Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2015-07-21, n. 201503615
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiSul provvedimento
Testo completo
N. 03615/2015REG.PROV.COLL.
N. 00938/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 938 del 2015, proposto da:
Cons.Coop (Consorzio fra Cooperative di Produzione e Lavoro), in persona del legale rappresentante
pro tempore
, in proprio e in qualità di mandataria dell’ATI “Cons.Coop. - F s.r.l.”, e da F s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'avvocato F M, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato N L in Roma, Via C. Monteverdi, n. 20;
contro
Comune di Lecce, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati E C e L Astuto, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Francesco Baldassarre in Roma, Via della Scrofa, n. 64;
M s.r.l., in proprio ed in qualità di mandataria dell’ATI con Arboviridis s.r.l., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall'avvocato Saverio Sticchi Damiani, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza San Lorenzo in Lucina, n. 26;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. Puglia - Sezione staccata di Lecce, Sezione II, n. 00216/2015, resa tra le parti.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Lecce e della M s.r.l.;
Viste le memorie prodotte dalla appellante e dalla M s.r.l. a sostegno delle rispettive difese;
Vista la propria ordinanza 4 marzo 2015, n. 962;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 maggio 2015 il Cons. Antonio Amicuzzi e uditi per le parti gli avvocati F M, Andrea Pubusa, su delega dell'avvocato L Astuto, e Salvatore Dettori, su delega dell'avvocato Saverio Sticchi Damiani;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1.- L’ATI Cons.Coop - F s.r.l. ha partecipato alla procedura aperta indetta dal Comune di Lecce per i lavori di valorizzazione integrata delle mura urbiche (secondo lotto), da aggiudicarsi con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, classificandosi al secondo posto, dopo la ATI M s.r.l. – Arboviridis s.r.l., cui è stata aggiudicata in via definitiva la gara con determinazione dirigenziale n. 307 del 12 settembre 2014.
2.- L’ATI seconda classificata ha allora impugnato presso il T.A.R. Puglia, Lecce, detta determinazione dirigenziale e tutti gli atti presupposti, chiedendo anche la declaratoria di inefficacia del contratto di appalto, se sottoscritto, ed il risarcimento del danno.
L’ATI aggiudicataria ha proposto a sua volta ricorso incidentale, deducendo che la Cons.Coop non era in possesso della qualificazione nella categoria OS25 (scavi archeologici) e che la dichiarazione di subappalto, di tipo necessario, resa in riferimento alle opere oggetto della gara, era da considerare non valida (per omessa indicazione del nominativo del subappaltatore).
3.- Il T.A.R., con la sentenza in epigrafe indicata, ha accolto il ricorso incidentale ed ha dichiarato inammissibile quello principale.
4.- Con il ricorso in appello in esame l’ATI Cons.Coop - F s.r.l. ha chiesto l’annullamento o la riforma di detta sentenza deducendo i seguenti motivi:
a) Il T.A.R. avrebbe erroneamente ritenuto di dover esaminare prioritariamente l'impugnativa incidentale, invece di dichiararla preliminarmente “inammissibile/improcedibile” per carenza di legittimazione e di interesse;comunque ne avrebbe illogicamente ed in ammissibilmente disposto l’accoglimento.
b) Non sarebbe stato necessario per partecipare alla gara di cui trattasi il possesso della qualificazione per la categoria 0S25.
c) La sentenza sarebbe comunque errata nella parte in cui ha affermato che le odierne appellanti avrebbero dovuto autodichiarare, già in sede di gara, l'avvenuta esecuzione di lavori analoghi a quelli relativi alla categoria 0S25.
d) Non sarebbe stato tenuto conto della circostanza che il bando di gara non avrebbe prescritto l'obbligatorio possesso della categoria 0S25 per l'esecuzione delle relative lavorazioni.
e) Conseguentemente alla dedotta erroneità della declaratoria di improcedibilità del ricorso principale sono stati riproposti, ex art. 101, comma 2, del c.p.a., i motivi posti a base dello stesso, con richiesta di trattazione secondo l’ordine indicato, rispondente ad una esigenza di priorità di interesse della ATI appellante.
e.1) Violazione della lex specialis di gara. Violazione degli artt. 38 e 118 del d. lgs. n. 163 del 2006, nonché degli artt. 88, 92 e 109 del d.P.R. n. 207 del 2010. Violazione dei più generali principi in materia di gare pubbliche. Eccesso di potere per illogicità manifesta e sviamento.
