Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2017-11-06, n. 201705125

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2017-11-06, n. 201705125
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201705125
Data del deposito : 6 novembre 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 06/11/2017

N. 05125/2017REG.PROV.COLL.

N. 03920/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3920 del 2017, proposto da Ministero della giustizia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato C D S, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazzale delle Medaglie d’Oro, 7;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per la Lombardia – Sede di Milano, Sez. III n. 2225 del 25 novembre 2016, resa tra le parti, concernente revoca del decreto di trasferimento ai sensi della legge n. 104 del 1992.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di -OMISSIS-;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 ottobre 2017 il Cons. L L e uditi per le parti l’avvocato dello Stato D’Elia e l’avvocato De Stefanis;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il sig. -OMISSIS-, assistente capo del Corpo di Polizia Penitenziaria, ha impugnato avanti il T.a.r. per la Lombardia il provvedimento del 27 marzo 2015, comunicato in data 8 aprile 2015, con cui è stato revocato il suo trasferimento da Voghera a Napoli disposto in data 1 marzo 2014 (e comunicato il successivo 3 marzo) ai sensi dell’art. 33, comma 5, della l. n. 104 del 1992.

Il provvedimento gravato, osservato che il trasferimento nel capoluogo campano era stato a suo tempo disposto perché il sig. -OMISSIS- potesse assistere la madre, portatrice di handicap in situazione di gravità, si fonda sull’intervenuto decesso della stessa, occorso in data 28 novembre 2014 e comunicato all’Amministrazione dallo stesso sig. -OMISSIS- in data 12 dicembre 2014.

Il Tribunale, benché la misura sospensiva originariamente concessa fosse stata riformata da questo Consiglio con ordinanza n. 5620 del 17 dicembre 2015 in quanto “ il decesso della madre dell’appellato comporta il venir meno del presupposto sulla base del quale era stato adottato il provvedimento di trasferimento ”, ha accolto il ricorso sulla scorta dell’assorbente considerazione che “ l’atto di assegnazione del ricorrente alla sede di Napoli è un atto di trasferimento a titolo definitivo che comporta la mutazione irreversibile della sede di lavoro, modificabile solo con un nuovo trasferimento e non con la revoca del precedente provvedimento ”.

Il Ministero ha interposto appello, lamentando che “ la scelta della sede non è un privilegio a chi ha prestato assistenza ad un congiunto inabile, ma è lo strumento a mezzo del quale si garantisce la continuità dell’assistenza al congiunto disabile che ne ha bisogno ”, il cui decesso, pertanto, farebbe venir meno le esigenze sottese al trasferimento, ai sensi del comma 7- bis dell’art. 33 della l. n. 104.

Il sig. -OMISSIS- si è costituito ed ha chiesto la reiezione dell’appello, sostenendo da un lato che il suo trasferimento a Napoli fosse “ a titolo definitivo ”, dall’altro che la disposizione del comma 7- bis dell’articolo 33 della l. n. 104 sia inconferente nella specie, in quanto tale norma sarebbe dettata per finalità sanzionatorie di comportamenti “ truffaldini ” nella specie non occorsi, giacché “ non è stata la P.A. … ad accertare il venir meno dei presupposti, ma è stato lo stesso -OMISSIS- a comunicare – come suo dovere – il decesso della madre ”.

Con ordinanza n. 2872 del 7 luglio 2017 è stata accolta l’istanza di sospensiva svolta dal Ministero, “ considerato che le argomentazioni a sostegno dell’appello appaiono meritevoli di favorevole apprezzamento sotto il profilo del fumus boni juris ”, poiché “ ai sensi dell’art. 33, c.

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