Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2022-07-12, n. 202205860

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2022-07-12, n. 202205860
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202205860
Data del deposito : 12 luglio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/07/2022

N. 05860/2022REG.PROV.COLL.

N. 02364/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2364 del 2014, proposto dalla signora -OMISSIS-, nella persona del legale rappresentante pro tempore amministratore di sostegno sig. -OMISSIS-, autorizzato come da decreto 7 giugno 2021 nel procedimento-OMISSIS- R.G. del Giudice tutelare presso il Tribunale di Ancona, rappresentata e difesa dall'avvocato D L, con domicilio eletto presso lo Studio Grez &
Associati, in Roma, corso Vittorio Emanuele II 18 e con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia;

contro

la Regione Marche, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati P C e M R, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Romano in Roma, via Domenico Morichini 41;

nei confronti

del Comune di Ancona, non costituito in giudizio;

per l’annullamento ovvero la riforma

della sentenza del T.a.r. Marche sez. I, -OMISSIS-, che ha respinto il ricorso n. -OMISSIS-R.G. proposto per l’annullamento dei seguenti atti della Regione Marche:

a) dell’ordinanza 23 gennaio 1997 n.4, conosciuta in data imprecisata, con la quale il Dirigente del Servizio bilancio e patrimonio ha ingiunto a -OMISSIS-e a -OMISSIS-la restituzione della somma di Lit. 20.000 (pari a € 10.329,13) maggiorata di Lit. 17.091.790 (pari a € 8.827,17) a titolo di interessi legali, già ottenuta a titolo di anticipo sul contributo di Lit. 40.000.000 riconosciuto ai sensi del d.l. 4 marzo 1972 n.25 per la ristrutturazione dell’immobile di proprietà sito ad Ancona, località -OMISSIS--, danneggiato dal terremoto del 1972;

b) del decreto 3 aprile 1996 n.160, con cui il Dirigente della Protezione civile ha disposto la revoca del contributo predetto;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Marche;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 maggio 2022 il Cons. Francesco Gambato Spisani e viste le conclusioni delle parti presenti, o considerate tali ai sensi di legge, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Le originarie ricorrenti in I grado, -OMISSIS-ed -OMISSIS-, erano proprietarie di una porzione di fabbricato situato ad Ancona, nel rione di -OMISSIS-che fu gravemente danneggiato dal terremoto del 1972 (ricorso di I grado, p. 2, fatto incontestato).

2. Per questa ragione, le allora proprietarie chiesero al Ministero dei lavori pubblici, amministrazione competente, per tramite della Regione Marche, il contributo a fondo perduto per la ricostruzione previsto dagli artt. 6 lettera d) e 7 del d.l. 4 marzo 1972 n.25, convertito nella l. 16 marzo 1972 n.88, e lo ottennero come da decreto del Presidente della Giunta regionale 4 dicembre 1985 n.21573, per una somma pari a 40 milioni di vecchie lire, di cui 20 milioni loro immediatamente erogati, così come previsto dall’art. 7 comma 7 del citato d.l. 25/1972 (v. doc. 3 in I grado ricorrenti, diffida, ove gli estremi del finanziamento stesso).

3. Successivamente, le interessate, ritenendo non conveniente eseguire in proprio i lavori di ricostruzione di cui si è detto, cedettero l’immobile al Comune di Ancona, come da atto 19 settembre 1986 rep. n.124520 racc. n.9548 -OMISSIS- di Ancona, registrato ivi il 7 ottobre 1986 al n.5700 atti pubblici (gli estremi dell’atto di cessione risultano dalla lettera 12 giugno 1995 del Comune di Ancona alla Regione Marche, presente nel fascicolo di I grado), e si disinteressarono dei successivi sviluppi della vicenda.

4. Decorsi alcuni anni dalla cessione, la Regione, con atto 13 ottobre 1995 prot. n.4395 (doc. 3 in I grado ricorrenti, cit.), preso atto che fino a quel momento non era pervenuta “alcuna notizia in ordine all’esecuzione dei lavori previsti dalla perizia” presentata come richiesto dall’art. 7 del d.l. 25/1972 per ottenere il contributo, diffidò le interessate, quali ex proprietarie, a presentare il consuntivo dei lavori stessi, avvertendo che in mancanza avrebbe provveduto a dichiarare la decadenza dal contributo stesso e a recuperare quanto anticipato.

5. Poiché i lavori, come non è contestato, non erano stati eseguiti, la Regione ha di conseguenza effettivamente provveduto, come da decreto 3 aprile 1996 n.160 del Dirigente della Protezione civile di cui in epigrafe, a revocare il contributo e a richiedere la restituzione dei 20 milioni già versati, maggiorati di interessi legali dal 12 dicembre 1985 al 31 marzo 1996, e di ulteriori 5.556 vecchie lire per ogni giorno dal 31 marzo 1996 al pagamento effettivo (doc. 2 in I grado ricorrenti).

