Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2018-12-06, n. 201806918

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2018-12-06, n. 201806918
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201806918
Data del deposito : 6 dicembre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 06/12/2018

N. 06918/2018REG.PROV.COLL.

N. 06232/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6232 del 2018, proposto da:
Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

Associazione Industriali Prov. Chieti e Pescara - Confindustria Chieti e Pescara non costituito in giudizio;
Rockhopper Italia s.p.a., rappresentato e difeso dagli avvocati A M, L C, con domicilio eletto presso lo studio A M in Roma, via Venti Settembre 1;

nei confronti

Regione Abruzzo, Comune di Vasto, Provincia di Chieti, Comune di San Vito Chietino, Comune di Ortona, Comune di Fossacesia, Comune di Torino di Sangro, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza n. 7325 del 2018 del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Roma, Sezione II- bis


visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visto l'atto di costituzione in giudizio di Rockhopper Italia s.p.a.;

viste le memorie difensive;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nella camera di consiglio del giorno 18 ottobre 2018 il Cons. V L e uditi per le parti gli avvocati Giacomo Aiello, Pietro Garofoli e Andrea Giordano, dell'Avvocatura Generale dello Stato, L C e A M.


FATTO e DIRITTO

1.– L’amministrazione appellante, con ricorso per ottemperanza ai sensi dell’articolo 112, comma 5, cod. proc. amm., ha chiesto chiarimenti per la corretta esecuzione della sentenza del Consiglio di Stato 9 marzo 2016, n. 943, che ha confermato la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, 16 aprile 2014, n. 4123.

Con le predette sentenze il giudice amministrativo ha deciso i ricorsi avverso i provvedimenti ministeriali dell’8 luglio 2013 e del 29 luglio 2013 relativi a una procedura di autorizzazione integrata ambientale.

In particolare, il Tribunale amministrativo ha respinto il ricorso proposto dalla società per azioni Medoilgas Italia (ora Rockhopper Italia s.p.a.) avverso: i ) la nota del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare dell’8 luglio 2013, con cui si invitava la Direzione generale per le valutazioni ambientali del Ministero a disporre un supplemento di istruttoria ai fini della sottoposizione alla procedura di autorizzazione integrata ambientale (di seguito anche Aia); ii ) il provvedimento dello stesso Ministero del 9 luglio 2013 con cui, conseguentemente, si disponeva un supplemento di istruttoria, ritenendosi necessaria la sottoposizione del progetto ad autorizzazione integrata ambientale. Con la stessa sentenza il Tribunale ha dichiarato improcedibile il ricorso incidentale proposto dal Comune di San Vito Chietino e inammissibili i ricorsi incidentali proposti dai Comuni intervenienti.

Il Consiglio di Stato, con la sentenza sopra indicata, ha respinto l’appello proposto dalla società interessata nei confronti della sentenza di primo grado.

In particolare, nella sentenza si è esaminato il merito, nonostante fosse stata rilasciata l’autorizzazione integrata ambientale durante il giudizio, ritenendo la persistenza dell’interesse ai della domanda risarcitoria.

2.– Il Ministro, con il ricorso per chiarimenti in fase esecutiva proposto innanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, ha fatto presente che la società interessata, società di diritto britannico, congiuntamente alla sua controllante e ad altra società collegata, ha presentato una domanda di arbitrato all’ International Centre for Settlement of Investment Disputes, Washington, ai sensi dell’articolo 26 del Trattato sulla carta dell’energia del 1994 (ECT), al fine di ottenere il riconoscimento della responsabilità dello Stato italiano per i danni sofferti sia a causa della pretesa illegittimità del ritardo nel procedimento di rilascio dei titoli autorizzatori per lo sfruttamento minerario dell’area cd Ombrina Mare 2 e, in particolare, in ordine alla decisione dell’amministrazione statale di acquisire l’autorizzazione integrale ambientale sul progetto, sia per gli effetti sull’investimento determinati dalla successiva previsione normativa (art. 1, comma 239, della legge n. 208 del 2015) che ha esteso il divieto di trivellazioni nelle zone di mare poste entro le 12 miglia dalla costa.

Il ricorrente ha rilevato che: i ) se lo Stato italiano venisse condannato in sede internazionale si determinerebbe la violazione del giudicato, con violazione del principio del ne bis in idem ; ii ) la decisione di un giudice arbitrale internazionale determinerebbe la violazione del diritto europeo che contiene norme di disciplina della materia, con conseguente necessità di effettuare un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia; iii ) il giudice arbitrale, essendosi pronunciato il Consiglio di Stato, non avrebbe competenza.

2.– Il Tribunale amministrativo, con sentenza 2 luglio 2018, n. 7235, ha fornito chiarimenti nel senso che la sentenza del Consiglio di Stato si è limitata a ribadire la legittimità degli atti impugnati, con rigetto dell’appello. Non si sarebbe, pertanto, realizzato alcun effetto conformativo e, pertanto, l’amministrazione non deve svolgere « alcuna specifica attività amministrativa al fine di conformarsi ad esso ».

3.– L’amministrazione ha proposto appello, ritenendo erronea la sentenza e riproponendo i quesiti già formulati in primo grado. In particolare, si è sottolineato come a tali quesiti debba essere fornita una risposta positiva nel senso indicato dal ricorrente.

3.1.– Si è costituita in giudizio la società, chiedendo che venga dichiarato inammissibile il ricorso per chiarimenti.

4.– La causa è stata decisa all’esito della camera di consiglio del 18 ottobre 2018.

5.– Il ricorso non è fondato.

L’art. 112 cod. proc. amm. prevede, al comma 5, che il ricorso possa « essere proposto anche al fine di ottenere chiarimenti in ordine alle modalità di ottemperanza ».

L’ambito applicativo della norma è strettamente correlato a quello del giudizio di ottemperanza. Se, pertanto, il ricorso di ottemperanza deve muoversi entro il perimetro segnato dal giudizio di cognizione, allo stesso modo il ricorso per chiarimenti ha lo stesso limite rappresentato dalla sentenza che ha definito nel merito il rapporto amministrativo. Più in particolare, la finalità del ricorso in esame è quello di eliminare incertezze relative al contenuto della sentenza da ottemperare.

La giurisprudenza amministrativa ha, infatti, affermato che è stata disciplinata « un’azione esecutiva di accertamento volta ad eliminare possibili incertezze nella fase di attuazione del rapporto processuale definito con una sentenza passata in giudicato » (Cons. Stato, sez. VI, 26 marzo 2014, n. 1472;
Cons. Stato, sez. V, 16 maggio 2017, n. 2324, che ha precisato come il rimedio della richiesta di chiarimenti sia diretto ad ottenere precisazioni e delucidazioni su punti del decisum o sulle concrete e precise modalità di esecuzione, laddove si riscontrino elementi di dubbio e di non immediata chiarezza).

Nella fattispecie in esame il Consiglio di Stato era chiamato a decidere in ordine alla legittimità della decisione amministrativa di richiedere l’autorizzazione ambientale integrata. Essendo stata rilasciata tale autorizzazione, il giudizio, come già sottolineato, era volto soltanto a stabilire se potessero esservi spazi in ordine ad una possibile pretesa risarcitoria connessa al ritardo nella definizione della vicenda amministrativa conseguente alla richiesta della suddetta autorizzazione.

All’esito del giudizio il Consiglio di Stato ha ritenuto che l’attività dell’amministrazione dovesse ritenersi legittima, essendo l’Aia un atto necessario. Si tratta, pertanto, di una sentenza di rigetto che, in quanto tale, come correttamente messo in rilievo dal primo giudice, non richiedeva alcuna ulteriore attività da parte dell’amministrazione suscettibile di creare incertezze in ordine alle concrete modalità applicative da seguire per ottemperare al giudicato.

In questo contesto, i quesiti, sopra riportati, pongono questioni diverse ed ulteriori rispetto a quelle decise con la sentenza di cognizione ed, in quanto tali, non possono essere esaminati in questa sede.

In particolare, l’esistenza di un accordo assunto in sede internazionale e la domanda arbitrale finalizzati ad esaminare una eventuale domanda risarcitoria non sono entrati nel processo di cognizione e, conseguentemente, non possono entrare nel processo di esecuzione.

Il sistema conosce altri rimedi e strumenti di tutela che l’amministrazione ricorrente può attivare per tutelare le sue posizioni ma non può essere utilizzato il ricorso per chiarimenti per decidere questioni diverse che attengono al merito di una differente controversia.

In tale prospettiva, non può valutarsi né la violazione del giudicato né la violazione del diritto europeo né le regole di riparto delle competenze tra giudice nazionale e giudice internazionale in quanto, si ribadisce, si tratta di aspetti che non sono stati decisi con la sentenza n. 943 del 2016 e, pertanto, non possono costituire dubbi afferenti alla sua fase esecutiva.

6.– La particolarità della questione esaminata giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio.

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