Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2012-01-27, n. 201200372

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2012-01-27, n. 201200372
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201200372
Data del deposito : 27 gennaio 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 05731/2006 REG.RIC.

N. 00372/2012REG.PROV.COLL.

N. 05731/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5731 del 2006, proposto da:
G R, M D, G L e G C (le ultime tre quali eredi di G V), rappresentati e difesi dall'avv. G S, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo in Roma, via Vittorio Veneto, 7;

contro

Comune di Passignano sul Trasimeno, non costituito;

nei confronti di

Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. UMBRIA - PERUGIA n. 00290/2006, resa tra le parti, concernente:

ESERCIZIO DELLA PRELAZIONE SU IMMOBILE VINCOLATO – QUESTIONE DI GIURISDIZIONE


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero per i beni e le attività culturali;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 dicembre 2011 il Cons. Roberto Giovagnoli e uditi per le parti l’avvocato Serges e l’avvocato dello Stato Stigliano Messuti.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso proposto al Tribunale amministrativo regionale per l’Umbria i signori G R, Gagliano Chiaro, M D, Gagtliano Laura (gli ultimi tre in qualità di eredi del signor G V) hanno impugnato il provvedimento con cui il Comune di Passignano sul Trasimeno ha esercitato la prelazione, ai sensi degli artt. 59 e ss. del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, sull’immobile sito in Passignano sul Trasimeno, via Vittoria Aganoor Pompili, 49 e 51.

2. I ricorrenti hanno formulato le seguenti censure: a ) insussistenza del vincolo sull’immobile in questione; b ) violazione dei termini per esercitare la prelazione.

3. Con la sentenza appellata, il Tribunale amministrativo regionale per l’Umbria ha declinato la giurisdizione, rilevando che “in tema di prelazione a favore dello Stato nelle alienazioni a titolo oneroso di cose di interesse storico o artistico, ove di deduca la carenza, in capo alla pubblica amministrazione, del potere ablatorio ovvero l’acquisizione del diritto di proprietà sul bene senza l’esercizio del diritto di prelazione nel termine per esso stabilito, al relativa controversia spetta alla giurisdizione del giudice ordinario, venendo in rilievo la tutela del diritto soggettivo” .

4. Per la riforma di tale sentenza i ricorrenti nominati in epigrafe hanno proposto appello.

5. L’appello merita accoglimento.

6. L’orientamento richiamato dal Tribunale amministrativo regionale per declinare la giurisdizione pare far riferimento alla nota distinzione tra “carenza di potere in astratto” e “carenza di potere in concreto”, in base alla quale il diritto soggettivo (e quindi la giurisdizione ordinaria) si configura non solo quando il potere che l’Amministrazione pretende di esercitare è totalmente assente perché manca la relativa norma attributiva (carenza in astratto), ma anche quando l’Amministrazione esercita un potere di cui è titolare, in mancanza, però, di quelli che si configurano come presupposti di esistenza del potere stesso (carenza in concreto).

Da qui l’ulteriore distinzione, alquanto problematica, tra presupposti di esistenza del potere (la cui mancanza dà luogo a carenza di potere in concreto, con giurisdizione del giudice ordinario) e requisiti di legittimità (la cui mancanza dà luogo a cattivo uso del potere e giurisdizione amministrativa).

7. Tale indirizzo interpretativo, tuttavia - sebbene in passato recepito anche dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione - è ormai superato alla luce dell’evoluzione normativa e giurisprudenziale che ha interessato l’ordinamento amministrativo, e in particolare circa il tema del riparto di giurisdizione, nel corso degli ultimi anni.

A favore del superamento di tale indirizzo viene, in primo luogo, in rilievo l’art. 21- septies , l. 7 agosto 1990, n. 241, introdotto dall’art. 14 l. 11 febbraio 2005, n. 15, che ha codificato la categoria della nullità del provvedimento amministrativo.

