Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-02-04, n. 201300649
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N. 00649/2013REG.PROV.COLL.
N. 05749/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello n. 5749 del 2012, proposto dal
Comune di Carbonera, in persona del sindaco legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. L T e M E V, ed elettivamente domiciliato presso quest’ultimo in Roma, via Barnaba Tortolini n. 13, come da mandato a margine del ricorso introduttivo;
contro
Edile Delta s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti G S e F L, ed elettivamente domiciliata presso quest’ultimo in Roma, via del Viminale n. 43, come da mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sezione seconda, n. 1832 del 14 dicembre 2011, redatta in forma semplificata;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Edile Delta s.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 novembre 2012 il Cons. D S e uditi per le parti gli avvocati Luca Mazzeo (su delega di M E V) e Piero Borella (su delega di G S).;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso iscritto al n. 5749 del 2012, il Comune di Carbonera propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sezione seconda, n. 1832 del 14 dicembre 2011, redatta in forma semplificata, con la quale è stato accolto il ricorso proposto da Edile Delta s.r.l. per l'annullamento: a) della cartella di pagamento n. 113 2008 00288891 15, con la quale è stato richiesto il pagamento della somma di euro 90.702,59 per supposto inadempimento di obblighi convenzionali e conseguente applicazione della penalità contrattualmente prevista;b) degli atti presupposti e conseguenti, tra i quali l'avviso di vendita 27.9.2011 - pratica 120/2011.
Dinanzi al giudice di prime cure, la parte ricorrente aveva premesso che in data 22 luglio 1998, con atto pubblico (con Rep. N. 43359 e Racc. n. 12823 a rogito notaio Baravelli di Treviso), il Comune di Carbonera e la società Edile Delta s.r.l. stipulavano una convenzione urbanistica (doc. 2, fasc. primo grado) per l'attuazione di un Piano di Edilizia Economica Popolare, approvato con Delibera G.R.V. n. 3894 del 18 luglio 1980, ai fini della costruzione, poi avvenuta nel 2000, di un edificio residenziale in frazione Capoluogo (loc. Biban), Vascon e San Giacomo.
L'art. 1 della Convenzione stabiliva che "il Comune di Carbonera concede alla società Edile Delta s.r.l. [...] il diritto di proprietà sulle seguenti aree, allo scopo di realizzare alloggi a carattere economico e popolare, negozi e servizi urbani e sociali, in base a progetto edilizio esecutivo da approvare nei modi di legge e nel rispetto della variante al piano PEEP in vigore: lotto R4, destinato alla realizzazione di un intervento abitativo di n. 12 circa alloggi (…).
L'art. 3 della Convenzione prevedeva inoltre che "alla società Edile Delta s.r.l. od ai suoi aventi causa, è altresì consentita la cessione degli alloggi stessi, con la conseguente cessione parziale o totale del diritto di proprietà [..]Il prezzo di cessione sarà determinato sulla base di un prospetto che il concessionario dovrà presentare all'Amministrazione comunale prima di procedere alle vendite [...). Il calcolo del prezzo unitario di prima cessione dovrà essere applicato alla superficie complessiva dell'alloggio come definita dall'art. 2 del D.M. 10 aprile 1977. Nel caso di cessione degli alloggi ad un prezzo superiore a quello determinato secondo i criteri sopra esposti [...] sarà applicata al concessionario alienante una penalità convenzionale pari a 5 volte la differenza tra i due prezzi".
Ottenute le concessioni edilizie, Edile Delta realizzava gli edifici oggetto della convenzione.
Nel 2000, prima di procedere alla vendita degli alloggi, Edile Delta presentava al Comune il prospetto contenente la determinazione del prezzo unitario di prima cessione (ottenuto, quest'ultimo, calcolando i valori massimi in base alle superfici convenzionate, che dovevano misurarsi in base ai criteri del D.M. 10 maggio 1977).
