Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2022-12-19, n. 202211082

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2022-12-19, n. 202211082
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202211082
Data del deposito : 19 dicembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 19/12/2022

N. 11082/2022REG.PROV.COLL.

N. 02305/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 2305 del 2016, proposto da
Autostrada del Brennero S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato C G, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Sardegna n. 50;

contro

Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in persona del Ministro pro tempore ;
Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore , entrambi rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Terza, 24 novembre 2015, n. 13258, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e del Ministero dell'Economia e delle Finanze;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 ottobre 2022 il Cons. G M e udito per la parte appellante l’avvocato Guccione in collegamento da remoto;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La società Autostrada del Brennero S.p.a., concessionaria dell’Autostrada A22 (Brennero-Verona-Modena) in forza della convenzione stipulata il 29 luglio 1999 con l’ANAS (dal 1 ottobre 2012 con il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti), con istanza del 13 ottobre 2014 ha chiesto l’adeguamento tariffario per l’anno 2015. Con decreto n. 586 del 31 dicembre 2014 il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha riconosciuto un adeguamento tariffario per l’anno 2015 pari a zero.

2. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, la società ha impugnato il predetto decreto ministeriale deducendo la violazione delle deliberazioni del CIPE n. 39 del 15 giugno 2007 e n. 30 del 19 luglio 2013 (che stabiliscono la formula di calcolo per l’adeguamento tariffario), nonché degli atti convenzionali intervenuti tra le parti, ed eccesso di potere poiché l’amministrazione concedente non godrebbe di un potere discrezionale in sede di adeguamento tariffario. Lamentava inoltre il difetto di motivazione del provvedimento gravato in quanto si sarebbe basato su una relazione istruttoria della struttura ministeriale per la vigilanza sulle concessionarie autostradali non resa nota alla società ricorrente. Assumeva, inoltre, la violazione dell’art. 10- bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, in quanto non sarebbero stati comunicati i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza di adeguamento tariffario.

2.3. Successivamente, in data 6 marzo 2015, il Ministero metteva a disposizione della società la relazione istruttoria. La società concessionaria proponeva, quindi, motivi aggiunti per illegittimità derivata dalle censure dedotte nel ricorso introduttivo.

3. Nella resistenza del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e del Ministero dell’Economia e delle Finanze, il giudice di primo grado, con sentenza del 24 novembre 2015, n. 13258, ha respinto il ricorso e i motivi aggiunti, osservando in particolare che l’atto ministeriale del 25 febbraio 2014 (con il quale il Ministero concedente ha richiesto alla concessionaria di «proseguire, a far data dal 01 maggio 2014, nella gestione della Concessione medesima secondo i termini e le modalità previste dalla Convenzione vigente […] » ) non costituirebbe il titolo dal quale possa desumersi la conclusione di una “nuova convenzione” tra il Ministero e la società Autostrade del Brennero o di proroga della precedente, bensì costituiva un mero richiamo alla posizione della società quale “concessionario uscente” tenuto a «proseguire transitoriamente nella ordinaria amministrazione dell’esercizio dell’autostrada e delle relative pertinenze fino al trasferimento della gestione stessa» (art. 25 della convenzione).

3.1. Rilevava, inoltre, come la circostanza che Autostrada del Brennero avesse effettuato investimenti sull’infrastruttura dopo la scadenza della concessione non rappresentava un fatto idoneo a fondare una posizione utile per ottenere l’adeguamento tariffario. Difatti, per un verso, la pubblica amministrazione non poteva concludere una nuova convenzione sulla base di facta concludentia ;
per altro verso, la proroga della concessione sarebbe stata vietata in ossequio agli obblighi comunitari volti a rispettare la concorrenza per il mercato.

3.2. In relazione ai nuovi investimenti disposti dalla concessionaria uscente, questi sarebbero stati del tutto arbitrari alla luce del combinato disposto dell’art. 12, comma 1, della convenzione del 29 luglio 1999, dell’art. 11 dell’atto aggiuntivo del 6 maggio 2004, degli artt. 12, comma 3, e 25 della convenzione del 1999 e dell’art. 9, comma 4, dell’atto aggiuntivo del 6 maggio 2004. Peraltro, i detti investimenti non erano stati nemmeno autorizzati dal Ministero concedente.