E’ evidente il rapporto tra nullità del provvedimento e riparto della giurisdizione: secondo la tradizionale teoria della degradazione, evocata circa il riparto della giurisdizione, il provvedimento nullo non produce l’effetto degradatorio e lascia sopravvivere intatto il diritto soggettivo, con conseguente attribuzione della controversia alla giurisdizione ordinaria.

L’art. 21- septies l. n. 241 del 1990, nell’individuare come causa di nullità il “difetto assoluto di attribuzione”, evoca la cosiddetta carenza di potere in astratto, vale a dire l’ipotesi in cui l’Amministrazione assume di esercitare un potere che in realtà nessuna norma le attribuisce. Nel caso però in cui l’Amministrazione è resa dalla legge effettiva titolare del potere, ma questo viene esercitato in assenza dei suoi concreti presupposti, non si è in presenza di un difetto assoluto di attribuzione. In tal caso, dove è l’esercizio del potere ad essere viziato, ma non si pone questione di sua esistenza, il provvedimento sarà annullabile, non già nullo, quindi in grado di “degradare” la posizione del privato, dal che consegue la sussistenza della giurisdizione amministrativa.

Del resto, equiparare, ai fini del riparto della giurisdizione, la carenza di potere in astratto e la carenza di potere in concreto, genera notevoli incertezze proprio per la difficoltà - a fronte di un potere male esercitato - di stabilire se quel vizio integri una carenza in concreto o una normale ipotesi di cattivo uso di un esistente potere. Inoltre, collegare il riparto della giurisdizione allo spessore del vizio che affligge il provvedimento conduce, da un lato, a legare la questione di giurisdizione all’esito di una valutazione di merito (la quale per sua natura deve seguire, non precedere, la verifica della giurisdizione) e, dall’altro, per dar luogo a rilevanti complicazioni e contraddizioni quando il ricorrente intende al tempo stesso lamentare la mancanza sia dei presupposti di esercizio del potere (e quindi la cosiddetta carenza in concreto), sia dei requisiti di legittimità (e quindi il cattivo esercizio del potere).

È per siffatte considerazioni che orami la giurisprudenza (cfr. Cass., SS.UU., 6 febbraio 2008, n. 2765) ritiene sussistere la giurisdizione amministrativa se il provvedimento è comunque espressione di un potere di cui l’Amministrazione è per legge titolare (e manifesta quindi un’attribuzione sua propria), senza che la gravità del concreto vizio del provvedimento possa ritornare a incidere sull’individuazione della giurisdizione competente.

8. Deve allora ritenersi che nel caso di specie la controversia appartiene alla giurisdizione amministrativa, atteso che il Comune di Passignano sul Trasimeno ha esercitato un potere (quello di prelazione) di cui per legge è certamente titolare. Non è qui invero in discussione l’esistenza del potere;
la contestazione ricade semplicemente sulla correttezza dell’esercizio di questo potere, di cui appunto i ricorrenti lamentano l’illegittimità per mancanza di un presupposto (l’esistenza del vincolo) e per violazione dei termini.

Si tratta allora di una controversia in cui vengono in rilievo interessi legittimi, come quello dei ricorrenti a conservare il bene opponendosi all’esercizio del potere ablatorio dell’Amministrazione, qui manifestato dall’impugnato provvedimento di prelazione. L’effettiva verifica circa la legittimità di questo provvedimento (circa, quindi, l’esistenza dei presupposti di esercizio del potere o dei requisiti di legittimità) spetta al giudice amministrativo.

9. Va, pertanto, dichiarata la giurisdizione del giudice amministrativo.

La sentenza di primo grado, di conseguenza, va annullata, con rinvio innanzi al medesimo Tribunale amministrativo regionale per la decisione nel merito.

Nei rapporti con il Comune di Passignano sul Trasimeno, le spese della presente fase seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

Sussistono invece i presupposti, considerata anche la diversa posizione processuale, per disporre la compensazione delle spese nei confronti del Ministero per i beni e le attività culturali.

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