Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2014-06-30, n. 201403268

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2014-06-30, n. 201403268
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201403268
Data del deposito : 30 giugno 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00549/2014 REG.RIC.

N. 03268/2014REG.PROV.COLL.

N. 00549/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso iscritto in appello al numero di registro generale 549 del 2014, proposto da S L M, Z L, V M e G M, quali candidati al Consiglio, rispettivamente, del I, X, XII e XIV Municipio, nonché elettori del Comune di Roma, tutti rappresentati e difesi dagli avv. I A e T S, con domicilio eletto presso il primo in Roma, Piazzale delle Belle Arti 8;

contro

Roma Capitale, in persona del sindaco in carica, rappresentata e difesa dall'avv. P L P, domiciliata in Roma, via del Tempio di Giove, n. 21;
Ufficio Centrale Elettorale c/o Comune di Roma Capitale, non costituito in giudizio;
Ministero dell'Interno, in persona del ministro in carica, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

nei confronti di

G M e F I, rappresentate e difese dall'avv. Pietro Adami, con domicilio eletto presso il medesimo in Roma, corso D'Italia, n. 97;
A G, rappresentato e difeso dall'avv. Francesco Rosi, con domicilio eletto presso il medesimo in Roma, via Lutezia, n. 8;
G C, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA, SEZIONE II BIS, n. 10398/2013, resa tra le parti, concernente provvedimento di proclamazione degli eletti dei presidenti e dei consiglieri dei Municipi I, X, XII e XIV della Città di Roma.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Roma Capitale, del Ministero dell'Interno, nonché di G M, A G e F I;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 maggio 2014 il Cons. N G e uditi per le parti gli avvocati I A, P L P, Pietro Adami, Antonio Campagnola su delega dell'avv. Francesco Rosi, ed infine l'avvocato dello Stato Angelo Vitale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con ricorso al T.A.R. per il Lazio i sigg.ri Lorenzo Maria Santonocito, Luigi Z, Marco Valente e Mauro Gallucci, rispettivamente candidati alle elezioni per il rinnovo dei Consigli dei Municipi I, X, XII e XIV di Roma Capitale svoltesi il 26-27 maggio 2013, impugnavano i provvedimenti di proclamazione degli eletti dei relativi Presidenti e Consiglieri, contestando il criterio seguito per la ripartizione dei seggi consiliari e rivendicando alla minoranza, in ciascun Municipio, l’attribuzione di un seggio in più dei nove già riconosciutile, con assegnazione in favore di ciascuno di loro.

Si costituivano in giudizio in resistenza al ricorso Roma Capitale, il Ministero dell'Interno ed i controinteressati sig.ri G C, E P, I M A, A G, nonché G M (subentrata come consigliera del Municipio I a seguito di altrui dimissioni). Interveniva inoltre ad opponendum la prof. F I (subentrata quale consigliera del Municipio X a seguito di rinuncia altrui).

All’esito il Tribunale adìto, con la sentenza in epigrafe, respingeva il ricorso.

Seguiva l’appello a questa Sezione avverso tale decisione ad iniziativa della parte soccombente, che riproponeva le proprie domande, doglianze e deduzioni, criticando gli argomenti svolti dal Giudice di prime cure nel disattenderle.

Resistevano alla nuova impugnativa Roma Capitale, il Ministero dell’Interno, nonché i controinteressati sig.ri G, M e I.

In particolare, l’Amministrazione comunale ed i controinteressati riproponevano le loro pregresse eccezioni di inammissibilità sotto più profili dell’originario gravame;
l’interventrice opponeva, inoltre, l’improcedibilità dell’appello nei limiti in cui proposto dal sig. Z con riferimento al Municipio X, deducendo che il medesimo ricorrente, nelle more, aveva perduto la propria iniziale posizione di primo dei non eletti, per essere stato scavalcato in graduatoria dal sig. M.

I resistenti deducevano infine l’infondatezza dell’appello sotto ogni aspetto anche nel merito.

Alla pubblica udienza del 13 maggio 2014 la causa è stata trattenuta in decisione.

La sicura infondatezza dell’appello induce la Sezione a concentrarsi senz’altro sul merito di causa, tralasciando le molteplici eccezioni in rito sollevate anche in questo grado dalle resistenti difese.