3.3. Per ciò che concerne il diritto del concessionario all’adeguamento tariffario annuale, il primo giudice, pur ritenendo che l’art. 2, comma 83, del decreto legge 3 ottobre 2006 n. 262, come modificato dall’art. 1, comma 1030, della legge n. 296 del 2006, e la direttiva ministeriale del 20 dicembre 1996 imponevano la corresponsione di un adeguamento tariffario annuale al concessionario, ha escluso che la formula revisionale prevista dalle deliberazioni del CIPE avrebbe potuto applicarsi a una convenzione scaduta. Ciò in quanto il valore del “tasso di produttività attesa da stabilire in forma specifica per ogni singola impresa” (costituente uno dei termini della formula) non poteva essere determinato, dipendendo dal combinarsi di elementi futuri, ossia dalla remunerazione congrua del capitale investito, dai progetti di investimenti futuri e dalle modificazioni attese della produttività (elementi non valutabili nel caso concreto, in quanto presupponevano una concessione in atto con data di scadenza certa).

3.4. Infine, respingeva anche la censura di omessa comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza di adeguamento tariffario, la quale non costituiva causa di annullamento ai sensi dell’art. 21 octies della legge n. 241 del 1990.

4. La società Autostrada del Brennero S.p.a., rimasta soccombente, ha proposto appello, chiedendo la riforma della sentenza sulla base di plurime censure.

5. Per resistere al gravame si sono costituiti il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e il Ministero dell’Economia e delle Finanze.

6. All’udienza pubblica straordinaria del 18 ottobre 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.

7. Con un primo articolato motivo di appello, l’appellante censura la sentenza nella parte in cui afferma che l’atto ministeriale del 25 febbraio 2014, non costituendo la fonte di una nuova convenzione o di una proroga della convenzione in essere, non è idoneo a fondare il diritto del concessionario all’adeguamento del corrispettivo tariffario.

7.1. In senso contrario, l’appellante rileva che nel giudizio di primo grado non si è sostenuto che si sarebbe integrata la conclusione di una nuova concessione per facta concludentia né che vi fosse una proroga della precedente, bensì avrebbe solo affermato l’efficacia della concessione stipulata sino al subentro di un nuovo concessionario.

In tal direzione, del resto, militerebbero l’art. 25 della Convenzione, che individua la fonte del rapporto nella Convenzione del 1999 anche per il periodo successivo alla scadenza del 30 aprile 2014;
e la relazione del Ministero depositata in primo grado il 6 maggio 2015, nella quale si afferma che, successivamente al 30 aprile 2014, non vi è stato alcun atto convenzionale finalizzato a disciplinare il rapporto di concessione post-scadenza.

Di conseguenza, la disciplina della fattispecie dovrebbe ravvisarsi nella convenzione del 2004.

La lettera del MIT del 25 febbraio 2014 si sarebbe limitata a specificare che per l’adempimento delle relative obbligazioni non sarebbe spettato alcun adeguamento tariffario.

7.2. In ogni caso, a dire dell’appellante, la qualificazione in esame non avrebbe alcun rilievo per risolvere la questione giuridica principale costituita dall’accertamento del diritto della società all’adeguamento tariffario annuale.

La disciplina si ritroverebbe, infatti, negli artt. 7 e 25 della Convenzione del 1999, che fonderebbero il diritto all’adeguamento tariffario per tutta la durata del rapporto concessorio.

7.3. Inoltre, il provvedimento di aggiornamento tariffario avrebbe natura vincolata, sicché, non essendosi verificate le tassative ipotesi previste dalla convenzione per il mancato riconoscimento dell’adeguamento tariffario, dovrebbe concludersi che questo è dovuto per l’anno 2015.

La statuizione del primo giudice, poi, porterebbe a un assurdo logico, in quanto il Ministero sarebbe esentato dal rispetto della disciplina convenzionale che dispone l’adeguamento annuale delle tariffe mentre il concessionario dovrebbe proseguire nell’adempimento dei propri obblighi convenzionali.

7.4. La sentenza del Tar sarebbe anche erronea e andrebbe censurata per ultrapetita nella misura in cui ha concluso che «dopo la scadenza del termine in questione, non vi erano obblighi di effettuare nuovi investimenti in capo alla concessionaria uscente» .

Sul punto l’appellante sostiene che i costi sostenuti sarebbero stati affrontati per garantire la funzionalità della tratta, la manutenzione ordinaria e il mantenimento degli standard di sicurezza.

