Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-09-07, n. 202005389

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-09-07, n. 202005389
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202005389
Data del deposito : 7 settembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/09/2020

N. 05389/2020REG.PROV.COLL.

N. 00625/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso NRG 625/2020, proposto da -OMISSIS-, con sede nella Repubblica di Romania, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati D G, F S R e A T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso in Roma, via Cicerone n. 49,

contro

l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni - IVASS, in persona del Presidente pro tempore , rappresentato e difeso dagli avv.ti M C, P R, M S e M M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Roma, via del Quirinale n. 21 (Studio Rosatone),

per la riforma

della sentenza del TAR Lazio, sez. II, n.-OMISSIS-/2019, resa tra le parti e concernente la domanda risarcitoria attorea per i danni subiti e subendi a causa ed in conseguenza dell’illegittimo provvedimento IVASS n. 51-13-000856 del 20 dicembre 2013, poi annullato dalla Sezione con la sentenza n.-OMISSIS-del 9 febbraio 2018;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’IVASS;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore all'udienza pubblica del 16 aprile 2020 il Cons. S M R:

Dato atto che l’udienza si svolge ai sensi dell’art. 84, co. 5 del DL 17 marzo 2020 n. 18, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams”, come previsto dalla circolare del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa n. 6305 del 13 marzo 2020;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. – La -OMISSIS-, con sede nella Repubblica di Romania, dichiara d’esser una società assicurativa per azioni rumena, in funzione dal 1998 ed autorizzata dalla locale ANR dal 24 ottobre 2012 ad operare in regime di libera prestazione di servizi (LPS), nei rami danni, cauzioni, credito e perdite pecuniarie, in vari Stati membri dell’Unione europea, tra i quali pure in Italia.

Detta Società fa presente d’operare, ma solo dal 2018 e, a suo dire, a causa del ritardo dell’IVASS, anche in Croazia, Grecia, Polonia, Slovenia e Ungheria.

Dal 2013, essa fu autorizzata dall’Autorità di vigilanza rumena-ASF ad operare per il tramite di una succursale in Italia, con sede in Roma. Senonché tal attività fu inibita dall’IVASS, che le vietò di assumere nuovi affari in Italia —bloccando anche la succursale italiana già autorizzata—, in forza del provvedimento n. 51.13.000856 del 20 dicembre 2013, in applicazione dell’art. 40, § 6 della dir. n. 1992/49/CE e dell’art. 193, co. 4 del D.lgs. 7 settembre 2005 n. 209 - CAP, nonché con gli effetti (nullità dei contratti) di cui al precedente art. 167. Tanto perché, nonostante a detta della Società tal potere esorbitasse da quelli propri dell’ANR in base al principio comunitario dell’ home country control , l’IVASS ritenne di poter comunque agire in via d’urgenza sulla base d’un giudizio negativo reputazionale verso l’azionista di controllo sig. -OMISSIS-. Tal negativa valutazione fu attivata dall’IVASS, pur a seguito d’una corrispondenza cartolare con l'ASF, culminata in una riunione tra le due Autorità tenutasi a Roma il 9 dicembre 2013.

2. – Pur avendo tal Società manifestato (missiva del 27 dicembre 2013) la sua ampia disponibilità ad essere oggetto di un'ispezione congiunta dell’IVASS e dell’ASF, a fronte del silenzio del primo essa si gravò contro il citato provvedimento, col ricorso RG 2119/2014, innanzi al TAR Lazio.

L’adito TAR, con sentenza n. -OMISSIS-del 2015, respinse il predetto ricorso.

A seguito dell’appello di detta Società, la Sezione, con ordinanza n.-OMISSIS-/2015, accolse l’istanza attorea per la rimessione di questione pregiudiziale alla CGUE, al fine di determinare se il diritto europeo ostasse a che lo Stato ospitante potesse adottare provvedimenti interdittivi nei confronti di un’impresa assicuratrice che operasse in LPS, fondati sulla ritenuta carenza di un requisito, quale la reputazione, utile sì, ma al rilascio dell’autorizzazione preliminare.