1 La parte ricorrente torna a contestare la ripartizione dei seggi tra le coalizioni di maggioranza e di opposizione, stabilita rispettivamente in 15 e 9 seggi.

Si deduce che, qualora si fossero debitamente considerati anche i Presidenti dei Municipi tra i componenti dei rispettivi Consigli, il premio percentuale riservato alla coalizione con il maggior numero di voti avrebbe dovuto essere applicato sui 25 membri di ciascun Consiglio. Di conseguenza, alla minoranza sarebbe spettato un seggio in più dei 9 ricevuti.

Allo stesso esito, viene ulteriormente dedotto, si sarebbe giunti anche escludendo i Presidenti dal computo, ove si fosse però arrotondato in modo corretto il risultato. L’applicazione del premio di maggioranza del 60 % su 24 seggi, escluso il Presidente, avrebbe dato infatti come risultato 14,4, da arrotondare a 14, mentre sarebbero residuati per l’opposizione 9,6 seggi, da arrotondare a 10.

2 La controversia si incentra, dunque, sui criteri che presiedono all’attribuzione del premio di maggioranza indirettamente previsto dall’art. 27, comma 3, dello Statuto di Roma Capitale, che richiama la disciplina per il rinnovo del Consiglio comunale e per l’elezione del Sindaco nei comuni con più di 15.000 abitanti dettata dall’art. 73 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267.

La detta norma statutaria recita: “ Il Consiglio del Municipio…è composto dal Presidente del Municipio e da ventiquattro Consiglieri. I Presidenti e i Consiglieri sono eletti contestualmente, a suffragio universale e diretto, secondo le disposizioni dettate dalla legge rispettivamente per l’elezione del Sindaco e dei Consiglieri Capitolini ”.

L’art. 73, comma 10, d.lgs. n. 267/2000, a sua volta, dispone testualmente: “ Qualora un candidato alla carica di Sindaco sia proclamato eletto al primo turno, alla lista o al gruppo di liste a lui collegate che non abbia già conseguito, ai sensi del comma 8, almeno il 60 per cento dei seggi del consiglio, ma abbia ottenuto almeno il 40 per cento dei voti validi, viene assegnato il 60 per cento dei seggi, sempreché nessuna altra lista o altro gruppo di liste collegate abbia superato il 50 per cento dei voti validi. Qualora un candidato alla carica di Sindaco sia proclamato eletto al secondo turno, alla lista o al gruppo di liste ad esso collegate che non abbia già conseguito, ai sensi del comma 8, almeno il 60 per cento dei seggi del consiglio, viene assegnato il 60 per cento dei seggi, sempreché nessuna altra lista o altro gruppo di liste collegate al primo turno abbia già superato nel turno medesimo il 50 per cento dei voti validi. I restanti seggi vengono assegnati alle altre liste o gruppi di liste collegate ai sensi del comma 8 ”.

3a Il Giudice di prime cure ha respinto il primo argomento a base del ricorso esprimendo il convincimento che nel computo dei seggi da consigliere non vadano considerati sindaci e presidenti dei municipi, i quali partecipano alla composizione dei rispettivi consigli senza però avere la qualifica di consigliere.

Tale lettura è stata corroborata dalla considerazione che “ nei Comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti i sindaci - e i Presidenti di Municipio per Roma Capitale - sono eletti separatamente dalle liste cui sono collegati, ed è possibile votare disgiuntamente il candidato sindaco di una determinata coalizione e una lista di una coalizione diversa. La conseguenza di questo sistema è, potenzialmente, che un candidato sindaco (o presidente di municipio) potrebbe ottenere la maggioranza dei voti mentre la coalizione cui è collegato no. La logica del premio percentuale nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti risiede, pertanto, nella garanzia di una maggioranza nei consigli per la coalizione collegata al sindaco (o al presidente di municipio) vincente, volta ad assicurare l’effettività delle funzioni di quest’ultimo e, in genere, la governabilità dell’istituzione .”

