Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2022-05-20, n. 202204022
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Testo completo
Pubblicato il 20/05/2022
N. 04022/2022REG.PROV.COLL.
N. 04879/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4879 del 2021, proposto dall’Università degli Studi -OMISSIS-“ -OMISSIS- ”, in persona del Rettore pro tempore , rappresentata e difesa dagli avv.ti G L ed A C e con domicilio eletto presso lo studio del secondo, in Roma, via Principessa Clotilde, n. 2;
contro
prof. -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avv. G T e con domicilio eletto presso lo studio dello stesso, in Roma, piazza San Bernardo, n. 101;
per la riforma,
previa concessione di idonea misura cautelare,
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per -OMISSIS-, n. -OMISSIS-, resa tra le parti, con cui, previa riunione, sono stati accolti i ricorsi R.G. n. -OMISSIS-e R.G. n. -OMISSIS-, nonché i motivi aggiunti a quest’ultimo.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Vista l’istanza cautelare presentata in via incidentale dall’Università appellante;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’appellato;
Vista l’ordinanza della Sezione -OMISSIS-, con cui è stata respinta l’istanza cautelare;
Viste le memorie e i documenti delle parti, nonché la replica dell’appellato;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 marzo 2022 il Cons. Pietro De Berardinis e uditi per le parti gli avvocati A C e G T;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
Con l’appello in epigrafe l’Università degli Studi -OMISSIS-“ -OMISSIS- ” ha impugnato la sentenza del T.A.R. -OMISSIS- n. -OMISSIS-, chiedendone la riforma, previa concessione di idonea misura cautelare.
La sentenza appellata ha accolto, dopo averli riuniti, i ricorsi presentati dal prof. -OMISSIS- – professore ordinario di -OMISSIS-presso il Dipartimento -OMISSIS-dell’Ateneo – avverso i decreti del Rettore dell’Ateneo n. -OMISSIS-e n. -OMISSIS-, recanti irrogazione al docente delle sanzioni disciplinari, rispettivamente, della censura e della sospensione dall’ufficio e dalla stipendio per -OMISSIS-, nonché avverso la deliberazione del Consiglio di Amministrazione dell’Università del-OMISSIS-. recante applicazione della sanzione accessoria della decadenza dalla carica di -OMISSIS- del Dipartimento.
In fatto, la vicenda trae origine da accertamenti svolti nei confronti del citato docente, da cui è emerso che questi ha svolto nell’arco di tempo dal -OMISSIS-una serie di incarichi extraistituzionali che, sebbene autorizzati, sono risultati, per il numero elevato (-OMISSIS-), per l’impegno che hanno richiesto, per le modalità di svolgimento e per i compensi complessivamente percepiti, tali da escluderne la natura saltuaria e occasionale e, pertanto, da renderli incompatibili con lo svolgimento da parte dello stesso professore dell’attività istituzionale di insegnamento: ciò, tenuto conto che il medesimo è impiegato a tempo pieno e non a tempo definito.
A seguito di tali accertamenti, veniva dunque avviato nei confronti del professore un procedimento disciplinare, che si concludeva con l’irrogazione a suo carico della sanzione della censura, più lieve di quella proposta della sospensione dall’ufficio e dallo stipendio: su tale esito ha influito – come si legge nella sentenza gravata – la dichiarazione resa dallo stesso docente in data -OMISSIS-, con la quale quest’ultimo, dopo aver elencato le circostanze a sé favorevoli, si era impegnato, nel caso in cui il procedimento si fosse concluso con una sanzione che avesse tenuto conto di dette circostanze, a non impugnarla.
Senonché, successivamente il docente proponeva avverso la suddetta sanzione ricorso straordinario al Capo dello Stato, che, a seguito di opposizione dell’Università “ -OMISSIS- ”, veniva trasposto in sede giurisdizionale.
L’Ateneo, ritenendo che il comportamento del docente, consistito nel non avere rispettato l’impegno assunto di rinunciare ad agire in giudizio, fosse lesivo della dignità “ sua, del Collegio di disciplina, del Consiglio di amministrazione e del Rettore ”, nonché dell’onore del ruolo istituzionale ricoperto, a questo punto avviava nei suoi confronti un nuovo procedimento disciplinare, che si concludeva con l’inflizione della sanzione della sospensione dall’ufficio e dallo stipendio per -OMISSIS-. Anche tale provvedimento veniva impugnato dal docente con distinto ricorso giurisdizionale, integrato dalla successiva proposizione di motivi aggiunti, mediante cui veniva gravata l’applicazione della sanzione accessoria della decadenza dalla carica di -OMISSIS- del Dipartimento (carica elettiva all’epoca dei fatti rivestita dall’interessato).