Prima e nelle more di tal giudizio detta Società propose ben nove istanze all’IVASS per ottenerne la revoca del provvedimento impugnato o a seguito del silenzio serbato dall’Istituto al riguardo, ma senza esito e, anzi, il TAR Lazio, all’uopo nuovamente adito col ricorso NRG 2632/2017, ne rigettò la pretesa con la sentenza n. -OMISSIS- del 5 dicembre 2017, appellata col ricorso NRG 8670/2017.

Nel frattempo, era intervenuta la sentenza del 27 aprile 2017 (causa C-599/15), con cui la CGUE definì detto rinvio pregiudiziale, in virtù della quale «… la direttiva 92/49 CEE… e in particolare il suo articolo 40, paragrafo 6… ostano a che le autorità di vigilanza di uno Stato membro assumano in via d'urgenza, nei confronti di un'impresa di assicurazione diretta diversa dall'assicurazione sulla vita che opera sul territorio di tale Stato membro in regime di libera prestazione dei servizi, a tutela degli interessi degli assicurati e degli altri possibili beneficiari delle polizze assicurative sottoscritte, provvedimenti, come il divieto di stipulare nuovi contratti su tale territorio, fondati sulla carenza, originaria o meno, discrezionalmente valutata, di un requisito soggettivo previsto per il rilascio dell'autorizzazione necessaria all'esercizio dell'attività assicurativa, quale il requisito relativo alla reputazione …».

Nelle more del giudizio stesso, con nota del 17 gennaio 2018 l’ASF concluse positivamente la sua istruttoria sugli azionisti di riferimento della -OMISSIS-, in base ai requisiti di cui al Regolamento n. 3/2016. Dopo altre vicissitudini, con sentenza n.-OMISSIS-del 9 febbraio 2018 la Sezione ha accolto l’appello di tal Società, annullando l’atto inibitorio di IVASS del 2013. Con sentenza n. -OMISSIS- del successivo 21 marzo, la Sezione ha dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse il ricorso NRG 8680/2017 pure per l'istanza risarcitoria, riproponibile da tal Società in separata sede.

3. – Sicché la-OMISSIS-ha nuovamente adito il TAR Lazio, col ricorso NRG 9243/2018, chiedendo la condanna dell’IVASS al risarcimento dei danni subiti e subendi a cagione dell’illegittimo ed ormai annullato provvedimento n. 51/2013, nonché la condanna ex art.

2-bis della l. 7 agosto 1990 n. 241 al risarcimento del danno subito per il ritardo dell’Istituto nel provvedere all’eliminazione di tal provvedimento interdittivo, nonostante le plurime richieste al riguardo.

L’adito TAR, con sentenza n.-OMISSIS- del 18 dicembre 2019, ha respinto la domanda risarcitoria de qua , affermando che: A) ai fini del risarcimento del danno, non basta il solo annullamento del provvedimento lesivo, ma è necessaria pure la sussistenza dell'elemento soggettivo della colpa;
B) questo Giudice può affermare la responsabilità della P.A. per danno a privati, solo se la violazione risulti grave e commessa su circostanze di fatto e in un quadro di riferimenti giuridici che palesino la negligenza e l'imperizia della PA emanante, tranne l'errore scusabile;
C) quest’ultimo, l’onere della cui prova spetta alla P.A. (mentre per il danneggiato operano le regole di comune esperienza e il rinvio alla nozione di presunzione ex art. 2727 c.c.), si ha solo in presenza d’oggettiva oscurità, sovrabbondanza o repentino mutamento delle norme applicabili, oppure di verificata sussistenza di contrasti interpretativi (per l’art. 24, co.

