Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2014-07-07, n. 201403414

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2014-07-07, n. 201403414
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201403414
Data del deposito : 7 luglio 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04143/2009 REG.RIC.

N. 03414/2014REG.PROV.COLL.

N. 04143/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4143 del 2009, proposto da:
P G, rappresentato e difeso dall'avv. F R, con domicilio eletto presso Domenico Ciavarella in Roma, via Giolitti 202;

contro

Regione Puglia, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dall'avv. S O D L, con domicilio eletto presso la Delegazione Regione Puglia in Roma, via Barberini, 36;

nei confronti di

Comune di Bari, in persona del Sindaco p.t., non costituito;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PUGLIA - BARI: SEZIONE II n. 00897/2009, resa tra le parti, concernente indennita' risarcitoria ex art. 167 d.l. 42/2004 per abusi edilizi


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Puglia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 febbraio 2014 il Cons. Francesca Quadri e uditi per le parti gli avvocati Racanelli e Bucci, per delega dell'Avv. Di Lecce;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il ricorrente impugna la sentenza del Tar per la Puglia meglio indicata in epigrafe, con cui è stato respinto il suo ricorso volto all’annullamento del provvedimento regionale di applicazione dell’indennità risarcitoria di cui all’art. 167 d. lgs. 22.1.2004 n. 42 – pari ad euro 44.693,15 - per le opere abusivamente realizzate (cambio di destinazione d’uso di quattordici unità abitative in albergo, chiusura del piano pilotis, ampliamento dei piani superiori) su un edificio di sua proprietà sito in fascia costiera ed adibito ad albergo, oggetto di domanda di sanatoria ai sensi dell’art. 33, comma 1, lett. d) della legge n. 47/1985 (originariamente denegata con provvedimento poi annullato con sentenza del Tar Puglia n.1027/1992, passata in giudicato).

Censura la sentenza di primo grado per omessa pronuncia sia sulla inapplicabilità alla fattispecie dell’art. 167, in quanto le opere – peraltro consistenti non in nuova costruzione, ma in mutamento di destinazione ed ampliamento di quelle preesistenti oggetto di regolare licenza edilizia - erano state eseguite anteriormente all’entrata in vigore della “legge Galasso” n. 431/1985, quando nella fascia di 300 metri dalla battigia non sussisteva alcun obbligo di richiedere autorizzazione paesaggistica, sia sulla erronea determinazione della misura della sanzione.

Erroneo sarebbe anche il riferimento contenuto nella sentenza alla legge regionale n. 56/1980, che non imporrebbe alcun vincolo paesaggistico, nonché il rigetto dell’eccezione di prescrizione della sanzione e di violazione delle garanzie procedimentali.

Si è costituita in giudizio la Regione Puglia chiedendo la conferma della sentenza di primo grado.

Il Consiglio di Stato, adito in sede cautelare, ha sospeso l’esecuzione dell’impugnata sentenza con ordinanza n. 3026/2009, in data 12 giugno 2009.

L’appellante ha depositato memoria ulteriormente illustrando le proprie difese.

Infondato è il primo motivo d’appello, con il quale l’appellante fa valere l’illegittimità della sanzione per l’assenza di un vincolo paesaggistico all’epoca (1983) in cui le opere furono realizzate.

Da condividere è, in primo luogo, la sentenza di primo grado in ordine alla rilevata mancata allegazione della prova circa l’avvenuta realizzazione delle opere nel 1983, anteriormente all’entrata in vigore della legge n. 431/1985, a partire dalla quale soltanto, secondo l’appellante, sarebbe efficace il vincolo paesaggistico ex lege sulla fascia costiera di trecento metri dalla battigia.

Invero, alla dichiarazione contenuta nella domanda di condono non può essere attribuito valore probatorio, mentre è pacifico che l’onere della prova circa la data di realizzazione dell’opera abusiva incomba su chi ha commesso l’abuso (Cons. St. Sez. VI, 6.5.2008, n. 2010) il quale deve allegare concreti elementi a supporto della propria affermazione, nella specie del tutto mancanti.

