Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-11-03, n. 202309512

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-11-03, n. 202309512
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202309512
Data del deposito : 3 novembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/11/2023

N. 09512/2023REG.PROV.COLL.

N. 07592/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7592 del 2022, proposto da:
C R V, rappresentato e difeso dall'avvocato L P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Allianz S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Francesco Paolo Francica e Roberta Valentini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma:

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter) n. 02594/2022, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, e di Allianz s.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 ottobre 2023 il Consigliere Lorenzo Cordì e uditi, per le parti, gli avvocati L P e Francesco Paolo Francica;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il sig. V ha proposto appello avverso la sentenza n. 2594/2022 con la quale il T.A.R. per il Lazio – sede di Roma (Sezione Seconda Ter) ha respinto il ricorso proposto avverso il provvedimento del 13.11.2013 del Dipartimento delle Politiche Competitive, della Qualità Agroalimentare, Ippiche e della Pesca del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali con cui è stata disposta l’esclusione dell’odierno appellante dai benefici di cui all’art. 1, comma 1- bis , della L. n. 237/1993, e avverso, altresì, ogni atto ad esso presupposto, connesso e/o comunque conseguente.

2. In punto di fatto si osserva che il sig. V era stato membro del consiglio di amministrazione della cooperativa CIPA s.r.l., messa in liquidazione l'11.11.1989, e dichiarata insolvente il 24.12.1990. L’odierno appellante era stato ammesso ai benefici di cui all’art. 1, comma 1- bis , della L. n. 237/1993, la quale aveva previsto che le garanzie concesse da soci di cooperative agricole (a favore delle stesse cooperative), di cui fosse stata previamente accertata l’insolvenza, fossero assunte a carico del bilancio dello Stato, con conseguente effetto liberatorio per i soci (come specificato con la previsione di cui all’art. 126, comma 3, della legge n. 388/2000). L’Amministrazione aveva, successivamente, escluso il sig. V da tale beneficio, in applicazione della previsione di cui all’art. 126, comma 3- bis , della legge n. 388/2000, in forza della quale: “ Resta salvo il diritto dello Stato di ripetere quanto corrisposto a seguito dell'intervento, nei confronti dei soci che abbiano comunque contribuito alla insolvenza della cooperativa o che in ogni caso non abbiano titolo a beneficiare dell'intervento, subentrando nelle relative garanzie ”. L’Amministrazione aveva ritenuto integrato il disposto legale in quanto il sig. V era stato destinatario di una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti per reati di bancarotta semplice e fraudolenta;
sentenza che, secondo l’Amministrazione, avrebbe costituito prova presuntiva di una condotta idonea ad aver contribuito all’insolvenza della cooperativa. L’Amministrazione aveva, quindi, chiesto la restituzione - nella quota parte addebitabile al sig. V - delle somme versate dallo Stato ai terzi creditori della cooperativa insolvente, per un totale pari a euro 453.259,58.

3. Il sig. V ha proposto ricorso dinanzi al T.A.R. per il Lazio deducendo: i ) l’intervenuta prescrizione del diritto del Ministero, trattandosi di richiesta di risarcimento del danno, sottoposta, come tale, alla prescrizione quinquennale ex art. 2947, comma 1, c.c.; ii ) l’illegittimità del provvedimento non potendo una sentenza di patteggiamento emessa nel 1997 avere effetti di alcun tipo nel procedimento amministrativo.

4. Si è costituito in giudizio il Ministero chiedendo di accertare e dichiarare il difetto di giurisdizione del Giudice amministrativo in favore del Giudice ordinario e, nel merito, di respingere il ricorso.

5. Il T.A.R. ha respinto l’eccezione di difetto di giurisdizione formulata dal Ministero. Inoltre, in relazione al primo motivo, il T.A.R. ha osservato come la pretesa del Ministero non trovasse fondamento nella previsione di cui all’art. 2043 c.c. ma, al contrario, avesse natura negoziale trattandosi di un accollo legale in cui lo Stato aveva la qualità di soggetto accollante, i soci garanti il ruolo di soggetti accollati, ed i terzi creditori di soggetti accollatari. Di conseguenza trovava applicazione il termine di prescrizione ordinario ex art. 2946 c.c., non decorso in quanto i decreti di liquidazione erano datati 27.11.2013 e 24.02.2004, mentre l’atto interruttivo della prescrizione era stato ricevuto in data 8.7.2013. Il T.A.R. ha, poi, respinto il secondo motivo osservando che la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti era stata considerata quale elemento di prova del coinvolgimento dell’odierno appellante nei reati connessi allo stato di insolvenza della cooperativa, rispetto ai quali il sig. V non aveva offerto – nel corso del procedimento - alcun elemento contrario. Secondo il T.A.R. la sentenza poteva, quindi, essere assunta ad elemento di prova per revocare il provvedimento di attribuzione dei benefici al socio. Inoltre, l’operato del Ministero doveva ritenersi conforme al disposto legale che consentiva di escludere dal beneficio il socio garante che avesse “ comunque ” contribuito alla insolvenza della cooperativa o che “ in ogni caso ” non avesse titolo a beneficiare dell’intervento;
con ciò all’evidenza negandosi la necessaria rilevanza, in sede amministrativa, di un provvedimento giurisdizionale definitivo al fine di motivare l’esclusione.

6. Il sig. F ha proposto ricorso in appello articolando due motivi.

6.1. Con il primo motivo l’appellante ha dedotto, in primo luogo, l’erroneità del capo con cui la sentenza ha escluso la prescrizione del diritto osservando, in particolare, come il dies a quo dovesse coincidere con la data di contestazione del fatto penale e non con quella del pagamento ( ff . 10-11 del ricorso in appello). In secondo luogo, il sig. F ha osservato come la sentenza di applicazione della pena non potesse assimilarsi ad una sentenza di condanna in quanto il Giudice si limiterebbe nel primo caso a verificare esclusivamente la corretta qualificazione del fatto senza entrare nel merito. Circostanza che sposterebbe sullo Stato l’onere di dimostrare il fattivo operare del socio all’insolvenza della Cooperativa.

6.2. Con il secondo motivo l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto legittimo un provvedimento che, al contrario, doveva ritenersi privo di evidenze in ordine all’insussistenza dei presupposti del beneficio.

7. Si è costituito in giudizio il Ministero deducendo l’infondatezza del ricorso in appello.

8. In data 19.10.2022 si è costituita in giudizio Allianz s.p.a., non evocata nel giudizio di primo grado e costituitasi nel presente grado di giudizio esponendo di aver intrapreso una causa civile contro il Ministero e contro i signori A, D e G chiedendo al Tribunale di Milano di: “ a) accertare l’obbligo gravante sul Ministero ai sensi dell’art. 1, comma 1 bis della L. 237/1997 cit., di tenere indenne la esponente in riferimento al debito di € 648.262,52= oggetto di fideiussione, oltre interessi e rivalutazione;
b) procedere, se fino ad oggi non ha provveduto in tal senso e nella denegata ipotesi in cui l’inserimento già avvenuto non fosse per qualsivoglia ragione valido ed efficace, con l’inserimento del credito vantato da Allianz nell’elenco pubblicato nella G.U. n. 1 del 2.1.1996;
c) condannare il Ministero ai sensi della normativa meglio richiamata nella parte narrativa al versamento dell’importo di € 648.262,52, oggetto di fideiussione, oltre interessi e rivalutazione dal dovuto al saldo con possibile rivalsa nei confronti dei soci che risultino eventualmente responsabili o abbiano perso i benefici. In subordine: a) rigettare la richiesta di estromissione dei soci dal giudizio, stante il diritto di Allianz ad ottenere il pagamento degli importi dovuti a titolo di fideiussione nella denegata ipotesi di accoglimento delle difese svolte dal Ministero;
b) nella denegata ipotesi di cui sopra, condannare i soci, sig.ri A Giovanni, D Piero e G Ferdinando, in via tra loro solidale, al pagamento dell’importo di € 648.262,52, oggetto di fideiussione, oltre interessi e rivalutazione dal dovuto al saldo;
c) rimettere la questione di legittimità costituzionale al competente organo con riguardo all’art. 1, comma 1 bis, L. 237/1993
”. Allianz ha, quindi, chiesto di essere estromessa dal giudizio e, “ in ogni caso ”, di sospenderlo in attesa della definizione del giudizio pendente – allo stato – dinanzi alla Corte d’Appello di Milano, o, comunque, di dichiarare “ l’estraneità/indipendenza delle due questioni, in modo da evitare che la decisione sul presente appello non abbia a riverberare alcun effetto nel giudizio avanti il G.O. ”.