6-bis della l. 205/2005, gli organi e gli uffici dell’IVASS rispondono solo per dolo o colpa grave);
D) nella sentenza n. 478/2015, il TAR aveva affermato la possibilità per l’IVASS di esercitare, in caso di difetto dei requisiti reputazionali, i poteri inibitori ex art. 193, co. 4 CAP pure verso le imprese stabilite, essendo poteri congruenti con l’art. 40, § 6) della dir. n. 92/49/CE (ciò fu detto pure dall’Avvocato generale avanti alla CGUE), mentre per la Corte tal disposizione, considerata isolatamente, non permetteva di rispondere alla questione posta dalla Sezione, donde l’obbligo di valutarla nel contesto in cui essa «… s'inserisce, e gli obiettivi che tale direttiva persegue …»;
E) la valutazione del requisito reputazionale fu condotta dall’IVASS in base non solo della comunicazione ISVAP n. 3 del 2 luglio 2009 e delle linee guida CEIOPS del 28 luglio 2008, ma pure all’art. 15-ter della dir. n. 92/49/CE, mentre la rilevanza di tal requisito fu ritenuta corretta dal TAR Lazio in sede cautelare e di merito e dalla Sezione con l’ordinanza n. 1939/2014;
F) la questione sull’applicazione d’una normativa non più vigente è stata delineata, per la prima volta, dalla sentenza della Sezione n. -OMISSIS-/2018 e NON col ricorso di primo grado, ove fu dedotta la sola insussistenza dell’urgenza, oltre che di accertamenti penali definitivi sul requisito dell’onorabilità;
G) la carenza d’istruttoria e la sproporzione della sanzione applicata, dedotte quali ulteriori indici rivelatori della colpa grave, sono vizi di legittimità (neppure specificamente accertati dalla sentenza n. 873/2018) e non all’elemento psicologico della colpa stessa;
H) è irrilevante, per provare il dolo o la colpa dell’Istituto, la mancata tempestiva esecuzione della sentenza della CGUE (perché: sarebbe comunque occorsa la necessaria intermediazione del Giudice a quo ;
non constano in atti istanze d’autotutela dopo il deposito di tal sentenza stessa;
v’è stato il rinvio all’IVASS affinché rivalutasse senza indugio il permanere, o no, di tutti i presupposti della misura inibitoria a suo tempo adottata, visti i chiarimenti resi nei §§ 42) e ss. della sentenza, sia delle decisioni assunte dall’Autorità romena;
I) non prova nulla la richiesta dell’IVASS di stralciare dagli atti dell’appello la delibera ASF del 17 gennaio 2018, trattandosi d’un legittimo esercizio d’una facoltà processuale;
L) è infondata la domanda risarcitoria del danno per il silenzio tenuto dall’Istituto sulle svariate istanze attoree di riesame, in particolare quella del 9 dicembre 2016, poiché tal pretesa fu respinta dal TAR con sentenza riformata sì in appello, ma per improcedibilità della domanda originaria nella precedente sentenza della Sezione n. 837/2018.

4. – Appella quindi la -OMISSIS-, col ricorso in epigrafe e deduce l’erroneità di tal sentenza per:

1) – la contraddittorietà ravvisabile in sentenza tra l’enunciata definizione di « errore scusabile » e l’omesso accertamento nella specie dei relativi elementi nel comportamento dell’IVASS, nonché la violazione dell’art. 2727 c.c. per l’inversione dell’onere della prova statuita a favore dell’Istituto (il non ha dimostrato l’assenza di colpa o dolo) e contro l’odierna appellante (di cui si predica l’omessa dimostrazione di detto errore, nonostante la legge e la giurisprudenza in materia dicano il contrario, e gli argomenti contrari siano stati reputati irrilevanti dal TAR);

2) – l’insussistenza in ogni caso dei citati indici rivelatori dell’errore scusabile in capo all’IVASS, giacché esso, per la sentenza n. 837/2018, non aveva alcuna competenza per delibare la reputazione dell’azionista di riferimento dell’appellante (spettando tal verifica al solo Stato membro d’origine);