3b Con il presente appello viene ribadita l’opposta tesi che nel computo dei seggi consiliari cui applicare il premio di maggioranza dovrebbe includersi anche quello del Presidente, opponendosi all’impostazione seguita dal T.A.R. i seguenti rilievi di fondo:

- il d.lgs. n. 156 del 2010, che si occupa dell’ordinamento di Roma Capitale, demanda allo Statuto di questa la disciplina dei Municipi;

- l’art. 27, comma 3, dello Statuto denota che il presidente del Municipio è a tutti gli effetti un membro del relativo Consiglio, il quale si compone quindi complessivamente di 25 elementi;

- il Presidente sarebbe, difatti, un Consigliere come gli altri, per quanto primus inter pares , secondo quanto risulterebbe dalla disciplina in tema di diritto di voto, quorum costitutivo e quorum deliberativo;

- che, venendo in rilievo dei semplici Consigli circoscrizionali, sull’esigenza di assicurare la stabilità della consiliatura e la governabilità dell’ente locale dovrebbe prevalere quella di salvaguardare le esigenze costituzionali di rappresentatività dell’organo consiliare e l’espressione del voto popolare.

3c La Sezione ha avuto però già modo di affrontare la problematica che viene così sollevata, sia pure con riguardo, allora, ad elezioni comunali, risolvendola in senso contrario alle tesi dell’attuale appellante con la decisione 18 aprile 2013, n. 2155.

Nell’occasione è stato osservato che non vale “ addurre che nel computo del 60 % andrebbe incluso anche il Sindaco, in quanto facente parte anch’egli della maggioranza consiliare.

L’art. 37 del d.lgs. n. 267/2000, infatti, pur includendo anche il Sindaco nell’organo consiliare, lo tiene, al tempo stesso, distinto dalla dotazione di membri assegnata a quel collegio. E questo porta a ritenere che la norma della cui interpretazione si tratta, quando si riferisce al “60 per cento dei seggi del consiglio”, abbia riguardo alla dotazione di componenti che è propria e tipica dell’organo, con esclusione perciò del Sindaco.

In definitiva, deve ritenersi conforme all’art. 73, comma 10, d.lgs. cit. la determinazione della Commissione elettorale di arrotondare a 15 unità la cifra decimale (14,4) risultante dal computo del 60% dei 24 seggi da attribuire alle liste del Sindaco eletto .”

Queste conclusioni devono essere confermate anche ai fini della presente controversia. Lo Statuto di Roma Capitale prevede per le elezioni municipali, come si è appena visto, l’applicazione delle stesse disposizioni regolatrici delle elezioni del Sindaco e dei Consiglieri capitolini: e la chiarezza del dato normativo è al riguardo tale da non poter essere messa in discussione dagli argomenti proposti dalla ricorrente.

L’art. 27, comma 3, dello Statuto, invero, oltre a fare al Presidente di Municipio una posizione diversa da quella dei relativi Consiglieri, nel riferirsi separatamente al primo e ai secondi opera la stessa scissione connotante l’art. 37 del d.lgs. n. 267/2000 sul punto dei rapporti tra Sindaco e consiglieri comunali (“ Il consiglio comunale è composto dal sindaco e: da 60 membri nei comuni con popolazione superiore ad un milione di abitanti;
da 50 membri nei comuni con popolazione superiore a 500.000 abitanti;
…”).

La medesima separazione si riflette, inoltre, nelle disposizioni degli artt. 72 e 73 del d.lgs. n. 267 del 2000, oggetto di richiamo da parte della norma statutaria, che dettano le regole dell’elezione del Sindaco e del Consiglio comunale negli enti con popolazione superiore a 15.000 abitanti. Come il primo Giudice ha opportunamente notato, infatti, la relativa disciplina comporta che i Sindaci, e perciò anche i Presidenti di Municipio, vengano eletti separatamente dalle liste di candidati consiliari cui sono collegati.

In altre parole, la separata considerazione dei primi (Sindaci e Presidenti di Municipio) dai secondi (Consiglieri), che si coglie nell’art. 37 cit. sul piano per così dire statico, quello della definizione delle dotazioni di seggi assegnate a questi ultimi, trova conferma e sviluppo nella dinamica del procedimento elettorale retto dai successivi artt. 72 e 73 dello stesso T.U..

Tutto ciò posto, vale sottolineare che il comma 10 dell’art. 73 d.lgs. n. 267 si occupa di regolare l’assegnazione della totalità dei “ seggi del Consiglio ”, e questo attraverso le liste dei candidati al medesimo Organo, nel mentre l’accesso alla carica di Sindaco è autonomamente regolato dal precedente art. 72. Il che conferma che i “ seggi ” cui il comma 10 ha riguardo sono tutti quelli – ma, al tempo stesso, solo quelli - destinati ad essere coperti dagli eletti Consiglieri, con esclusione dunque del Sindaco.

