Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2011-09-15, n. 201105152

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2011-09-15, n. 201105152
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201105152
Data del deposito : 15 settembre 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 10586/2009 REG.RIC.

N. 05152/2011REG.PROV.COLL.

N. 10586/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10586 del 2009, proposto da:
ERG Raffinerie Mediterranee s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avv.ti L A, D A, G D G, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, piazza Mazzini, 27;

contro

Autorità per l’energia elettrica e il gas, in persona del Presidente in carica, e Ministero dell’economia e delle finanze, in persona del Ministro in carica, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dello sviluppo economico, Ministero della pubblica amministrazione e dell’innovazione, Nicola Lamberti, non costituiti nel presente grado;
Acquirente Unico s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avv.ti Ennio Magrì, Luca Leone, con domicilio eletto presso il priomo in Roma, via Guido D’Arezzo, 18;
Movimento per la difesa del cittadino, Federconsumatori - Federazione nazionale consumatori e utenti, Adiconsum - Associazione difesa consumatori e ambiente, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall’avv. Luca Leone, con domicilio eletto presso il medesimo in Roma, via Appennini, 46;
Gestore dei Servizi Elettrici - Gse s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avv.ti Francesco Anaclerio, Stefano Fiorentini, Carlo Malinconico, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, viale Bruno Buozzi, 109;

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. LOMBARDIA, SEZIONE III, n. 04734/2009, resa tra le parti, concernente DIVIETO DI TRASLAZIONE DELLA MAGGIORAZIONE IRES


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti appellate;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 aprile 2011 il Cons. B L e uditi per le parti gli avvocati Acquarone, Di Gioia, Magri', Leone, Anaclerio, Fiorentini, Malinconico e l’avvocato dello Stato Gentili;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La presente controversia ha ad oggetto l’impugnativa delle delibere dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas (AEEG), attuative dei compiti di vigilanza ad essa attribuiti per garantire l’osservanza del divieto di traslazione sui prezzi al consumo della maggiorazione IRES introdotta dall’art. 81, comma 16, d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla l. 6 agosto 2008, n. 133, e s.m.i..

In applicazione della citata disciplina legislativa l’AEEG adottava la delibera n. 91/08 del 4 luglio 2008, recante “ Disposizioni urgenti in materia di vigilanza sul rispetto del divieto di traslazione della maggiorazione d’imposta di cui all’art. 81, comma 18, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 ”.

Con tale atto l’Autorità stabiliva che, per assicurare che gli operatori economici assoggettati alla maggiorazione di imposta non traslassero il predetto onere sui prezzi al consumo, fosse necessario che gli stessi non aumentassero i propri margini operativi lordi unitari con riferimento ai prodotti relativi ai settori individuati dall’art. 81, comma 16, del d.l. 2008 n. 112, “ salvo i casi in cui tali aumenti siano giustificati da variazioni nella struttura dei costi o da situazioni particolari adeguatamente motivate ”.

Al fine di verificare le variazioni dei margini operativi lordi unitari e di esercitare una vigilanza efficace sulla puntuale osservanza del divieto di traslazione della maggiorazione d’imposta, l’AEEG disponeva che, ai sensi dell’art. 2, comma 20 lett. a), l. 14 novembre 1995, n. 481, le imprese assoggettate all’addizionale dovessero trasmettere all’Autorità medesima entro il 31 luglio 2008 l’ultimo bilancio di esercizio disponibile, nonché, se disponibili, le relazioni trimestrali e semestrali del primo semestre 2008 e i documenti di budget relativi al 2008, oltreché una dichiarazione contenente i valori dei margini operativi lordi unitari relativi a ciascun prodotto dei settori di cui all’art. 81, comma 16, d.l. n. 112 del 2008 riferiti all’anno 2007 e al primo semestre 2008.

L’Autorità si riservava di dettare con successivi provvedimenti una disciplina organica delle informazioni e dei documenti che le imprese destinatarie passive dell’addizionale dovevano inviarle con cadenza regolare, nonché eventuali ulteriori adempimenti necessari per verificare il rispetto del divieto di traslazione;
e quindi adottava la delibera n. 47/08 del 1 agosto 2008, recante “ Istituzione di un gruppo di lavoro e di un nucleo operativo per lo svolgimento della funzione di vigilanza di cui alla deliberazione dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas 4 luglio 2008 arg/com 91/08 ”.

In esito al procedimento di consultazione attivato con documento del 25 settembre 2008, l’AEEG adottava la delibera n. 109/08 dell’11 dicembre 2008, recante “ Criteri e modalità di verifica del rispetto del divieto di traslazione della maggiorazione d’imposta di cui all’art. 81, comma 18, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni in legge 6 agosto 2008, n. 133 ” e tesa ad affinare e semplificare i criteri di svolgimento delle funzioni di vigilanza, prevedendo (i) un’autoassunzione di responsabilità da parte degli organi amministrativi e di controllo delle imprese assoggettate a vigilanza in ordine al rispetto del divieto di traslazione della maggiorazione IRES;
(ii) l’adozione di un sistema di verifica basato su più livelli di approfondimento mediante l’individuazione di un indicatore di primo livello che consentisse di concentrare l’analisi solo su alcuni dei soggetti interessati secondo criteri più specifici da stabilire in futuro;
(iii) la semplificazione delle modalità di raccolta dei dati contabili richiesti alle imprese al fine di poter operare la valutazione di primo livello attraverso la predisposizione di tabelle di semplice compilazione, dalle quali emergessero i costi ed i ricavi per prodotto o famiglia di prodotti necessari alla determinazione del margine di contribuzione diretto, oppure i prezzi al consumo relativi ai prodotti per i quali fosse già in essere il monitoraggio per le altre amministrazioni.

Con la medesima delibera n. 109/08 l’Autorità ordinava dunque agli operatori assoggettati al potere di vigilanza ex art. 81, comma 18, d.l. n. 112 del 2008, quanto segue:

- di inviare all’Autorità, entro il 15 marzo 2009, una dichiarazione sottoscritta dal rappresentante legale e dagli organi societari di controllo, attestante di aver adottato e attuato decisioni e disposizioni gestionali dirette ad escludere la possibilità di traslazione sui prezzi al consumo della maggiorazione di imposta di cui all’art. 81, comma 16, del d.l. 2008 n. 112, di averle portate a conoscenza del personale funzionalmente interessato e di non aver accertato casi di violazione delle medesime da parte del suddetto personale (articolo 2);

- di inviare, entro 30 giorni dall’approvazione, il bilancio di esercizio unitamente all’eventuale bilancio consolidato, indicando l’importo corrispondente all’addizionale di cui all’art. 81, comma 16, del d.l. 2008 n. 112 (articolo 3);

- di compilare con cadenza semestrale le tabelle di cui all’allegato A della delibera medesima provvedendo alla relativa trasmissione entro 60 giorni dalla scadenza di ciascun semestre, con la precisazione che i dati riferiti a costi e ricavi devono essere coerenti con il conto economico di riferimento (articolo 4.1., 4.2.);

- di motivare le eventuali variazioni positive del margine di contribuzione semestrale quale risultante dalle tabelle compilate rispetto al semestre precedente l’entrata in vigore del d.l. n. 112 del 2008 (articolo 4.3.).

La delibera n. 109/08 prevedeva poi che, in alternativa alla trasmissione delle tabelle afferenti i margini di contribuzione per prodotto o famiglia di prodotti, le compagnie petrolifere e le società commerciali rientranti nel campione statistico “Prezzo Italia”, di cui alla rilevazione del Ministro per lo sviluppo economico, potevano trasmettere, con periodicità trimestrale, gli stessi dati sui prezzi di vendita inviati al suddetto Ministero, suddivisi in prezzi al netto delle imposte e prezzi finali, con obbligo di motivazione in caso di variazione positiva dello “stacco” del singolo operatore rispetto allo “stacco UE”, relativo ai corrispondenti trimestri precedenti l’entrata in vigore del d.l. n. 112 del 2008.

2. Il T.a.r. per la Lombardia, con la sentenza in epigrafe, definitivamente pronunciando sul ricorso proposto dalla società ERG Raffinerie Mediterranee s.p.a. avverso le delibere dell’AEEG n. 91/08 del 4 luglio 2008 , n. 47/08 del 1 agosto 2008 e n. 109/08 dell’11 dicembre 2008 , provvedeva come segue:

(i) escludeva che i compiti di vigilanza attribuiti all’AEEG dal citato art. 81, comma 18, d.l. n. 112 del 2008 involgessero poteri regolatori del mercato e potessero direttamente condizionare la determinazione del prezzo o sanzionare aumenti ricollegabili all’eventuale traslazione della maggiorazione d’imposta, ritenendo che gli stessi assolvessero a mere finalità conoscitive funzionali alla presentazione della relazione al Parlamento prevista dalla citata disposizione legislativa;

(ii) respingeva l’eccezione del difetto di giurisdizione sollevata dagli intervenienti ad opponendum (Movimento per la difesa del cittadino, Federconsumatori - Federazione nazionale consumatori e utenti, Adiconsum - Associazione difesa consumatori e ambiente, Gestore dei Servizi Elettrici - Gse s.p.a., Acquirente Unico s.p.a.), secondo cui la controversia rientrava nell’ambito di giurisdizione delle commissioni tributarie, rilevando che le disposizioni in esame consideravano il fenomeno della traslazione d’imposta esclusivamente sotto un angolo visuale degli effetti economici, non già in funzione dell’adempimento dell’obbligo tributario;

(iii) respingeva l’eccezione del difetto d’integrità del contraddittorio nei confronti della Presidenza del Consiglio, pure sollevata dagli intervenienti ad opponendum , escludendo che detto organo potesse considerarsi alla stregua di litisconsorte necessario nella controversia de qua ;

(iv) respingeva, poi, l’eccezione di carenza d’interesse a ricorrere avverso la delibera n. 109/2008, sollevata dalle parti resistenti e intervenienti sotto il profilo che non vi era contenuta alcuna misura sanzionatoria o pregiudizievole degli interessi delle imprese destinatarie, ritenendo che i poteri di vigilanza dell’AEEG, sebbene privi di natura regolatoria e/o sanzionatoria, fossero comunque suscettibili di ledere gli interessi delle imprese attraverso l’emanazione di ordini istruttori, lo svolgimento di attività valutative e l’inclusione in una sorta di black list lesiva della loro reputazione commerciale, col conseguente condizionamento negativo della libertà d’impresa alla formazione del prezzo dei prodotti dei settori di mercato rientranti nell’ambito applicativo della fattispecie normativa;

(v) in accoglimento dell’eccezione – pure sollevata dagli intervenienti, nonché dall’Avvocatura generale dello Stato – d’improcedibilità del ricorso proposto avverso la delibera n. 91/08, per essere quest’ultima rimasta sostituita dalla delibera n. 109/08, la quale aveva interamente revisionato i criteri di accertamento del divieto di traslazione, dichiarava l’improcedibilità dei ricorsi principali proposti avverso la delibera n. 91/08;

(vi) accoglieva il motivo di ricorso dedotto avverso la delibera n. 109/08, nella parte in cui, all’articolo 2, prescriveva la trasmissione di una dichiarazione di aver adottato le misure gestionali dirette ad escludere la possibilità di traslazione sui prezzi al consumo della maggiorazione d’imposta, ritenendo che l’AEEG con tale determinazione avesse superato i confini del potere di vigilanza alla stessa attribuito dal comma 18 del citato art. 81, a funzione meramente conoscitiva per la presentazione della relazione al Parlamento, ed escludendo l’esistenza di un potere repressivo o di prevenzione della traslazione d’imposta, annullando di conseguenza l’articolo 2 della delibera;

(vii) respingeva tutti gli altri motivi di ricorso (dedotti in via principale e per motivi aggiunti), ivi comprese le censure di incostituzionalità e di illegittimità per contrasto col diritto comunitario, sollevate dalle ricorrenti;

(viii) dichiarava le spese di causa interamente compensate fra tutte le parti.

3. Avverso tale sentenza interponeva appello principale la società ricorrente in primo grado, deducendo i seguenti motivi:

a) l’erroneo rigetto delle censure di violazione di legge e incompetenza sotto i profili di mancato rispetto della riserva di legge e della tassatività dei poteri attribuiti all’AEEG, anche in relazione alla loro esorbitanza dai settori dell’energia elettrica e del gas, e all’estensione al settore dei prodotti petroliferi, nonché l’erroneità della sentenza con riferimento all’ambito di applicazione dell’art. 2, comma 20 lett. a), l. 14 novembre 1995, n. 481;

b) l’erroneo rigetto delle censure di violazione di legge ed eccesso di potere per l’imposizione agli operatori del settore dell’onere di giustificare in modo adeguato ogni variazione positiva del margine di contribuzione, sanzionato (giusta previsione della gravata deliberazione n. 109/08) ai sensi dell’art. 2, comma 20, lett. a) l. 14 novembre 1995, n. 481, in contrasto con l’art. 23 Cost., peraltro con l’introduzione illegittima di una presunzione di violazione del divieto di traslazione nei casi di variazione del differenziale unitario fra costi e ricavi per prodotti o famiglia di prodotti (c.d. margine di contribuzione diretto) o del differenziale fra lo “stacco UE” e quello del singolo operatore (per le imprese rientranti nel campione statistico “Prezzo Italia”), nonché violando del principio di irretroattività;

c) l’erroneo declaratoria d’irrilevanza e di manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 81, commi 16 e 18, d.l. n. 112 del 2008, sotto vari profili;

d) l’erroneo rigetto delle censure di illegittimità comunitaria della norma citata e delle delibere impugnate, per contrasto con gli artt. 8 e 101 (già 3 e 81) del Trattato CE derivante dall’alterazione delle normali dinamiche competitive e dalla tendenziale cristallizzazione dei prezzi e dei margini correnti, con conseguente creazione di ostacoli autoritativi alla diversificazione delle politiche commerciali delle imprese attive nei settori interessati.

4. Costituendosi in giudizio, l’AEEG e il Ministero dell’economia e delle finanze contestavano la fondatezza degli appelli principali e proponevano appello incidentale avverso le statuizioni ad essi sfavorevoli, di cui sopra sub 2.(ii), 2.(iv) e 2.(vi), deducendo i seguenti motivi:

a) l’erroneo rigetto dell’eccezione di carenza di giurisdizione del giudice amministrativo, rientrando le controversie nell’ambito di cognizione delle commissioni tributarie;

b) l’erronea reiezione dell’eccezione di carenza d’interesse a ricorrere avverso la delibera n. 109/08, limitandosi la stessa a richiedere alla imprese del settore l’invio di informazioni e documenti, senza irrogare sanzione alcuna, con conseguente assenza di qualunque valenza lesiva;

c) l’erronea ricostruzione dell’ambito di estensione dei poteri attribuiti all’AEEG dall’art. 81, comma 18, d.l. n. 112 del 2008 e il conseguente erroneo annullamento parziale della delibera n. 109/08, sulla base di un’inammissibile interpretazione sostanzialmente abrogatrice della previsione normativa attributiva all’AEEG del compito di vigilanza sull’osservanza del divieto di traslazione della maggiorazione d’imposta sui prezzi al consumo.

Gli appellanti incidentali chiedevano dunque in parte qua la riforma delle impugnate sentenze e l’integrale rigetto del ricorsi in primo grado proposto dall’appellante principale.

5. Si costituivano altresì gli intervenienti ad opponendum in primo grado (Movimento per la difesa del cittadino, Federconsumatori - Federazione nazionale consumatori e utenti, Adiconsum - Associazione difesa consumatori e ambiente, Gestore dei Servizi Energetici - Gse s.p.a., Acquirente Unico s.p.a.), contestando la fondatezza dell’appello principale e chiedendone il rigetto, ed aderendo all’appello incidentale proposto dall’AEEG e dal Ministero dell’economia e delle finanze, chiedendone l’accoglimento.

6. Previo deposito e scambio di memorie difensive, nelle quali veniva affrontata anche la questione dell’improcedibilità dell’appello incidentale in relazione al giudicato formatosi sulla statuizione d’annullamento parziale della delibera n. 109/08, contenuta nella sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia n. 4042/2009 del 17 giugno 2009, non impugnata (l’eccezione di giudicato è stata sollevata nella parallela causa d’appello iscritta sub n. 528 del 2010, ma è stata ripresa anche nell’ambito del presente giudizio, formando oggetto di discussione tra le parti, sicché al riguardo si è potuta dispiegare appieno la garanzia del contraddittorio), all’odierna udienza di discussione veniva rilevato che identico giudicato si era formato sulle sentenze nn. 4043/2009, 4045/2009, 4047/2009, 4049/2009, 4050/2009, 4052/2009 e 4053/2009 dello stesso T.a.r. per la Lombardia, tutte pubblicate il 17 giugno 2009. All’esito della discussione, le cause sono state trattenute in decisione.

7. Procedendo in ordine logico alla disamina delle varie questioni devolute a questo Collegio, si rileva che i primi giudici correttamente hanno affermato la giurisdizione del giudice amministrativo ed escluso la giurisdizione delle commissioni tributarie ai sensi degli artt. 2 e 7, comma 5, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e s.m.i., in quanto:

- secondo l’orientamento consolidato della Consulta e della Corte regolatrice la giurisdizione del giudice tributario è ravvisabile nelle sole ipotesi in cui la controversia abbia ad oggetto immediato e diretto la contestazione dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa avanzata dall’amministrazione finanziaria o dei relativi accessori normativamente individuati, ossia l’ an o il quantum di un particolare tributo, di modo che la stessa sia imprescindibilmente collegata alla natura tributaria del rapporto controverso (v. Corte Cost. 14 marzo 2008, n. 64;
Corte Cost. 14 maggio 2008, n. 130;
Cass. Civ., Sez. Un., 15 maggio 2007, n. 11077;
Cass. Civ., Sez. Un., 10 agosto 2005, n. 16776);

- nel caso di specie, il ricorso impugnatorio ha ad oggetto immediato e diretto le delibere, con le quali l’AEEG ha dettato le disposizioni in materia di vigilanza sul rispetto del divieto di traslazione della maggiorazione d’imposta di cui all’art. 81 del d.l. n. 112 del 2008 e stabilito criteri e modalità di verifica del rispetto di tale divieto, esulanti dal rapporto tributario avente ad oggetto l’addizionale IRES e il concreto contenuto della pretesa fiscale (sia in punto di an che in punto di quantum ), nonché funzionali al controllo dell’osservanza di un divieto che non incide né sull’esistenza né sull’ammontare dell’obbligazione tributaria;

- il divieto di traslazione dell’addizionale d’imposta, sul quale l’AEEG è chiamata a vigilare, non riguarda direttamente le parti del rapporto tributario, ossia l’amministrazione finanziaria e i soggetti passivi dell’addizionale, i quali sono comunque obbligati a versare il tributo all’erario secondo la disciplina dell’IRES, ma le parti di un diverso rapporto, di natura privatistica, intercorrente tra i soggetti passivi dell’addizionale e i consumatori finali, al cui corretto svolgimento è preordinato il potere di vigilanza attribuito all’AEEG ed esercitato con le gravate delibere, della cui legittimità si discute nei presenti giudizi, sicché anche sotto un profilo soggettivo connotante le parti del rapporto dedotto in giudizio si esula dall’ambito della giurisdizione tributaria;

- sotto il profilo dei limiti interni posti ai poteri cognitori del giudice tributario, quest’ultimo a norma dell’art. 7, comma 5, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e s.m.i., potrebbe conoscere degli atti generali (quali, nel caso di specie, le delibere nn. 91/08 e 109/08;
sulla natura di tali delibere, v. infra sub 8.), rilevanti ai fini decisori del rapporto tributario solo incidenter tantum , in funzione della loro eventuale disapplicazione, mentre giammai potrebbe procedere al loro annullamento quale richiesto dalle società ricorrenti in primo grado, sicché anche alla luce della natura dell’azione principale di annullamento esperita nei presenti giudizi non può che affermarsi la giurisdizione del giudice amministrativo.

Per le esposte ragioni, in reiezione del primo motivo dell’appello incidentale proposto dall’AEEG e dal Ministero dell’economia e delle finanze, va confermata la pronuncia del T.a.r., affermativa della giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alla presente controversia.

Il motivo d’appello incidentale appena esaminato, che investe la pronuncia reiettiva dell’eccezione di giurisdizione, si sottrae all’eccezione di giudicato di cui infra sub 8., attesa l’inidoneità delle pronunce dei giudici di merito (siano essi ordinari o speciali) su una questione di riparto di giurisdizione ad assurgere ad efficacia di giudicato esterno, in quanto nel nostro ordinamento l’unico giudice investito del potere di risolvere le questioni di giurisdizione con efficacia vincolante per ogni giudice (sia esso ordinario o speciale) è la Corte di Cassazione (arg. ex artt. 382, comma 1, c.p.c., 65 ord. giud. e 111, comma 3, Cost.).

8. Quanto all’eccezione di giudicato opposta al motivo d’appello incidentale di cui sopra sub 4.c) – eccezione che, sebbene sollevata in una causa parallela, ha formato oggetto di trattazione tra le parti anche nel presente giudizio, sia nelle memorie difensive, sia in sede di discussione orale, talché la stessa, peraltro rilevabile anche d’ufficio, ha trovato rituale ingresso, essendosi al riguardo dispiegato in modo pieno il contraddittorio delle parti –, giova premettere che la delibera n. 109/08, costituente espressione di un potere amministrativo di vigilanza, con il suo contenuto dispositivo generale, unitario e inscindibile, riconducibile al modello di azione amministrativa basato sulla regolazione, non si rivolge a destinatari determinati, ma a un gruppo indeterminato di destinatari non individuabili a priori , appartenenti alle categorie individuate dall’art. 81 d.l. n. 112 del 2008, sicché presenta natura di atto amministrativo generale a contenuto unitario e inscindibile.

Sul piano processuale, dalla natura generale, unitaria e inscindibile del contenuto e degli effetti degli atti amministrativi generali discende che il loro annullamento in sede giudiziale determina il venir meno degli effetti nei confronti di tutti i destinatari, compresi quelli rimasti estranei alla controversia.

Pertanto, in applicazione dei principi che governano l’individuazione dei limiti soggettivi del giudicato amministrativo di annullamento di atti amministrativi generali, i soggetti destinatari di un atto generale per essi pregiudizievole, rimasti estranei al giudizio, potranno invocare (naturalmente, entro i limiti oggettivi della statuizione di annullamento, di cui si dirà appresso), nei confronti dell’amministrazione resistente rimasta soccombente, il giudicato di annullamento formatosi nei confronti di quest’ultima su ricorso di altro soggetto cointeressato.

Infatti, per un verso, la sentenza di annullamento, di contenuto costitutivo, opera necessariamente, nei rapporti sostanziali, nei confronti di tutti i soggetti su cui direttamente o indirettamente la modificazione giuridica è in grado di agire, non potendo i limiti soggettivi della caducazione di un atto amministrativo non coincidere con quelli dell’atto caducato, e, per altro verso, l’amministrazione resistente rimasta soccombente nel pregresso giudizio, nei cui confronti opera l’eccezione di giudicato, ha avuto modo di svolgere, con piena garanzia del diritto al contraddittorio, tutte le proprie difese nell’ambito del giudizio definito con efficacia di giudicato.

Posto pertanto l’intervenuto annullamento giudiziale, con sentenze efficaci erga omnes (e dunque anche nei confronti delle parti dei presenti giudizi), ormai passate in giudicato, dell’art. 2 della delibera n. 109/08, s’impone la declaratoria d’improcedibilità in parte qua – ossia, con riguardo al motivo sub 4.c), con la precisazione che il motivo sub 4.b) è assorbito, limitatamente al citato articolo 2 oggetto di annullamento, dall’accoglimento dell’eccezione di giudicato – dell’appello incidentale proposto dall’AEEG e dal Ministero dell’economia e delle finanze, precluso dal giudicato.

9. Il motivo dell’appello incidentale sub 4.b), relativamente alle parti della delibera n. 109/08 non colpite dalla statuizione di annullamento – dunque, in relazione a tutti gli articoli diversi dall’articolo 2 –, è infondato nel merito, avendo i primi giudici correttamente affermato la sussistenza di un interesse attuale e concreto a ricorrere in capo alle società ricorrenti, destinatarie degli obblighi d’informazione, di trasmissione della documentazione contabile e di giustificazione di eventuali aumenti dei prezzi ivi stabiliti, incidenti in senso pregiudizievole e lesivo sulla loro sfera giuridica e dunque indubbiamente idonei a radicare l’interesse a ricorrere in sede giurisdizionale.

10. Passando all’esame dei motivi degli appelli principali, si osserva che infondati sono i motivi d’appello sub 3.a) e 3.b), tra di loro connessi e da esaminare congiuntamente.

In primo luogo, l’attribuzione legislativa all’AEEG, ex art. 81, comma 18, d.l. n. 112 del 2008, dei compiti di vigilanza sull’osservanza del divieto di traslazione dell’addizionale d’imposta nei settori definiti dal precedente comma 16 del citato art. 81, implica, per necessità logico-giuridica – pena un’inammissibile interpretazione abrogatrice della disposizione contenuta nel comma 18 –, l’attribuzione alla stessa Autorità della competenza a dispiegare i poteri previsti dall’art. 2, comma 20, l. 14 novembre 1995, n. 481, anche nei settori in esame, con conseguente estensione della rispettiva sfera di competenza, sorretta da adeguata previsione normativa, a settori ulteriori e diversi da quello dell’energia elettrica e del gas, sicché infondate sono le eccezioni d’incompetenza, di violazione della riserva di legge e del principio di tassatività in materia di disciplina dei poteri amministrativi, sollevate dall’appellante.