3) – la conseguente individuazione del quadro normativo di riferimento nell’art. 193 CAP e nell’art. 40 della dir. n. 92/49/CE (quest’ultima fondandosi sui principi dell’autorizzazione unica e del home country control , in termini sia di libertà di stabilimento che di LPS), tale da non lasciar spazio a margini di opinabilità o d’oscurità e spettando all’IVASS la piena responsabilità solo sul controllo dei requisiti e sul funzionamento dell’impresa;

4) – la piena consapevolezza ab origine di IVASS sulla vicenda e di tal quadro normativo, tanto da aver più volte sollecitato l'ASF ad adottare un provvedimento interdittivo verso l’appellante e da esser stata informata tante volte da quest’ultima dell’illegittimità del provvedimento n. 51/2013, per cui non v’era spazio per le misure inibitorie ex art. 40, § 6) della dir. n. 92/49/CE (per commissione di infrazioni e violazioni delle norme dello Stato ospitante), mentre il requisito reputazionale e le sue vicende attengono al rilascio ed al mantenimento dell’autorizzazione, di stretta competenza dello Stato membro d’origine;

5) – l’assenza di contrasti o repentini mutamenti giurisprudenziali sul citato quadro normativo, essendo il principio dell' home country control pacifico e regolarmente applicato fin dall'entrata in vigore della direttiva n. 49 e tal contrasto certo non si ravvisa nelle vicende del pregresso giudizio inter partes (né tra giudizio cautelare e giudizio sul merito della lite), fermo comunque restando che il giudizio sarebbe dovuto esser precedente e non successivo all’emanazione del provvedimento inibitorio e che erronea è stata l’inferenza di tal contrasto dalla regolazione delle spese di lite;

6) – non aver colto come nella specie l’esistenza della colpa grave o del dolo discendesse, in capo all’IVASS, sia dall’applicazione imprudente d’una soft law (Linee guida del CESB/CEIOPS/CESR del 18 luglio 2008 e richiamate dalla Comunicazione ISVAP n. 3/2009) non cogente o, comunque, già abolita al tempo dei fatti di causa (irrilevante appalesandosi il richiamo, da parte dell’Istituto, all’art. 15-ter della dir. n. 92/49/CE, norma, questa, inerente all’acquisto di azioni), sia dalla sua conseguente evidente negligenza nella gestione dell’affare -OMISSIS- e verso il sig. -OMISSIS-;

7) – aver affermato insussistente l'elemento soggettivo in capo ad IVASS nonostante la violazione del principio di diritto UE per cui i singoli, che fan valere il diritto comunitario, devono poter ottenere dinanzi ai Giudici nazionali la riparazione del danno originato dalla violazione di tali diritti (sentenza K del 2003, valida anche per i corpi amministrativi)

8) – aver affermato che la clausola limitativa della responsabilità dell’IVASS ex art. 24, commi 1 e 6-bis della l. 28 dicembre 2005 n. 262 (dolo o colpa grave) possa riguardare anche i casi diversi (come nella specie) dall’esercizio delle funzioni del controllo, solo la delicatezza dei cui compiti potendo giustificare tal limitazione;

9) – non aver colto, nel respingere la domanda risarcitoria sul danno da ritardo (per mancata prova dell’illegittimità del silenzio;
assenza del coefficiente psicologico), come la Sezione, pur dando atto della sopravvenuta improcedibilità dell’appello per l’accoglimento del giudizio di merito, avesse fatta salva la facoltà di -OMISSIS- di proporre azione risarcitoria, esperibile in base all’arresto della CGUE che smentì l’Istituto ed il TAR;

10) – aver tralasciato, pur a fronte dell’istanza di CTU formulata fin dal ricorso introduttivo e nonostante il TAR avesse ordinato al tecnico di parte prof. Lacchini il deposito della sua CTP entro un termine perentorio stretto, di disporre un’idonea CTU (peraltro opportuna per la rilevanza del danno patrimoniale e perché l’IVASS aveva depositato a sua volta una perizia avverso il quantum risarcitorio, rispetto alla quale l’odierna appellante sarebbe stata pronta a confrontarsi).

