Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-03-06, n. 202302291
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Pubblicato il 06/03/2023
N. 02291/2023REG.PROV.COLL.
N. 09850/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 9850 del 2016, proposto da
Comune di Padova, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati M L, V M e P B, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato L L in Roma, via del Viminale n. 43;
contro
Circo Nel Mondo di Togni Ennio &C. S.a.s., non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Sezione Terza, 10 ottobre 2016, n. 1118, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore all'udienza pubblica straordinaria del 14 dicembre 2022 il Cons. G M;ai sensi dell’art. 87, comma 4-bis c.p.a. e dell’art. 13-quater disp. att. c.p.a. (articolo aggiunto dall’art. 17, comma 7, d.l. 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla l. 6 agosto 2021, n. 113.), preso atto del deposito delle note di passaggio in decisione, è data la presenza dell'avvocato Lotto;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con l’appello in trattazione, il Comune di Padova chiede la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sez. III, 10 ottobre 2016, n. 1118, che ha accolto il ricorso proposto da Circo nel Mondo di Togni Ennio &C. S.a.s. (di seguito anche solo Circo ) per l’annullamento della nota del 7 giugno 2016, con la quale il Comune ha comunicato il divieto di utilizzo di animali esotici per lo svolgimento di spettacoli circensi, in conformità a quanto previsto dalla deliberazione di G.C. n. 190 del 19 aprile 2016 di approvazione dell’elenco delle aree pubbliche disponibili per l’installazione di attività attrazionistiche e di revisione del divieto di utilizzo di animali esotici negli spettacoli viaggianti, nonché della deliberazione del C.C. n. 35 del 16 maggio 2016, nella parte in cui ha modificato l’art. 17 del Regolamento Comunale per la Tutela degli e aggiunto l’Allegato III, prevedendo il divieto di utilizzo ed esposizione con strutture circensi di animali appartenenti a diverse specie selvatiche ed esotiche.
2. I predetti provvedimenti sono stati impugnati dal Circo con ricorso innanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sulla base di due motivi:
- violazione dell’art. 1 della legge 18 marzo 1968, n. 337, evidenziando come non vi sia alcuna norma di rango primario che attribuisca ai Comuni il potere di vietare l’utilizzo di determinate specie animali negli spettacoli circensi, esistendo, al contrario, una normativa statale che riconosce e promuove la funzione sociale dei circhi e spettacoli viaggianti, con la conseguenza che dovrebbe ritenersi illegittimo un regolamento comunale che, precludendo l’impiego di determinate specie animali nelle attività circensi, si pone in contrasto con i principi informatori della disciplina statale;
- violazione dell’art. 6, comma 6 della legge 7 febbraio 1992, n. 150, il quale consente la detenzione di animali di specie selvatica per la categoria dei circhi e delle mostre faunistiche nel rispetto dei criteri fissati dalla commissione scientifica “CITES” ( Convention on International Trade in Endangered Species ).
3. Con la sentenza appellata il Tribunale amministrativo regionale, respinta l’eccepita tardività del ricorso, lo ha accolto in ragione della mancanza di una norma che conferisca al Comuni il potere di regolamentare, in linea generale, l’utilizzo di animali esotici negli spettacoli circensi e di introdurre un divieto generalizzato di spettacoli nei quali si utilizzino determinate specie animali.
Ha rigettato, invece, la domanda risarcitoria, non essendo stata allegata la prova del danno subito.
4. Il Comune di Padova ha proposto appello, chiedendo la riforma della sentenza sulla base di plurime censure.
5. Il Circo non si è costituito in giudizio.
6. All’udienza straordinaria del 14 dicembre 2022, la causa è stata trattenuta in decisione.
7. Con il primo motivo, l’appellante ripropone l’eccezione di irricevibilità del ricorso di primo grado nella parte in cui viene impugnata per tardività dell’impugnazione la deliberazione della Giunta comunale n. 190 del 19 aprile 2016 e la deliberazione del Consiglio comunale n. 35 del 16 maggio 2016, che ha approvato le modifiche al regolamento comunale “per la tutela degli animali”, stante la natura immediatamente lesiva degli atti regolamentari che avrebbe imposto la notifica tempestiva entro il termine decadenziale decorrente dalla pubblicazione all’albo pretorio.
8. Con il secondo motivo il Comune censura la sentenza nella parte in cui ha affermato l’insussistenza di norme di fonte legislativa attributive ai Comuni della potestà regolamentare in materia di disciplina degli spettacoli circensi.
In senso contrario, l’appellante asserisce che la legge n. 337 del 1968, pur se riferita esclusivamente ai circhi equestri, non può essere interpretata nel senso di autorizzare l’utilizzo indiscriminato di animali negli spettacoli circensi;la normativa richiamata, peraltro, andrebbe letta in combinato disposto con altre disposizioni nazionali, comunitarie ed internazionali che, promuovendo la tutela degli animali, consentono agli enti locali di esercitare un potere regolamentare che va oltre le competenze espressamente attribuite (funzioni di polizia veterinaria, nonché di individuazione delle aree destinate alle attività circensi e determinazione delle modalità di concessione di dette aree), così da garantire la piena concretizzazione delle finalità perseguite dalle norme sopra richiamate.
