Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2015-08-26, n. 201503993

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2015-08-26, n. 201503993
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201503993
Data del deposito : 26 agosto 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02809/2015 REG.RIC.

N. 03993/2015REG.PROV.COLL.

N. 02809/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2809 del 2015, proposto da:
L S, rappresentato e difeso dall'avv. Rodolfo D'Ascoli, ed elettivamente domiciliato presso la dr.ssa V Caggiano, in Roma, via Ugo De Carolis n. 175;

contro

Comune di Salerno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti L M e M G G, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. P Rardi in Roma, viale Tiziano n. 80;

nei confronti di

Condominio di via Mazza 20, non costituito in giudizio;

per la revocazione

della sentenza del Consiglio di Stato - Sez. IV n. 4208/2014, resa tra le parti, concernente diniego permesso di costruire.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati.

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Salerno.

Viste le memorie difensive.

Visti tutti gli atti della causa.

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 luglio 2015 il Cons. A M e uditi per le parti gli avvocati Mea e Domenico La Tempa (su delega dell’avvocato D'Ascoli).

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il sig. L S, è proprietario di due unità immobiliari dirute, ubicate in Comune di Salerno, via Mazza n. 20.

Intendendo procedere al ripristino dei volumi precedentemente esistenti ha domandato (in data 13/10/2011), ai sensi dell’artt. 77 del RUEC di Salerno e 7, comma 8, della L.R. n. 10/2009, il rilascio del permesso di costruire, che, però, con provvedimento in data 25/1/2012, gli è stato negato.

Avverso il diniego il sig. S ha, proposto ricorso al TAR Campania – Salerno, il quale, con sentenza 2406/2012, lo ha respinto.

La detta pronuncia sentenza è stata, quindi, appellata dal sig. S, che si è visto rigettare il ricorso con sentenza di questa Sezione 6/8/2014 n. 4208, la quale sostanzialmente si fonda sulla mancata prova della preesistenza e consistenza delle unità immobiliari oggetto del denegato permesso di costruire.

Ritenendo la sentenza d’appello frutto di un errore di fatto, il sig. S l’ha impugnata, chiedendone la revocazione.

A dire del ricorrente l’errore consisterebbe nell’avere il giudice d’appello ritenuto non dimostrate preesistenza e consistenza delle unità immobiliari, condizioni queste, che risulterebbero, invece, comprovate dalla documentazione depositata nel giudizio di primo grado e in particolare dai seguenti atti:

1) attestato prot. 9100/59904 del 22/6/2000 rilasciato dal Settore Urbanistica del Comune di Salerno, ove si attesta che gli “immobili di proprietà del sig. S sono riportati nel N.C.E.U. di Salerno al foglio 64 particella n. 1371”;

2) certificato 28/6/2000 n. 20, rilasciato dall’Ufficio Sisma del medesimo comune con il quale si attesta “che l’immobile de quo è stato in passato dichiarato inagibile”;

3) certificato rilasciato dall’Ufficio Territorio di Salerno prot. n. 36000 del 16/10/2002, nel quale viene “individuata la consistenza e la rendita delle due unità immobiliari”.

4) “nota della Soprintendenza la quale attesta l’effettiva preesistenza delle due unità immobiliari situate rispettivamente al 4° e al 5° piano dell’immobile situato in via Mazza 20”.

Si è costituito in giudizio il Comune di Salerno depositando memoria con cui si è opposto all’accoglimento del ricorso.

Con memoria depositata in data 27/5/2015, il sig. S ha ulteriormente argomentato le proprie testi difensive.

Alla pubblica udienza del 2/7/2015 la causa, su richiesta delle parti, è stata posta in decisione.

Il ricorso per revocazione è inammissibile.

In punto di diritto occorre precisare che l'errore di fatto idoneo a fondare la domanda di revocazione, ai sensi del combinato disposto degli artt. 106 c.p.a. e 395 n. 4, c.p.c., deve rispondere a tre requisiti: a) derivare da una pura e semplice errata od omessa percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio, la quale abbia indotto l'organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto di fatto, ritenendo così un fatto documentale escluso ovvero inesistente un fatto documentale provato;
b) attenere ad un punto non controverso e sul quale la decisione non abbia espressamente motivato;
c) essere stato un elemento decisivo della decisione da revocare, necessitando perciò un rapporto di causalità tra l'erronea presupposizione e la pronuncia stessa (cfr. da ultimo Cons. Stato, Sez. IV, 14/5/2015 n. 2431).

