Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2024-03-15, n. 202402530

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2024-03-15, n. 202402530
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202402530
Data del deposito : 15 marzo 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/03/2024

N. 02530/2024REG.PROV.COLL.

N. 08540/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8540 del 2023, proposto da
Bye Bye S.a.s. di C C, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato F C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato S S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso gli uffici della avvocatura capitolina in Roma, via del Tempio di Giove n. 21;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda) n. 15479/2023, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 febbraio 2024 il Cons. M S e preso atto della richiesta di passaggio in decisione depositata in atti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La società appellante gestisce due locali commerciali siti in Roma, alla via del Lavatore n 35-35/a e n. 36, per i quali ha chiesto il rilascio di due concessioni per l’occupazione del suolo pubblico con sedie e tavolini.

Con due distinti provvedimenti del 7 ottobre 2021 (rispettivamente prot. n. 164074 e 164075), Roma Capitale ha respinto le suddette istanze per due ordini di motivi: a) esiste il divieto di fermata sulle aree in questione che non consente il posizionamento di tavolini o altro;
b) ove ciò fosse consentito (come avvenuto, peraltro, in forza della normativa introdotta per l’emergenza da covid-19), non vi sarebbe comunque lo spazio sufficiente per il passaggio pedonale e dei mezzi di soccorso.

2. Con il ricorso in primo grado la società ha impugnato i dinieghi per i seguenti motivi:

- omessa comunicazione avvio procedimento;

- violazione dell’art. 39 del codice della strada, sul divieto di fermata, poiché il relativo cartello di divieto sarebbe stato posto solo sul lato della strada opposto a quello dove è stato previsto il posizionamento dei tavolini. Inoltre sarebbe stato collocato nella precedente intersezione stradale;

- il divieto di fermata, in ogni caso, riguarderebbe solo le auto e non potrebbe impedire l’occupazione di suolo pubblico con tavolini;

- il fatto che la società, dopo aver ottenuto l’occupazione per effetto delle norme per la ripresa post-pandemia, ha abusivamente occupato il suolo pubblico oltre lo spazio concesso, non giustificherebbe comunque la privazione dell’intera concessione;
al netto dell’occupazione abusiva sussisterebbe lo spazio per il passaggio dei mezzi di soccorso e il transito dei pedoni.

3. Il Tar ha rigettato il gravame per le seguenti ragioni:

3.1. La partecipazione procedimentale è stata sufficientemente garantita mediante sopralluogo della polizia locale, puntualmente oggetto di verbalizzazione, sopralluogo in occasione del quale l’interessato ha avuto occasione di formulare proprie osservazioni;

3.2. Il divieto di fermata sarebbe presente su ambo i lati, come da accertamento effettuato dalla polizia locale;

3.3. Il divieto di fermata si riferisce non solo ai veicoli ma anche alla posa di tavolini e sedie, come nella specie;

3.4. Quanto allo spazio riservato per il passaggio eventuale dei mezzi di soccorso, nella SCIA depositata non si evidenzia quanto margine residuerebbe per consentire il medesimo.

4. La sentenza viene in questa sede appellata nella sostanza per gli stessi motivi e, in particolare:

4.1. Omessa considerazione circa la violazione delle garanzie partecipative;

4.2. Omessa considerazione del difetto di istruttoria circa lo spazio effettivamente consentito per il passaggio dei mezzi di soccorso. In altre parole non sarebbe dato comprendere se l’inibitoria comunale, di cui ai due provvedimenti indicati al punto 1, si riferisca alla assenza di spazio sufficiente anche sulla base del progetto presentato con le due presupposte SCIA oppure della sola occupazione di fatto abusivamente perpetrata ed accertata in forza di specifico sopralluogo (a suo tempo effettuato sulla precedente occupazione);

4.3. Omessa considerazione circa la violazione dell’art. 39 del codice della strada a norma del quale i segnali di divieto debbono essere ripetuti dopo ogni intersezione, pena la loro inopponibilità.