Resiste in giudizio l’IVASS, rammentando anzitutto, per inquadrare la complessità della vicenda contenziosa di base, come la Sezione, nel rimettere l’interpretazione del sistema alla CGUE per averne un chiarimento definitivo, intendesse l’art. 193 CAP in combinato disposto con l’art. 40, § 6) della direttiva n. 49 fonte d’un potere inibitorio d’urgenza dell’Istituto «… allo scopo di evitare abusi nell’esercizio delle libertà comunitarie …». Tal opinione è stata in sostanza condivisa pure dall’Avvocato Generale e la Corte ha ammesso che «… il testo dell’art. 40, paragrafo 6, della direttiva 92/49, considerato isolatamente, non permette di rispondere alla questione sollevata …». La stessa Sezione ha quindi ritenuto di dover compensare le spese di lite, attese «… la novità, la complessità e la oggettiva controvertibilità, ricavabile dal dipanarsi della vicenda nel suo insieme, delle questioni trattate …». Peraltro, anche l’EIOPA, sollecitata dall’appellante, concluse nel senso di riconoscere in capo all’IVASS la sussistenza del potere inibitorio contestato (decisione n. 14-267 del 6 giugno 2014;
nota del 24 novembre 2014), come fece pure l’ASF rumena declinando la richiesta di -OMISSIS- d’intervenire a proprio favore sia nei vari giudizi de quibus . Nel merito, conclude per l’infondatezza dell’appello e la novità del IV motivo.

5. – Si può prescindere da ogni questione d’inammissibilità per il novum in appello contenuto nel quarto mezzo di gravame, giacché il ricorso in epigrafe non è fondato e va respinto.

Tuttavia, una precisazione preliminare è d’obbligo. La Società appellante in sede istruttoria chiede una CTU al fine d’apprezzare non solo l’ammontare dei danni patiti, ma pure i fatti che cagionarono specificatamente le singole voci di danno. Reputa il Collegio che, prima d’accedere a tal richiesta di approfondimenti istruttori, sia necessaria la previa delibazione dell’ an risarcitorio.

5.1. – Il Collegio, in primo luogo ritiene che la consulenza non possa disporsi in presenza di una delibazione sull’ an risarcitorio.

Va invero rilevato che, l’IVASS, almeno all’inizio della vicenda de qua , emanò misure prudenziali appropriate, cioè di natura conservativa, solo in un secondo momento entrando in conflitto con l’ANR romena, certo competente a emanare l’autorizzazione all’esercizio dell’impresa assicurativa ed al riscontro delle relative vicende, ma non tempestiva nel suo agire. Essa fece fra l’altro, presente di non poter revocare l’autorizzazione rilasciata alla Onyx, segnatamente in quanto i criteri previsti dalle linee guida per la valutazione prudenziale di acquisizioni e incrementi di partecipazioni negli istituti finanziari, richiesta dalla direttiva 2007/44/CE, non erano stati recepiti nell’ordinamento rumeno (cfr. punto 21 della sentenza 27 aprile 2017 della CGUE). Tal conflitto fra le due ANR si incentrò sulla verifica dei requisiti reputazionali del socio maggioritario, il quale sarebbe risultato compromesso da svariate condanne.

In primo luogo, quest’ultimo era stato condannato, il 29 luglio 2013, dal Tribunale di Marsala (Italia) per il reato di tentata truffa aggravata ai danni dello Stato italiano. Inoltre, detto azionista sarebbe stato amministratore unico della G.C.C. Garanzie Crediti e Cauzioni s.p.a., società di diritto italiano cancellata, con provvedimento della Banca d’Italia del 28 agosto 2008, dall’albo degli intermediari finanziari per gravissime irregolarità gestionali, nonché per l’inosservanza dei requisiti patrimoniali minimi: in tale contesto la Banca d’Italia gli irrogò sanzioni amministrative per € 80 mila. Infine, i fondi detenuti dalla Garanzie Crediti e Cauzioni s.r.l., società di diritto italiano risultante dalla trasformazione della G.C.C. Garanzie Crediti e Cauzioni s.p.a., sono stati oggetto di due provvedimenti di fermo amministrativo emessi dall’Agenzia delle entrate (Italia), in data 27 aprile e, rispettivamente, 28 maggio 2010 (per garantire l’esecuzione di obbligazioni derivanti da fideiussioni non onorate) e, quantunque la spendita dei poteri di vigilanza di IVASS su tal aspetto non sia stata condivisa in diritto, l’ASF soltanto nel gennaio 2018 verificò l’assenza dei dubbi reputazionali in capo ai soci.

