Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-03-03, n. 202001548

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-03-03, n. 202001548
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202001548
Data del deposito : 3 marzo 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/03/2020

N. 01548/2020REG.PROV.COLL.

N. 09189/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9189 del 2018, proposto da
ANTONIO TRIVENTI, rappresentato e difeso dall’avvocato M D, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, e domicilio eletto presso lo studio Valentina Piraino in Roma, via Taranto n. 21;

contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
DIPARTIMENTO PER IL SISTEMA EDUCATIVO E DI FORMAZIONE, DIREZIONE GENERALE PER IL PERSONALE SCOLASTICO, UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER IL LAZIO, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio n. 5738 del 2018;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca e dell’Ufficio Scolastico Regionale Lazio;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 febbraio 2020 il Cons. D S e uditi per le parti gli avvocati Giuseppe Pecorilla, in dichiarata sostituzione dell’avvocato Dotto, e Giovanni Greco dell’Avvocatura Generale dello Stato;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Ritenuto che il giudizio può essere definito con sentenza emessa ai sensi dell’art. 74 c.p.a.;

Rilevato in fatto che:

- il signor Antonio Triventi è in possesso di diploma di istruzione superiore, nonché di diploma rilasciato dagli istituti di Alta Formazione Artistica e Musicale (AFAM), ed ha conseguito il titolo di studio entro il 31 dicembre 2012 secondo l’ordinamento degli studi antecedente alla riforma prevista dalla legge 21 dicembre 1999 n. 508 (c.d. “vecchio ordinamento”);

- l’istante chiedeva l’annullamento del decreto dirigenziale del Ministero in epigrafe n. 85 del 1 febbraio 2018, recante il bando di indizione della procedura concorsuale per il reclutamento del personale docente della scuola secondaria di primo e secondo grado in possesso del titolo di abilitazione, ai sensi dell’art. 12, comma 2, lettera b), e commi 3, 4, 5 e 6 del d.lgs. 13 aprile 2017, n. 59, nella parte in cui disciplina i requisiti di ammissione (artt. 3 e 4), consentendo la partecipazione soltanto in favore dei docenti in possesso del titolo di abilitazione all’insegnamento, qualora vada inteso nel senso di escludere tutti docenti muniti di diploma AFAM congiunto al diploma di istruzione secondaria superiore;

- a fondamento dell’impugnazione venivano sollevate le seguenti censure: i ) il titolo AFAM conseguito sulla scorta dell’ordinamento previgente costituirebbe un titolo riconosciuto espressamente dal legislatore come abilitante, ai sensi dell’art. 4 della legge n. 508 del 1999, e come equipollente ai diplomi accademici di secondo livello, ai sensi dell’art. 1, comma 107, della legge n. 228 del 2012; ii ) non osterebbe al riconoscimento della valenza abilitante all’insegnamento la previsione ministeriale secondo cui (ai sensi del decreto ministeriale n. 249 del 2010), oltre al possesso della laurea magistrale, è necessario lo svolgimento di un TFA, ovvero lo svolgimento di un PAS, quale requisito basilare ai fini dell'insegnamento dell’educazione musicale nelle scuole secondarie di primo e secondo grado, in quanto la legge n. 268 del 2012, nell’equiparare i diplomi rilasciati dagli istituti di alta formazione artistica, musicale e coreutica ai diplomi accademici di secondo livello, non prevedrebbe quale clausola aggiuntiva lo svolgimento dì ulteriori percorsi abilitanti; iii ) in via gradata, nell’ipotesi in cui non si riconosca il valore abilitante del citato titolo di studio, dovrebbe considerarsi che l’Amministrazione non ha mai attivato un TFA ordinario cui potere accedere; iv ) posto inoltre che in Italia la professione di insegnante è una “professione regolamentata”, in relazione alla quale trovano applicazione le direttive 2005/36/CE e 2013/55/UE, il titolo di studio richiesto per l’iscrizione nella terza fascia delle graduatorie di istituto dovrebbe considerarsi, a tutti gli effetti, un titolo professionale abilitante ai sensi delle predette direttive, in quanto i docenti inseriti nella terza fascia possono porre in essere ogni atti finalizzato alla valutazione degli studenti, ivi compresa la partecipazione in qualità di commissario alle sessioni di esame di stato conclusive dei corsi di studio; v ) la previsione del termine del 31 maggio 2017 ai fini del conseguimento dei requisiti di ammissione, inoltre, sarebbe illegittima ed irragionevole, siccome di gran lunga anticipato rispetto all’avvio delle procedure selettive; vi l’Amministrazione scolastica, non sarebbe legittimata a disconoscere validità alle domande presentate su supporto cartaceo, anziché in via telematica (laddove, a causa dell’impossibilità di indicare l’abilitazione, al candidato viene inibita la prosecuzione della formulazione della domanda in quanto privo di uno dei requisiti soggettivi in contestazione);