8. Con un secondo complesso motivo, l’appellante deduce l’ingiustizia della sentenza nella misura in cui, da un lato, esclude che le direttive CIPE in materia di disciplina dei servizi di pubblica utilità possano fondare il diritto del concessionario all’adeguamento tariffario annuale;
dall’altro, ritiene che, nella fattispecie in esame, non sarebbe possibile ipotizzare il valore del termine X della formula revisionale, in quanto non poteva individuarsi un termine finale cui ancorare la remunerazione del capitale investito e le modificazioni attese della produttività, oltre che gli investimenti futuri.

8.1. Sul punto, il Tar sarebbe incorso nel vizio di ultrapetizione, in quanto l’affermazione si basa su rilievi mai eccepiti dalla difesa erariale.

A parere dell’appellante, invece, il valore da assegnare all’elemento X della formula revisionale potrebbe essere determinato sulla base delle prescrizioni di cui agli articoli 7 e 9 della convenzione del 1999.

8.2. La società Autostrada del Brennero, poi, ripropone il primo motivo del ricorso introduttivo, in relazione al difetto di motivazione del decreto impugnato, dal quale non si potrebbe evincere il motivo per il quale i valori dei parametri applicati sono stati quantificati con un valore pari allo 9,99% da parte del MIT. Del resto, l’adeguamento tariffario non sarebbe il frutto di una scelta discrezionale dell’amministrazione, assumendo, invece, un contenuto vincolato.

9. Con un terzo motivo di gravame, lamenta l’erroneità della sentenza nella parte in cui non accoglie il secondo motivo di ricorso con il quale è stata denunciata l’omessa comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento della sua istanza di adeguamento tariffario.

10. I motivi possono essere esaminati congiuntamente data la loro stretta connessione.

11. Peraltro, in via preliminare occorre esaminare la dedotta invalidità della sentenza per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui all’art. 112 codice di procedura civile, in quanto il primo giudice, sulla base di rilievi mai eccepiti dalle parti, avrebbe negato il diritto del concessionario all’adeguamento del corrispettivo assumendo che non fosse stata conclusa una nuova convenzione o non si fosse prorogata la precedente.

Inoltre, il Tar sarebbe incorso nel vizio di ultrapetizione sia nella parte in cui ha concluso che «dopo la scadenza del termine in questione, non vi erano obblighi di effettuare nuovi investimenti in capo alla concessionaria uscente» ;
sia laddove ha escluso il diritto del concessionario all’adeguamento tariffario annuale anche in considerazione dell’impossibilità di applicare la formula revisionale, non potendosi individuare il valore di X .

11.1. Le censure sono infondate.

11.2. Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, infatti, «anche nel processo amministrativo costituisce regola generale, ai sensi dell'art. 112, c.c., che il giudice deve concretamente esercitare il potere giurisdizionale nell'ambito dell'esatta corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, sicché sussiste il vizio di ultrapetizione se il giudice ha esaminato e accolto il ricorso per un motivo non prospettato dalle parti, oppure ha pronunciato oltre i limiti delle pretese e delle eccezioni fatte valere dalle parti, o su questioni estranee all'oggetto del giudizio e non rilevabili d'ufficio». Ciononostante, deve riconoscersi come «rientra nella potestas iudicandi del giudice non soltanto il potere di qualificare giuridicamente l'azione proposta, ma anche quello di procedere ad un'autonoma ricerca delle norme su cui fondare la decisione, il vizio di ultrapetizione, non sussiste invece quando il giudice accoglie una domanda, pur non espressamente formulata, che possa ritenersi tacitamente proposta e virtualmente contenuta nella domanda dedotta in giudizio, quando cioè la domanda stessa, con riferimento al petitum ed alla causa petendi si trovi in rapporto di necessaria connessione con l'oggetto della lite e non estenda il diritto che la parte ha inteso tutelare con l'azione proposta» (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 27 gennaio 2016, n. 279).

Nel caso di specie, il primo giudice ha escluso il diritto del concessionario all’adeguamento tariffario nell’esercizio del potere di qualificazione riconosciutogli dalla legge.

11.3. Pertanto, va esclusa l’invalidità della sentenza per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui all’art. 112 cod. proc. civ.