Ciò è avvenuto ben dopo un’articolata corrispondenza tra le due ANR, partita già dal 2015 e volta a stimolare l’intervento e l’apporto collaborativo dell’ASF, alla quale tal controllo reputazionale compete perché consustanziale all’autorizzazione. Anzi, tutto ciò è accaduto dopo che la CGUE emanò la sentenza del 27 aprile 2017, con cui definì il rinvio pregiudiziale e in virtù della quale fu stabilizzata l’interpretazione dell’art. 40, § 6) della dir. n. 1992/49/CE, in senso favorevole alla tesi dell’impresa assicurativa comunitaria in regime di LSP. La Corte adita tese colà a distinguere, nel corpo dell’art. 40, § 6) della dir. n. 1992/49/CE, la procedura ordinaria da quella d’urgenza, nella quale la norma «… non prevede(va), in deroga alla procedura ordinaria..., un obbligo dello Stato membro della prestazione di servizi interessato di informare, in merito a tali irregolarità, le autorità competenti dello Stato membro di origine, né di comunicare a queste ultime l’intento di adottare misure appropriate …». Comunque va sottolineato che l’IVASS ha costantemente cercato un raccordo con l’ANR rumena, Autorità home per quanto già rilevato.

5.2. – Va ricordato che l’art. 40 citato prevede una disciplina di notevole complessità poiché passa, di norma, per una collaborazione fra autorità di diversi Paesi e prevede un potere autonomo di IVASS in alcune ipotesi di urgenza meglio sagomate dal contenzioso pregresso da cui scaturisce l’attuale azione risarcitoria.

Conviene riportare il tenore testuale per quanto di interesse.

L’articolo 40, paragrafi da 3 a 7, della direttiva 92/49 prevedeva quanto segue:

«3. Se le autorità competenti di uno Stato membro constatano che un’impresa che ha una succursale od opera in regime di libera prestazione di servizi nel territorio di detto Stato non ne rispetta le norme di diritto ad essa applicabili, invitano l’impresa interessata a porre fine a tale situazione irregolare.

4. Se l’impresa in questione omette di conformarsi, le autorità competenti dello Stato membro interessato informano le autorità competenti dello Stato membro d’origine. Queste prendono senza indugio tutte le misure appropriate affinché l’impresa interessata ponga fine a tale situazione irregolare. La natura delle misure viene comunicata alle autorità competenti dello Stato membro interessato.

5. Se, nonostante le misure prese dallo Stato membro d’origine – o per l’insufficienza di tali misure o in mancanza delle misure stesse nello Stato interessato – l’impresa persiste nel violare le norme di legge vigenti nello Stato membro interessato, quest’ultimo, dopo averne informato le autorità competenti dello Stato membro d’origine, può prendere le misure appropriate per evitare o reprimere nuove irregolarità e, se strettamente necessario, impedire anche l’ulteriore stipulazione di contratti d’assicurazione da parte dell’impresa nel suo territorio. Gli Stati membri provvedono affinché sia possibile effettuare sul proprio territorio le notifiche alle imprese di assicurazione.

6. I paragrafi 3, 4 e 5 lasciano impregiudicato il potere degli Stati membri interessati di prendere, in caso di urgenza , misure appropriate per prevenire le infrazioni commesse sul loro territorio. Ciò

implica la possibilità di impedire ad un’impresa di assicurazione la stipulazione di nuovi contratti di assicurazione nel loro territorio .