6. Non avendo ricevuto indietro la somma, la Regione ha quindi emanato l’ordinanza 23 gennaio 1997 n.4, di cui sempre in epigrafe, con la quale ha formalmente ingiunto la restituzione del capitale, ovvero dei 20 milioni di vecchie lire di cui si è detto, di 17.091.790 vecchie lire a titolo di interessi legali e di ulteriori 2.778 vecchie lire per interessi per ogni giorno dal 1 gennaio 1997 al pagamento effettivo, preannunciando in mancanza il recupero coattivo (doc. 1 in I grado ricorrenti).

7. Le interessate hanno impugnato questi atti in I grado avanti il T.a.r. Marche;
nel corso del giudizio, è deceduta -OMISSIS-e si è costituita in prosecuzione l’attuale appellante -OMISSIS-.

8. Con la sentenza meglio indicata in epigrafe, il T.a.r. ha respinto il ricorso a spese compensate, ritenendo legittima la richiesta di restituzione sia quanto al capitale sia quanto al calcolo degli interessi eseguito dalla data di erogazione del contributo e non, come secondo le ricorrenti si sarebbe dovuto fare, dalla data del decreto di revoca.

9. Contro questa sentenza, -OMISSIS- ha proposto impugnazione con appello che contiene cinque motivi, come segue.

9.1 Con il primo di essi, deduce violazione del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato ed asserita nullità della sentenza di I grado. Premette in fatto che la sentenza di I grado stessa ha respinto il ricorso affermando che “Dagli atti non emerge che l'anticipo liquidato alle ricorrenti, pari al 50% del mutuo, sia stato poi trasferito (o girato) al Comune a seguito dell'acquisto del bene, né emerge che tale importo sia stato trattenuto dalle stesse ma computato (in detrazione) nella somma che l'acquirente avrebbe dovuto corrispondere a titolo di pagamento” e da ciò desumendo che le beneficiarie non avessero titolo per trattenere la somma (pp. 6 in fine e 7 della motivazione). A dire della parte appellante, la Regione, costituitasi in I grado, non avrebbe però sollevato questione alcuna sulla destinazione che in concreto la somma anticipata alle interessate avrebbe avuto. Ne seguirebbe, secondo la parte appellante stessa, che il Giudice, pronunciando sul punto senza un’eccezione in proposito, sarebbe incorso in vizio di ultrapetizione, e quindi avrebbe pronunciato una sentenza nulla.

9.2 Con il secondo motivo, deduce violazione dell’art. 21 del d.l. 6 ottobre 1972 n.552 convertito nella l. 2 dicembre 1972 n.374, per cui “ Nel caso di espropriazione o di sostituzione, il contributo per la ricostruzione e la riparazione dei fabbricati previsto dall'art. 6, lettera d), del decreto-legge 4 marzo 1972, numero 25, convertito nella legge 16 marzo 1972, n. 88, è devoluto al comune ovvero all'ente delegato ”. La norma, come si comprende a lettura dei precedenti articoli, in particolare dell’art. 16, riguarda testualmente le fattispecie di intervento nel centro storico di Ancona, in particolare nella zona delimitata ai sensi dell’art. 12, fattispecie per le quali in base all’art. 16 il Comune può agire con “ ricorso all'espropriazione ” ovvero “ può sostituirsi, mediante l'occupazione temporanea degli immobili, ai proprietari interessati ”, e a dire della parte appellante si applicherebbe anche ai casi di acquisto contrattuale come quello per cui è causa.

9.3 Con il terzo motivo, deduce il difetto di motivazione dei provvedimenti impugnati, già dedotto in I grado.

9.4 Con il quarto motivo, ripropone la censura, sempre già dedotta in I grado, relativa al calcolo degli interessi, che a suo dire dovrebbe decorrere solo dalla data del decreto di revoca.

9.5 Con il quinto motivo, sostiene infine il proprio difetto di legittimazione, nel senso che le richieste della Regione andrebbero indirizzate al Comune acquirente.

10. La Regione ha resistito, con atto 8 aprile 2014, e chiesto che l’appello sia respinto.

11. Nel corso del giudizio di appello, si è costituito con atto 15 giugno 2021 -OMISSIS- quale amministratore di sostegno rappresentante dell’appellante, autorizzato con il decreto del Giudice tutelare di cui in epigrafe, ed ha insistito sulle conclusioni già formulate.

12. Con atto 3 gennaio 2022, depositato a seguito del decreto del Presidente 23 novembre 2021 n.2049, il rappresentante dell’appellante ha confermato l’interesse alla decisione, depositando note spese.

