Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2024-02-09, n. 202401316

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2024-02-09, n. 202401316
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202401316
Data del deposito : 9 febbraio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/02/2024

N. 01316/2024REG.PROV.COLL.

N. 06390/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6390 del 2023, proposto da
Agea - Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura e Ader - Agenzia Entrate Riscossione, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

S C, in proprio e nella qualità di titolare dell’omonima azienda agricola, rappresentato e difeso dagli avvocati M A e M G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna, Sezione staccata di Parma, Sezione Prima, n. 11 del 13 gennaio 2023.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del sig. S C;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 11 gennaio 2024, il Cons. R C e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Massimo Di Benedetto e l’avvocato Angela Palmisano, per delega dell’avvocato M A;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il TAR per l’Emilia Romagna, Sezione staccata di Parma, Sezione Prima, con la sentenza n. 11 del 13 gennaio 2023, ha accolto la domanda proposta dal sig. S C, in proprio e nella qualità di titolare dell’omonima azienda agricola, di annullamento della cartella di pagamento, inviata al ricorrente in data 21 settembre 2021, con cui è stato richiesto il pagamento di € 523.282,29 per “prelievi latte” relativi alle annate 2000/2001, 2001/2002 e 2002/2003, interessi nonché oneri di riscossione;
con la detta sentenza è stata altresì respinta la domanda risarcitoria.

L’AGEA – Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura e l’ADER – Agenzia Entrate Riscossione, avverso la citata sentenza, hanno interposto il presente appello, articolando i seguenti motivi:

Istanza di ammissione prova documentale nuova ex art. 104 c.p.a. – Sentenze di giudice amministrativo, passate in giudicato, che confermano la legittimità degli atti a monte rispetto alla cartella oggetto del presente giudizio, di riflesso, questione di giudicato e, comunque, erroneità in diritto della sentenza di primo grado per avere il Tar ritenuto (implicitamente ma univocamente) che il (supposto) vizio di violazione del diritto dell’UE rileverebbe come nullità, rilevabile ex officio in ogni tempo, e non invece come mera annullabilità (che non può essere più fatta valere se non tempestivamente dedotta a mezzo di specifico motivo di impugnazione avverso il provvedimento che è inficiato da tale vizio).

La cartella di pagamento è fisiologicamente un atto a valle rispetto a diversi, ulteriori atti che portano a conoscenza del debitore una pretesa creditoria dell’Amministrazione pubblica.

Il Tar ha annullato la cartella sul rilievo che la stessa sarebbe in contrasto con il diritto dell’Unione e, in particolare, perché la pretesa creditoria per come calcolata nella cartella sarebbe la concretizzazione di una normativa domestica irrispettosa del diritto dell’UE.

La tesi del giudice di primo grado non sarebbe corretta in diritto, in quanto, per consolidata giurisprudenza, sia amministrativa sia civile, il provvedimento che viola il diritto UE non sarebbe nullo, ma semplicemente annullabile, per cui, se non tempestivamente impugnato, il provvedimento si consolida ed il vizio non può più essere fatto valere, atteso che doveva essere fatto valere contro gli atti “a monte”.

Nel caso di specie, non sarebbe corretto discorrere di disapplicazione imposta dal diritto UE perché la disapplicazione riguarderebbe le norme domestiche irrispettose di una norma unionale direttamente applicabile, mentre si è in presenza di provvedimenti in ipotesi violativi del diritto UE.

In merito alle contestate imputazioni di prelievo supplementare, afferenti le campagne lattiero casearie 2000/2001, 2001/2002 e 2002/2003, il produttore ha puntualmente presentato ricorso al Tar Lazio che, in tutte e tre le circostanze, ha respinto l’impugnativa con sentenza passata in giudicato, in quanto non appellata.

La sentenza impugnata, pertanto, sarebbe stata irrispettosa della cosa giudicata formatasi su tali pronunce

L’appellante ha insistito per l’ammissibilità della produzione documentale ai sensi dell’art. 104 c.p.a., in quanto indispensabili ai fini della decisione della causa.

2. Il sig. S C ha analiticamente controdedotto, concludendo per il rigetto dell’appello e, comunque, per la conferma della sentenza di primo grado.

Inoltre, si è opposto all’istanza di ammissione di “nuovi documenti” formulata dall’appellante ai sensi dell’art. 104 c.p.a., evidenziando, peraltro, che le sentenze depositate dalla controparte non potrebbero ritenersi emesse nei confronti dell’Azienda Agricola Corradi che, fin dal 21 aprile 2011, avrebbe rinunciato espressamente a quei giudizi a seguito della sottoscrizione del contratto di rateizzazione.

La parte appellata ha altresì riproposto i motivi di ricorso assorbiti dal Tar, vale a dire:

In via preliminare ed assorbente – sul motivo IV del ricorso, rubricato:

“IV. - Illegittimità per violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 1, Reg. 13 (CE) n. 2988/1995, degli artt. 2943 e segg., dell’art. 2946 e dell’art. 2948, n. 4, c.c., degli artt. 1308 e 1310 c.c. e degli artt. 1, 3 e 21-bis, L. n. 241/90 - eccesso di potere per difetto di istruttoria e falsa rappresentazione della realtà, violazione di procedimento, sviamento dell’interesse pubblico, illegittimità manifesta e manifesta ingiustizia, carenza assoluta di motivazione, violazione dei principi di ragionevolezza, adeguatezza e proporzionalità nonché dei principi di uguaglianza, del diritto di difesa e dei principi di buon andamento e trasparenza dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 della Costituzione - Intervenuta prescrizione delle pretesa di Agea” (pagg. 20/23 ricorso introduttivo).