In conclusione, poiché l’art. 27 dello Statuto capitolino, come del resto l’art. 37 T.U., definisce la dotazione di seggi dell’Organo consiliare senza includervi il Presidente (l’art. 37, il Sindaco), formante oggetto di considerazione solo ulteriore e separata, è proprio il numero indicato da tali articoli come quello dei “membri/consiglieri” a definire la cifra dei “ seggi del Consiglio ” sulla quale l’art. 73 T.U. dimensiona il premio di maggioranza.

3d Il mezzo va pertanto respinto.

4 Per quanto precede, il numero totale di seggi consiliari da assegnare è pari a 24: ed il 60% di questi, da attribuire quale premio di maggioranza alle liste collegate al candidato Presidente di Municipio vittorioso, dà un risultato di 14,4.

Ai fini del secondo profilo della presente impugnativa occorre, allora, valutare se l’arrotondamento occorrente debba essere operato all’unità inferiore o superiore: se l’indicato 60 % debba, cioè, essere interpretato come limite “ massimo ”, nel senso dell’attribuzione di “ non più del 60 % ”, ovvero come limite “ minimo ”, ossia nel senso del riconoscimento, quale soglia percentuale in ogni caso garantita di “ almeno il 60 % ” .

4a Il Tribunale, anche in adesione all’indirizzo già espresso da questa Sezione, ha ritenuto che argomenti di natura letterale e teleologica depongano in favore della seconda interpretazione.

Tanto sulla base delle seguenti argomentazioni.

Prendendo le mosse dal dato schiettamente letterale risulta significativo il dato che la disposizione prevede l’attribuzione del premio di maggioranza del 60% quando il gruppo di liste collegato al candidato sindaco eletto non abbia conseguito consegue “almeno” il 60% dei seggi del consiglio e nessuna altra lista o altro gruppo di liste collegate al primo turno abbia già superato nel turno medesimo il 50% dei voti validi.

Il dato letterale si salda con l’argomento teleologico, in quanto la considerazione del mancato raggiungimento di detta quota minimale quale presupposto per l’attribuzione del premio evidenzia la volontà legislativa di ritenere tale percentuale alla stregua di soglia minima e intangibile spettante alle liste collegate al sindaco eletto, al fine di assicurare stabilità e governabilità all’ente locale. Detta quota percentuale funge, quindi, da parametro che cristallizza, ad un tempo, il presupposto negativo per l’attribuzione del premio e la consistenza minima del premio medesimo.

Si soddisfa in tal guisa la finalità, perseguita dalla normativa in parola, di garantire la governabilità dei comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti grazie alla costituzione, in favore del sindaco eletto, di una maggioranza stabile identificata per legge nella più volte rammentata misura minima del 60%.

Si deve aggiungere che la diversa soluzione dell’arrotondamento per difetto impedirebbe l’applicazione del meccanismo correttivo che la legge prevede invece quale conseguenza indefettibile del mancato raggiungimento, anche in ragione di frazioni di punto, della soglia minima del 60%.

Va infine osservato, a contrario, che il criterio dell’arrotondamento per difetto della cifra decimale inferiore a 50 centesimi è previsto espressamente da altre disposizioni del testo unico, e segnatamente dall’art. 71, comma 8, relativo alla elezione del Sindaco e del Consiglio comunale nei Comuni sino a 15.000 abitanti, dall’art. 75, comma 8, riguardo alla elezione del consiglio provinciale e dell’art. 73, comma 1, per l’elezione del consiglio comunale nei Comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, limitatamente però al numero minimo e massimo dei candidati che devono essere compresi nelle liste elettorali. Tale arrotondamento per difetto non è invece estensibile al diverso caso del premio di maggioranza di cui all’articolo 73, comma 10, cit, per il quale il dato letterale e l’argomento teleologico impongono, alla stregua delle considerazioni esposte, il riconoscimento della quota minima del 60% .”

4b Al cospetto di tali argomenti l’odierna appellante, rimarcando l’importanza di salvaguardare le esigenze di rappresentatività dell’organo consiliare e l’espressione del voto popolare anche alla luce delle indicazioni espresse dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 1 del 2014, obietta in sintesi:

- che la percentuale premiale di legge del 60 % non potrebbe, in realtà, in alcun caso essere superata;

- che nella specie era stata la coalizione di minoranza a far registrare una percentuale decimale più prossima all’intero (0,6 a fronte dello 0,4 avversario), ed era pertanto essa a dover beneficiare di un arrotondamento per eccesso.