A seguito della trasmissione del prospetto ad opera della Edile Delta, con atto prot. 9261 del 1° giugno 2000 (doc. 3, fasc. primo grado), il Comune, tramite provvedimento prot. 9716 del 7 giugno 2000 (doc. 4, fasc. primo grado), a propria volta precisava che i prezzi indicati, relativi alle superfici quantificate dalla società stessa, avrebbero dovuto essere ritenuti conformi ai criteri sanciti nel D.M. 10 maggio 1.977;successivamente Edile Delta procedeva ad alienare gli alloggi.
Nel marzo 2006, al Comune perveniva la comunicazione, da parte dei sig.ri Micheli e Ponchia, assegnatari dell'alloggio n. 14, situato nell'area PEEP di Biban, dell'intenzione di vendere l'immobile, ai fini di un'eventuale esercizio del diritto di prelazione da parte del Comune stesso. Veniva quindi eseguita una verifica da parte dell’ufficio tecnico: in tale frangente emergeva una evidente difformità tra la superficie convenzionata, risultante dai grafici del progetto allegato alle concessioni edilizie, e quella dichiarata da Edile Delta nel prospetto concernente i prezzi di prima cessione. Più precisamente, la superficie effettivamente accertata era pari a 170,11 mq., mentre quella indicata nel prospetto era 188,28 mq., circostanza che aveva determinato un prezzo unitario di prima vendita maggiore rispetto al dovuto (ossia 16.804 euro in più).
Il Comune richiedeva chiarimenti in merito alle difformità emerse dalla verifica con atto prot. 11476 (doc. 6, fasc. primo grado), ma otteneva in risposta dal legale incaricato da Edile Delta, avv. G S, una lettera datata 27 giugno 2006, secondo cui i prezzi indicati nel prospetto erano stati controllati e approvati dal Comune. Il 22 luglio 2007 il Comune procedeva all'applicazione della penale prevista dalla legge e stabilita nei suoi criteri di determinazione nella convenzione, calcolata nell'ammontare di euro 84.022,60 (doc. 7, fasc. primo grado).
A seguito del mancato pagamento, il Comune procedeva con l'iscrizione a ruolo per il pagamento della penale, definitivamente quantificata in euro 90.702,59 , e in data 13 novembre 2008 seguiva la notifica della relativa cartella esattoriale (doc. 1, fasc. primo grado).
Avverso tale atto Edile Delta proponeva opposizione al Tribunale di Treviso (doc. 8, fasc. primo grado).
Quest'ultimo disponeva la sospensione della cartella esattoriale, salvo poi dichiarare il proprio difetto di giurisdizione riguardo alla richiesta di annullamento del ruolo, in favore del Giudice amministrativo.
Nel frattempo il Comune riesaminava la documentazione relativa a tutti gli alloggi convenzionati, e riscontrava altri errori di calcolo, della medesima specie di quelli occorsi relativamente all'unità abitativa n. 14. Conseguentemente, il 1. aprile 2009 comunicava la violazione della convenzione e l'applicazione di un'ulteriore penale, quantificata in euro 618.833,24. Il relativo provvedimento di diffida veniva impugnato da Edile Delta avanti al TAR Veneto, sez. II, che si pronunciava con sentenza del 5 luglio 2010, n. 2783 (doc. 2), rideterminando il valore della penale in euro 154.713,35, sulla base di apposita CTU. La decisione era poi confermata dal Consiglio di Stato, sez. IV, con sentenza 2 febbraio 2012, n. 616 (doc. 3).
Nel contempo il procedimento parallelo, originato dalla prima violazione, veniva riassunto dinanzi al TAR Veneto, il quale accoglieva il ricorso con la sentenza n. 1832/2011 in epigrafe descritta.
In particolare, il Tribunale, ritenuto assorbente il primo motivo di ricorso, in relazione all'asserita violazione dell'art. 11, D. P. R. n. 602/1973, aderiva alla tesi dell'illegittimità della procedura di riscossione coattiva mediante ruolo delle somme dovute a titolo di penale, affermando che sarebbero state iscrivibili a ruolo "esclusivamente le imposte, le sanzioni e gli interessi", con esclusione delle entrate di diversa natura.