12. Nel merito, l’appello è fondato nei termini che seguono.

12.1. Come accennato, la sentenza ha respinto il ricorso introduttivo e i motivi aggiunti, ritenendo che alla società Autostrada del Brennero S.p.a., dopo la scadenza della convenzione, possa riconoscersi solo la posizione di «concessionaria uscente» tenuta (come precisato dalla nota ministeriale del 25 febbraio 2014) a «proseguire transitoriamente nella ordinaria amministrazione dell’esercizio dell’autostrada e delle relative pertinenze fino al trasferimento della gestione stessa» . Gli investimenti effettuati dalla società dopo la scadenza della concessione sarebbero una scelta autonoma della concessionaria uscente e non giustificherebbero il riconoscimento del diritto all’adeguamento tariffario.

Inoltre, la transitorietà della gestione, non consentirebbe nemmeno di applicare la formula revisionale prevista dalla delibera del CIPE.

12.2. La tesi del primo giudice non può essere condivisa per le ragioni correttamente proposte dall’appellante.

La questione fondamentale, introdotta mediante il primo motivo d’appello, è stabilire quale sia la disciplina applicabile nel periodo successivo alla scadenza del termine di efficacia (nella specie, il 30 aprile 2014) della convenzione stipulata tra le parti.

Sul punto, con riferimento all’obbligo del Ministero concedente di procedere all’adeguamento del PEF anche nella fase post-contrattuale della gestione scaduta, la giurisprudenza ha avuto modo di chiarire come «Scaduto il termine di efficacia della convenzione, si è aperta, infatti, una nuova fase che si può definire post-contrattuale in cui le parti continuano a essere in rapporto tra loro poiché permangono reciproci interessi (derivanti dal contratto scaduto ma il cui assetto non è direttamente regolato da questo), la cui realizzazione è possibile solo mediante la reciproca collaborazione» (Cons. Stato, V, 10 novembre 2021, n. 7478).

Tali considerazioni possono essere estese anche alla fattispecie in esame.

In particolare, la fase che si apre dopo la scadenza della concessione, destinata a durare fino alla individuazione del concessionario subentrante, è disciplinata, anzitutto, dalla clausola racchiusa nell’art. 25 della convenzione, secondo cui « [a]lla scadenza del periodo di durata della concessione, il Concessionario uscente resta obbligato a proseguire nell'ordinaria amministrazione dell'esercizio dell'autostrada assentita in concessione e delle relative pertinenze fino al trasferimento della gestione stessa» ;
ribadita dalla nota del 25 febbraio 2014 con la quale il MIT - nelle more della procedura per l’affidamento della concessione - ha richiesto alla società concessionaria «di proseguire, a far data dal 1 maggio 2014, nella gestione della Concessione secondo i termini e le modalità previste dalla Convenzione vigente […] in modo da garantire l’espletamento del servizio autostradale senza soluzione di continuità» .

12.3. Se ne ha conferma, sul piano legislativo, nell’art. 178 del Codice dei contratti pubblici (di cui al d.lgs. n. 50 del 2016), il quale – fissato il principio che per le concessioni autostradali scadute alla data di entrata in vigore della Parte III del codice è vietata la proroga e si deve procedere al nuovo affidamento (comma 1) – al comma 2 dispone: «I reciproci obblighi, per il periodo necessario al perfezionamento della procedura di cui al comma 1, sono regolati, sulla base delle condizioni contrattuali vigenti» .

Dalle considerazioni che precedono consegue che, come correttamente sostenuto dall’odierno appellante, l’Autostrada del Brennero ha diritto all’adeguamento tariffario per tutta la durata del rapporto concessorio.

12.4. La tariffa può essere determinata alla luce della prescrizione contenuta nell’art. 7 della Convenzione del 1999 intercorsa tra le parti, a tenore del quale «sulla base di quanto stabilito nelle delibere CIPE del 24 aprile 1996 (“linee guida per la regolazione dei servizi di pubblica utilità”) e 20 dicembre 19996 (“Direttive per la revisione delle tariffe autostradali”), la media ponderata delle tariffe di pedaggio autostradale viene adeguata sulla base della seguente formula:

ΔT ≤ ΔP – X + βΔQ

dove ΔT è la variazione tariffaria ponderata, ΔP rappresenta il tasso d’inflazione programmato di cui all’art.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi