Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-07-14, n. 202206015
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Pubblicato il 14/07/2022
N. 06015/2022REG.PROV.COLL.
N. 09392/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9392 del 2019, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato M C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,
contro
il Ministero dell’Interno e la Questura di Brescia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12,
per la riforma
della sentenza, resa in forma semplificata, del Tar Lombardia, sezione staccata di Brescia, sez. I, n. -OMISSIS-, non notificata, con la quale è stato respinto il ricorso proposto avverso i decreti della Questura di Brescia, concernenti l’istanza di conversione del permesso di soggiorno per minore età in permesso per attesa occupazione.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione del Ministero dell’Interno e della Questura di Brescia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 giugno 2022 il Cons. Giulia Ferrari e uditi altresì i difensori presenti delle parti in causa, come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Il signor -OMISSIS-, cittadino kosovaro, ha fatto ingresso in Italia pochi mesi prima del raggiungimento della maggiore età e, in data 9 febbraio 2016, ha proposto alla Questura di Udine istanza per il rilascio di un titolo di soggiorno per minore età, la quale è stata successivamente archiviata, poiché durante la fase di istruttoria lo straniero è divenuto maggiorenne, sicché il predetto titolo non è stato mai materialmente stampato. Contestualmente, sono state avviate le procedure per l’affidamento degli stranieri minorenni non accompagnati e, con decreto del Tribunale dei Minorenni di Trieste del 26 febbraio 2016, è stato disposto l’affidamento del minore al Comune di Cividale del Friuli per idoneo collocamento, stante la previsione di cui all’art. 19, d.lgs. n. 286 del 1998 e “salvo il successivo rimpatrio assistito per il ricongiungimento con la famiglia, ove possibile (art. 33, comma 2, lettera b) del d.lgs. citato), con la precisazione che il minore potrà intanto prestare il proprio consenso ad attività lavorativa nei casi previsti dalle leggi speciali e salva la revoca dell’affidamento nell’ipotesi di allontanamento del minore e di conseguente sua irreperibilità ovvero del raggiungimento della maggiore età”.
Il 1° luglio 2016, lo straniero, maggiorenne dal 5 maggio 2016, ha presentato alla Questura di Trieste istanza di conversione del permesso di soggiorno per minore età in permesso per attesa occupazione. Il 9 aprile 2018 la Questura di Trieste ha disposto l’archiviazione della domanda proposta per sopravvenuta carenza di interesse dell’istante, in considerazione della circostanza che lo stesso non ha presentato l’integrazione documentale richiesta ed è risultato irreperibile presso i recapiti forniti.
L’11 giugno 2018, il cittadino kosovaro ha proposto nuovamente la medesima istanza e, con provvedimento del 10 settembre 2018 il Questore di Brescia, preso atto che lo straniero era già destinatario del richiamato provvedimento del Questore di Trieste e ritenuto che non fossero emersi elementi rilevanti sopravvenuti in grado di determinare il rilascio del permesso di soggiorno richiesto, ha dichiarato l’istanza inammissibile.
2. Con ricorso proposto innanzi al Tar Lombardia, sezione staccata di Brescia, lo straniero, previa richiesta di sospensiva, ha impugnato tale ultimo provvedimento, deducendo il difetto di istruttoria e la sussistenza dei requisiti di legge per la conversione del permesso di soggiorno.
3. Con ordinanza collegiale n. -OMISSIS-, il Tar Brescia, sez. I, ha accolto l’istanza cautelare ai fini del riesame, da parte della Questura di Brescia, dell’istanza proposta dal ricorrente, onde verificare la sussistenza dei requisiti normativamente previsti e adottare un nuovo provvedimento motivato.
4. In ottemperanza all’ordinanza cautelare, la Questura di Brescia ha adottato il provvedimento del 12 febbraio 2019, con il quale ha rigettato l’istanza di conversione del permesso di soggiorno presentata dallo straniero, in ragione del fatto che lo straniero, già affidato al Comune di Cividale del Friuli, ha fatto volontariamente rimpatrio in Kosovo ancora minorenne, facendo così venir meno le condizioni per l’affido rappresentate dal Tribunale per i Minorenni di Trieste.
5. Con successivo atto di motivi aggiunti, lo straniero ha impugnato tale ultimo provvedimento evidenziando, in particolare, che lo stesso ha fatto temporaneo ritorno in patria dove, in data 19 aprile 2016, ha ottenuto il passaporto kosovaro.