Premesso che l’imposizione degli obblighi informativi e giustificativi agli operatori dei settori interessati dal divieto, contenuta nella delibera n. 109/08 (escluso l’articolo 2, su cui v. sopra sub 8.), trova dunque idoneo fondamento normativo nel combinato disposto degli artt. 81, comma 18, d.l. n. 112 del 2008, e 2, comma 20 lett. a), l. 14 novembre 1995, n. 481, osserva il Collegio che la previsione dell’onere motivazionale, contenuta nell’articolo 4.3 della delibera medesima per le ipotesi di variazione del differenziale unitario fra costi e ricavi per prodotti o famiglia di prodotti (c.d. margine di contribuzione diretto) o del differenziale fra lo “stacco UE” e quello del singolo operatore (per le imprese rientranti nel campione statistico “Prezzo Italia”), non si risolve affatto in una presunzione di violazione del divieto di traslazione, rappresentando detta variazione solo un primo criterio di selezione delle imprese, sulle quali compiere accertamenti più approfonditi, il cui esito eventualmente positivo, secondo i principi generali che presiedono alla distribuzione dell’onere della prova nei procedimenti lato sensu sanzionatori, va in ogni caso dimostrato dall’Autorità procedente.

Né è ravvisabile la lamentata eccedenza dei mezzi adottati rispetto alle finalità perseguite dalla misura in esame, non potendosi il metodo utilizzato dall’Autorità, anche quanto ai criteri di accertamento adottati, ritenere irragionevole o sproporzionato, essendo esso per contro del tutto congruente con i compiti di vigilanza alla medesima assegnati dal legislatore.

Si aggiunga che gli obblighi di informazione imposti agli operatori di mercato toccati dalla normativa in esame non equivalgono all’introduzione di un meccanismo di controllo generalizzato sulla formazione dei prezzi e alla preclusione di qualsiasi variazione di prezzo dei prodotti dei settori di mercato interessati, ma sono finalizzati alla cernita delle imprese, sulle quali condurre un’indagine più approfondita al fine di accertare l’eventuale violazione del divieto di traslazione dell’addizionale d’imposta sui prezzi al consumo, mentre il riferimento degli elementi di fatto oggetto dei criteri valutativi, sulla cui base compiere tale selezione, a un dato momento storico è immanente al riferimento temporale della nuova normativa al periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007, senza che vi si possano scorgere la lamentata incidenza illegittima sulla libertà d’impresa e la dedotta violazione del principio d’irretroattività.

11. Il motivo d’appello sub 3.c), con cui l’appellante principale lamenta l’erronea declaratoria di irrilevanza e, in parte, di manifesta infondatezza, delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 81, commi 16 e 18, d.l. n. 112 del 2008, per contrasto con gli artt. 3, 23, 41, 53, 77 e 97 Cost., è infondato.

Infatti, le sollevate questioni di costituzionalità devono ritenersi manifestamente infondate (con assorbimento di ogni altra questione dedotta col motivo in esame), in quanto:

- il ricorso alla decretazione d’urgenza appare sorretto dai presupposti dell’eccezionale necessità e urgenza, integrati dall’eccezionale impennata dei prezzi del petrolio nell’anno 2008, giustificativi della misura in esame;

