Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2013-03-26, n. 201301696

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2013-03-26, n. 201301696
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201301696
Data del deposito : 26 marzo 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01117/2003 REG.RIC.

N. 01696/2013REG.PROV.COLL.

N. 01117/2003 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1117 del 2003, proposto da:
Regione Lazio, rappresentata e difesa dall'avv. M O, con domicilio eletto presso M O in Roma, via Belsiana, 71;

contro

- P C, G D;
- Presidenza del Consiglio dei Ministri, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, anche domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA, SEZIONE III BIS, n. 07772/2002, resa tra le parti, concernente deliberazione di individuazione dell'area di attività della medicina specialistica "salute mentale" ex art. 8, comma 8, d.lgs. 502/1992.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 gennaio 2013 il Cons. Pierfrancesco Ungari e uditi per le parti l’avvocato De Nardo su delega di Occhipinti e l’avvocato dello Stato Saulino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Le appellate, medici psichiatri in servizio presso USL di Roma, avevano impugnato le d.G.R. n. 292/1998 e n. 500/1998 (relative alla individuazione delle aree di attività medico specialistica ambulatoriale per le quali, in applicazione dell’art. 8, comma 8, del d.lgs. 502/1002, occorreva procedere alla costituzione di rapporti di lavoro dipendente), in quanto comportanti la cessazione del loro rapporto convenzionale libero-professionale (unitamente alla d.G.R. n. 1479/2000 ed al d.P.C.M. n. 365/1997, relativi al giudizio di idoneità presupposto all’eventuale inquadramento).

Il TAR del Lazio (con sentenze della Sezione III-bis, n. 5522/2001 e n. 5524/2001) aveva accolto i ricorsi.

2. La Regione Lazio ha inteso dare esecuzione a dette sentenze con d.G.R. n. 1292/2001, nella quale ha, nuovamente, individuato l’area di attività della medicina specialistica “salute mentale” quale area di interesse strategico ai fini ed agli effetti di cui all’articolo 8, comma 8, del d.lgs. 502/1992 e s.m.i. (art. 34, legge 449/1997).

Le appellate hanno impugnato detto provvedimento, deducendo anche l’elusione del giudicato, e contestualmente, con distinti ricorsi, hanno chiesto l’esecuzione delle sentenze citate.

3. Il TAR del Lazio, con sentenza oggetto dell’appello in esame (III-bis, n. 7772//2002), ha annullato la d.G.R. n. 1292/2001 ed ha dichiarato l’obbligo della Regione di provvedere nuovamente, affermando che:

- non vi era necessità di notifica del ricorso ai medici ai quali il provvedimento impugnato confermava il diritto all’inquadramento in ruolo;

- con le succitate sentenze n. 5522 e 5524, era stato chiarito che la legge non disciplina né prevede una totale estinzione dei rapporti convenzionali esistenti, ma attribuisce una facoltà organizzativa alla Regione;
sicché si configura immotivata una indiscriminata indicazione nel senso della trasformazione dei rapporti, specie tenendo conto che le USL del Lazio non si sono quasi mai avvalse, nell’ambito dei presidi ambulatoriali territoriali a gestione diretta, di personale di ruolo e raramente hanno definito gli organici dei servizi;

- anche la d.G.R. n. 1292/2001 si basa su argomentazioni astratte e generiche, e non fa riferimento alle concrete ragioni di miglioramento del servizio con riguardo agli organici della specifica struttura e alle caratteristiche epidemiologiche dell’ambito territoriale di pertinenza, e quindi risulta elusiva del giudicato ed insufficientemente motivata.

4. Appella la Regione Lazio, sostenendo che:

- il TAR ha errato nel disattendere l’eccezione di inammissibilità del ricorso per mancata notifica ai controinteressati, in quanto l’ottemperanza era tale da travolgere la posizione di ogni altro effettivo od eventuale destinatario delle delibere annullate;

- lo scopo ultimo dell’articolo 8 del d.lgs. 502/1992 è proprio il superamento dei rapporti convenzionali con gli specialisti ambulatoriali;

- la motivazione del provvedimento, in realtà, è rinvenibile nel riferimento alle esigenze di economicità nell’impiego delle risorse (non permettendo i rapporti convenzionali una tempestiva ed efficiente programmazione ed erogazione delle prestazioni in relazione all’evolversi della domanda), di garanzia della continuità terapeutica ed alla promozione di forme integrate di intervento tra gli operatori;
e nel richiamo della d.G.R. 236/2000 (Progetto obiettivo nazionale tutela salute mentale);

- il dispositivo della sentenza è contraddittorio: infatti, l’annullamento è stato disposto nel limite dell’interesse delle ricorrenti ed è stato dichiarato l’obbligo di provvedere nuovamente, ma si afferma anche che i giudicati non potranno essere eseguiti, cosicché non si capisce quale debba essere il comportamento della Regione.

5. Le appellate non si sono costituite in giudizio.

Per la Presidenza del Consiglio dei Ministri, intimata, si è costituita, con memoria formale, l’Avvocatura dello Stato.