Pur vertendosi in materia di subappalto necessario, la mandataria controinteressata avrebbe totalmente omesso di indicare specificamente il soggetto individuato come subappaltatore (il quale avrebbe anche dovuto rendere le relative dichiarazioni ex art. 38) ed la relativa dichiarazione sarebbe quindi stata inefficace.
e.2) Violazione della lex specialis di gara. Violazione degli artt. 38 e 49 del d. lgs. n. 163 del 2006 e dell'art. 8 del d.P.R. n. 207 del 2010. Violazione dei più generali principi in materia di gare pubbliche. Eccesso di potere per illogicità manifesta e sviamento.
L’avvalimento effettuato con il Consorzio Agora s.r.l. sarebbe viziato dalla inidoneità della dichiarazione di impegno resa dall’ausiliaria per la categoria OG2.
e.3) Violazione della lex specialis di gara. Violazione degli artt. 38 e 118 del d. lgs. n. 163 del 2006 e degli artt. 88, 92 e 109 del d.P.R. n. 207 del 2010. Violazione dei più generali principi in materia di gare pubbliche. Eccesso di potere per illogicità manifesta e sviamento.
L’ATI aggiudicataria avrebbe violato le previsioni del bando di gara, che, in relazione all’offerta tecnica, prevedeva che i partecipanti alla procedura dovessero produrre, per ogni miglioria offerta, un quadro comparativo non estimativo tra il progetto posto a base di gara e le innovazioni tecniche prodotte, nonché l’elenco prezzi non estimativo delle eventuali nuove voci relative alle categorie di lavori e forniture previste nelle migliorie proposte.
L’ATI avrebbe apposto dei codici a fianco di ogni miglioria offerta, dai quali, in violazione della legge di gara, sarebbe stato possibile desumere l’entità dell’offerta economica in riferimento ad esse migliorie, così influenzando la commissione e violando la par condicio .
e.4) Violazione della lex specialis di gara. Violazione dell'art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006. Violazione dei più generali principi in materia di gare pubbliche. Eccesso di potere per illogicità manifesta e sviamento.
La mandataria M s.r.l. avrebbe avuto un numero medio di dipendenti pari a 21, pur avendo dichiarato un numero tra 6 e 15, rendendo una falsa dichiarazione e non validamente attestando la reale regolarità delle norme disciplinanti il diritto al lavoro dei disabili.
e.5) Violazione della lex specialis di gara. Violazione dell'art. 83 del d. lgs. n. 163 del 2006. Violazione dei più generali principi in materia di gare pubbliche. Eccesso di potere per illogicità manifesta e sviamento.
La lex specialis e la procedura di gara sarebbero illegittime per essere stato previsto un solo criterio, suddiviso in tre sub criteri, peraltro omnicomprensivi e generici, relativo alla valutazione dell’offerta tecnica
5.- Con atto depositato il 20 febbraio 2015 si è costituito in giudizio il Comune di Lecce, che ha eccepito l’inammissibilità dell’appello e ne ha dedotto l’infondatezza, concludendo per la reiezione.
6.- Con memoria depositata il 25 febbraio 2015 si è costituita in giudizio la M s.r.l., deducendo l’infondatezza dell’appello.
7.- Con memoria depositata il 27 febbraio 2015 detta società ha contestato l’eccezione di inammissibilità per difetto di interesse del motivo di ricorso incidentale di primo grado accolto dal T.A.R. ed ha dedotto la correttezza dell’esame prioritario di tale ricorso effettuata dal primo giudice;inoltre ha sostenuto l’infondatezza di tutti i motivi d’appello e dei motivi di ricorso principale di primo grado con esso riproposti, eccependo anche la inammissibilità del quarto di essi (per omessa dimostrazione della lesività specifica delle prescrizioni della disciplina di gara oggetto di censura e per genericità a causa dell’omessa prospettazione della illogicità o irragionevolezza dei criteri di valutazione delle offerte). Ha inoltre riproposto, ex art. 101, comma 2, del c.p.a. il motivo di ricorso incidentale di primo grado non esaminato dal T.A.R., assumendo che anche l’ATI Cons.Coop avrebbe compilato il quadro comparativo non estimativo seguendo un metodo analogo a quello seguito dell’ATI M s.r.l.