- il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, n. 5738 del 2018, respingeva il ricorso, motivando che l’equipollenza tra i diplomi AFAM c.d. “vecchio ordinamento” e i diplomi accademici di secondo livello di cui all’art. 4, comma 1, della legge n. 508 del 1999, come modificato dalla legge n. 228 del 2012, è limitata al fine della partecipazione ai concorsi, ma non può rilevare sotto il diverso profilo dell'abilitazione all’insegnamento;

- avverso la predetta sentenza, ha proposto appello il signor Antionio Triventi, riproponendo i motivi già proposti in primo grado sia pure adattati all’impianto motivazionale della decisione gravata;

Ritenuto in diritto che:

- la sentenza di primo grado deve essere confermata;

- va confermato infatti l’indirizzo espresso dalla Sezione (con le sentenze n. 8289 del 2019 e n. 620 del 2020) con riguardo ad analogo giudizio;

- il decreto n 85 del 2018 impugnato rinviene la sua fonte di legittimazione nella previsione di cui all’art. 17, comma 3, del decreto legislativo n. 59 del 2017, il quale, per quanto inerisce al requisito dell’abilitazione, stabilisce che: « la procedura di cui al comma 2, lettera b), bandita in ciascuna regione e per ciascuna classe di concorso e tipologia di posto entro febbraio 2018, è riservata ai docenti in possesso, alla data di entrata in vigore del presente decreto, di titolo abilitante all'insegnamento nella scuola secondaria o di specializzazione di sostegno per i medesimi gradi di istruzione, in deroga al requisito di cui all'articolo 5, comma 1, lettera b) e articolo 5, comma 2, lettera b) »;

- ne deriva che l’esclusione dei soggetti privi di abilitazione è prevista dalla stessa prescrizione di rango primario rappresentata dal citato art. 17, di cui le disposizioni del bando risultano meramente applicative;

- il titolo posseduto dall’appellante non ha valore abilitante, in quanto lo stesso è idoneo solo all’accesso generico all’insegnamento e, in particolare, alla terza fascia delle graduatorie di circolo e di istituto, che consentono le supplenze temporanee e annuali, ma non anche alla seconda fascia di dette graduatorie, per le quali è richiesto in modo esplicito il possesso dell’abilitazione (art. 2, lett. a), del d. m. n. 374 del 2017);

- più nel dettaglio, l’art. 4 della legge n. 508 del 1999 ha previsto che: i ) i diplomi rilasciati, tra l’altro, dagli istituti di Alta formazione artistica e musicale (AFAM) in base all’ordinamento previgente « mantengono la loro validità ai fini dell’accesso all’insegnamento, ai corsi di specializzazione e alle scuole di specializzazione » (comma 1); ii ) fino all’entrata in vigore di specifiche norme di riordino del settore, i diplomi conseguiti al termine dei corsi di didattica della musica, compresi quelli rilasciati prima della data di entrata in vigore della legge in esame « hanno valore abilitante per l’insegnamento dell’educazione musicale nella scuola e costituiscono titolo di ammissione ai corrispondenti concorsi a posti di insegnamento nelle scuole secondarie, purché il titolare sia in possesso del diploma di scuola secondaria superiore e del diploma di conservatorio » (comma 2);

- ne consegue che solo i diplomati in didattica della musica e conservatorio, muniti, altresì, del diploma di scuola secondaria superiore, sono considerati ex lege abilitati all’insegnamento, mentre ai meri diplomi degli istituti AFAM di cui all’art. 1 della legge n. 508 del 1999 l’ordinamento non riconosce valore abilitante;

- la norma in commento ha cioè distinto tra il valore del diploma cd. “vecchio ordinamento” ai fini dell’«accesso all’insegnamento» e valore di tale diploma ai fini «dell’abilitazione all’insegnamento»;

- in riferimento a quest’ultima abilitazione, il decreto n. 249 del 2010 ha previsto quali requisiti per l’insegnamento dell’educazione musicale nelle scuole secondarie di primo e secondo grado (A031-A032), sia il possesso della laurea magistrale, sia l’avvenuto svolgimento di un Tirocinio formativo attivo (TFA), ovvero di un percorso formativo, preordinato all’insegnamento delle discipline artistiche, musicali e coreutiche della scuola secondaria di primo grado e di secondo grado, attivato dalle Università e dagli istituti di alta formazione artistica, musicale e coreutica, di cui alla legge 21 dicembre 1999, n. 508, nell’ambito dei quali si articolano nel corso di diploma accademico di II livello e nel successivo anno di tirocinio formativo attivo;
tale TFA risulta comprensivo di un esame con valore abilitante (come prevede l’art. 7 del decreto ministeriale n. 249 del 2010 e tabella n. 6, facente parte integrante del decreto);

- esiste, inoltre, la figura dei percorsi abilitanti speciali (PAS), prevista dal decreto ministeriale n. 81 del 2013 e finalizzata al conseguimento dell’abilitazione all'insegnamento nella scuola secondaria di primo e di secondo grado;

- a tali percorsi possono partecipare i soli docenti, non di ruolo, sprovvisti di abilitazione, che abbiano maturato, dall’anno scolastico 1999/2000 e fino all’anno scolastico 2011/2012, almeno tre anni di servizio in scuole statali, paritarie ovvero nei centri di formazione professionale (cfr. art. 15, commi 1- bis e 1- ter del decreto ministeriale n. 81 del 2013);

- alla luce delle considerazioni esposte, deve precisarsi che l’art. 1, comma 107, della legge n. 228 del 2012, che equipara i diplomi finali rilasciati dalle istituzioni artistiche e musicali congiuntamente al diploma di scuola secondaria superiore ai diplomi accademici di II livello, di per sé, non incide sul differente aspetto dell’abilitazione all’insegnamento;

- ne consegue che l’appellante, pur potendo essere inserito nella III fascia delle graduatorie di circolo e di istituto, non potendosi considerare abilitato alla stregua della normativa in vigore, non può essere inserito in II fascia, né accedere alla procedura oggetto di causa, che prevede, in forza dell’art. 17 del decreto legislativo n. 59 del 2017, la necessaria abilitazione all’insegnamento;

- chiarito ciò, in relazione alla conformità della norma primaria alla Costituzione, la questione appare manifestamente infondata;

- non appare irragionevole la scelta di escludere la valenza abilitante all’insegnamento del titolo in possesso degli appellanti, seppur equiparato dall’art. 1, comma 107, della legge n. 228 del 2012, ai diplomi accademici di II livello;

- in particolare, non rileva che quest’ultimo costituisce attestato idoneo a certificare una formazione superiore, di livello universitario avanzato, classificato quale titolo di secondo ciclo, comportante l’attribuzione di almeno 120 crediti formativi per la piena padronanza di metodi e tecniche artistiche e per l’acquisizione di competenze professionali adeguate;

- invero, ciò che importa ai fini dell’assimilazione ad un titolo abilitante all’insegnamento nella scuola dell’infanzia, nella scuola primaria e nella scuola secondaria di primo e secondo grado è l’acquisizione di competenze disciplinari, psico-pedagogiche, metodologico-didattiche, organizzative e relazionali, necessarie sia a far raggiungere agli allievi i risultati di apprendimento previsti dall’ordinamento, sia a sviluppare e sostenere l’autonomia delle istituzioni scolastiche, come si desume chiaramente dall’art. 2 del decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 10 settembre 2010, n. 249, nonché dagli artt. 5 e 6 del d.lgs. n. 59 del 2017;