Come detto, il T.A.R., dopo avere riunito i ricorsi, li ha accolti, ritenendo: a) illegittima la sanzione della censura, per la tardività (dedotta con il primo motivo) dell’avvio del procedimento disciplinare, in violazione dell’art. 10, comma 2, della l. n. 240/2010; b) altrettanto illegittima la sanzione della sospensione dal servizio e dallo stipendio, perché non rispondente ai canoni della ragionevolezza e della proporzionalità e per sviamento del concreto esercizio del potere sanzionatorio; c) per l’effetto illegittima, perché viziata da invalidità derivata, la sanzione accessoria della decadenza dalla carica rivestita.
Avverso la sentenza l’Università “ -OMISSIS- ” deduce nell’appello, pur senza articolarle in appositi motivi di gravame, molteplici censure, a partire dalla riproposizione delle eccezioni preliminari di inammissibilità già sollevate innanzi al T.A.R. e da questo disattese.
Si è costituito in giudizio l’appellato, depositando di seguito memoria con documentazione allegata e resistendo all’impugnazione dell’Ateneo.
L’istanza cautelare formulata dall’Università appellante è stata respinta con ordinanza della Sezione -OMISSIS-, attesa la carenza di periculum in mora .
Le parti hanno depositato memoria conclusiva nonché – il solo appellato – replica.
All’udienza pubblica dell’8 marzo 2022 sono comparsi i difensori delle parti, i quali hanno discusso brevemente la causa; di seguito, questa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Viene in decisione l’appello proposto dall’Università degli Studi -OMISSIS-“ -OMISSIS- ” contro la sentenza del T.A.R. -OMISSIS-che ha annullato le sanzioni disciplinari della censura e della sospensione per -OMISSIS- dall’ufficio e dallo stipendio inflitte dall’Università al prof. -OMISSIS-, nonché la consequenziale sanzione accessoria della decadenza del citato docente dalla carica di -OMISSIS- del Dipartimento di -OMISSIS-.
Il Collegio procede all’esame, anzitutto, delle censure mosse al capo della sentenza di primo grado che ha accolto il primo dei ricorsi riuniti (R.G. n. -OMISSIS-), avente ad oggetto l’impugnazione della sanzione della censura.
In primo luogo, l’Ateneo ripresenta le eccezioni di inammissibilità del ricorso, già sollevate innanzi al primo giudice e da questo disattese.
Per un verso, infatti, l’Università lamenta che il ricorso sarebbe inammissibile per acquiescenza, per avere il docente presentato, nel procedimento disciplinare sfociato nella censura, una dichiarazione, in data -OMISSIS-, di rinuncia alla tutela giurisdizionale.
Il T.A.R. ha respinto la relativa eccezione, in virtù sia dell’inconfigurabilità della rinuncia preventiva all’azione giudiziale, anteriore alla venuta ad esistenza del provvedimento lesivo, sia della mancanza del requisito (necessario affinché possa parlarsi di acquiescenza) della spontaneità della condotta, ma tali argomentazioni – si sostiene nell’appello – sarebbero erronee.
Infatti, da un lato, la dichiarazione dell’appellato nel caso di specie sarebbe senz’altro spontanea, in quanto la sua sottoposizione al procedimento disciplinare non avrebbe comportato nessuna pressione o condizionamento psicologico nei suoi confronti, e comunque il foro interno del professore sarebbe irrilevante. Inoltre, il T.A.R. avrebbe errato nel considerare la predetta dichiarazione non riferita a una precisa sanzione, poiché, in realtà, il docente avrebbe espresso la rinuncia a impugnare la sanzione della censura e non un provvedimento che lo avesse sanzionato più gravemente, sicché l’impegno da lui assunto sarebbe chiaro e circostanziato.
D’altro lato, la motivazione dell’esclusione di una rinuncia preventiva alla tutela giudiziale sarebbe inconferente, perché tale esclusione riguarda ipotesi in cui non si conosce il contenuto dell’atto lesivo, oppure si spera che esso non sia adottato, mentre nel caso de quo sarebbe stato il medesimo docente ad invocare l’emanazione dell’atto che poi ha impugnato.
Quanto all’acquiescenza preventiva, la stessa dovrebbe ammettersi quale dismissione di un interesse legittimo o quale rinuncia alla facoltà di insorgere di fronte ad un atto divenuto illegittimo, dunque come acquiescenza preventiva in rapporto ad atti in corso, con implicita rinuncia ad ogni tentativo di successiva azione giudiziaria: laddove nella vicenda in esame la rinuncia sarebbe addirittura esplicita. Secondo la dottrina, poi, l’acquiescenza (sostanziale) si configurerebbe come una dichiarazione del destinatario del provvedimento di assenso all’effetto da questo costituito e quindi potrebbe essere sia preventiva che successiva all’adozione dello stesso.
Per vero – aggiunge la difesa dell’Ateneo – l’acquiescenza andrebbe distinta dalla rinuncia, poiché la prima sarebbe negozio rinunciativo