8.- Con ordinanza 4 marzo 2015 n. 962 la Sezione ha dato atto della rinuncia alla istanza di sospensione della sentenza impugnata.
9.- Con memoria depositata il 24 aprile 2015 la parte appellante ha dedotto che aveva posto un problema di ammissibilità del motivo di ricorso incidentale e non di fondatezza dello stesso, sicché non avrebbe potuto valere la regula juris dell'esame prioritario del ricorso incidentale escludente rispetto all'esame del ricorso principale;ha inoltre sostanzialmente ribadito tesi e richieste.
10.- Con memoria depositata il 28 aprile 2015 la società resistente ha replicato alle difese svolte dall’appellante con detta memoria ed ha ribadito tesi e richieste.
11.- Alla pubblica udienza del 12 maggio 2015 il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti, come da verbale di causa agli atti del giudizio.
12.- L’appello è infondato.
13.- Con il primo motivo di gravame è stato innanzi tutto sostenuto che il T.A.R., richiamato l'indirizzo espresso dalla Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con sentenza n. 9 del 2014, ha esaminato prioritariamente l'impugnativa incidentale, invece di dichiararla preliminarmente “inammissibile/improcedibile”, in quanto la controinteressata non sarebbe stata legittimata né avrebbe avuto interesse a proporre il suddetto motivo di ricorso incidentale dal momento che, sulla base delle sue stesse prospettazioni, avrebbe dovuto essere essa stessa esclusa dalla gara.
Quando è identica la situazione in cui versa chi ha denunciato il vizio e il soggetto denunciato, non potrebbe infatti valere la regula juris dell'esame prioritario del ricorso incidentale escludente rispetto all'esame del ricorso principale, e nel caso di specie avrebbe quindi dovuto essere dichiarato “inammissibile/improcedibile” il motivo di ricorso incidentale proposto dalla società appellata, atteso che l’accoglimento dello stesso non avrebbe potuto che comportare l'esclusione anche della aggiudicataria;viceversa è stata disposta l'esclusione della ATI appellante, che sarebbe invece stata l'unica concorrente ad essere in possesso di tutti i requisiti per partecipare alla gara.
13.1.- Osserva la Sezione che con detta sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 9 del 2014 è stato affermato il principio che, nel giudizio amministrativo avente oggetto procedure di gara, il ricorso incidentale va esaminato prima del ricorso principale, quando abbia carattere "escludente", cioè quando sia con esso contestata la legittimazione a ricorrere del ricorrente principale in quanto avrebbe dovuto essere escluso ma non lo è stato per un errore dell’Amministrazione;ciò ad eccezione dell’ipotesi in cui siano rimasti in gara solo due concorrenti e le rispettive offerte siano affette da vizio afferente la medesima fase procedimentale.
Nel caso di specie alla procedura in esame avevano partecipato tredici concorrenti e, come condivisibilmente ritenuto dal primo giudice, non era applicabile l’ipotesi derogatoria sopra evidenziata.
L’eccezione di difetto di interesse al ricorso incidentale di primo grado basata sull’assunto che la partecipazione dell’ATI M s.r.l. sarebbe stata affetta dallo stesso vizio rilevato con l’appellata sentenza con riguardo al possesso della categoria OS25 non è condivisibile perché il suo accoglimento costituirebbe una elusione del sopra evidenziato principio fissato dalla Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato e comunque perché la verifica della circostanza se la dichiarazione di subappalto presentata da detta ATI fosse o meno viziata con riguardo alle opere della categoria OS25 non costituisce una questione preliminare di rito, ma richiederebbe l’accertamento di carattere sostanziale della veridicità della tesi (che peraltro non era effettuabile perché non era stata sottoposta all’esame del primo giudice, non avendo l’attuale appellante dedotto la violazione dell’art. 118 del d. lgs. n. 63 del 2006, con riguardo a detta categoria, con il ricorso principale di primo grado e che comunque non avrebbe potuto essere in concreto verificata stante l’obbligo di esame prioritario del ricorso incidentale sopra riconosciuto).