- su tale questione deve, inoltre, rilevarsi i che in un caso analogo – avente ad oggetto la mancata previsione del dottorato di ricerca, quale titolo per l’ammissione al concorso di cui alla disposizione censurata – la Corte Costituzionale, con sentenza n. 130 del 2019, ha escluso l’irragionevolezza della norma, precisando che: « abilitazione all’insegnamento e dottorato di ricerca costituiscono il risultato di percorsi diretti a sviluppare esperienze e professionalità diverse, in ambiti differenziati e non assimilabili », aggiungendo che « in considerazione della finalità della procedura concorsuale, volta a selezionare le migliori e più adeguate capacità rispetto all’insegnamento, ciò che rileva è l’avere svolto un’attività di formazione orientata alla funzione docente, che abbia come specifico riferimento la fase evolutiva della personalità dei discenti »;
tale funzione, ha precisato ancora la Corte, « esige la capacità di trasmettere conoscenze attraverso il continuo contatto con gli allievi, anche sulla base di specifiche competenze psico-pedagogiche »;
è in vista dell’assunzione « di tali rilevantissime responsabilità, affidate dall’ordinamento ai docenti della scuola secondaria, che le attività formative indicate costituiscono un fondamento “ontologicamente diverso”, rispetto a quello che caratterizza il percorso e il fine del titolo di dottorato »;

- neppure è ravvisabile l’asserito contrato con il diritto dell’Unione europea, stante la non pertinenza delle norme invocate;

- la direttiva 2005/36/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, come modificata dalla direttiva 2013/55/UE, si limita a fissare le regole con cui uno Stato membro, che sul proprio territorio subordina l’accesso a una professione regolamentata o il suo esercizio al possesso di determinate qualifiche professionali, riconosce, per l’accesso alla professione e il suo esercizio, le qualifiche professionali acquisite in uno o più Stati membri e che permettono al titolare di tali qualifiche di esercitarvi la stessa professione;
definisce altresì le regole relative all’accesso parziale a una professione regolamentata nonché al riconoscimento di tirocini professionali effettuati in un altro Stato membro;

- per tale motivo, la predetta direttiva si applica esclusivamente ai cittadini di uno Stato membro che vogliano esercitare, come lavoratori subordinati o autonomi, compresi i liberi professionisti, una professione regolamentata in uno Stato membro diverso da quello in cui hanno acquisito le loro qualifiche professionali, ovvero a tutti i cittadini di uno Stato membro che hanno effettuato un tirocinio professionale al di fuori dello Stato membro d’origine;

- alla luce delle considerazioni esposte, tenuto conto della natura sostanzialmente vincolata del decreto ministeriale n. 995 e del bando di concorso impugnati, perdono di ogni apprezzabile consistenza tutte i diversi profili di censura dedotti da parte appellante;

- per quanto attiene alle altre censure prospettate, appare sufficiente rilevare che: i ) non sussiste interesse meritevole di tutela a contestare le modalità di svolgimento di una procedura alla quale l’appellante non può partecipare; ii ) l’impossibilità di partecipare a percorsi abilitanti non può costituire ragione di illegittimità degli atti impugnati, in quanto la parte aveva gli strumenti di tutela per fare valere le sue ragioni nei confronti di eventuali inadempienze pubbliche; iii ) è ragionevole, per le ragioni sopra indicate, avere previsto un titolo abilitante, non potendosi ritenere equipollente ad esso, per la diversità dei presupposti, il mero servizio reso; iv ) non sussiste interesse della parte a contestare la data del 31 marzo 2017 e le modalità procedimentali di partecipazione, riferite ad una procedura concorsuale alla quale la parte stessa non può partecipare per difetto di legittimazione;

- l’appello va dunque integralmente respinto;

- le spese di lite del secondo grado di giudizio possono essere compensate stante la complessità delle questioni trattate.

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