Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2013-02-11, n. 201300770

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2013-02-11, n. 201300770
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201300770
Data del deposito : 11 febbraio 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02142/2006 REG.RIC.

N. 00770/2013REG.PROV.COLL.

N. 02142/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2142 del 2006, proposto da:
Scalisi M L,
rappresentato e difeso dall’avv.to G P ed elettivamente domiciliato presso lo studio dello stesso, in Roma, via della Conciliazione, 44,

contro

- Azienda U.S.L. n. 1 Avezzano – Sulmona,
oggi AZIENDA SANITARIA LOCALE ( A.S.L. ) n. 1 di Avezzano – Sulmona – L’Aquila,
in persona del legale rappresentante p.t.,
costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dall’avv.to T M ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. Mario Sanino, in Roma, viale Parioli, 180;
- Cubeddu Maria e Lucarelli Claudia,
non costituitesi in giudizio,

per la riforma

della sentenza del T.A.R. ABRUZZO - L'AQUILA n. 00306/2005, resa tra le parti, concernente concorso per 25 posti di collaboratore terapista della riabilitazione.


Visto il ricorso, con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Azienda appellata;

Visto che non si sono costituite le controinteressate intimate;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive domande e difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Data per letta, alla pubblica udienza del 29 gennaio 2013, la relazione del Consigliere Salvatore Cacace;

Uditi, alla stessa udienza, l’avv. Fabrizio Rulli, in sostituzione dell’avv. G P, per l’appellante e l’avv. T M per l’appellata;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. – L’appellante, già ricorrente in primo grado, ha partecipato ad un concorso indetto dall’Azienda U.L.S. n. 1 Avezzano – Sulmona con deliberazione del Direttore Generale n. 515 in data 4 settembre 1997 per la copertura di n. 25 posti di collaboratore terapista della riabilitazione.

All’ésito del concorso egli si è visto classificare al 92° posto della graduatoria formulata dalla Commissione Esaminatrice.

L’interessato ha quindi impugnato il verbale di valutazione dei titoli da parte della Commissione Esaminatrice, nonché gli atti presupposti e conseguenti, davanti al Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo, sede di L’Aquila, deducendo che a suo danno vi erano stati errori nell’attribuzione del punteggio per titoli, che, se correttamente valutati, avrebbero dovuto portarlo a conseguire il posto in graduatoria n. 55.

2. – Il T.A.R., con la sentenza indicata in epigrafe, ha dichiarato inammissibile il ricorso, «perché il ricorrente, onerato di integrare il contraddittorio con ordinanza collegiale n.980/2003 (comunicata con avviso di deposito del 29/11/2003 al domicilio eletto nell’atto introduttivo del giudizio presso lo studio dell’avv...., via...,), a tanto non ha provveduto nel termine ivi stabilito, termine perentorio per costante orientamento giurisprudenziale, la sua inosservanza espone il ricorso a certa inammissibilità» .

Ed inoltre, ha osservato il T.A.R., «vero è che il ricorrente in data 9-10 febbraio 2004 ha chiesto la proroga del termine per integrare il contraddittorio e chiarimenti sulle modalità da seguire al riguardo in relazione alla (nel frattempo intervenuta) soppressione del foglio annunzi legali. Ma a quella data il termine era già scaduto;
e comunque il Collegio, investito della questione nella camera di consiglio del 17/3/2004, con ordinanza in pari data (n.382/2004) ha rigettato l’istanza di proroga»
.

Il primo Giudice ha poi comunque esaminato il ricorso anche nel mérito, ritenendolo infondato.

3. – L’interessato ha proposto appello davanti a questo Consiglio, criticando la sentenza di primo grado sia nella sua statuizione di inammissibilità, sia quanto alla reiezione, dalla stessa pure pronunciata, dei motivi del ricorso introduttivo.

Si è costituita in giudizio, per resistere, l’Azienda appellata, contestando, anche con successiva memoria, le deduzioni d’appello.

Non si sono costituite in giudizio le controinteressate evocate.