4c Questi argomenti non sono però persuasivi.

La giurisprudenza della Sezione è ormai consolidata nel senso che in caso di quoziente frazionario questo debba essere arrotondato all’unità superiore, fino a raggiungere comunque il 60% previsto dall’art. 73, comma 10, d.lgs. n. 267 (cfr. le sentenze 30 gennaio 2013, n. 571;
12 febbraio 2013, n. 810;
16 aprile 2013, n. 2086;
18 aprile 2013, n. 2155;
7 maggio 2013, n. 2468;
14 maggio 2013, n. 2618;
15 luglio 2013, n. 3793;
20 agosto 2013, n. 4196;
4 settembre 2013, n. 4417;
23 settembre 2013, n. 4680;
26 settembre 2013, n. 4762;
3 ottobre 2013, n. 4885;
26 novembre 2013, n. 5608).

L’uniforme interpretazione della Sezione è, invero, nel senso che il 60% dei seggi costituisca non già il limite massimo dei seggi spettanti alla coalizione di maggioranza, bensì il limite minimo, riconosciuto dal legislatore in funzione delle esigenze di governabilità dell’ente locale.

Tanto sulla scorta degli specifici argomenti che da ultimo, con la decisione n. 5608/2013, hanno trovato la seguente, organica esposizione.

In primo luogo “ la Sezione ha valorizzato il dato testuale, consistente nell’impiego della congiunzione “almeno” per indicare la percentuale minima dei seggi spettanti alla coalizione vincente, inferendone la volontà legislativa di assicurare comunque la percentuale stabilita dalla norma.

Con riguardo ai paventati rischi che un arrotondamento eccessivo conduca ad attribuire alla coalizione collegata al sindaco vittorioso un premio eccessivo, a discapito della rappresentatività delle liste concorrenti, nelle pronunce n. 2468 e 3793/2013 si è valorizzato l’argomento a contrario. Questo consiste nel fatto che il testo unico di cui al d.lgs. n. 267/2000 disciplina l’ipotesi in altri casi, vale a dire quelli riguardanti l’elezione sindaco e del consiglio comunale nei Comuni sino a 15.000 abitanti e delle Province (rispettivamente artt. 71, comma 8 e 75, comma 8), ed ancora lo stesso art. 73, limitatamente tuttavia al numero minimo e massimo dei candidati che devono essere compresi nelle liste elettorali (comma 1), imponendo l’arrotondamento per difetto della cifra decimale inferiore a 50 centesimi. Da ciò la Sezione ha quindi tratto la conclusione dell’inestensibilità di tale regola al diverso caso del premio di maggioranza di cui all’articolo 73, comma 10, citato, in cui l’ipotesi di arrotondamento non viene presa in considerazione.

Nella sentenza n. 2086/2013 si è invece sottolineato che nel caso di arrotondamento del quoziente frazionario per difetto si sarebbe ottenuta una percentuale del 58,33%, con conseguente violazione del disposto normativo.

La sentenza n. 2618/2013 ha poi rilevato che i rischi di penalizzazione della rappresentatività sono scongiurati dal fatto che, a mente della disposizione in commento, il premio di maggioranza “non scatta” nell’ipotesi in cui le liste avversarie a quelle presentatesi in appoggio al candidato sindaco eletto abbiano conseguito il 50% dei voti.

Quindi, la sentenza n. 4417/2013, ha collegato il dato testuale a considerazioni di carattere teleologico, che ha ritenuto di ricavare dall’attribuzione di una percentuale di seggi in funzione delle sopra evidenziate esigenze di governabilità, la quale pertanto deve reputarsi come “soglia minima e intangibile spettante alle liste collegate al sindaco eletto”.

Con la pronuncia n. 4680/2013 la Sezione ha infine dichiarato manifestamente infondata la questione di illegittimità costituzionale del premio di maggioranza, dedotta sotto il profilo della sua pretesa irragionevolezza, sul rilievo che le liste che al primo turno hanno ottenuto un esiguo risultato elettorale possono comunque conseguire, in base alla norma citata, un premio di maggioranza pari al 60% dei seggi, purché il candidato sindaco venga proclamato eletto.