9. All’udienza in camera di consiglio del 20.10.2022 parte appellante ha rinunciato all’istanza di sospensione degli effetti della sentenza impugnata, articolata in via incidentale. In vista dell’udienza pubblica del 26.10.2023 il sig. V e Allianz hanno depositato memorie conclusionali. Allianz ha depositato anche memoria di replica. All’udienza del 26.10.2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

10. Preliminarmente va disposta l’estromissione dal giudizio di Allianz alla quale il sig. V ha notificato il solo ricorso in appello e non anche il ricorso introduttivo del giudizio, senza spiegare le ragioni di simile iniziativa processuale, e senza formulare domande che riguardino tale soggetto, essendo, quindi, rimasto il perimetro del giudizio circoscritto alla legittimità del provvedimento ministeriale. Nel costituirsi in giudizio Allianz ha poi depositato copia di comparsa di costituzione e risposta in appello riferita a controversia tra la stessa, il Ministero e i signori A, D e G. Pertanto, la controversia dinanzi alla Corte d’Appello di Milano neppure riguarda – da quanto si evince dagli atti depositati – il sig. V;
da quanto emerge dal fascicolo processuale si tratta, quindi, di controversie distinte. Circostanza che esonera il Collegio da ogni ulteriore approfondimento o disamina.

11. Entrando in medias res occorre ricostruire il quadro giuridico di riferimento onde comprendere l’esatta natura del rapporto intercorrente tra il Ministero e parte appellante.

11.1. Il beneficio inizialmente riconosciuto al sig. V è stato accordato ai sensi della previsione di cui all’art. 1, comma 1- bis , della L. n. 237/1997, a mente della quale: “ Le garanzie concesse, prima della data di entrata in vigore del presente decreto, da soci di cooperative agricole, a favore delle cooperative stesse, di cui sia stata previamente accertata l'insolvenza, sono assunte a carico del bilancio dello Stato ”. L’assunzione di tale garanzia da parte dello Stato si presta ad essere inquadrata nell’istituto dell’accollo che - nella configurazione codicistica - prevede che “ l'adesione del creditore alla convenzione di accollo, che rende irrevocabile la stipulazione in suo favore, importa liberazione del debitore originario solo se ciò costituisca condizione espressa della stipulazione o se il creditore dichiari di liberarlo, rimanendo in mancanza il debitore obbligato in solido con il terzo (art. 1273 c.c.)” (Cassazione civile, Sez. I, 26 ottobre 2015, n. 21713). L'assunzione del debito in parola da parte dello Stato comporta, invece e tenuto conto anche di quanto sancito dai decreti del Ministero delle Risorse Agricole e Forestali del 2.2.1994 e del 2.1.1995, l'immediata liberazione dei debitori originari ed è conseguenza del tutto conforme alla trasparente ratio legis , supportata dal tenore delle norme secondarie, che è quella di elargire una provvidenza ai soci di cooperative agricole che abbiano prestato garanzia in favore delle stesse. Una chiara conferma di tale lettura si evince, del resto, dal disposto di cui all’art. 126, comma 3, della L. n. 388 del 2000, a tenore del quale “ l'intervento dello Stato, ai sensi del D.L. 20 maggio 1993, n. 149, art. 1, comma 1 bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 luglio 1993, n. 237, nei confronti di soci […] che abbiano rilasciato garanzie, individualmente o in solido con altri soci di una stessa cooperativa, determina la liberazione di tutti i soci garanti ”.

11.2. In sostanza, la disciplina richiamata impone allo Stato di accollarsi il debito assunto dai soci a garanzia delle obbligazioni della Società. Inoltre, tale accollo ha effetto liberatorio nei confronti dei soci accollati, senza necessità, quindi, del consenso del creditore accollatario, come, invece, richiesto dalla previsione di cui all’art. 1273 c.c. (Corte di Cassazione, Sez. III, 20 aprile 2017, n. 9959).

11.3. La previsione di cui all’art. 126, comma 3- bis , della L. n. 388/2000, fa, comunque, “ salvo il diritto dello Stato di ripetere quanto corrisposto a seguito dell'intervento, nei confronti dei soci che abbiano comunque contribuito alla insolvenza della cooperativa o che in ogni caso non abbiano titolo a beneficiare dell'intervento, subentrando nelle relative garanzie ”. Questa regola consente, quindi, allo Stato che abbia assunto il debito del socio e corrisposto le somme al creditore accollatario di ripetere quanto pagato nei confronti dei soci che abbiano concorso a determinare l’insolvenza della cooperativa o che non abbiano titolo a beneficiare dell’intervento. In tal caso, lo Stato subentra, comunque, nelle relative garanzie del creditore accollatario.