Con memoria depositata in data 9 gennaio 2013 l’appellante contesta integralmente il contenuto degli scritti difensivi avversarii.

La causa è stata chiamata e trattenuta in decisione alla udienza pubblica del 29 gennaio 2013.

4. - Preliminarmente il Collegio deve rilevare l'irritualità del deposito di memoria effettuato da parte appellante in data 9 gennaio 2013, in contrasto con le disposizioni di cui all'art. 73, comma 1, c.p.a., il quale consente la produzione di atti finalizzati alle repliche entro il termine di venti giorni liberi anteriori all'udienza, nella fattispecie a detta data ormai superato.

5. - Per questa ragione, ai fini della decisione, non si terrà conto della suddetta memoria.

6. – Ciò premesso, può passarsi all’esame dell’atto di appello, in relazione al quale il Collegio osserva che l’appellante censura la dichiarazione di inammissibilità del ricorso di primo grado (ch’era stato notificato al soggetto che immediatamente lo precedeva in graduatoria, nonché all’altro soggetto inserito nella graduatoria impugnata al posto cui egli mira con il ricorso, volto appunto ad ottenere un incremento di punti che lo porterebbe a suo dire al posto n. 55 in graduatoria) per omessa integrazione del contraddittorio, asserendo anzitutto la «non necessarietà di integrazione del contraddittorio nei confronti di altri soggetti, atteso che il soggetto che concretamente verrebbe leso dall’accoglimento del ricorso proposto sarebbe [ quello ] … il cui posto in graduatoria e quindi alle dipendenze della A.U.S.L. dovrebbe essere assegnato il ricorrente» ( pag. 8 app. ).

Si tratta di argomentazioni del tutto infondate, alla luce del principio di diritto, recepito appunto dal T.A.R. nell’ordinare l’integrazione del contraddittorio «nei confronti degli altri soggetti controinteressati individuabili in tutti quei soggetti che verrebbero ad essere lesi» ( così, testualmente, l’Ordinanza n. 980/03 ), secondo cui, nel caso dell'impugnazione di graduatorie di concorso, sono controinteressati tutti coloro, e solo coloro, che subirebbero un pregiudizio dall'eventuale accoglimento del ricorso;
mentre non lo sono coloro la cui posizione in graduatoria è tale da renderli indifferenti all'esito del ricorso ( Cons. St., III, 29 ottobre 2012, n. 5506 ).

Alla stregua di tale principio, nel caso di specie, rivestono la qualità di controinteressati tutti i soggetti, che dall'accoglimento del ricorso, in relazione alle censure dedotte, vedrebbero alterata la loro collocazione in graduatoria e dunque i concorrenti che precedono il ricorrente in graduatoria, o, meglio, quanto meno quelli in essa inseriti tra il 55° posto ( quello cui il ricorrente afferma di mirare con le censure proposte ) ed il 91° posto (quello immediatamente antecedente la posizione da lui occupata e contestata).

E ciò anche ove trattisi, come appunto nella fattispecie si verifica, di candidati idonei, posto che per effetto del richiesto annullamento della graduatoria - ancorchè disposto in parte qua, ossia nel limite dell'interesse dedotto dal ricorrente - essi potrebbero perdere i benefici discendenti dall'acquisita posizione sia sotto il profilo dei punteggi utili per altri concorsi, sia per l'immissione in ruolo in caso di utilizzo successivo della graduatoria ( immissione in effetti poi avvenuta nelle more del giudizio per buona parte di tali controinteressati ).

La stessa circostanza dell'avvenuta proposizione del ricorso avverso la graduatoria da parte dell’odierno appellante vale dunque per ciò solo a rendere controinteressati al riguardo tutti coloro che sono in essa ricompresi (almeno nei limiti sopra indicati), anche se il ricorso medesimo si limita a chiedere l'annullamento della sola valutazione riferita alla persona del medesimo.