9. Con il terzo motivo, l’appellante sottolinea l’ingiustizia della sentenza anche nella parte in cui ha affermato che con gli atti impugnati il Comune avrebbe introdotto un divieto generalizzato di utilizzo di animali esotici. Ad avviso dell’appellante, con l’Allegato III del regolamento per la tutela degli animali il Comune si sarebbe limitato ad individuare le specie animali delle quali è vietato l’utilizzo ed esposizione, conformemente a quanto previsto dalle linee “CITES” del 2006.
10. In via preliminare, occorre esaminare la questione di rito sollevata dall’appellante con il primo motivo.
L’eccezione è destituita di fondamento.
10.1. Per quanto riguarda la decorrenza del termine di impugnazione degli atti amministrativi, l’art. 41, comma 2, prima parte, del codice del processo amministrativo, stabilisce che «Qualora sia proposta azione di annullamento, il ricorso deve essere notificato, a pena di decadenza, alla pubblica amministrazione che ha emesso l'atto impugnato e ad almeno uno dei controinteressati che sia individuato nell'atto stesso entro il termine previsto dalla legge, decorrente dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza, ovvero, per gli atti di cui non sia richiesta la notificazione individuale, dal giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione se questa sia prevista dalla legge o in base alla legge […] » .
Parte appellante asserisce che il termine per impugnare avrebbe iniziato a decorrere dalla scadenza del termine di pubblicazione delle delibere impugnate, restando irrilevante, in quanto priva di autonoma lesività, la successiva nota di comunicazione dell’Ufficio del Settore Commercio ed attività Economiche.
10.2. Tuttavia, le delibere, in ragione del loro contenuto (avendo disposto limitazioni generali allo svolgimento degli spettacoli circensi nonché apportato modifiche ad un atto regolamentare), hanno natura di atto normativo (e, in parte, di atto amministrativo a contenuto generale), le cui disposizioni appaiono prive di immediata lesività per la ricorrente in primo grado, con la conseguenza che il termine per l’azione di annullamento inizia a decorrere dal momento in cui il Circo ha avuto piena conoscenza delle medesime (e quindi dalla comunicazione della nota del Comune datata 7 giugno 2016).
Si tratta infatti di atti che, secondo un principio pacifico in giurisprudenza, non producendo effetti giuridici immediatamente lesivi nei confronti dei potenziali destinatari, debbono essere impugnati insieme all’atto amministrativo applicativo dell’atto normativo o generale. Nel caso di specie, pertanto, il ricorrente in primo grado bene ha fatto a impugnare le deliberazioni comunali in uno con la nota del 7 giugno 2016, con la quale il Comune ha comunicato al Circo il divieto di utilizzo di animali esotici.
10.3. Né, del resto, data la natura dell’attività circense, si può ragionevolmente sostenere che l’odierno appellato avrebbe dovuto diligentemente informarsi su tutte le delibere approvate dai Comuni in tema di limiti agli spettacoli circensi, e tempestivamente impugnarle, senza neppure sapere se in quel Comune avrebbe (o non) tenuto il proprio spettacolo.
10.4. Dunque, nel caso in esame, come correttamente affermato dal giudice di prime cure, radicandosi l’interesse al ricorso al momento della notifica del provvedimento che fa applicazione puntuale delle norme generali a monte, deve affermarsi la tempestività dell’impugnazione, notificata in data 29 agosto 2016, a fronte della notifica della nota in data 7 giugno 2016.
11. Nel merito, il secondo e il terzo motivo di appello possono essere trattati congiuntamente, stante la stretta connessione.
Le censure sono infondate.
11.1. Giova, in via preliminare, delineare sinteticamente la normativa applicabile al caso in esame.
Sulla base della legge n. 337 del 1968, lo Stato ha riconosciuto la funzione sociale dei circhi equestri e dello spettacolo viaggiante e patrocinato il consolidamento e lo sviluppo del settore (art. 1). Si consente, in particolare, l’installazione dei circhi in apposite aree comunali (anche demaniali) individuate dai singoli Comuni, previa concessione (art. 9 della legge cit.). La successiva legge n. 150 del 1992, nel disciplinare gli aspetti penalmente rilevanti del commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzione (di cui alla relativa Convenzione internazionale firmata a Washington il 3 marzo 1973, ratificata in Italia con legge n. 874 del 1975), all’art. 6, comma 6 (nel testo modificato dalla successiva legge n. 426 del 1998, abrogato dal d.lgs. 5 agosto 2022, n. 135 ma applicabile ratione temporis al caso di specie), ha limitato l’operatività dei divieti (e delle relative sanzioni) concernenti la detenzione di animali di specie selvatica facendo salva – tra le altre – proprio la categoria dei circhi e delle mostre faunistiche, «sulla base dei criteri generali fissati previamente dalla commissione scientifica di cui all'articolo 4, comma 2» . Ciò ha quindi confermato, nelle intenzioni del legislatore italiano, l’atteggiamento di particolare favore per il mantenimento di spettacoli tradizionalmente incentrati sull’esibizione di animali selvatici, quali per l’appunto i circhi, nel solco della funzione sociale loro riconosciuta dalla legge del 1968. Lo svolgimento degli spettacoli, tuttavia, è stato sottoposto a particolari cautele tali da garantire il rispetto delle esigenze di benessere e di cura degli animali che vi sono coinvolti, cautele la cui individuazione sono rimesse alla valutazione di un’apposita commissione scientifica prevista dall’art. 4, comma 2, della legge n. 150 del 1992 (che recepisce la già citata convenzione di Washington del 1973: Convention on International Trade in Endangered Species ).
Pertanto l’ordinamento, in materia di spettacoli circensi, ha predisposto una disciplina normativa volta a mantenere l’equilibrio tra l’esigenza di consolidamento e sviluppo del settore circense e quello di benessere e tutela degli animali.
11.2. Il Comune, attraverso le delibere impugnate, ha prescritto il divieto di utilizzazione ed esposizione di animali appartenenti a specie esotiche (art. 1, lett. A, delibera di G.C. n. 190/2016 e All. III al Regolamento per la tutela degli animali, voce “Limitazioni al parco animali”, approvato con la deliberazione del Consiglio comunale n. 35 del 16 maggio 2016), consentendo l’attendamento solo ai circhi che abbiano al seguito animali appartenenti ad alcune specie.
11.3. Tali prescrizioni, peraltro, finiscono per porsi in contrasto con il sistema delle fonti e, in particolare, con le regole che governano il rapporto tra regolamenti dei comuni e leggi statali o regionali, per quanto attiene al profilo del fondamento della potestà regolamentare degli enti locali.
Il punto di riferimento non può che essere individuato nell’art. 117, sesto comma, della Costituzione che, nella nuova formulazione introdotta con la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, stabilisce che i Comuni «hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite» . Secondo il tenore letterale dell’enunciato costituzionale, l’attribuzione agli enti locali della potestà regolamentare per la disciplina delle funzioni amministrative non ha un carattere generale e un fondamento autonomo ma conserva un legame necessario con la fonte legislativa (sia essa costituita dalla legge statale o dalla legge regionale), posto che la fonte regolamentare è abilitata a disciplinare solo quelle funzioni espressamente attribuite all’ente locale. Attribuzione che non può che essere disposta da un atto normativo di fonte legislativa (come detto: di legge statale o di legge regionale, secondo le rispettive competenze segnate dalla Costituzione). È pur vero che l’art. 118, secondo comma, Cost., prevede che gli enti locali sono titolari sia di funzioni amministrative proprie sia di funzioni «conferite con legge statale o regionale» ma, in assenza di una più precisa definizione costituzionale della nozione di “funzioni proprie”, deve ritenersi che in questa rientrino le funzioni attribuite dalla legge generale sull’ordinamento degli enti locali (di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267), mentre, per quanto concerne le “funzioni conferite”, la potestà regolamentare dev’essere attribuita agli enti locali dalla legge statale o dalla legge regionale.
Anche la legge di «adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3» (legge 5 giugno 2003, n. 131) conferma che la potestà normativa regolamentare degli enti locali si muove in uno spazio normativo autonomo con riferimento all’organizzazione e alle modalità di svolgimento delle funzioni ma «nell’ambito della legislazione dello Stato o della Regione, che ne assicura i requisiti minimi di uniformità, secondo le rispettive competenze, conformemente a quanto previsto dagli articoli 114, 117, sesto comma, e 118 della Costituzione» (art. 4, comma 4, della legge n. 131 del 2003). Il che, sotto il profilo logico, presuppone l’attribuzione o il conferimento delle funzioni con legge statale o regionale, oltre alla necessità che la fonte legislativa detti i principi fondamentali ( «ne assicura i requisiti minimi di uniformità» ) cui gli enti locali debbono conformarsi nell’esercizio della potestà regolamentare.
11.4. Applicando i principi enunciati al caso in esame, posto che le funzioni attribuite o conferite agli enti locali non comprendono la materia della tutela degli animali esotici (o comunque di determinate specie), né la previsione nella predetta materia di limiti all’iniziativa economica privata (che l’art. 41 Cost. riserva alla legge), deve conseguentemente escludersi che il Comune di Padova potesse prevedere, con propri regolamenti, limiti del tipo di quelli introdotti.
12. In conclusione, l’appello va respinto e, per l’effetto, va confermata la sentenza impugnata.
13. Non occorre disporre quanto alle spese giudiziali, stante la mancata costituzione di parte appellata.