Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2022-08-09, n. 202207044

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2022-08-09, n. 202207044
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202207044
Data del deposito : 9 agosto 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/08/2022

N. 07044/2022REG.PROV.COLL.

N. 01330/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1330 del 2014, proposto dalla sig.ra A C, in proprio e quale legale rappresentante dell’omonima Azienda agricola, rappresentata e difesa dall’avvocato M A, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato A P in Roma, via Tevere, n. 46,

contro

AGEA - Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura, Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Caseificio Sociale Ponte di Barbarano S.c.r.l. (ora Caseificio Sociale Ponte di Barbarano Soc. Agr. Coop.), non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Seconda ter, n. 6159/2013, resa tra le parti, in materia di compensazione quote latte.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’AGEA - Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura e del Ministero dell’Economia e delle Finanze;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 luglio 2022 il Cons. F G e uditi per le parti l’avv. M A e l’avv. dello Stato Antonio Volpe;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il contenzioso in esame concerne i provvedimenti di compensazione nazionale riferiti alle annate lattiere 1997/1998 e 1998/1999, di cui agli artt. 1, commi 7 e 10, L. n. 118/1999 e 1, comma 7, L. n. 79/00, comunicati dall’Azienda per gli interventi sul mercato agricolo (AIMA), cui è subentrata l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) alla parte appellante, ai sensi dell’art. 1, comma 1, del d.l. n. 43/1999, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 118/1999 in data 30 giugno 1999, 21 settembre 1999 e 14 ottobre 1999, nonché la comunicazione AIMA di prot. n. 478/ Comm. Liq dell’8 giugno 2000, e di ogni altro atto connesso.

Con ricorso al T.A.R. per il Lazio, la sig.ra A C, quale legale rappresentante dell’omonima Azienda agricola, operante nel settore lattiero-caseario (d’ora in avanti, solo l’Azienda agricola), impugnava gli atti de quibus ipotizzando una serie di violazioni di legge, nonché di normativa comunitaria, oltre che eccesso di potere per difetto di istruttoria, carenza di potere per l’avvenuta rettifica dei dati in mancanza di previsione normativa e disparità di trattamento.

2. Il T.A.R. per il Lazio, sede di Roma, sez. II ter, con sentenza n. 6159 del 19 giugno 2013, respingeva tutte le censure proposte, ad eccezione di quella relativa alla imputazione degli interessi per la sola annata 1997/98, compensando le spese di giudizio.

3. Con il ricorso in appello l’Azienda agricola ha preliminarmente dedotto la nullità della sentenza impugnata per omessa pronuncia su tutti i motivi di doglianza attorei e su punti decisivi della domanda giudiziale, con conseguente violazione dell’art. 112 c.p.c., difetto di motivazione e violazione dell’art. 9 della l. 21 luglio 2000, n. 205. Nel merito, ha lamentato l’illegittimità comunitaria della normativa nazionale con riferimento ai Regolamenti CEE n. 3950/92 e n. 536/93 sotto plurimi profili, nonché la violazione di regole procedimentali (artt. 3 e 7 della l. n. 241/1990).

4. Le amministrazioni intimate si sono costituite in giudizio per resistere all’appello.

5. All’udienza del 6 luglio 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.

6. Il giudice di prime cure ha dichiarato il ricorso infondato, tranne che per la parte relativa all’errato computo degli interessi, sulla base di considerazioni già svolte in numerose sentenze precedenti e riguardanti questioni analoghe. La tecnica redazionale utilizzata, basata per relationem sul rinvio ai numerosi precedenti intervenuti sulla materia delle quote-latte, consente di superare le presunte censure di nullità per non essersi il primo giudice occupato analiticamente di ogni singola questione, demandandone la completa ricostruzione, comunque effettuata, a quelli evocati in termini.

7. Nel merito, il Collegio ritiene superfluo ripercorrere nuovamente i passaggi salienti della vicenda giuridica delle quote latte, della quale non solo il giudice di prima istanza, ma anche questo Consiglio si è occupato più volte funditus , risolvendo pienamente anche le questioni sollevate nell’attuale controversia, nel lungo tempo in cui queste ultime sono state proposte, in ogni possibile combinazione argomentativa. Occorre quindi circoscrivere lo scrutinio ai soli aspetti mirati alla fase finale della determinazione del prelievo supplementare, che consegue alla compensazione nazionale.