6. Con sentenza, resa ex art. 60 c.p.a., n. -OMISSIS-, il Tar Brescia ha respinto il ricorso proposto. In particolare, il primo giudice ha evidenziato che l’affidamento del cittadino kosovaro sarebbe stato disposto a titolo provvisorio al fine di ovviare ad un’esigenza di tutela urgente, nel rispetto del divieto di respingimento dei minori stranieri non accompagnati, previsto dall’art. 19 del t.u. immigrazione. Invero, il Tribunale per i Minorenni di Trieste avrebbe disposto un affidamento vincolato alla temporanea condizione di inespellibilità per minore età, sottoponendolo a tre condizioni risolutive: l’allontanamento, l’irreperibilità e il raggiungimento della maggiore età. Tali condizioni si sarebbero concretamente verificate e, nello specifico, assumerebbe rilievo ostativo all’accoglimento dell’istanza proposta dal ricorrente la circostanza che egli è arrivato in Italia solo tre mesi prima del compimento della maggiore età e che ha fatto frequente ritorno nel paese d’origine comprovando così l’assenza di un’effettiva situazione di abbandono.
7. La citata sentenza n. -OMISSIS- è stata impugnata con appello notificato il 18 ottobre 2019 e depositato il successivo 16 novembre, riproducendo sostanzialmente le censure non accolte in primo grado e ponendole in chiave critica rispetto alla sentenza avversata.
In particolare, il Tar avrebbe errato nel ritenere che il rimpatrio volontario dell’allora ricorrente fosse elemento ostativo alla conversione del permesso di soggiorno. Al contrario, l’odierno appellante ha fatto ritorno in patria dove, in data 19 aprile 2016, ha ottenuto il passaporto kosovaro;nel caso di specie non sarebbe stato emesso alcun provvedimento di rimpatrio del minore straniero da parte del Comitato di cui ai sensi dell’art. 33, comma 2, lett. b), d.lgs. n. 286 del 1998;il provvedimento di affidamento del Tribunale per i Minorenni di Trieste non sarebbe stato revocato;l’appellante svolgerebbe regolare attività lavorativa, la quale avrebbe dovuto essere valutata ai sensi dell’art. 5, comma 3, t.u. immigrazione;lo straniero è in possesso del parere reso dal Comitato per i minori stranieri, il quale avrebbe semplicemente demandato alla Questura la decisione sul rilascio del titolo di soggiorno richiesto.
8. Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’Interno e la Questura di Brescia senza espletare difese scritte.
9. Con ordinanza cautelare n. -OMISSIS-è stata respinta la domanda di sospensione dell’efficacia della sentenza del Tar Lombardia, sezione staccata di Brescia, sez. I, n. -OMISSIS-.
10. Alla pubblica udienza del 16 giugno 2022, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Come esposto in narrativa, oggetto della controversia è il decreto del Questore di Brescia del 12 febbraio 2019, con il quale, a seguito del riesame ordinato dal primo giudice, è stata rigettata l’istanza di conversione del permesso di soggiorno per minore età in permesso per attesa occupazione presentata dal cittadino kosovaro -OMISSIS-, in ragione del fatto che lo stesso, già affidato al Comune di Cividale del Friuli, ha fatto volontariamente rimpatrio in Kosovo ancora minorenne, facendo così venir meno le condizioni per l’affido rappresentate dal Tribunale per i Minorenni di Trieste. Invero, i precedenti decreti disposti dalle competenti Questure sono stati integralmente superati da tale ultimo provvedimento, impugnato in prime cure dal cittadino kosovaro con atto di motivi aggiunti e, pertanto, è su di esso che deve concentrarsi l’oggetto della presente decisione.
2. L’appello è fondato.
Il primo giudice, nel respingere il gravame, ha rilevato essenzialmente che l’art. 32 del t.u. immigrazione prevede, ai fini della conversione del permesso di soggiorno al compimento della maggiore età, per i minori non accompagnati e non affidati o sottoposti a tutela, la necessità della frequenza per almeno due anni di un progetto di integrazione sociale e civile e la correlata permanenza in Italia per almeno tre anni o, in alternativa, l’affidamento familiare, mentre, nel caso di specie, tali presupposti difetterebbero. Inoltre, ha ritenuto che il decreto di affidamento del Tribunale per i Minorenni di Trieste ha disposto solo una tutela provvisoria, vincolata alla temporanea condizione di inespellibilità dei minori e sottoposta a tre condizioni risolutive (l’allontanamento, l’irreperibilità e il raggiungimento della maggiore età), tutte verificatesi nel caso all’esame.
Tali considerazioni non sono persuasive.
Anzitutto, va premesso che l’art. 32, comma 1-bis, del t.u. immigrazione, ratione temporis vigente, prevede che “Il permesso di soggiorno di cui al comma 1 può essere rilasciato per motivi di studio, di accesso al lavoro ovvero di lavoro subordinato o autonomo, al compimento della maggiore età, [sempreché non sia intervenuta una decisione del Comitato per i minori stranieri di cui all’articolo 33,] ai minori stranieri non accompagnati, affidati ai sensi dell’articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, ovvero sottoposti a tutela, previo parere positivo del Comitato per i minori stranieri di cui all’articolo 33 del presente testo unico, ovvero ai minori stranieri non accompagnati che siano stati ammessi per un periodo non inferiore a due anni in un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato che abbia rappresentanza nazionale e che comunque sia iscritto nel registro istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri ai sensi dell’articolo 52 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394.”
La Sezione (ex multis, 14 maggio 2020, n. 3082;21 aprile 2020, n. 2546;24 novembre 2020, n. 7342;1° giugno 2020, n. 3431) ha chiarito che tale norma prefigura in maniera tassativa i presupposti per la conversione del permesso di soggiorno rilasciato ai minori non accompagnati in permesso di soggiorno per motivi di lavoro, correlandoli alternativamente: per i minori stranieri non accompagnati, affidati ai sensi dell’art. 2, l. 4 maggio 1983, n. 184, ovvero sottoposti a tutela, al previo parere positivo del Comitato per i minori stranieri (oggi di competenza della Direzione generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali);per i minori stranieri non accompagnati che siano stati ammessi per un periodo non inferiore a due anni in un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato che abbia rappresentanza nazionale e che comunque sia iscritto nel registro istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri ai sensi dell’art. 52, d.P.R. 31 agosto 1999, n. 394.
Applicando tali coordinate ermeneutiche al caso in esame, contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, la situazione dell’appellante ricade nella prima ipotesi richiamata, essendo stato lo stesso affidato al Comune di Cividale del Friuli, sicché l’esame della sua istanza era subordinato unicamente, secondo il richiamato dettato normativo, all’acquisizione del parere del predetto Comitato.
Risulta in atti che in data 27 febbraio 2018 sia intervenuto il parere della Direzione generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali che ha rappresentato l’impossibilità di esprimere parere favorevole sul percorso di integrazione del minore per insufficienza degli elementi acquisiti al suo riguardo, rimettendo alla Questura qualsivoglia decisione in ordine al rilascio del titolo di soggiorno richiesto dallo straniero.
Tale inciso finale è connaturale al carattere non vincolante del consulto reso, spettando all’Amministrazione dell’Interno il potere decisorio sulla conversione del titolo di soggiorno (cfr. Cons. St., sez. III, 25 marzo 2021, n. 2525).
Pertanto, la Questura di Brescia avrebbe dovuto motivare il diniego valorizzando gli elementi rappresentati dall’interessato (quali, ad esempio, l’inserimento lavorativo, la dichiarazione di ospitalità presso il Comune di Rovato, la condotta civile e sociale, l’inesistenza di pericolosità sociale) al fine di confermare o superare le criticità riscontrate nel parere ministeriale.
Tale corretto modus operandi è stato disatteso dalla Questura che si è limitata a valorizzare la circostanza che lo straniero, già affidato al Comune di Cividale del Friuli, ha fatto volontariamente rimpatrio in Kosovo ancora minorenne, facendo così venir meno le condizioni per l’affido rappresentate dal Tribunale per i Minorenni di Trieste.
Tale avvenimento non può assumere portata ostativa all’accoglimento dell’istanza de qua. Invero, è incontestato che in occasione del rientro in Kosovo l’appellante ha ottenuto il passaporto kosovaro, per cui, quand’anche si ritenesse che l’affidamento fosse stato sottoposto a condizione risolutiva, sarebbe stato necessario chiarire se tale circostanza potesse integrare una situazione di allontanamento tale da poter determinare la revoca dell’affidamento o piuttosto potesse rappresentare una idonea ragione giustificatrice di un possibile rientro temporaneo nel Paese origine.
In ogni caso, ciò che risulta rilevante ai fini dell’istanza di conversione presentata dallo straniero è che il minore sia stato sottoposto ad affidamento, non che l’affidamento sia ancora in itinere. Tale circostanza è avvenuta in quanto – come già più volte evidenziato – l’odierno appellante è stato affidato al Comune di Cividale del Friuli con decreto del Tribunale dei Minorenni di Trieste del 26 febbraio 2016. Per le ragioni che precedono, il provvedimento risulta viziato da un insanabile difetto di motivazione.
Pertanto, l’appello va accolto e, in riforma della sentenza impugnata, va dichiarato improcedibile il ricorso principale di primo grado e va accolto il ricorso per motivi aggiunti di primo grado, con conseguente annullamento del diniego con esso avversato e con obbligo per la Questura di rideterminarsi nel valutare se sussistano o meno le condizioni per l’accoglimento dell’istanza proposta dallo straniero in base agli elementi di fatto forniti dall’interessato e fornendo un’adeguata motivazione sulla scelta operata, che, allo stato, non si riscontra.
La natura della vicenda contenziosa giustifica la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.