Riteneva invero il TAR che "il titolo della pretesa dell'Amministrazione è costituito (...) dalla penale convenzionalmente pattuita e, dunque, non rientra in alcuna delle fattispecie previste dall'art. 11 del d. p. r 602/1973, giacché il termine sanzioni che figura in tale disposizione deve essere interpretato nel senso dell'esclusivo riferimento alle sanzioni irrogate nell'esercizio di un potere di imperio di natura amministrativa e non anche alle c.d. pene private;peraltro, secondo la tesi prevalente, condivisa dal Collegio, la funzione assolta dalla clausola penale è essenzialmente risarcitoria, in quanto diretta a consentire una liquidazione preventiva del danno, esonerando il creditore dall'onere di provare il quantum debeataur (Cass. Civ., sez. III, 19 gennaio 2007, n. 1183);dunque, illegittimamente l 'amministrazione ha proceduto alla riscossione coattiva mediante ruolo di un credito non risultante da un titolo avente efficacia esecutiva, come prescritto dall'art. 21 del d. lgs. n. 46 del 1999 ". La cartella esattoriale, espressiva del ruolo, veniva quindi annullata.
Costituitosi il Comune di Carbonera, il ricorso veniva deciso con la sentenza appellata, redatta in forma semplificata. In essa, il T.A.R. riteneva fondate le censure proposte, sottolineando l’illegittimità dell’operato della pubblica amministrazione, in relazione alla procedura non consentita ed alla non esecutività del titolo azionato.
Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenzia l’errata ricostruzione in fatto e in diritto operata dal giudice di prime cure, in relazione al legittimo utilizzo dell’iscrizione in ruolo del titolo vantato.
Nel giudizio di appello, si è costituita la parte controinteressata, Edile Delta s.r.l., chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.
All’udienza del 18 settembre 2009, l’esame dell’istanza cautelare veniva rinviato al merito.
Alla pubblica udienza del 27 novembre 2012, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione, previa rinuncia alla cautela pendente.
DIRITTO
1. - L’appello non è fondato e va respinto per i motivi di seguito precisati.
2. - Evidenzia la Sezione come, nelle ristrettezze di una decisione in forma semplificata, il giudice di prime cure abbia basato il suo convincimento su una serie di elementi cosi riassumibili:
a) ha ritenuto carente la sua giurisdizione in relazione all’avviso di vendita del 29 settembre 2011, in quanto atto della procedura esecutiva in relazione al quale sussiste la giurisdizione del giudice ordinario, in considerazione della posizione di diritto soggettivo azionata dal creditore;
b) ha ritenuto sussistente la propria giurisdizione riguardo all’impugnazione della cartella di pagamento, atteso che le controversie nascenti dalle convenzioni urbanistiche appartengano alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, come oramai riconosciuto anche a livello codicistico dall’art. 133, lett. a), punto 2 c.p.a.. (cfr., ex multis, Cons. St., sez. IV, 22 gennaio 2010);
c) ha evidenziato come la pretesa del Comune si fondi sulla convenzione stipulata e che il petitum sostanziale della controversia non è limitato all’illegittimità della procedura d’iscrizione a ruolo seguita dall’amministrazione ma involge l’accertamento dell’inesistenza dell’inadempimento all’origine della pretesa vantata dall’amministrazione e la legittimità e la qualificazione giuridica di tale pretesa, avente ad oggetto il pagamento di una somma di denaro richiesto dal Comune a titolo di penale convenzionalmente pattuita;
d) ha notato che, in violazione dell’art. 11 del d.p.r. n. 602 del 1973, l’amministrazione ha illegittimamente proceduto alla riscossione coattiva mediante ruolo di somme richieste dall’amministrazione a titolo di penale per l’inadempimento di una clausola inserita nella convenzione urbanistica, violando il limite dell’art. 11 sopra citato, per cui possono essere iscritte nel ruolo esclusivamente le imposte, le sanzioni e gli interessi;
e) ha quindi sottolineato che, illegittimamente, l’amministrazione ha proceduto alla riscossione coattiva mediante ruolo di un credito non risultante da un titolo avente efficacia esecutiva, come prescritto dall’art. 21 del d. lgs. n. 46 del 1999.