8. A tale riguardo, si palesa assorbente la fondatezza della questione concernente la contrarietà con la normativa comunitaria del criterio applicato per la compensazione a livello nazionale tra le maggiori e minori quantità di prodotto. Questa è già stata oggetto di scrutinio da parte della Sezione, alle cui risultanze non può non farsi rinvio (cfr. ex multis Cons. Stato, sez. II, 4 febbraio 2020, nonché id., 12 febbraio 2020, n. 1105).

9. Il meccanismo di compensazione di cui all’art. 1, comma 8, del d.l. n. 43 del 1 marzo 1999, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 118/1999, applicato nei casi di specie, infatti, in quanto basato su categorie prioritarie, è stato ritenuto in palese contrasto con l’art. 2 del Reg. n. 3950/1992, applicabile ratione temporis , con la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sez. VII, del 27 giugno 2019, in esito ad un quesito formulato da questo Consiglio di Stato con ordinanza n. 3074 del 2018.

La Corte ha dunque affermato (ai paragrafi 35-37) quanto di seguito testualmente si riporta: «[…] risulta dall’articolo 2, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 3950/92, nonché dall’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento n. 536/93 che lo Stato membro dispone della facoltà di procedere alla riassegnazione dei quantitativi di riferimento inutilizzati alla fine del periodo, o a livello nazionale, direttamente ai produttori interessati, o a livello degli acquirenti affinché detti quantitativi vengano ripartiti tra i produttori in questione. Tuttavia, contrariamente a quanto sostenuto dal governo italiano, l’articolo 2, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 3950/92, pur concedendo agli Stati membri la facoltà di riassegnare i quantitativi di riferimento inutilizzati alla fine del periodo, non li autorizza a decidere in base a quali criteri tale riassegnazione debba essere effettuata. Infatti, risulta dalla formulazione stessa della disposizione suddetta che, qualora uno Stato membro decida di procedere alla riassegnazione dei quantitativi di riferimento inutilizzati, tali quantitativi vengono ripartiti in modo “proporzionale ai quantitativi di riferimento a disposizione di ciascun produttore ».

E’ stata in tal modo smentita la tesi prospettata dallo Stato italiano circa l’indifferenza dell’utilizzazione di altri criteri rispetto ai principi europei di proporzionalità, di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento, sottolineando (ai paragrafi da 38 a 46 della sentenza) quanto segue: « L’argomento del governo italiano, secondo cui la disposizione summenzionata non stabiliva nulla circa i criteri della riassegnazione stessa e menzionava il criterio proporzionale soltanto ai fini di regolare i calcoli che l’acquirente avrebbe dovuto operare qualora fosse spettato a lui applicare il prelievo a carico dei produttori, è espressamente contraddetto dalla giurisprudenza della Corte. Infatti, la Corte ha già statuito che risulta chiaramente da tutte le versioni linguistiche dell’articolo 2, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 3950/92 che è senz’altro la ripartizione dei quantitativi di riferimento inutilizzati, vale a dire la riassegnazione di tali quantitativi, a dover essere effettuata in modo “proporzionale ai quantitativi di riferimento a disposizione di ciascun produttore” e che il contributo dei produttori al pagamento del prelievo dovuto è, quanto ad esso, stabilito in base al superamento del quantitativo di riferimento di cui dispone ciascun produttore (sentenza del 5 maggio 2011, Kurt und Thomas Etling e a., C-230/09 e C-231/09, EU:C:2011:271, punto 64) ».

10. Dalle statuizioni della Corte di Giustizia discende dunque che il meccanismo di “compensazione-riassegnazione” applicato dall’Amministrazione italiana è stato alterato dall’utilizzazione di un criterio normativo nazionale non conforme al dettato europeo. La norma è stata cioè applicata dall’Amministrazione nel senso che le operazioni di compensazione tra quote eccedentarie e quote non interamente sfruttate, nonché le conseguenti riassegnazioni ai produttori eccedentari dei quantitativi di riferimento individuali inutilizzati, sono state fatte per categorie secondo l’ordine indicato, e non già « proporzionalmente ai quantitativi di riferimento a disposizione di ciascun produttore ».

11. Essendo, quindi, quella italiana una compensazione ormai considerata dalla giurisprudenza come basata su criteri difformi rispetto a quelli che si sarebbero dovuti utilizzare, in tale parte l’appello va accolto con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati in primo grado.

Da ciò discende che l’Amministrazione dovrà procedere ad un complessivo ricalcolo.

12. In ragione delle difficoltà interpretative della disciplina nazionale e comunitaria, nonché dell’originaria incertezza giurisprudenziale e della complessità della materia, si possono compensare le spese del doppio grado di giudizio.

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