13. Con memoria 11 aprile 2022 per la Regione e con memoria 11 aprile e replica 21 aprile 2022 per la parte appellante, le parti hanno ribadito le rispettive difese.

14. All’udienza del giorno 12 maggio 2022, la Sezione ha trattenuto il ricorso in decisione.

15. L’appello è infondato e va respinto, per le ragioni di seguito esposte.

16. È necessaria una premessa che si riferisce a tutti i motivi di appello dedotti. Per principio generale del diritto delle obbligazioni – espresso ad esempio dagli artt. 1268 comma 1, 1272 comma 1 e 1273 comma 2 cod. civ.- non è possibile liberare la persona del debitore senza una volontà del creditore in tal senso. Ne segue, pe quanto riguarda il caso in esame, che l’acquisto dell’immobile per cui fu concesso il contributo da parte del Comune poteva certo valere come titolo per consentire al Comune stesso di incassarlo, e in modo corrispondente quale titolo di responsabilità per restituire l’anticipo ricevuto in caso di revoca del contributo stesso, ma ciò non toglie, quanto a quest’ultimo punto, che le originarie obbligate in tal senso continuassero ad esserlo, in mancanza di una liberazione da parte della Regione, che invece non consta

17. Ciò posto, il primo motivo di appello, che critica la sentenza impugnata per quanto essa afferma circa la possibile destinazione dell’anticipo ricevuto, va dichiarato inammissibile per carenza di interesse. In linea di fatto, come si è detto sopra, non è controverso che i lavori di ristrutturazione, per effettuare i quali il contributo fu concesso ed in parte erogato, non siano mai stati eseguiti, dato che, a prescindere da ogni altro argomento, la stessa appellante lo ammette (appello, p. 5 diciannovesimo rigo: “ il Comune di Ancona rappresentava… che esso Comune non aveva potuto procedere ai lavori di ristrutturazione ”). Ciò posto, la mancata esecuzione dei lavori comportava all’evidenza la revoca dell’anticipo concesso, e le originarie beneficiarie per quanto si è detto devono ritenersi comunque obbligate in tal senso, a prescindere dalla sorte che l’anticipo stesso possa avere avuto. Pertanto, quanto afferma il Giudice di I grado su quest’ultimo punto è, nella sostanza, irrilevante ai fini del decidere, e non vi è quindi interesse a contestarlo.

18. È invece infondato nel merito il secondo motivo di appello, centrato sulla presunta violazione dell’art. 21 del d.l..552/1972, che come si è detto prevede un caso di “ devoluzione ” del contributo al Comune. Come si ricava infatti a semplice lettura, i presupposti della norma – che incidentalmente nulla dice su un’eventuale liberazione degli originari beneficiari da obblighi restitutori- sono diversi da quelli per cui è causa, perché richiedono un acquisto per espropriazione o comunque un intervento d’imperio dell’ente attraverso un’occupazione. Non vi è quindi l’identità di ratio che potrebbe giustificare una sua applicazione al caso presente, che non è da essa espressamente previsto, ed è relativo ad un acquisto per contratto di diritto privato, quindi ad una fattispecie in cui non si fa questione di interventi autoritativi.

19. È allo stesso modo infondato nel merito il terzo motivo di appello, centrato sulla presunta mancanza di motivazione nell’atto impugnato, dato che essa esiste, e si identifica con quanto risulta dall’impugnato decreto 160/1996 di cui si è detto, che testualmente riporta: “ stante il mancato invio del consuntivo lavori eseguiti e conseguente rinuncia all’erogazione della somma stessa da parte della ditta beneficiaria ” (doc. 2 in I grado ricorrenti). È un altro modo di ribadire la più volte citata mancata realizzazione dei lavori finanziati con il contributo stesso, ed evidentemente non rileva che questo fatto – propriamente una causa di decadenza- sia stato qualificato in modo atecnico “ rinuncia ”, perché la realtà non cambia.

20. Ancora infondato nel merito è il quarto motivo, che contesta la decorrenza degli interessi. In proposito va ricordato il principio pacifico, che come tale non necessita di particolari citazioni di giurisprudenza, per cui gli interessi hanno lo scopo di rimettere il creditore nella stessa situazione in cui questi si trovava prima dell’inadempimento: in questo senso, ciò si realizza appunto facendo decorrere l’interesse stesso dalla data in cui l’anticipo fu versato alle beneficiarie che non lo utilizzarono,

21. Va respinto infine anche il quinto motivo di appello, che contesta la legittimazione passiva a restituire, perché per quanto si è detto sopra l’obbligazione di restituire delle originarie beneficiarie del contributo non si è estinta per effetto dell’acquisto da parte del Comune.

22. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano così come in dispositivo.

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