In ogni caso, da condividere è anche quanto affermato dal primo giudice in ordine all’irrilevanza, nella specie, della supposta anteriorità delle opere rispetto all’entrata in vigore della “legge Galasso”, dal momento che la legge della Regione Puglia 31 maggio 1980, n. 56 aveva già introdotto un vincolo di tutela paesaggistica per la fascia costiera.

Tale previsione, invero, è contenuta nell’art. 51, lett. f) della legge regionale, che prescrive l’inedificabilità assoluta entro la fascia di 300 metri dal confine del demanio marittimo o dal ciglio più elevato sul mare sino all'entrata in vigore dei Piani territoriali.

Né può in alcun modo rilevare la circostanza che l’originario manufatto, costruito negli anni ’70, fosse stato regolarmente assentito mediante rilascio di licenza edilizia.

E’ appena il caso di considerare, a riguardo, che il titolo abilitativo non può valere che per le opere ivi assentite mentre ogni altro intervento successivo deve essere assistito da nuova autorizzazione. L’abusività, sotto il profilo paesaggistico, dell’intervento edilizio realizzato successivamente all’entrata in vigore della legge regionale n. 56/1980 non può, quindi, che essere valutata alla stregua del divieto assoluto di cui al citato art. 51 e, comunque, dell’obbligo di autorizzazione regionale di cui all’art. 31 della medesima legge, palesemente violato.

Irrilevante è anche l’intervenuto condono edilizio, in base al pacifico principio per cui l’inapplicabilità delle sanzioni per gli abusi condonati non si estende alle sanzioni in materia paesistica di cui all’art. 15 della legge n. 1497 del 1939, oggi confluite nell’art. 167 del d. lgs. 22.1.2004, n. 42, che costituisce eccezione alla generale regola della demolizione degli abusi in danno al paesaggio.

Da respingere è anche il motivo relativo alla violazione delle garanzie procedimentali per l’assenza di comunicazione di avvio del procedimento, dal momento che – per un verso – il procedimento ha avuto inizio ad istanza di parte, che ha presentato la domanda di condono e – per altro verso – che l’indennità prevista dall’art. 167 è una sanzione amministrativa che si concreta in un atto dovuto e non necessita del previo avviso dell’inizio del procedimento, in applicazione dell’art. 21 octies l. n. 241/1990, che esclude possa essere annullato il provvedimento qualora sia palese che il suo contenuto dispositivo non possa essere diverso da quello in concreto adottato, e che il privato non potrebbe apportare all’azione amministrativa procedimentalizzata alcuna utilità (Cons. Stato Sez. V, 26-09-2013, n. 4783;
Sez. V, 15-07-2013, n. 3834).

Parimenti infondata è l’eccezione di prescrizione della sanzione.

Oltre all’inconfigurabilità della prescrizione in relazione ad una sanzione, ma, semmai, al credito derivante dall’ingiunzione, deve osservarsi, conformemente ad una consolidata giurisprudenza (Cons. St. Sez. IV, 26.11.2013, n. 5615), che il potere dell’autorità amministrativa di sanzionare l’abuso in questione non può mai esaurirsi, dato il carattere permanente della violazione.

Risulta, infine, generico il motivo con il quale l’appellante lamenta l’omessa pronuncia in ordine alla misura eccessiva dell’entità della sanzione.

Invero, l’appellante non fornisce alcuna concreta ragione di contestazione dei criteri di determinazione e motivazione sull’entità della sanzione pecuniaria comminata, che è stata calcolata in base al criterio indicato dall’art. 167, tenuto conto che la commisurazione del danno paesistico sfugge, per sua natura intrinseca, ad una indagine dettagliata ed analitica, essendo ricollegato ad una stima tecnica di carattere generale (Cons. St. Sez. V, 26.9.2013, n. 4783), mentre il profitto conseguito dal trasgressore va commisurato anche alla destinazione del manufatto oggetto di abuso, nella specie consistente nell’esercizio di attività alberghiera.

Conclusivamente, l’appello è infondato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

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