La pretesa creditoria di Agea sarebbe prescritta:

- in via principale, per il decorso del termine quadriennale di prescrizione di cui all’art. 1, comma 1, del Reg. (CE) n. 2988/1995;

- in via subordinata, per il decorso del termine quinquennale di prescrizione ex art. 2948, n. 4, c.c.;

- in via ulteriormente subordinata, per il decorso del termine decennale di prescrizione, ex art. 2946 c.c., fermo comunque per gli interessi il termine di prescrizione quinquennale di cui all’art. 2948, n. 4, c.c.

Se il Consiglio di Stato adito nutrisse dubbi sull’applicazione del termine di prescrizione quadriennale, quale giudice di ultima istanza, si imporrebbe il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE, anche ai sensi dell’art. 267 del TFUE, per chiarire la seguente questione di diritto:

“se, a seguito dell’entrata in vigore del Reg. (CE) n. 1290/05 – che, all’art. 34, par. 1, lett. b, prevede che il prelievo sul latte versato dagli Stati membri è considerato un’entrata con destinazione specifica del bilancio comunitario – e nel rispetto dei principi unionali della certezza del diritto, di non discriminazione e di proporzionalità, per il recupero dei prelievi latte debbano trovare applicazione le norme di cui al Reg. (CE) n. 2899/1995 relativo alla tutela degli interessi finanziari della Comunità, ed in particolare il termine di prescrizione quadriennale dettato dall’art. 3, comma 1, di tale regolamento”.

Sul motivo II del ricorso, rubricato:

“II. – Nullità e/o comunque illegittimità, propria e derivata degli atti impugnati, per nullità e/o comunque illegittimità comunitaria derivata dei provvedimenti di compensazione nazionale e di imputazione di prelievo supplementare (per tutti i periodi indicati nella cartella qui impugnata) per violazione e falsa applicazione dei Reg. (CEE) n. 3950/92, n. 536/93, n. 1256/1999, n. 1392/2001, n. 1788/2003, n. 595/2004, n. 1234/2007 e n. 72/2009 sia per effettuazione delle compensazioni nazionali in contrasto con la normativa UE sia per mancata verifica in concreto delle produzioni nazionali dichiarate – eccezione di nullità degli atti presupposti siccome emanati sulla base di norme interne, attributive del potere, che debbono essere disapplicate per contrarietà al diritto comunitario - mancata disapplicazione della normativa interna non conforme ai regolamenti comunitari - violazione e falsa applicazione dell’art. 10, comma 34, della L. n. 119/03, degli artt.

8-ter, 8-quater e 8-quinquies, L. n. 33/2009, degli artt. 1 e 3, L. n. 241/1990, degli artt. 2, 3, 11, 24 e 97 della Costituzione nonché dell’art. 4, comma 3, TUE (ex art. 10 TCE) – Eccesso di potere per violazione del principio di primazia del diritto dell’Unione Europea, del principio di leale cooperazione di cui all’art. 4, comma 3, TUE (ex art. 10 TCE), dei principi unionali di certezza del diritto, di tutela del legittimo affidamento, di proporzionalità, di non discriminazione e di effettività, nonché per violazione di procedimento e difetto di istruttoria, sviamento dell’interesse pubblico, illegittimità manifesta e manifesta ingiustizia, carenza assoluta di motivazione, violazione dei principi di ragionevolezza, adeguatezza e proporzionalità nonché dei principi di uguaglianza, del diritto di difesa, del giusto procedimento, di partecipazione, di imparzialità e di buon andamento e trasparenza dell’azione amministrativa di cui agli artt. 2, 3, 11, 24 e 97 della Cost. - Violazione degli artt. 1, 6 e 13, CEDU” (pagg. 10/18 ricorso introduttivo)

Con il secondo motivo è stata eccepita la nullità o comunque l’illegittimità comunitaria derivata della cartella impugnata per mancata disapplicazione della normativa interna in materia (stante la sentenza di inadempimento della Corte di Giustizia UE del 24.01.18 in causa C-433/15 e, per i prelievi 2000/01, 2001/02 e 2002/03 di cui è causa, anche la sentenza interpretativa della stessa Corte di Giustizia UE 27.06.19 in causa C-348/18) ovvero delle norme attributive del potere per iscrizioni a ruolo di prelievi conteggiati dall’amministrazione italiana in aperta violazione dei regolamenti comunitari in materia sia per effettuazione di compensazioni/restituzioni eseguite sulla base di norme interne, attributive del potere, che debbono essere disapplicate per contrarietà dal diritto comunitario, sia perché presuppongono illegittimamente l’esistenza di un debito certo, liquido ed esigibile per prelievo latte, nonostante lo Stato italiano non sia mai stato in grado di verificare l’effettivo superamento della quota nazionale (v. Sentenza Tribunale dell’Unione Europa del 02.12.14 in causa T-661/11 – Repubblica italiana/Commissione) e, addirittura, che in sede penale sia stato accertato che la produzione italiana è sempre stata inferiore alla quota attribuita in sede UE.

Sul motivo III di ricorso, rubricato:

“III. - Comunque ed in ogni caso: decadenza ai sensi dell’art. 25, comma 1, lett. c), D.P.R. n. 602/73” (pagg. 18/20 ricorso introduttivo).

L’art. 25, comma 1, lett. c), D.P.R. n. 602/73 prevede espressamente che il concessionario notifica la cartella di pagamento, al debitore iscritto a ruolo o al coobbligato nei confronti dei quali procede, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui l'accertamento è divenuto definitivo, per le somme dovute in base agli accertamenti dell'ufficio e tale norma si applicherebbe anche per il recupero dei prelievi latte, per gli espressi richiami contenuti nell’art.

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