14.- Con il motivo suddetto è stato anche dedotto che in ogni caso il T.A.R. avrebbe illogicamente ed inammissibilmente disposto l’accoglimento del ricorso incidentale, in quanto i principi affermati con la sentenza del Consiglio di Stato, sezione IV, 13 marzo 2014 n. 1224, richiamata in decisione, non potrebbero trovare applicazione nello specifico caso in esame (perché l'ATI Cons.Coop, pur non possedendo la qualificazione per la categoria 0S25, sarebbe stata abilitata, per quanto in seguito dedotto, ad eseguire le opere oggetto di gara).
Non sarebbe condivisibile la tesi sostenuta dal giudice di prime cure che la ATI appellante, non possedendo la qualificazione per la categoria 0S25 (scavi archeologici) e non potendo eseguire in proprio le relative lavorazioni, avrebbe dovuto dichiarare di voler subappaltare le stesse, indicando obbligatoriamente il nome del subappaltatore (il quale avrebbe dovuto rendere le dichiarazioni di cui all'art. 38) in base all’art. 118 del d. lgs. n. 163 del 2006. La previsione di tale obbligo non sarebbe stata, infatti, applicabile alla fattispecie perché, in base al comma 11 di detto articolo, sarebbe considerabile subappalto il contratto avente ad oggetto attività se singolarmente di importo superiore al 2% dell’importo delle prestazioni affidate o superiore ad € 100.000,00, mentre, nel caso di specie, i lavori relativi a detta categoria non sarebbero stati superiori al 2 % dell’importo delle prestazioni affidate, né di importo superiore a detta somma, sicché in base a detta norma, la loro esecuzione non poteva essere qualificata come subappalto;conseguentemente non sarebbe sussistito l’obbligo di indicare il nominativo del subappaltatore.
14.1.- Osserva la Sezione che il giudice di primo grado ha rilevato che, poiché, ai sensi dell’art. 201, comma 4, del d. lgs. n. 163 del 2006, era necessaria la qualificazione nella categoria OS25 delle ditte partecipanti e poiché la Cos.Coop non era in possesso di tale qualificazione, avrebbe dovuto effettuare (pur non prevedendo espressamente ciò l’art. 118, comma 2, del d.lgs. n. 163 del 2006) un riferimento nominativo al subappaltatore e produrre la dichiarazione da parte di questi della titolarità dei requisiti di qualificazione (perché il sub appalto aveva carattere necessario).
Detto comma 2 dell’art. 118 stabilisce che “ La stazione appaltante è tenuta ad indicare nel progetto e nel bando di gara le singole prestazioni e, per i lavori, la categoria prevalente con il relativo importo, nonché le ulteriori categorie, relative a tutte le altre lavorazioni previste in progetto, anch'esse con il relativo importo. Tutte le prestazioni nonché lavorazioni, a qualsiasi categoria appartengano, sono subappaltabili e affidabili in cottimo, ferme restando le vigenti disposizioni che prevedono per particolari ipotesi il divieto di affidamento in subappalto ”.
Con riguardo alla questione dell'obbligo di indicazione nominativa dei subappaltatori in caso di subappalto c.d. “necessario”, il collegio ritiene di seguire l'orientamento giurisdizionale prevalente, secondo il quale " la previsione di cui all'art. 118, secondo comma, del codice degli appalti debba essere intesa nel senso che la dichiarazione in questione possa essere limitata alla mera indicazione della volontà di concludere un subappalto nelle sole ipotesi in cui il concorrente sia a propria volta in possesso delle qualificazioni necessarie per l'esecuzione in via autonoma delle lavorazioni oggetto dell'appalto, ossia nelle sole ipotesi in cui il ricorso al subappalto rappresenti per lui una facoltà, non la via necessitata per partecipare alla gara;al contrario, la dichiarazione in questione deve contenere anche l'indicazione del subappaltatore, e la dimostrazione del possesso, da parte di quest'ultimo, dei requisiti di qualificazione, nelle ipotesi in cui il ricorso al subappalto si renda necessario a cagione del mancato autonomo possesso, da parte del concorrente, dei necessari requisiti di qualificazione " (Consiglio di Stato, sezione V, 10 febbraio 2015, n. 676; 25 febbraio 2015 n. 944;26 agosto 2014, n. 4299;21 novembre 2012, n. 5900).
La ratio di tale orientamento risiede nell'imprescindibile esigenza di evitare che l'aggiudicazione avvenga in favore di un soggetto sprovvisto dei necessari requisiti di qualificazione, al quale, diversamente opinando, dovrebbe accordarsi la possibilità non soltanto di dimostrare, ma addirittura di acquisire i requisiti in questione a gara conclusa, in violazione del principio della par condicio e con il rischio per l'amministrazione procedente che l'appaltatore così designato non onori l'impegno assunto, rendendo necessaria la ripetizione della gara (Cons. St., IV, 26 maggio 2014, n. 2675).
Non è condivisibile la tesi dell’appellante che, nel caso che occupa, tali principi non sarebbero stati applicabili (in quanto l’importo delle prestazioni affidate era inferiore alle entità stabilite dal comma 11 del citato art. 118) dal momento che se è vero che questa norma, al comma 11, primo capoverso, stabilisce che “ Ai fini del presente articolo è considerato subappalto qualsiasi contratto avente ad oggetto attività ovunque espletate che richiedono l'impiego di manodopera, quali le forniture con posa in opera e i noli a caldo, se singolarmente di importo superiore al 2 per cento dell'importo delle prestazioni affidate o di importo superiore a 100.000 euro e qualora l'incidenza del costo della manodopera e del personale sia superiore al 50 per cento dell'importo del contratto da affidare ” va considerato anche che il precedente comma 8 prevede, al quinto capoverso, che “ Per i subappalti o cottimi di importo inferiore al 2 per cento dell'importo delle prestazioni affidate o di importo inferiore a 100.000 euro, i termini per il rilascio dell'autorizzazione da parte della stazione appaltante sono ridotti della metà. ”
Dal combinato disposto delle due disposizioni risulta chiaro che non sono considerabili quali subappalti, se inferiori agli importi sopra indicati, solo i contratti aventi ad oggetto attività ovunque espletate che richiedono l'impiego prevalente di manodopera, quali le forniture con posa in opera e i noli a caldo, e non, quindi, i contratti attinenti genericamente a lavori in cui non è dimostrata prevalenza della mano d’opera rispetto ai mezzi necessari per la loro realizzazione.
Poiché nel caso che occupa l’appalto atteneva a lavori (di valorizzazione integrata, recupero e fruizione delle mura urbiche e la sistemazione di un’area) per la cui realizzazione non è stata dimostrata la rilevanza preminente della manodopera, le esaminate censure devono ritenersi incondivisibili.
15.- Con il secondo motivo di gravame è stato dedotto che l’ATI appellante, in primo grado, aveva dedotto l’infondatezza del motivo di ricorso incidentale proposto dalla aggiudicataria nell’assunto che, nel caso di specie, non sarebbe stato necessario possedere la qualificazione per la categoria 0S25, trattandosi di lavori di importo inferiore ad € 150.000,00, sicché i partecipanti in possesso della categoria prevalente avrebbero potuto partecipare alla gara ed eseguire in proprio tali opere, con la conseguenza che la dichiarazione di subappalto resa dall'ATI Cons.Coop avrebbe dovuto intendersi quale dichiarazione di subappalto non necessario, ma meramente facoltativo, e l’invalidità della stessa (per la mancata indicazione del nominativo del subappaltatore) non avrebbe comunque comportare l’esclusione dalla gara della seconda classificata.
Ciò in base al disposto dell’art. 248 del d.P.R. n. 207 del 2010, che il primo giudice ha invece ritenuto inapplicabile alla fattispecie per la incondivisibile ragione che, ai sensi del precedente art. 90, commi 1 e 3, era necessario che tali imprese rendessero " un'autodichiarazione avente ad oggetto i requisiti di cui al combinato disposto delle previsioni citate, autodichiarazione che invece Conscoop nel caso de quo non rendeva ".
Infatti detto art. 248 consentirebbe agli operatori economici di eseguire i lavori di importo inferiore ad € 150.000,00 senza necessità di possedere la relativa qualificazione, purché abbiano eseguito lavori analoghi per importo pari a quello dei lavori che si intendono eseguire, come da autodichiarazione, ex art. 90, comma 3, del d.P.R. n. 207 del 2010, da formulare in sede di domanda di partecipazione con le modalità di cui al d.P.R. n. 445 del 2000;ma nel caso di specie essa sarebbe stata superflua e la omessa produzione della stessa non avrebbe potuto comportare la esclusione dalla gara dell’ATI appellante, atteso che dette norme del d.P.R. n. 207 del 2010 (art. 90 ed art. 248), fanno riferimento chiaramente a "lavori analoghi" a quelli per i quali si intende partecipare ad una procedura ad evidenza pubblica e di cui non si possiede la relativa qualificazione.
Nello specifico, i lavori di importo inferiore ad € 150.000,00 consistevano negli scavi archeologici, ai quali sarebbero analoghe le lavorazioni specialistiche necessarie a recuperare, conservare, consolidare, trasformare, ripristinare, ristrutturare, sottoporre a manutenzione gli immobili di interesse storico soggetti a tutela a norma delle disposizioni in materia di beni culturali e ambientali, cioè le lavorazioni rientranti nella categoria 0G2.
La sussistenza di tale analogia si evincerebbe in primo luogo dall’art. 198 del d. lgs. n. 163 del 200, che accomunerebbe i suddetti lavori, laddove stabilisce che le disposizioni del capo relative alle attività di cui al comma 1 (cioè i lavori pubblici concernenti beni mobili ed immobili e gli interventi sugli elementi architettonici e sulle superfici decorate) “ si applicano, altresì, all'esecuzione di scavi archeologici, anche subacquei ";in secondo luogo dall'art. 245 del d.P.R. n. 207 del 2010 (" progettazione dello scavo archeologico ") che prevede, tra le fasi di progettazione definitiva dei lavori di scavo archeologico, " il restauro dei reperti mobili ed immobili ".
Quindi, poiché le lavorazioni relative alle due categorie 0G2 e 0S25 sarebbero analoghe e poiché, nel caso in esame, la categoria prevalente sarebbe la 0G2, qualunque (ulteriore) autodichiarazione da parte della ATI Conso.Coop sarebbe risultata inutile e superflua, avendo la stessa già allegato in sede di gara la propria attestazione SOA con le categorie possedute (tra le quali la categoria 0G2, classifica VIII), il che avrebbe dimostrato la capacità della stessa di eseguire anche le lavorazioni della categoria OS25.
In conclusione il T.A.R. avrebbe dovuto ritenere non necessaria la autodichiarazione attestante la esecuzione di lavori analoghi per la categoria 0S25 (di importo pari a quelli da eseguire) e avrebbe dovuto consequenzialmente qualificare come " subappalto facoltativo " la dichiarazione resa dall'ATI appellante in sede di gara.
15.1.- Osserva la Sezione che il giudice di primo grado ha affermato che non era applicabile al caso di specie la disciplina derogatoria prevista dagli artt. 90 e 248 del d.P.R. n. 207 del 2010 per i lavori di importo inferiore ad € 150.000,00, non avendo la Cons.Coop reso la autodichiarazione richiesta dall’art. 90, commi 1 e 3, di detto d.P.R..
La tesi è condivisibile e non è smentita dalle censure della appellante.
Invero le citate norme, per i lavori di importo pari o inferiore a detta somma riguardanti beni del patrimonio culturale (come gli scavi archeologici di cui alla categoria OS25), prevedono una qualificazione alternativa al possesso dell’attestazione SOA, cioè l’aver realizzato nel quinquennio antecedente la pubblicazione del bando lavori “ analoghi ” per importo pari a quello dei lavori che si intendono eseguire, e l’aver presentato l’attestato di buon esito degli stessi rilasciato dalle competenti autorità.
Ma l’art. 90, comma 3, del del d.P.R. n. 207 del 2010, richiamato dal seguente art. 248, comma 4, stabilisce che i requisiti richiesti dalla lex specialis e dalla lettera di invito sono determinati e documentati, nonché “ dichiarati in sede di domanda di partecipazione o di offerta con le modalità di cui al d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445;la loro sussistenza è accertata dalla stazione appaltante secondo le disposizioni vigenti in materia ”.
La circostanza che l’appellante non avesse reso detta dichiarazione non è superabile dal fatto che i lavori che avrebbero dovuto essere svolti consistevano in scavi archeologici, perché, contrariamente a quanto sostenuto dalla appellante, ad essi non sono analoghe le lavorazioni specialistiche (rientranti nella categoria 0G2) da essa realizzate nel quinquennio antecedente la pubblicazione del bando, di recupero, conservazione, consolidamento, trasformazione, ripristino, ristrutturazione e sottoposizione a manutenzione degli immobili di interesse storico soggetti a tutela secondo le disposizioni in materia di beni culturali e ambientali.