5. Si costituiva in giudizio l’appellata amministrazione comunale per chiedere il rigetto del gravame.

6. Alla pubblica udienza del 29 febbraio 2024 la causa veniva infine trattenuta in decisione.

7. Tutto ciò premesso osserva il collegio che:

7.1. Quanto al terzo motivo di appello, riguardante la ritenuta violazione del divieto di fermata e da esaminare prioritariamente per ragioni di carattere logico, quand’anche lo stesso fosse stato stabilito su entrambi i lati della strada:

7.1.1. Tale divieto non risulta essere stato comunque “ripetuto”, dopo la precedente intersezione stradale, secondo quanto stabilito dall’art. 39 del codice della strada e in particolare del suo regolamento di attuazione il cui art. 104, comma 2, così stabilisce: “Lungo il tratto stradale interessato da una prescrizione i segnali di divieto e di obbligo, nonché quelli di diritto di precedenza, devono essere ripetuti dopo ogni intersezione” . In altre parole i segnali di divieto, dopo ogni incrocio stradale, debbono essere ricollocati ove si intenda confermare una simile prescrizione, pena la loro inopponibilità. Nel caso di specie tali segnali di divieto di fermata non risultano ricollocati, né l’amministrazione dimostra il contrario. Dunque il segnale di divieto non risulta essere validamente presente nel caso di specie;

7.1.2. Non è stato in ogni caso prodotto né indicato alcun provvedimento comunale con cui si istituisce il predetto divieto di fermata;

7.1.3. Nei termini suddetti il terzo motivo di appello deve dunque essere accolto stante la violazione delle suddette disposizioni del codice della strada e, in particolare, del relativo regolamento di esecuzione (art. 104, comma 2);

7.2. Quanto al secondo motivo di appello, concernente la larghezza minima (c.d. fascia di rispetto) per il passaggio dei mezzi di soccorso:

7.2.1. L’amministrazione non ha mai chiarito se il passaggio minimo consentito sia stato violato in assoluto dalle due SCIA in data 11 agosto 2020 (nel cui progetto allegato risultano sempre almeno 3,5 metri per il suddetto passaggio) oppure risulti soltanto quale conseguenza dell’abuso perpetrato ed illo tempore oggetto di accertamento (ingombro maggiore pacificamente ammesso dalla appellante). Vale a dire se l’occupazione di suolo pubblico (nei limiti consentiti già in precedenza, quindi senza occupazioni abusive quali quelle contestate nel verbale della P.M.) consenta o meno il passaggio dei mezzi di soccorso e dei pedoni. Dunque resta questo tipo di incertezza ossia di indeterminatezza dell’azione amministrativa, con conseguente difetto di motivazione;

7.2.2. In ogni caso, l’art. 140 del Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada (DPR n. 495 del 1992) stabilisce con riferimento alle strisce di corsia che: “il modulo va scelto tra i seguenti valori: 2,75 m - 3 m - 3,25 m - 3,5 m - 3,75 m;
mentre per le corsie di emergenza il modulo va scelto nell'intervallo tra 2 e 3,5 m”
. Dunque, anche a voler considerare l’ipotesi più rigorosa del codice della strada (3,5 mt) per i mezzi di soccorso la larghezza minima risulta essere stata rispettata, e ciò sulla base di una attenta lettura dei prospetti allegati alle due SCIA entrambe presentate in data 11 agosto 2020 (e dai quali si ricava nel complesso una ipotesi di occupabilità che varia da un minimo di 3,50 mt ad un massimo di 3,75 mt). A ciò si aggiunga che anche il Regolamento Viario del Comune di Roma di cui alla delibera n. 21 del 16 aprile 2015, ai punti 10.3. e 12.2., prevede tra l’altro la riduzione della carreggiata, per i mezzi di soccorso, a 3,25 mt.

3.2.3. Anche tale motivo deve pertanto essere accolto vuoi per difetto di motivazione, vuoi per violazione dell’art. 140 di cui al regolamento di esecuzione sopra indicato.

8. In conclusione il ricorso in appello, assorbita ogni altra censura, è fondato e deve essere accolto sotto i profili evidenziati (violazione di legge, difetto di istruttoria, indeterminatezza e difetto di motivazione). La sentenza di primo grado va dunque riformata e per l’effetto accolto il ricorso di primo grado, con conseguente annullamento degli atti comunali in epigrafe indicati. Con compensazione in ogni caso delle spese di lite in considerazione della complessità fattuale della fattispecie in contestazione.

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