- l’individuazione della cerchia dei soggetti incisi dalla maggiorazione d’imposta e dal correlativo divieto di traslazione, sia per quanto concerne il criterio della loro attinenza alla filiera energetica, sia per quanto riguarda il criterio quantitativo del superamento di una determinata soglia di fatturato, sia, infine, per quanto attiene al correttivo di prevalenza dell’attività energetica per le imprese operanti anche in settori diversi, non appare inficiata dai denunziati vizi di irragionevolezza, arbitrarietà e disparità di trattamento, costituenti i limiti della discrezionalità legislativa nella determinazione degli oneri tributari in relazione alla capacità contributiva delle imprese del settore, apparendo per contro rispettosa del principio di progressività della capacità contributiva sancito dall’art. 53 Cost., a prescindere dal rilievo che le norme in esame lasciano comunque immutate la base impositiva dell’IRES, limitandosi a introdurre un’addizionale d’imposta in un determinato settore strategico dell’economia nazionale, ritenuto dal legislatore, secondo una valutazione discrezionale non eccedente i limiti dell’irragionevolezza e dell’arbitrarietà, fonte tendenziale di margini di profitto di particolare entità, giustificativi della maggiorazione tributaria correlata al divieto di traslazione sui prezzi al consumo, in funzione redistributiva dei costi derivanti dall’impatto dell’aumento del prezzo del greggio sull’intero assetto economico-sociale del Paese.

12. Parimenti infondato è il motivo d’appello sub 3.d), teso a riproporre le censure di contrasto delle disposizioni in esame con il diritto comunitario.

Premesso che si può prescindere dal rinvio pregiudiziale obbligatorio ex art. 267 (già art. 234) del Trattato CE nei casi, in cui la corretta applicazione del diritto comunitario s’imponga con tale evidenza da non lasciar adito ad alcun ragionevole dubbio sulla soluzione da dare alla questione sollevata, rileva il Collegio che nel caso di specie ricorre siffatta ipotesi di evidente e manifesta infondatezza delle questioni di illegittimità comunitaria sollevate dalle odierne appellanti principali.

Deve, segnatamente, escludersi, il dedotto contrasto con gli artt. 8 e 101 (già artt. 3 e 81) del Trattato CE, sollevato sotto i profili dell’asserita alterazione delle normali dinamiche competitive, della tendenziale cristallizzazione dei prezzi e dei margini correnti, e della conseguente creazione di ostacoli autoritativi alla diversificazione delle politiche commerciali delle imprese attive nei settori interessati dalla normativa in esame. Infatti, in disparte il rilievo, di per sé dirimente, che l’art. 101 (già art. 81) del Trattato CE riguarda esclusivamente i comportamenti anticoncorrenziali adottati dalle imprese di propria iniziativa e non già gli effetti distorsivi della concorrenza eventualmente derivanti da normative nazionali, si osserva che al divieto di traslazione della maggiorazione IRES sui prezzi finali, contrariamente a quanto assunto dalle odierne appellanti, non consegue alcuna cristallizzazione dei prezzi e margini correnti al momento dell’entrata in vigore della nuova normativa, rimanendo le imprese libere a formare i prezzi secondo le proprie strategie commerciali (salva l’osservanza del citato divieto, funzionale a garantire l’effettività della finalità redistributiva delle disposizioni in esame) e costituendo – come sopra esposto – il criterio della variazione del margine di contribuzione mero strumento di controllo di “primo livello” per la cernita delle imprese da assoggettare a indagini più approfondite onde escludere un’eventuale traslazione sul prezzo finale, senza involgere una determinazione autoritativa dei prezzi.

Né è ravvisabile un eventuale contrasto con gli artt. 107 e 108 (già artt. 87 e 88) del Trattato CE in tema di divieto di aiuti di stato, in quanto:

- l’introduzione della maggiorazione IRES costituisce espressione della potestà normativa in materia di imposte dirette, rientrante nella competenza esclusiva degli Stati Membri, e la misura tributaria adottata è giustificata dalla logica interna del sistema tributario nazionale, improntato alla progressività dell’imposta e alla logica redistributiva del sistema medesimo in generale, e dell’addizionale de qua in particolare;

- trattasi di misura generale di politica economica, la quale non è diretta a sostenere e/o favorire, neppure indirettamente, una certa attività o una certa tipologia d’impresa, e l’unico effetto, che vi potrebbe scaturire in termini di sopportazione di maggiori costi in conseguenza del maggior onere tributario abbinato al divieto di traslazione, trova la sua autonoma e autosufficiente ratio giustificatrice nell’evidenziata finalità redistributiva immanente alla misura fiscale in esame, improntata al criterio di progressività, sicché va esclusa qualsiasi efficienza selettiva della misura stessa, per gli effetti di cui agli artt. 107 e 108 del Trattato CE.

17. Considerato l’esito della causa, connotata dalla soccombenza reciproca delle parti, si ravvisano i presupposti di legge per dichiarare le spese del presente grado interamente compensate fra tutte le parti.

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