Infatti, anche in base a dati di comune esperienza, è palese che altro è il restauro dei beni culturali ed ambientali ed altro la realizzazione di scavi archeologici e delle attività ad esse connesse, che richiede competenze, specializzazione e capacità ben differenti da quelle di restauro;la stessa circostanza che la normativa in materia ha previsto per dette attività due diverse categorie di opere dimostra che non sono affatto analoghe, perché se così fosse sarebbe stata superflua la loro suddivisione in due categorie.
A diverse conclusioni non può portare la circostanza, dedotta dalla appellante, che l’art. 198 del d. lgs. n. 163 del 2000 stabilisce che le disposizioni del capo relative ai lavori pubblici concernenti beni mobili ed immobili e agli interventi sugli elementi architettonici e sulle superfici decorate “ si applicano, altresì, all'esecuzione di scavi archeologici, anche subacquei ";nonché la circostanza che l'art. 245 del d.P.R. n. 207 del 2010 prevede tra le fasi di progettazione definitiva dei lavori di scavo archeologico " il restauro dei reperti mobili ed immobili ".
L’essere state accomunate le due categorie di lavori ai fini della disciplina degli appalti al riguardo non comporta infatti che esse siano anche analoghe, essendo invece la disposizione dettata dalla esigenza di applicare a tutti i lavori in questione, solo perché tutti di grande delicatezza e richiedenti comunque particolari professionalità e specializzazioni, le stesse regole di svolgimento degli appalti.
Neppure può assumere rilievo ai fini che interessano la circostanza che tra i lavori di scavo archeologici sia prevista anche la fase di restauro degli oggetti rinvenuti, essendo dato di comune esperienza che la fase di ricerca e realizzazione dei reperti, cioè gli scavi archeologici, (per i mezzi, le professionalità e il personale da utilizzare per la ricerca, la classificazione ed il recupero) è comunque diversa rispetto a quella attinente al loro restauro.
Le svolte considerazioni comportano l’impossibilità di positiva valutazione delle esaminate censure.
16.- Con il terzo motivo di gravame è stato asserito che la sentenza sarebbe comunque errata nella parte in cui ha ritenuto necessario che le odierne appellanti autodichiarassero, già in sede di gara l'esecuzione di lavori analoghi a quelli relativi alla categoria 0S25 (per un importo pari a quelli da eseguire).
Ciò in quanto il bando di gara e i suoi allegati non avrebbero richiesto espressamente che dovesse essere resa tale autodichiarazione;inoltre perché l’art. 90 del d.P.R. n. 207 del 2010 non stabilirebbe che la dichiarazione dei requisiti (specificati dalla medesima disposizione) debba essere resa a pena di esclusione, ma prevedrebbe, invece, che la sussistenza degli stessi requisiti avrebbe dovuto essere successivamente accertata dalla stazione appaltante.
L’ATI appellante non avrebbe quindi potuto essere esclusa, per la mancata dichiarazione dei requisiti attestanti la esecuzione di lavori analoghi a quelli relativi alla categoria 0S25, senza il previo accertamento della loro sussistenza da parte della s.a. e il T.A.R. non avrebbe potuto qualificare la dichiarazione di subappalto da essa resa quale " subappalto necessario ", senza la previa verifica da parte della s.a. della circostanza se le società da cui l’ATI era costituita fossero abilitate ad eseguire le lavorazioni di scavo archeologico.
16.1.- Osserva il collegio che l’art. 248 del d.P.R. n. 207 del 2010 stabilisce, per i lavori di importo inferiore ad € 150.000,00 riguardanti il patrimonio culturale, che i concorrenti non in possesso della SOA possono partecipare comunque alle gare se abbiano realizzato nel quinquennio lavori analoghi a quelli dei lavori oggetto di gara ed abbiano presentato attestato di buon esito degli stessi, “ fermo restando quanto previsto dall’art. 90, commi 1 e 3 ”;tale ultimo comma di detto art. 90 del d.P.R. n. 207 del 2010 stabilisce a sua volta che “ I requisiti, previsti dal bando di gara, dall'avviso di gara o dalla lettera di invito, sono determinati e documentati secondo quanto previsto dal presente titolo, e dichiarati in sede di domanda di partecipazione o di offerta con le modalità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445;la loro sussistenza è accertata dalla stazione appaltante secondo le disposizioni vigenti in materia ”.
La disposizione non può che essere interpretata, secondo il suo tenore letterale, nel senso che i concorrenti sono tenuti a dichiarare e documentare la sussistenza dei requisiti di cui trattasi all’atto della presentazione della domanda di partecipazione o dell’offerta, fermo restando il potere della s.a. di accertarne in un secondo tempo la effettività della sussistenza;non può invece ritenersi che le negative conseguenze della mancata dichiarazione siano subordinate all’accertamento da parte della s.a. della effettiva sussistenza dei requisiti stessi, in quanto, come è ovvio, se i requisiti non sono stati dichiarati e documentati all’atto della domanda, non possono essere poi presi in alcuna considerazione.
Dette disposizioni del regolamento di attuazione del d. lgs. n. 163 del 2006 impongono quindi la dichiarazione del requisito della realizzazione nel quinquennio precedente di lavori analoghi in sede di domanda di partecipazione o di offerta e, secondo il disposto dell’art. 46, comma 1 bis, 1-bis, di detto d. lgs., “ La stazione appaltante esclude i candidati o i concorrenti in caso di mancato adempimento alle prescrizioni previste dal presente codice e dal regolamento del d. lgs. n. 163 del 2006, …”.
A prescindere, quindi, dalla previsione della necessità di dichiarazione dei requisiti in questione da parte della lex specialis , la mancata effettuazione della autodichiarazione di cui trattasi all’atto della domanda o della offerta nella gara in questione ha escluso la possibilità di applicazione della normativa derogatoria cui sopra è stato fatto cenno.
17.- Con il quarto motivo d’appello è stato sostenuto che il bando di gara non avrebbe prescritto l'obbligatorio possesso della categoria 0S25 per l'esecuzione delle relative lavorazioni e quindi (secondo quanto affermato dal Consiglio di Stato, sez. V, con sentenza n. 6169/2001) il possesso della specifica qualificazione non sarebbe stato necessario.
17.1.- Osserva il collegio che il possesso di detta categoria è previsto dall’art. 201, comma 4, del d. lgs. n. 163 del 2006, che, per l'esecuzione dei lavori indicati all'articolo 198 (cioè ai lavori pubblici concernenti i beni mobili e immobili e gli interventi sugli elementi architettonici e sulle superfici decorate di beni del patrimonio culturale, sottoposti alle disposizioni di tutela e all'esecuzione di scavi archeologici), stabilisce che è sempre necessaria la qualificazione nella categoria di riferimento, a prescindere dall'incidenza percentuale che il valore degli interventi sui beni tutelati assume nell'appalto complessivo.
Tale disposizione eterointegrava la lex specialis , rientrando essa in quei principi del d.lgs. n. 163 del 2006 di carattere cogente ed inderogabile per i quali possa farsi luogo ad eterointegrazione delle prescrizioni di gara.
Tanto comporta la insussistenza di positiva valenza della censura in esame.
18.- La reiezione dell’appello proposto dall’ATI Cons.Coop contro la sentenza di primo grado che ha accolto il ricorso incidentale dell’aggiudicataria della gara di cui trattasi e dichiarato inammissibile il ricorso principale e la conferma della relativa declaratoria esclude la necessarietà della disamina dei motivi di ricorso principale di primo grado riproposti in appello da detta ATI ex art. 101, comma 2, del c.p.a..
Tanto esclude anche la necessità della disamina della fondatezza dell’eccezione formulata dalla M s.r.l. di inammissibilità del quarto dei riproposti motivi di ricorso principale di primo grado per omessa dimostrazione della lesività specifica delle prescrizioni della disciplina di gara oggetto di censura e per genericità, nonché del motivo di ricorso incidentale di primo grado non esaminato dal T.A.R. riproposto da detta società ex art. 101, comma 2, del c.p.a..
19.- L’appello deve essere conclusivamente respinto e deve essere confermata la prima decisione.
20.- Nella complessità e parziale novità delle questioni trattate il collegio ravvisa eccezionali ragioni per compensare, ai sensi degli artt. 26, comma 1, del c.p.a. e 92, comma 2, del c.p.c., le spese del presente grado di giudizio.