2 – Neppure il secondo motivo d’appello può essere accolto, in quanto la censura risulta formulata in maniera generica e priva di supporto probatorio in ordine all’effettivo coinvolgimento del commissario indicato in attività di formazione rivolte alla preparazione del concorso in questione e, anche all’esito del solo tardivo adempimento dato dal Ministero alla istruttoria disposta, risulta a carico dell’interessato solo un ruolo di mero supporto scientifico offerto ad un centro studi.

I ricorrenti non hanno, infatti, adeguatamente contrastato le risultanze dell’approfondimento istruttorio disposto dal Collegio, da cui è emerso che il prof. Gennaro T svolge compiti di ricerca filologica e non compiti di insegnamento ed è “Responsabile di direzione dell’orientamento scolastico” del centro studi e che l’orientamento scolastico è un’attività indirizzata agli studenti per la scelta del corso di studi successivo a quello che stanno terminando, e non dunque ai docenti.

Anche le ulteriori censure riferite alla correzione dei compiti risultano non rilevanti ai fini della decisione del giudizio, in quanto riferite alla mera eventualità di una ricorrezione (a quanto consta mai avvenuta) dei compiti solo successivamente trasmessi dal Presidente della commissione, unitamente alle griglie di valutazione, al proprio indirizzo mail personale.

Altrettanto irrilevanti sono, infine, le connesse doglianze riferite alla mancata pubblicazione sul sito internet del Ministero dei nomi dei componenti supplenti e della indicazione della sede di servizio dei singoli membri.

5.3 –Infondate sono, poi, le censure dedotte con il terzo motivo d’appello, posto che, così come evidenziato dal TAR, non sono stati evidenziati in alcun modo elementi concreti, circostanziati e specifici a dimostrazione dell’incidenza pregiudizievole dell’eventuale sfasamento dell’orario d’inizio sul paritario trattamento dei candidati, dislocati in aule diverse, e che i contestati ridotti tempi di correzione, peraltro di pochi minuti inferiori alla media dei tempi ritenuti necessari dai medesimi appellanti, per costante giurisprudenza non assumono alcun rilievo invalidante, potendo essere riconducibili a più fattori (quali ad esempio la scarsa qualità rilevabile ictu oculi dei singoli elaborati) ed in mancanza di ogni altra e più puntuale deduzione volta ad allegare una concreta lesività della modalità di correzione contestata.

Neppure la censura relativa alla presenza di segni di riconoscimento con riferimento a due compiti consente di apprezzare un effettivo pregiudizio subito dai candidati ai fini della valutazione negativa ricevuta.

5.4 – Infondato è, infine, anche il quarto motivo d’appello, posto che la previsione di cui all’art. 37 del d.lgs. n. 165 del 2001 deve essere interpretata, alla luce della sempre più veloce evoluzione e della sempre più larga diffusione delle tecnologie informatiche e telematiche, come riferita ad uno strumento di comunicazione e di lavoro oramai ordinariamente necessario, di modo che può ritenersi che non sia di regola necessario prevedere all’interno del bando specifiche prove di informatica ai fini dell’attribuzione di punteggi particolari, ben potendo l’accertamento delle capacità informatiche essere effettuato dalla Commissione in qualsiasi momento e con qualsiasi modalità, ovvero anche mediante lo svolgimento del concorso secondo modalità informatiche o telematiche, nell’ambito della più complessiva valutazione dell’idoneità del candidato.

In relazione alle mansioni messe a concorso, la formale mancanza di una prova di informatica non appare pertanto suscettibile di aver determinato né la illegittimità dell’intera procedura, né un particolare pregiudizio per gli appellanti, che in caso di formale inserimento di una specifica prova di informatica non avrebbero potuto concorrere ad un maggior punteggio ma, al contrario, avrebbero potuto essere esclusi dalla procedura perché valutati non idonei sotto tale profilo.

6 - L’appello deve essere pertanto respinto. La peculiarità e complessità della fattispecie controversa giustifica tuttavia la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.

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