11.4. In forza delle previsioni sopra esposte lo Stato si accolla, quindi, i debiti dei soci liberandoli dalla relativa obbligazione nei confronti dei creditori accollatari. Tale beneficio viene meno, tuttavia, qualora, si accerti il contributo del socio all’insolvenza della cooperativa o, comunque, l’insussistenza di titolo a beneficiare dell’accollo. In queste situazione lo Stato provvede, comunque, al pagamento in favore dei creditori accollatari ma provvede, altresì, a ripetere le somme nei confronti del socio.

12. Esaurita la disamina del quadro normativo di riferimento può esaminarsi il primo motivo di ricorso in appello nella parte in cui si è dedotta l’erroneità della sentenza in punto prescrizione del diritto, contestando anche il dies a quo individuato dal T.A.R.

12.1. I rilievi dell’appellante non sono condivisibili atteso che la normativa richiamata conferisce allo Stato il diritto a ripetere le somme corrisposte al creditore nei confronti del socio, in presenza dei presupposti di cui all’art. 126, comma 3- bis , della L. n. 388/2000. Questa regola salda il diritto alla ripetizione al pagamento, in evidenze assonanza con i meccanismi surrogatori con funzione recuperatoria, determinando, quindi, una estinzione relativa del rapporto obbligatorio (che realizza, infatti, l’interesse del creditore accollatario), ma determinando, altresì, la traslazione del diritto in capo allo Stato, sebbene esercitabile solo qualora la ragione giustificatrice del beneficio accordato non sia ritenuta sussistente per aver il socio concorso all’insolvenza o per non avere titolo a tale beneficio. La stessa normativa ancora, quindi, il diritto alla ripetizione al pagamento, mutuando, del resto, lo schema previsto proprio per la ripetizione dell’indebito. Ne consegue, da un lato, l’operatività della regola generale di cui all’art. 2946 c.c. (e, quindi, il maturarsi della prescrizione nel termine di dieci anni), e, dall’altro, la necessità di ancorare il dies a quo al pagamento. Nel caso di specie i decreti di liquidazione sono stati adottati il 27.11.2013 e il 24.02.2004, e l’atto interruttivo della prescrizione è stato adottato in data 8.07.2013. Conseguentemente il diritto non può ritenersi prescritto.

13. In secondo luogo, non sono neppure fondate le rimanenti censure racchiuse nel primo e nel secondo motivo, che possono esaminarsi congiuntamente.

13.1. Osserva il Collegio come la ricostruzione della portata della sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (nel sistema vigente ratione temporis ) operata da parte appellante non possa essere condivisa. Infatti, come affermato dalla giurisprudenza antecedente alle stesse modifiche normative indicate dal sig. V, tale sentenza impone, comunque, al Giudice di verificare la correttezza della qualificazione giuridica del fatto, dell'applicazione e della comparazione di eventuali circostanze, della congruità della pena, nei limiti dell'art. 27 della Costituzione, della concedibilità della sospensione condizionale, nonché l’insussistenza di cause di non punibilità, di improcedibilità o di estinzione del reato (Cassazione penale, sez. I., 12 gennaio 1994). Il controllo del Giudice si estende, quindi, anche alla carenza di cause di non punibilità ex art. 129 c.p.p. Inoltre, tale sentenza assume, comunque, valore di elemento di prova nel procedimento amministrativo condotto dall’Amministrazione che, come imposto dalla legge, è finalizzato a verificare la sussistenza di un contributo del socio alla insolvenza della cooperativa e l’assenza di titolo a beneficiare dell’intervento. Nel caso di specie, l’Amministrazione non ha inteso conferire alla sentenza il valore di accertamento tipico del giudicato ma, al contrario, ha tenuto conto di tale sentenza quale elemento di prova in ordine ad un contributo del socio alla insolvenza, considerando, in particolare, gli specifici reati oggetto della sentenza, riguardanti, come detto, ipotesi di bancarotta semplice e fraudolenta. Inoltre, l’Amministrazione ha coinvolto nel procedimento l’odierno appellante che, tuttavia, non ha fornito elementi a smentita del rilevante elemento di prova acquisito dall’Amministrazione. Pertanto, l’Amministrazione ha, comunque, posto a fondamento del provvedimento elementi di prova solidi, non smentiti dalla parte, ed idonei ad integrare la fattispecie di riferimento.

14. In ragione di quanto esposto il ricorso in appello deve essere respinto.

15. Le spese tra il sig. V e il Ministero seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. Possono, invece, eccezionalmente compensarsi le spese di lite tra il sig. V ed Allianz tenuto conto delle ragioni a sostegno della declaratoria di estromissione della stessa dal presente giudizio.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi