Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2011-10-24, n. 201105698

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2011-10-24, n. 201105698
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201105698
Data del deposito : 24 ottobre 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 07673/2010 REG.RIC.

N. 05698/2011REG.PROV.COLL.

N. 07673/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7673 del 2010, proposto da:
S L, rappresentato e difeso dall’Avv. G F, dall’Avv. U C e dall’Avv. S C, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Giuseppe Ferrari, 4;

contro

Ministero della Pubblica Amministrazione e Innovazione, Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, costituitisi in giudizio, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per il Lazio, Roma, Sez. I, n. 7462 dd. 19 aprile 2010, resa tra le parti a’ sensi dell’allora vigente art. 21-bis della L. 6 dicembre 1971 n. 1034 (ora artt. 31 e 117 cod. proc. amm.) e concernente la disciplina di trattamento di fine rapporto.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Pubblica Amministrazione e Innovazione (Presidenza del Consiglio dei Ministri);

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 21 giugno 2011 il Cons. F R e uditi per l’appellante l’Avv. S C e per le Amministrazioni appellate l’Avvocato dello Stato Daniela Giacobbe;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.1. L’attuale appellante, Ispettore della Polizia di Stato Ludovico Scalia, ha proposto, sub R.G. 1154 del 2010 innanzi al T.A.R. per il Lazio, unitamente ad altro personale non dirigente della Polizia di Stato medesima, un ricorso a’ sensi dell’allora vigente art. 21–bis della L. 6 dicembre 1971 n. 1034 per l’annullamento del silenzio-rifiuto formatosi sulle istanze notificate dagli stessi ricorrenti in data 8 maggio 2009, al fine di ottenere che, in applicazione di quanto disposto dagli artt. 26, comma 20, della L. 23 dicembre 1998 n. 448 e 3, comma 1, lett. b), del D.L.vo 12 maggio 1995 n. 195 e successive modifiche, fossero avviate le procedure di negoziazione deputate a definire, per il personale delle Forze Armate e delle Forze di Polizia, “la disciplina del trattamento di fine rapporto ai sensi dell’articolo 2, commi da 5 a 8, della legge 8 agosto 1995, n. 335 e successive modificazioni”, e ad istituire per lo stesso personale le forme pensionistiche complementari, di cui all’articolo 3 del D.L.vo 21 luglio 1993 n. 194 e successive modificazioni, con conseguente accertamento per l’intimata Presidenza del Consiglio dei Ministri–Ministero della Pubblica Amministrazione e l’Innovazione dell’obbligo di provvedere sulle istanze anzidette dando avvio alle procedure di negoziazione previste ai fini predetti.

A sostegno della propria domanda giudiziale i ricorrenti in primo grado hanno dedotto l’avvenuta violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 26, comma 20, della L. 23 dicembre 1998 n. 448 e degli artt. 3, comma 1, lett. b) del D.L.vo 12 maggio 1995 n. 195 come sostituito dall’art. 2 del D.L.vo 31 marzo 2000 n. 129 e 7, comma 1, del medesimo D.L.vo 195 del 1995.

I medesimi ricorrenti, dopo aver premesso che il personale delle Forze Armate e delle Forze di Polizia, al pari di quello del pubblico impiego c.d. “contrattualizzato” , è stato oggetto del passaggio dal metodo di calcolo della pensione con il sistema retributivo a quello con il sistema contributivo, hanno censurato il mancato avvio delle procedure di concertazione previste dal D.L.vo 195 del 1995 e dall’art. 67 del D.P.R. 16 marzo 1999 n. 254 in ordine alla costituzione di uno o più fondi nazionali di pensione complementare di cui all’anzidetta L. 335 del 1995 e successive modificazioni, alle modalità di trasformazione del trattamento di fine rapporto, alle voci retributive utili per gli accantonamenti del trattamento di fine rapporto (T.F.R.), nonché alla quota del T.F.R. medesimo da destinare alla previdenza complementare.

In relazione a ciò, pertanto, i ricorrenti in primo grado hanno concluso chiedendo l’accoglimento della propria domanda di annullamento del silenzio-rifiuto formatosi sulle loro istanze con il conseguente accertamento dell’obbligo del Ministero della Pubblica Amministrazione ed Innovazione di provvedere sulle stesse.

1.2. Si è costituita in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri-Ministero della Pubblica Amministrazione ed Innovazione, eccependo innanzitutto l’inammissibilità della domanda giudiziale per difetto di legittimazione ad agire e l’inammissibilità del ricorso avverso il silenzio-rifiuto per carenza dei presupposti, non essendo configurabile nella specie un’inerzia del Dipartimento della Funzione Pubblica nell’avvio delle procedure finalizzate all’attivazione della previdenza complementare e del trattamento di fine rapporto.

1.3. Con sentenza n. 7462 dd. 19 aprile 2010 la Sezione I-bis del T.A.R. per il Lazio ha dichiarato il ricorso inammissibile.

2.1. Con l’appello in epigrafe il solo Ispettore Ludovico Scalia chiede la riforma di tale sentenza, deducendo al riguardo l’avvenuta violazione dell’art. 2 della L. 7 agosto 1990 n. 241 e successive modifiche ed integrazioni, nonché del combinato disposto dell’art. 26, comma 20, della L. 23 dicembre 1998 n. 448 e 5, comma 1, lett. b), del D.L.vo 195 del 1995, come sostituito dall’art. 2 del D.L.vo 129 del 2000.

L’appellante rimarca – tra l’altro – che la sequenza procedimentale disciplinata dall’art. 7 del D.L.vo 195 del 1995 prevede che dapprima il Dipartimento della Funzione Pubblica formalmente convochi il tavolo di concertazione-negoziazione e che, quindi, gli organismi rappresentativi del personale delle Forze Armate e delle Forze di Polizia presentino richieste e proposte;
e che, non essendo nella specie intervenuta a tutt’oggi la convocazione anzidetta, permarrebbe il silenzio-rifiuto dell’Amministrazione resistente.

L’appellante rileva – altresì – che in omologhe fattispecie la Sezione I-bis del T.A.R. per il Lazio ha riconosciuto in capo al personale militare che abbia avanzato consimili richieste una posizione di interesse legittimo affinché l’Amministrazione attivi il procedimento sopradescritto (cfr. al riguardo le sentenze n. 3995 dd. 15 marzo 2010 e 14 dicembre 2009 n. 12867 rese dal giudice di primo grado).

2.2. Si è costituita in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri–Ministero per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione, replicando puntualmente alle censure avversarie e concludendo per la reiezione dell’appello.

2.3. Alla camera di consiglio del 21 gennaio 2010 la causa è stata trattenuta in decisione.

3. Tutto ciò premesso, l’appello in epigrafe va respinto.

Come del resto è stato denotato anche recentemente dallo stesso T.A.R. per il Lazio, Sez. I, con sentenza n. 2092 dd. 8 marzo 2011, a sua volta conforme alle sentenze della stessa Sezione nn. 7448, 7456 e 7458 dd. 19 aprile 2010 e n. 10560 dd. 30 ottobre 2009 e n. 2991 dd. 24 febbraio 2010 rese dalla Sez. II dello stesso T.A.R., i dipendenti pubblici destinatari dell’attività contrattuale collettiva o del decreto presidenziale di recepimento degli esiti della procedura di concertazione sono titolari di un interesse “finale” e del tutto indiretto e riflesso, e non già di un interesse concreto, attuale e direttamente tutelabile in ordine all’avvio e conclusione dei procedimenti “negoziali” in questione, appartenenti – semmai – in via esclusiva alle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative (per quanto attiene alle Forze di Polizia a ordinamento civile) e ai Comitati centrali di rappresentanza, sempre quali organismi esponenziali d’interessi collettivi (per quanto attiene alle Forze di Polizia a ordinamento militare e al personale delle Forze Armate), chiamati entrambi a partecipare ai predetti procedimenti negoziali.

Più esattamente, la legittimazione a far valere eventuali inadempimenti dell’obbligo di adozione di provvedimenti amministrativi, anche attraverso la speciale procedura di impugnazione del silenzio inadempimento, appartiene in via generale ai soli soggetti titolari dell’interesse, concreto ed attuale, direttamente riguardato dalla norma attributiva del potere autoritativo, i quali proprio in ragione di tale titolarità sono dunque legittimati a partecipare al relativo procedimento amministrativo.

L’odierno appellante è viceversa portatore di un interesse soltanto indiretto in relazione all’effettiva entrata in vigore del nuovo regime pensionistico e contributivo, in quanto potenziale destinatario delle misure da adottarsi anche all’esito del procedimento di concertazione di cui lamenta la mancata attuazione: e ciò in ragione della natura assodatamente normativa dell’atto conclusivo, destinato a disciplinare una serie indeterminata di rapporti di pubblico impiego;
ma – per l’appunto – egli non è legittimato a partecipare al relativo procedimento, non essendo titolare in proposito di un interesse personale, concreto ed attuale, specificamente tutelato dalla norma attributiva del potere con la previsione di un correlato obbligo di provvedere in capo alle Amministrazioni competenti (così puntualmente, la sentenza n. 7454 del 2010 cit. e resa dalla Sez. I del T.A.R. per il Lazio).

4. In conseguenza di ciò, l’appello in epigrafe va pertanto respinto.

Le spese e gli onorari del giudizio possono essere peraltro integralmente compensati per il presente grado di giudizio.

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