6. L’appello deve essere respinto.

Quanto all’eccezione di inammissibilità, è sufficiente osservare che la sentenza appellata è univoca nel qualificare gli effetti della d.G.R. 1292/2001 come « dispositiva solo per le odierne ricorrenti » e « confermativa per il restante personale sanitario interessato, che fonda quindi le proprie ragioni su atti precedenti consoli dati»;
e, conseguentemente, nel pronunciare l’annullamento e dichiarare l’obbligo di provvedere di nuovo « nei limiti dell’interesse delle ricorrenti ».

Quanto al rilevato vizio di difetto di motivazione, va rilevato che la d.G.R. 1292/2001, dopo aver puntualizzato le premesse fattuali, normative e giurisprudenziali, ed aver richiamato (peraltro, senza indicarne le finalità, i contenuti e le condizioni di attuazione in relazione alle risorse umane necessarie) i piani ed i progetti in vigore nel settore della salute mentale, si è limitata ad affermare, in sostanza (questa sembra essere la parte motivazionale in senso stretto), che:

- « la Regione valuta la trasformazione dei rapporti convenzionali in atto in rapporti di dipendenza, nell’ambito della sua specificità territoriale, tra gli strumenti volti a garantire il riordino funzionale dei servizi ambulatoriali distrettuali, poiché risponde ad esigenze di economicità nell’impiego delle risorse, dal momento che la struttura di tali rapporti non permette una tempestiva ed efficiente programmazione ed erogazione delle prestazioni, in relazione all’evolversi della domanda da parte dell’utenza, nonché garantisce la continuità terapeutica al singolo assistito e consente di promuovere forme integrate di intervento tra gli operat ori»;

- « nell’ambito degli interventi dei servizi materno infantili ed età evolutiva, delle dipendenze in genere o di tutela della salute mentale si collocano prestazioni ad elevato contenuto terapeutico che comportano la presa in carico del paziente in trattamento e la garanzia di continuità assistenziale da parte dello specialista poiché il rapporto fiduciario che si instaura è parte integrante dello stesso trattamento e requisito importante per assicurare la qualità e l’efficacia del processo assistenziale »;

- « a tale scopo l’Amministrazione ritiene che, in via generale, il passaggio dal rapporto di lavoro parasubordinato (quello in convenzione), a quello subordinato (il rapporto di pubblico impiego) degli specialisti convenzionati, consente, con maggior efficacia di tutelare la salute dell’individuo costituzionalmente garantita anche come interesse della collettività (art. 32, comma 1, della Costituzione della Repubblica Italiana ) ».

In concreto, tutto si risolve nell’affermazione che i rapporti convenzionali non permetterebbero una tempestiva ed efficiente programmazione ed erogazione delle prestazioni in relazione all’evolversi della domanda, né la garanzia della continuità terapeutica e la promozione di forme integrate di intervento tra gli operatori.

Ma si tratta di affermazione apodittica.

Infatti, delle ragioni di quanto asserito, non viene dato conto con riferimento specifico al settore della salute mentale, alle strutture a ciò preposte nella Regione ed al loro concreto funzionamento in relazione alle esigenze del servizio sanitario e dell’utenza.

In pratica, si trasforma in un automatismo quello che, in base alle previsioni dell’art. 8, comma 8, del d.lgs. 502/1992 – quanto meno, secondo l’interpretazione che ne hanno dato le sentenze del TAR Lazio in questione – rappresenta invece una facoltà organizzativa della Regione, finalizzata al miglioramento del servizio sanitario e da esercitare caso per caso, sulla base di puntuali analisi e valutazioni (con « diretto riferimento alle concrete ragioni di miglioramento del servizio con riguardo agli organici della specifica struttura e alle caratteristiche epidemiologiche dell’ambito territoriale di appartenenza » - secondo la sentenza n. 7772/2002, pagg. 6/7).

Anche sotto questo aspetto, quindi, la sentenza appellata non appare censurabile.

Infine, il significato dell’affermazione che si legge alla fine della parte motiva della sentenza, secondo la quale « non può darsi luogo all’esecuzione dei giudicati », può cogliersi se si considera che l’annullamento del provvedimento e la dichiarazione dell’obbligo di provvedere risultano satisfattivi dell’interesse azionato dalle ricorrenti, e che il TAR ha ritenuto non residuasse spazio per l’attivazione di poteri sostitutivi finalizzati all’attuazione delle sentenze precedenti (la sentenza appellata ha deciso, previa riunione, sia il ricorso n. 12305/2001, di impugnazione della d.G.R. n. 1292/2001, sia i ricorsi n. 12303/2001 e n. 12298/2001, finalizzati all’esecuzione delle sentenze n. 5522/2001 e n. 5524/2001): affermazione opinabile, che tuttavia, nella prospettiva dell’interesse della Regione, non può inficiare la sentenza appellata.

7. Le spese, in considerazione del tempo trascorso, possono essere compensate.

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