In contrario è stata richiamata la giurisprudenza costituzionale (sentenza della Corte Cost. 4 aprile 1996, n. 107), la quale ha stabilito che la governabilità dell’ente locale, ancorché non costituisca un valore assoluto, può comunque essere apprezzata dalla discrezionalità del legislatore come esigenza specificamente perseguibile, a scapito del criterio proporzionale, in tutti quei casi in cui vi sia un sindaco "debole", collegato cioè ad una o più liste con cifre elettorali modeste. In questa prospettiva, la Sezione ha ritenuto non manifestamente irragionevole la scelta legislativa di privilegiare in ogni caso la coalizione in appoggio al sindaco eletto, nell’ambito di un sistema fondato su un doppio turno elettorale, nel quale le esigenze di governabilità apprezzate dal legislatore possono in ipotesi essere poste a repentaglio, in ragione della presenza di un turno di ballottaggio in cui l’elettorato è chiamato in ipotesi ad esprimersi in un quadro di alleanze politiche delle liste concorrenti sensibilmente mutato rispetto al primo turno.

…L’ultima pronuncia, in particolare, ha disatteso espressamente la supposta analogia con le questioni di costituzionalità sollevate dalla Corte di Cassazione, con ordinanza 17 maggio 2013, n. 12060, in relazione ai premi di maggioranza per l’elezione della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica, così come disciplinati dalla l. n. 270/2005. La Sezione ha infatti espresso l’avviso che i due sistemi elettorali in questione non siano raffrontabili, trattandosi in quest’ultimo caso di elezione basata su un turno unico, laddove il doppio turno previsto per il sistema elettorale degli enti locali fa emergere con maggior risalto le inderogabili esigenze di governabilità dell’ente, in un quadro di forze politiche in campo che in ipotesi può risultare fortemente mutato rispetto al primo turno, come accennato poc’anzi. Giova in particolare riportare il seguente passaggio della pronuncia in esame: “Appare evidente che le esigenze di governabilità emergano fortemente nel turno di ballottaggio, in cui la scelta degli elettori torna di nuovo in campo con i presupposti del tutto diversi rispetto a quelli del primo turno: l’elettore deve operare una nuova decisione “politica” che può essere anche radicale nei casi in cui tra i due candidati presenti al ballottaggio non vi sia quello votato al primo turno e ne è prova la possibilità della previsione degli apparentamenti, alleanze tra liste, contrapposte quattordici giorni prima.”.

La Sezione non ha mancato di enucleare, sempre in questa pronuncia, un ulteriore profilo che vale a distinguere i due sistemi elettorali ed a rendere non manifestamente irragionevole la previsione di un premio di maggioranza così come previsto dall’art. 73, comma 10, t.u.e.l. Esso è stato individuato nell’elezione diretta del sindaco e nel fatto che la polarizzazione del voto su quest’ultimo emerge in particolare nel turno di ballottaggio: “il voto è concentrato solo sul candidato sindaco e dunque, osserva la Corte Costituzionale, la manifestazione di volontà dell’elettore è necessariamente unica e non sussistono quindi più ostacoli intrinseci a valorizzare il collegamento tra il candidato sindaco ed i simboli delle liste a lui collegate ”. (Sez. V, dec. n. 5608/2013 cit.).

Infine, con la sentenza 9 luglio 2013 n. 4762 la Sezione ha altresì rilevato che “ nelle elezioni relative agli Enti locali, il premio di maggioranza si coordina necessariamente ad una soglia minima che non appare irragionevole, né in funzione della finalità perseguita (governabilità dell’Ente), né in relazione alla sproporzione che si determina fra maggioranza e opposizione, che non appare manifestamente tale da violare il principio di uguaglianza ed unicità del voto e di rappresentatività dell’elettorato .” E tali considerazioni valgono anche ad escludere che la normativa sul premio di maggioranza delle elezioni comunali possa apparire in conflitto con i valori salvaguardati da Corte Cost. 13 gennaio 2014, n. 1.

5 Per le considerazioni che precedono l’appello va dunque respinto, siccome infondato.

Poiché, tuttavia, sulla materia del contendere gli indirizzi giurisprudenziali si sono solo di recente assestati, anche le spese processuali del presente grado possono essere equitativamente compensate tra le parti.

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