7. I paragrafi 3, 4 e 5 non pregiudicano il potere degli Stati membri di sanzionare le infrazioni sul

proprio territorio »,

Il § 6) fonda quindi un potere autonomo degli altri Stati membri, “sagomato” dalla sentenza della CGUE del 27 aprile 2017 in causa 559 -15. Rileva anche il potere di cui all’art. 193 del codice delle assicurazioni private, secondo cui « quando manchino o risultino inadeguati i provvedimenti dell’autorità dello Stato di origine, quando le irregolarità commesse possano pregiudicare interessi generali, ovvero nei casi di urgenza per la tutela degli interessi degli assicurati e degli altri aventi diritto a prestazioni assicurative, l’ [IVASS] può adottare nei confronti dell’impresa di assicurazione, dopo averne informato l’autorità di vigilanza dello Stato membro di origine, le misure necessarie, compreso il divieto di stipulare nuovi contratti in regime di stabilimento o di libertà di prestazione di servizi con gli effetti di cui all’articolo 167 ».

In primo luogo, la sentenza della Corte UE ha chiarito che il potere di intervento ex art. 40, § 6) della direttiva è esercitabile anche in via preventiva e non solo quando siano accertate da una Autorità di uno Stato membro delle infrazioni alla normativa di settore. La Corte Ue ha rilevato che l’imminente verificarsi di un’irregolarità può rendere necessaria l’adozione immediata di misure da parte dell’Autorità di uno Stato membro. E ciò perché non si può neppure esigere dallo Stato membro della prestazione di servizi che, in presenza di un’urgenza, s’impegni in un processo d’informazione dello Stato membro di origine, che può ritardare, a danno degli interessi degli assicurati e dei beneficiari delle coperture assicurative sottoscritte, l’adozione di tali misure.

La Corte ha poi dato un’interpretazione sistematica del medesimo art. 40, stabilendo che non possa esser interpretato nel senso che esso consente allo Stato membro della prestazione di servizi di derogare alla competenza esclusiva dello Stato membro di origine, quale evocata al § 44) della sentenza, per pronunciarsi sul rispetto, da parte di un’impresa assicurativa, delle condizioni di autorizzazione, con particolare riguardo a quella relativa all’onorabilità dei suoi dirigenti, il cui controllo, ai sensi dell’art. 4 della direttiva n. 92/49, rientra nella competenza esclusiva dello Stato membro di origine.

Ulteriormente dettagliando la stessa Corte ha poi ammesso che tale difetto dei requisiti possa essere delibato per assumere provvedimenti in via d’urgenza, ove talune insufficienze o dubbi relativi all’onorabilità dei dirigenti dell’impresa assicurativa interessata indichino un pericolo reale e imminente che siano commesse irregolarità a danno degli interessi degli assicurati o degli altri possibili beneficiari delle coperture assicurative sottoscritte e, in tal caso, adottare immediatamente misure appropriate, come, eventualmente, il divieto di stipulare nuovi contratti sul suo territorio.

Ebbene, con un’interpretazione manipolativa —affinché negli ordinamenti nazionali gli interessi degli assicurati, destinatari dei servizi forniti in regime LSP, non fossero sprovvisti di tutela in caso di inerzia dell’Autorità home —, la Corte ha limitato il principio di prevalenza dei poteri di questa in presenza di dubbi sull’onorabilità, sia pur nei confronti non già degli azionisti, bensì dei dirigenti dell’impresa assicuratrice collegando il potere di intervento dell’Autorità dello Stato membro ad un pericolo reale ed imminente (così specificando l’urgenza della disposizione dell’art. 40 comma 6 al fine di rafforzare il sistema dell’home country control ).

In secondo luogo, la predetta CTU in tanto può esser disposta, in quanto sia previamente accolta la pretesa attorea sugli ulteriori tre punti nodali, non coperti dalla sentenza della CGUE ma dipendenti dalla valutazione concreta della complessiva azione dell’IVASS: l’assenza, o no, d’errore scusabile;
la rilevanza dirimente della clausola ex art. 24, co.

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