Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2018-07-03, n. 201804059
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
Pubblicato il 03/07/2018
N. 04059/2018REG.PROV.COLL.
N. 00686/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 686 del 2018, proposto da:
G S, rappresentato e difeso dall'avvocato B N, con domicilio eletto presso lo studio Aristide Police in Roma, via di Villa Sacchetti 11;
contro
Ministero della Salute, Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Commissione Centrale per gli Esercenti le Professioni Sanitarie non costituito in giudizio;
Ordine Provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Milano, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati E P e Sergio Smedile, con domicilio eletto presso lo studio Sergio Smedile in Roma, via G. Ferrari 12;
nei confronti
C Giuseppe in qualità di Componente Effettivo della Cceps, L Giovanni in qualità di Componente Supplente della Cceps non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I n. 06389/2017, resa tra le parti, concernente il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27.12.2016 con il quale è stata ricostituita la Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Salute. dell’Ordine Provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Milano e della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 giugno 2018 il Cons. Luigi Birritteri e uditi per le parti gli avvocati Aristide Police su delega di B N e l'Avvocato dello Stato Mario Antonio Scino;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con sentenza n. 6389 del 30.5.2017 il Tar del Lazio ha respinto il ricorso del dott. G S - medico odontoiatra cancellato dall’Albo dell’Ordine dei Medici di Milano - avverso il d.p.c.m. 27/12/2016, con il quale è stata ricostituita la Commissione Centrale Esercenti Professioni Sanitarie (CCEPS), e con esso il provvedimento di designazione da parte del Consiglio Superiore di Sanità dei propri componenti.
Sulla specifica vicenda della composizione della Commissione è, a suo tempo, intervenuta la Corte Costituzionale che, con sentenza n. 215 del 7 ottobre 2016, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 17, primo e secondo comma, lettere a), b), c), d) ed e) del d. lgs. C.p.S. n. 233 del 1946 per via della illegittima composizione della Commissione stessa, poiché di essa (supremo organo disciplinare) facevano parte due dirigenti del Ministero della Salute, Ministero che è, a sua volta, parte necessaria del procedimento, come tale legittimato ad impugnarne le decisioni.
Il primo giudice, per la parte che interessa in questa sede, ritiene infondata la “ doglianza di cui al secondo motivo di impugnazione, con il quale i ricorrenti censurano la designazione da parte dal Consiglio superiore della sanità di un componente effettivo e di un componente supplente della CCEPS (nelle persone dei dottori C e L, ndr) , in quanto ciò non garantirebbe, per le medesime ragioni che hanno portato la Corte costituzionale ad abrogare la parte di disciplina riguardante la nomina di diretta derivazione ministeriale, l’indipendenza e l’autonomia dei designati.”
Il tar ha, sul punto ritenuto che “ rispetto al potere di nomina di due componenti, uno effettivo e l’altro supplente, da parte del Consiglio superiore della Sanità non si pongono i medesimi dubbi sulla terzietà ed indipendenza sottoposti all’esame della Corte costituzionale e ritenuti fondati.
Dunque, la circostanza che di fatto, nell’ambito della discrezionalità riconosciuta dall’art. 17 d.l.c.p.s. n. 233/1946, il Consiglio superiore abbia deciso di esercitare il potere di nomina di un componente effettivo e di uno supplente della CCEPS scegliendo due tra i suoi membri di diritto (e, segnatamente, due direttori generali del Ministero della Salute), non incide negativamente sull’imparzialità e terzietà del collegio giudicante, non sussistendo un vincolo di collegamento tra i componenti così selezionati e il Ministero della salute e, conseguentemente, non essendo ravvisabile una alterazione, anche solo potenziale, dell’autonomia decisionale dei soggetti prescelti .”
Avverso tale decisione propone appello il dott. Saccal che, per la parte che qui interessa, reitera le doglianze inerenti l’illegittimità del d.p.c.m. impugnato.
Resistono in giudizio le amministrazioni indicate in epigrafe invocando il rigetto dell’appello.
All’odierna udienza, dopo la discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
L’appello è fondato e deve essere accolto.
La sezione si è già pronunciata su identica con sentenza n. 769 del 6 febbraio 2018 la cui motivazione va integralmente richiamata, anche ai fini di cui all’art. 88 comma 2 lettera d) c.p.a..
Nel suddetto precedente, al quale ci si riporta, è stato sottolineato che la Commissione Centrale, soprattutto con riferimento ai suoi poteri disciplinari, ha natura giurisdizionale “ alla luce di una interpretazione sistematica delle disposizioni dell’ordinamento in materia e, comunque, di quelle già contenute nella disciplina del 1946, e che – come la dottrina ha osservato – il sistema della c.d. giurisdizione professionale rimonta a tempi precedenti alla Costituzione, a tempi, cioè, in cui la disciplina della giurisdizione, per usare le parole di tale dottrina, e la tutela stessa delle situazioni soggettive «era molto diversa, e certamente rigorosa, rispetto a quella della Carta costituzionale» .
Sicchè, pur restando valido l’auspicio che il legislatore intervenga con una disciplina della materia più moderna, più organica e più rispettosa dei principi costituzionali ed europei, allo stato della legislazione vigente, quale rimodulata dalle pronunce della Corte costituzionale, questo Consiglio di Stato non può che applicare detta legislazione, anteriore all’entrata in vigore della Costituzione, in conformità ai superiori principî costituzionali e alla sua interpretazione fornita dal giudice delle leggi, completando sul piano della tutela giurisdizionale amministrativa, contro eventuali atti che contro tali principî si pongano, la loro doverosa attuazione, anzitutto quanto alle garanzie di imparzialità e di indipendenza che presidiano l’organo decisionale di giurisdizione speciale.
Cosi inquadrata la questione giuridica rilevante nel presente giudizio motivo, il d.P.C.M. del 27 dicembre 2016, impugnato in primo grado, quanto alla nomina del dott. Giuseppe C, quale componente effettivo, e del dott. Giovanni L, quale componente supplente della Commissione deve essere annullato.
Si tratta, infatti, di due dirigenti del Ministero della Salute che, sebbene designati dal Consiglio Superiore di Sanità e non più, dopo la sentenza della Corte Costituzionale, dallo stesso Ministero della Salute, non forniscono, stavolta sul piano sostanziale, i prescritti requisiti di autonomia e indipendenza dal Ministero della Salute stesso e riproducono la stessa situazione censurata dal giudice delle leggi.
L’Istituto Superiore di Sanità e la Presidenza del Consiglio dei Ministri provvederanno, nell’ambito delle rispettive competenze, alla designazione e alla nomina di due membri, effettivo e supplente, della Commissione che forniscano, da un lato, per ambito attitudinale, professionalità e competenza e, dall’altro, per l’assenza di qualsivoglia soggezione del proprio status economico e giuridico al Ministero della Salute, in sostanziale e non solo formale conformità a quanto ha stabilito la Corte costituzionale nelle motivazioni della sentenza n. 215 del 7 ottobre 2016, le necessarie e sufficienti garanzie di imparzialità e di indipendenza nel proprio operato di componenti della Commissione stessa, quale organo decisionale della giurisdizione speciale in sede disciplinare.
Le spese del doppio grado del giudizio, attesa la peculiarità e novità della questione, possono essere interamente compensate tra le parti.