Come si vede, le ragioni fondanti della decisione sono fondamentalmente due, attinenti rispettivamente all’illegittimità della procedura e alla carente natura di titolo esecutivo dell’atto iscritto a ruolo.
L’amministrazione comunale ha contestato entrambi i presupposti giuridici, e la Sezione, stante l’autonomia decisionale dei due diversi argomenti, ritiene necessario soffermarsi prioritariamente sul secondo tema, vagliato nel punto 2 del ricorso in appello.
In tale punto, censurando la valutazione operata dal T.A.R., si afferma che, anche ammettendo la natura privatistica della sanzione irrogata, il titolo avrebbe comunque efficacia di titolo esecutivo, in quanto preceduto da una diffida ad adempiere, inviata dal Comune di Carbonera prima di avviare la procedura di iscrizione a ruolo e non impugnata.
2.1. - La ricostruzione non può essere condivisa.
Va in primo luogo ricordato che la clausola penale è istituto del diritto dei contratti, disciplinata dagli art. 1382 e sgg del codice civile. All’interno delle ricostruzioni dogmatiche e giurisprudenziali sulla natura dell’istituto è sorta la questione della sua possibile funzione sanzionatoria, dove funzione sanzionatoria attiene a un meccanismo di carattere parimenti paritetico destinato a incidere sulla condotta della controparte in maniera indipendente dal quantum del danno provocato dall’inadempimento.
Anche aderendo a tale impostazione, questo non comporta un’assimilazione del modus di funzionamento della clausola penale con le sanzioni amministrative, connotate da un carattere di tipicità e ancorate al disposto di cui all’art. 23 della Costituzione.
L’ipotesi che quindi la previsione convenzionale de qua possa trasmigrare dall’ambito delle modalità private di tutela contro l’inadempimento all’ambito tassativo delle sanzioni amministrative va decisamente respinta.
A maggior ragione deve negarsi la possibilità di far trasmigrare nel piano amministrativo un atto, come la diffida ad adempiere, anch’essa collegata al tema dell’inadempimento ed esplicitamente disciplinata dall’art. 1454 del codice civile. L’ipotesi che un atto di natura anch’essa paritaria, e come tale disciplinato dal codice di diritto comune, si trasformi ad libitum del soggetto che se ne giova in atto amministrativo appare assolutamente irrispettosa dei principi di legalità, tassatività e predeterminazione degli effetti sulla sfera giuridica del privato che viene inciso dall’azione amministrativa.
Osservando allora il disposto normativo, si rileva che l’evocata iscrizione a ruolo, ammissibile anche per le entrate di diritto privato, ha come presupposto l’esistenza di un titolo esecutivo (DLgs 26 febbraio 1999, n. 46 “Riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, a norma dell'articolo 1 della legge 28 settembre 1998, n. 337” art. 21 “Presupposti dell'iscrizione a ruolo”: “Salvo che sia diversamente disposto da particolari disposizioni di legge, e salvo, altresì, quanto stabilito dall'art. 24 per le entrate degli enti previdenziali, le entrate previste dall'articolo 17 aventi causa in rapporti di diritto privato sono iscritte a ruolo quando risultano da titolo avente efficacia esecutiva”) e che pertanto, nel caso de qua, la disciplina normativa appare violata.
Per tali ragioni, deve condividersi espressamente l’affermazione del giudice di prime cure sull’inesistenza di un titolo esecutivo posto a fondamento dell’azione del Comune di Carbonera (sulla sua necessità, riguardo all’iscrizione a ruolo di entrate di diritto privato di un soggetto pubblico, Cassazione civile, sez. III, 4 luglio 2011 n. 14628) e, conseguentemente, la rilevata illegittimità dell’azione amministrativa in esame.
3. - Il rigetto del secondo motivo di ricorso conduce a confermare la sentenza, senza necessità di accedere alle altre doglianze proposte, vista l’indipendenza delle ragioni fondanti la decisione del T.A.R.. L’appello va quindi respinto. Sussistono peraltro motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali, determinati dalle oggettive difficoltà di accertamenti in merito alla questione sottoposta.