L'errore deve, inoltre, apparire con immediatezza ed essere di semplice rilevabilità, senza necessità di argomentazioni induttive o indagini ermeneutiche (Cons. St., sez. IV, 13 dicembre 2013, n. 6006).

Pertanto, mentre l'errore di fatto revocatorio è configurabile nell'attività preliminare del giudice di lettura e percezione degli atti acquisiti al processo, quanto alla loro esistenza ed al loro significato letterale - senza coinvolgere la successiva attività d'interpretazione e di valutazione del contenuto delle domande e delle eccezioni ai fini della formazione del convincimento, così che rientrano nella nozione dell'errore di fatto di cui all'art. 395, n. 4, c.p.c., i casi in cui il giudice, per svista sulla percezione delle risultanze materiali del processo, sia incorso in omissione di pronunzia o abbia esteso la decisione a domande o ad eccezioni non rinvenibili negli atti del processo (Cons. Stato, Sez. III, 24/5/2012, n. 3053) - esso, invece, non ricorre nell'ipotesi di erroneo, inesatto o incompleto apprezzamento delle risultanze processuali o di anomalia del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio, ovvero quando la questione controversa sia stata risolta sulla base di specifici canoni ermeneutici o sulla base di un esame critico della documentazione acquisita, tutte ipotesi queste che danno luogo semmai ad un ipotetico errore di giudizio, non censurabile mediante la revocazione, la quale altrimenti si trasformerebbe in un ulteriore grado del giudizio, non previsto dall'ordinamento (Cons. Stato, Sez. III, 8/10/2012, n. 5212;
Sez. IV, 28/10/2013, n. 5187;
Sez. V, 11/6/2013, n. 3210;
Sez. VI, 2/2/2012, n. 587;
Cass. Civ., Sez. I, 23/1/2012, n. 836;
Sez. II, 31/3/2011, n. 7488).

Alla luce dei consolidati principi di diritto poc’anzi illustrati, deve escludersi che nel caso di specie si rinvengano gli elementi tipici dell'errore di fatto che giustificano e legittimano la proposizione del ricorso per revocazione.

Ed invero, il giudice di appello, dopo aver espunto dal materiale cognitivo quello prodotto in secondo grado, ha, senz’altro, fondato la propria decisione sulla restante produzione documentale, come si ricava dal fatto che, enucleati i principi di diritto regolanti la fattispecie, egli ha affermato: “In sintesi ed in via generale: per riedificare si deve provare che il pregresso v’era, ed esatta consistenza del pregresso: in carenza di tale prova non v’è spazio per il rilascio di provvedimenti ampliativi” (si veda pag. 17). E, del resto, non emergono dalla sentenza elementi che portino a ritenere che siano stati trascurati alcuni degli atti prodotti e in particolare quelli indicati dal ricorrente.

Al riguardo, è appena il caso di puntualizzare che, non occorre che il giudice, nel motivare il proprio convincimento negativo in ordine alla sufficienza, sotto il profilo della prova, della documentazione prodotta,

indichi uno per uno gli atti considerati, bastando che dalla sentenza emerga come vi sia stata una complessiva valutazione del materiale probatorio acquisito al processo.

Oltre a quanto sopra, occorre rilevare che l’impugnata sentenza d’appello reca, anche, un’espressa motivazione circa l’irrilevanza probatoria, ai fini di causa, delle risultanze catastali e della nota della Soprintendenza attestante “l’effettiva preesistenza delle due unità immobiliari situate rispettivamente al 4° e al 5° piano dell’immobile situato in via Mazza 20”.

Con ciò resta, anche sotto questo profilo, esclusa, la rilevanza degli atti sopra indicati con i nn. 3) e 4), quali indici del supposto errore di fatto revocatorio.

Il Collegio rileva, comunque, ad abundantiam, che nessuno degli atti invocati dal ricorrente e più sopra indicati con i nn. da 1) a 4), sarebbe stato idoneo a sovvertire gli esiti del giudizio.

Come esattamente rilavato nella impugnata sentenza, il rilascio del permesso di costruire era subordinato alla prova – a carico del richiedente – della preesistenza e consistenza dei volumi da riedificare.

Ebbene, nessuno dei menzionati atti dimostra la pregressa consistenza, in termini di superficie e volume, delle unità immobiliari da ricostruire.

Quanto a spese e onorari di giudizio, ritiene il Collegio che la natura della controversia e la valutazione complessiva della vicenda, ne giustifichino l’integrale compensazione.

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