E assorbente in tal senso, come già precisato, la considerazione per cui, per effetto dell'eventuale annullamento della valutazione riguardante il solo ricorrente, questi – se rivalutato – potrebbe essere collocato, secondo la sua stessa prospettazione, al 55° posto della graduatoria di cui tràttasi, sopravanzando in tal modo più concorrenti ivi già inseriti.

Né ad eliminare tale loro interesse uguale e contrario all’annullamento degli atti impugnati può valere il fatto che la loro eventuale retrocessione, conseguente al preteso avanzamento del ricorrente nella graduatoria medesima per effetto dell’accoglimento del ricorso, li lascerebbe comunque in una posizione utile ai fini dell’assunzione, stante la circostanza che dalla posizione di tutti i vincitori ( o comunque degli idonei beneficiarii di successivi scorrimenti ) non emerge un indifferenziato e generico interesse dei vincitori ( od idonei ) medesimi a conseguire la assunzione su uno dei posti messi a concorso, ma discende anche il loro ordine di collocazione nel ruolo del personale, con ogni conseguenza anche ai fini della progressione in carriera e per la preposizione a particolari incarichi: e da qui, dunque, la sussistenza di un ben evidente interesse di tutti i spggetti ( almeno, come s’è detto, di quelli inseriti tra il 55° ed il 91° posto della graduatoria de qua ) ad opporsi alla domanda giudiziale del ricorrente, nella misura in cui la revisione da lui chiesta quale effetto della sentenza da lui auspicata favorevole è in grado di risolversi, secondo le sue stesse tesi, nella sua collocazione al 55° posto della relativa graduatoria.

7. – L’appello è poi infondato anche nella parte in cui censura la dichiarazione di inammissibilità resa dal T.A.R. in relazione alla inottemperanza all’ordine di integrazione del contraddittorio ravvisata dal Giudice di prime cure.

Parte appellante, che si diffonde sul fatto che l’Ordinanza n. 980/2003 che le ordinava l’integrazione del contraddittorio “non è stata mai comunicata né notificata al ricorrente” e che una volta avutane conoscenza ha presentato istanza di proroga poi respinta dal T.A.R. sulla base dell’erroneo assunto che il termine assegnato fosse trascorso, omette invero di considerare ch’egli ha trascurato del tutto di adempiere all’ordine di integrazione del contraddittorio contenuto nell’Ordinanza anzidetta.

Anche, dunque, a voler seguire la sua tesi, secondo cui ( a differenza di quanto ritenuto dal T.A.R. ) non avrebbe mai ricevuto comunicazione dell’ordinanza stessa sì che il termine di 60 giorni dalla comunicazione da essa stabilito sarebbe cominciato a decorrere solo il 9 febbraio 2004 ( quando, afferma, ne ha avuto conoscenza “in sede di esame del fascicolo d’ufficio da parte del suo difensore” ), resta il fatto, incontrovertibile ed insuperabile, che nemmeno nei 60 giorni successivi a tale data essa ha poi adempiuto a siffatto suo specifico ònere processuale.

Non valgono certo poi a trasferire l’imputabilità di tale inerzia sul Giudice di primo grado, come pure pretenderebbe, né il fatto ch’essa abbia proposto in pari data istanza di proroga del termine anzidetto, motivata con la pretesa necessità di esplicitazione da parte del Giudice delle corrette modalità di notificazione per pubblici proclami a séguito della intervenuta soppressione del F.A.L., né la reiezione fattane dal Giudice con Ordinanza n. 382/2004 con la motivazione che “il termine di 60 giorni assegnato con la ordinanza n. 980/2003, comunicata il 2.12.2003, risulta ampiamente scaduto alla data di presentazione della istanza di proroga”.

Ed infatti, da un lato, la domanda di proroga non poteva essere presa in considerazione non tanto perché il termine era scaduto (il che, come s’è visto, l’appellante contesta), ma perché nessuna difficoltà od impossibilità ( come del resto rimarcato dalla sentenza impugnata ) di osservare l’ordine di integrare il contraddittorio per pubblici proclami ( come disposto dall’Ordinanza n. 980/2003 ) poteva considerarsi derivare dalla sottolineata, intervenuta, soppressione del F.A.L. ad opera dell’art. 31 della legge n. 340/2000, dal momento che risulta di palmare evidenza che, essendosi il legislatore limitato a disciplinare esclusivamente i casi in cui la pubblicazione sul F.A.L. fosse prevista come unica forma di pubblicità, nei casi (quale appunto quello della notificazione per pubblici proclami regolata dagli artt. 14 e 16 reg. proc. Cons. St.), in cui tale forma di pubblicità è concorrente con altre ( nella disciplina citata, con la pubblicazione sulla G.U. ), l’adempimento è soddisfatto mediante il ricorso alla modalità residua, che rimane l’unica validamente disponibile;
dall’altro, la mera presentazione dell’istanza di proroga ( sulla quale il Giudice di primo grado ha provveduto con ordinanza depositata poco meno di due mesi dopo ) non poteva certo ritenersi utile a differire il tempo dell’adempimento fino al provvedimento del Giudice, anche in attesa del quale l’ordinaria ed assai semplice diligenza processuale ( priva, come s’è visto, di connotati di particolare gravosità ) imponeva dunque al ricorrente, quale soggetto titolare del principale interesse alla pronuncia nel merito, di adempiere all’Ordinanza di integrazione del contraddittorio.

7.1 – Dunque, una volta tenuta ferma l’ordinanza di integrazione del contraddittorio, non si possono non trarre le dovute conseguenze dall’ingiustificato inadempimento di essa.

Né a tale conclusione osta la successiva reiezione della citata istanza di proroga da parte del T.A.R., che, avente pacificamente contenuto non decisorio ( Cons. St., III, 20 settembre 2012, n. 5003 ), ben sarebbe potuta essere superata, ove il ricorrente avesse effettivamente provveduto alla disposta integrazione del contraddittorio se pure in un termine diverso da quello indicato (come trascorso) dal T.A.R. nella citata ordinanza di reiezione, dalla successiva pronuncia definitiva di primo grado, o, in sede di eventuale appello di quest’ultima, da parte di questo Consiglio.

D’altra parte, per finire sul punto, anche a voler far slittare la decorrenza del termine iniziale di adempimento al provvedimento con cui il T.A.R. ha deciso sulla detta istanza, resta il fatto che, stante la veduta obiettiva assenza di difficoltà nell’adempimento, il ricorrente ben avrebbe potuto comunque effettuare la notificazione nei 60 giorni successivi ( scadenti in data ampiamente anteriore alla data fissata per la trattazione del mérito del ricorso ), per poi far valere, appunto in sede di merito, la tempestività ( a suo avviso ) della notificazione stessa, alla luce del già sottolineato carattere dell’Ordinanza di reiezione della richiesta di proroga, che non è un provvedimento decisorio e definitivo, ma un provvedimento suscettibile di essere revocato dallo stesso giudice che lo ha emesso o comunque riesaminato dal collegio quando la causa gli viene rimessa per la decisione, atteso che le parti, senza bisogno di mezzi di impugnazione, possono proporre al collegio, quando la causa è rimessa a questo per la decisione, tutte le questioni risolute in via istruttoria con ordinanza revocabile.

8. – Sulla base di quanto sopra considerato, dovendosi ritenere assorbiti ogni altra eccezione di rito e motivo di merito in quanto ininfluenti ed irrilevanti ai fini della presente decisione si rivelano gli obiter dicta in proposito svolti dal T.A.R., l’appello è da respingersi, dovendosi confermare la sentenza impugnata nel suo dictum di inammissibilità del ricorso di primo grado per omessa integrazione del contraddittorio.

9. - Nella parziale novità delle questioni trattate il Collegio ravvisa eccezionali ragioni per compensare, ai sensi degli artt. 26, co. 1, c.p.a e 92, co. 2, c.p.c., le spese del presente grado di giudizio.

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