Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2015-05-26, n. 201502610

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2015-05-26, n. 201502610
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201502610
Data del deposito : 26 maggio 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 09998/2014 REG.RIC.

N. 02610/2015REG.PROV.COLL.

N. 09998/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9998 del 2014, proposto dal Comune di Acquaviva delle Fonti, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avv. F P, con domicilio eletto presso il sig. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, n. 2;

contro

la s.r.l. Lombardi Ecologia, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avv. G R N, con domicilio eletto presso la signora F B in Roma, via Nicolò da Pistoia, n. 40;
U.T.G. - Prefettura di Bari;
Ministero dell'Interno;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PUGLIA – BARI, SEZIONE II, n. 1181/2014, resa tra le parti, concernente la prosecuzione dello svolgimento del servizio di igiene urbana.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della s.r.l. Lombardi Ecologia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 aprile 2015 il Cons. Nicola Gaviano e uditi per le parti gli avvocati F P e G R N;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1 La s.r.l. Lombardi Ecologia svolge il servizio di igiene urbana nell’ambito del territorio del Comune di Acquaviva delle Fonti dal 1998, inizialmente in esecuzione di un contratto di appalto stipulato nel 1997, la cui scadenza originaria (31 dicembre 2003) veniva prorogata annualmente fino al 31 dicembre 2010.

Per l’erogazione del servizio relativo all’anno 2011, le parti in data 5 settembre 2011 sottoscrivevano un secondo contratto, previa rinegoziazione dei patti e delle condizioni economiche originariamente previste.

In prossimità della successiva scadenza, il Comune, pur intenzionato a procedere all’indizione di una gara per l’individuazione di un nuovo gestore, si determinava ad affidare nelle more il servizio per l’intero anno 2012 alla stessa società alle medesime condizioni pattuite per l’anno precedente, per un importo pari ad € 1.480.466,74. Il servizio veniva quindi attribuito ancora una volta alla soc. Lombardi Ecologia, con contratto sottoscritto in data 24.4.2012.

In seguito, in vista della scadenza di tale appalto, e nelle more dell’espletamento delle procedure per l’individuazione del nuovo gestore da parte dell’A.R.O. - come previsto dalla L. R. n. 24 del 20 agosto 2012 frattanto entrata in vigore - il Comune chiedeva ancora alla medesima società la sua disponibilità a proseguire l’attività anche nel primo semestre del 2013 alle stesse condizioni del contratto del 2012.

La società, tuttavia, con nota dell’11 dicembre 2012 manifestava la propria disponibilità a proseguire il servizio, « ma non alle medesime condizioni economiche previste nel contratto relativo all’anno 2012 ». Essa sollecitava quindi l’apertura di un «tavolo tecnico» per il raggiungimento di un’intesa, in mancanza della quale si dichiarava costretta ad interrompere il servizio alla scadenza del contratto.

A quel punto il Sindaco di Acquaviva delle Fonti - con ordinanza del 28 dicembre 2012 - intimava alla società di proseguire lo svolgimento del servizio fino alla data del 28 febbraio 2013, e comunque fino al completamento della procedura per l’affidamento del servizio per l’anno 2013, agli stessi patti e condizioni del contratto concluso per l’anno 2012.

L’ordinanza veniva allora impugnata dalla società con ricorso al T.A.R. per la Puglia, con l’articolazione di un motivo così rubricato : « Violazione e falsa applicazione degli artt. 41 e 97 Cost. Violazione dell’art. 1, comma 1 bis, l n. 241/90. Violazione degli artt. 1175 e 1326 c.c. Violazione della libertà di iniziativa economica e dei principi di buon andamento e ragionevolezza dell’azione amministrativa. Eccesso di potere per erronea presupposizione, difetto di istruttoria ed ingiustizia manifesta, illegittimità derivata .”

La ricorrente domandava anche la condanna del Comune al risarcimento dei danni.

Il Comune di Acquaviva delle Fonti resisteva al ricorso.

Di lì a poco, peraltro, lo stesso Sindaco il 17 dicembre 2013 adottava un’ulteriore ordinanza, con la quale parimenti ingiungeva alla società di proseguire anche per l’anno 2014 lo svolgimento del servizio fino all’individuazione dell’appaltatore da parte dell’A.R.O., e sempre agli stessi patti e condizioni del contratto stipulato per il 2012.

La società proponeva avverso il nuovo provvedimento motivi aggiunti di ricorso, con i quali deduceva, oltre a vizi di illegittimità derivata discendenti da quelli denunziati con il ricorso principale, i seguenti vizi propri:

1) violazione e falsa applicazione dell’art. 191, d.lgs. n. 152/2006 in combinato disposto con l’art. 50, comma 5, d.lgs. n. 267/2000, anche in relazione all’art. 14, legge Regione Puglia n. 24/2012;
violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e ss. legge n. 241/90;
violazione del principio di ragionevolezza e proporzionalità dell’azione amministrativa;
eccesso di potere per carenza assoluta di istruttoria ed erronea presupposizione;

2) violazione e falsa applicazione dell’art. 191, comma 4, d.lgs. n. 152/2006;
difetto di competenza;
eccesso di potere per carenza assoluta di istruttoria ed erronea presupposizione;

3) violazione dell’art. 97 Cost.;
violazione dei principi di buon andamento e ragionevolezza dell’azione amministrativa;
violazione e falsa applicazione dell’art. 191 del d.lgs. n. 152/2006;
eccesso di potere per carenza assoluta di istruttoria ed erronea presupposizione.

Si costituivano nel frattempo in resistenza all’impugnativa anche il Ministero dell’Interno e la Prefettura di Bari, chiedendone il rigetto.

2 All’esito del giudizio il Tribunale adìto, con la sentenza parziale n. 1181/2004 in epigrafe, accoglieva le domande impugnatorie della società, ritenendo sussistenti i vizi di difetto di istruttoria e di violazione dei principi di libera iniziativa imprenditoriale e di autonomia negoziale, nonché di proporzionalità dell’azione amministrativa, e disponeva invece incombenti istruttori sulla domanda risarcitoria.

Il T.A.R., pertanto:

- annullava le ordinanze sindacali impugnate;

- disponeva una verificazione per la quantificazione dei danni riconoscibili alla ricorrente;

- riservava al definitivo ogni ulteriore pronuncia.

3 Avverso tale sentenza, veniva proposto il presente appello alla Sezione da parte del Comune di Acquaviva delle Fonti, che articolava quattro mezzi di gravame.

L’Ente contestava la decisione tanto nella parte in cui aveva ritenuto illegittimo il ricorso allo strumento dell’atto contingibile e urgente, quanto nella parte in cui aveva censurato la legittimità delle clausole delle due ordinanze che avevano riproposto per la prosecuzione del servizio le stesse condizioni economiche convenute per l’anno 2012, quanto, infine, per il positivo apprezzamento della domanda risarcitoria della società sotto il profilo dell’ an debeatur .

Resisteva all’appello l’originaria ricorrente, che ne deduceva l’infondatezza.

Il Comune con successiva memoria insisteva sulle proprie deduzioni e per l’accoglimento dell’appello.

Alla pubblica udienza del 16 aprile 2014 la causa è stata trattenuta in decisione.

4 L’appello è suscettibile di accoglimento, sia pur non integrale.

Il suo primo motivo investe il capo della sentenza impugnata che ha reputato illegittimo l’emanazione, nella vicenda, di una ordinanza contingibile e urgente.

In proposito la Sezione ritiene di prescindere dall’esame della censura comunale di ultrapetizione e di concentrarsi subito sulle censure sostanziali sollevate dallo stesso Comune di Acquaviva delle Fonti, stante la fondatezza di queste ultime doglianze.

4a Il primo Giudice ha motivato la propria pronuncia annullatoria nel modo seguente.

Il T.A.R. ha ricordato che con la L.R. n. 24 del 2012 la Regione Puglia ha regolato lo svolgimento del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti all’interno di Ambiti Territoriali Ottimali (A.T.O.), a loro volta articolati in A.R.O. (Ambiti di Raccolta Ottimale).

A tal fine, l’art. 14 della L.R. ha previsto che gli enti locali facenti parte dell’A.R.O. affidino l’intero servizio di spazzamento, raccolta e trasporto, e che la relativa procedura sia avviata entro e non oltre 90 giorni dalla data di costituzione dello stesso A.R.O..

L’art. 24 della stessa legge ha inoltre stabilito, per la fase transitoria, il divieto per i singoli Comuni di indire nuove procedure per l’affidamento dei medesimi servizi e l’ulteriore divieto di aggiudicare in via provvisoria gare ad evidenza pubblica per l’affidamento degli stessi servizi dalla data di pubblicazione della deliberazione regionale di perimetrazione degli A.R.O.: tutto ciò in vista dell’espletamento da parte dell’A.R.O. della gara unica per tutti i Comuni interessati.

Al cospetto di questi divieti, numerose Amministrazioni locali si sono avvalse di forme alternative di affidamento dell’attività in questione, quali procedure negoziate senza bando, proroghe dei contratti di appalto in scadenza o, come nella specie, ordinanze contingibili e urgenti.

Il Tribunale ha espresso l’avviso, tuttavia, che dalla norma di divieto, da interpretare nel quadro dei principi comunitari, non sarebbe ricavabile un divieto assoluto di esperire gare, che legittimi nel contempo i Comuni a disporre affidamenti incompatibili con la normativa europea.

Il sistema di emanare reiterate ordinanze contingibili e urgenti per la gestione del servizio comporterebbe, inoltre, uno snaturamento di tale strumento, previsto per fronteggiare situazioni straordinarie, imprevedibili e di immediato pericolo per la comunità locale, e piegato invece a sopperire ad inefficienze e ritardi degli enti territoriali coinvolti.

Il T.A.R. ha infine osservato che, mentre il potere di ordinanza presuppone l’impossibilità di provvedere sulla base degli ordinari rimedi di amministrazione attiva, tale presupposto nella specie avrebbe fatto difetto, disponendo l’art. 14, comma 3, della stessa L.R. che, « nel caso in cui siano vigenti, all’interno di un A.R.O., affidamenti di servizi di spazzamento, raccolta e trasporto di rifiuti solidi urbani attraverso gestioni in proroga o eseguite in forza di ordinanze emanate dall’ente competente, la procedura di cui al comma 1 è indetta per la gestione immediata delle porzioni di A.R.O. coperte da dette gestioni, al fine di non pregiudicare la necessaria continuità nell’erogazione del servizio ».

Ad avviso del T.A.R., il Comune avrebbe quindi potuto far presente la situazione esistente sul proprio territorio, per sollecitare l’indizione della procedura di affidamento oppure, in caso di inerzia, l’intervento in via sostitutiva della Regione, cosa che nella specie non risulterebbe avvenuta.

4b L’impostazione così seguita dal Tribunale è stata però persuasivamente criticata con il l’appello in esame.

4b1 Il Comune ha fatto notare che l’entrata in vigore della L.R. n. 24/2012, con il suo divieto per i Comuni di procedere a nuove aggiudicazioni, aveva precluso ad esso Ente di espletare la procedura contrattuale già programmata, imponendo in pratica nel frattempo la prosecuzione del servizio già in corso (anche perché la prevedibile durata di un ipotetico affidamento interinale ad un gestore terzo non sarebbe potuto essere congruo).

4b2 Il divieto legislativo in questione era inoltre, giusta il suo testo letterale, un divieto assoluto, ancorché solo temporaneo, avente lo scopo di non far trovare vincolato l’A.R.O. nella gara d’ambito, nonché quello di non ritardare l’affidamento da parte sua del servizio al gestore unico, finalità che l’interpretazione seguita dal T.A.R. avrebbe invece vanificato.

A questo occorre aggiungere che il divieto, oltre ad essere univoco, non poteva considerarsi, di per se stesso, in conflitto con i principi comunitari, avendo la semplice funzione di permettere un’operazione (neutra) di passaggio della gestione del servizio dal livello comunale al più ampio bacino del c.d. Ambito ottimale. Le criticità riscontrate dal primo Giudice non sono, invero, imputabili al divieto in quanto tale, ma scaturiscono piuttosto dal dato della notevole lentezza dell’ iter di entrata a regime del sistema degli A.T.O. – A.R.O.

4b3 Il Comune rettamente ha osservato, pertanto, che, dinanzi all’indisponibilità dell’attuale appellata di accettare anche per il nuovo anno le condizioni economiche in passato pattuite, l’esigenza di continuità propria di un servizio di prima necessità rilevante per la salute pubblica aveva indotto il Sindaco, attesa la mancata definizione da parte dell’A.R.O. della pertinente gara d’ambito, ad emanare una ordinanza contingibile e urgente (questa Sezione, del resto, in una vicenda simile, di esito infruttuoso della gara indetta dal competente A.T.O., con la decisione 31 marzo 2011, n. 1969, ha ravvisato una situazione idonea ad arrecare un pericolo per la salute pubblica e idonea, perciò, a giustificare l'intervento extra ordinem del Sindaco, teso ad individuare un gestore per il tempo strettamente necessario alla selezione di un altro gestore ed evitare l'interruzione di un servizio essenziale per la collettività).

4b4 Il Comune si è richiamato, inoltre, all’orientamento giurisprudenziale secondo il quale le ordinanze contingibili e urgenti, stante l’urgenza di provvedere, prescindono dall’imputabilità delle cause che hanno generato la situazione di pericolo cui si tratta di ovviare. E la giurisprudenza è effettivamente attestata sulla posizione per cui l'ordinanza contingibile ed urgente del Sindaco può essere emessa per tutelare il bene supremo della pubblica incolumità, e, di fronte all'urgenza del provvedere all'eliminazione della situazione di pericolo, prescinde dall'accertamento dell'eventuale responsabilità della provocazione di quest'ultimo, poiché non ha natura sanzionatoria (C.d.S., V, 9 novembre 1998, n. 1585). Pertanto, ai fini dell'adozione dell'ordinanza, non rileva chi o cosa abbia determinato la situazione di pericolo che il provvedimento è volto ad affrontare (IV, 25 settembre 2006, n. 5639).

4b5 L’appellante peraltro ha anche escluso, altrettanto fondatamente, che il pericolo fronteggiato dalle ordinanze in contestazione possa essere ascritto a suo carico.

Il suo comportamento non avrebbe potuto assumere alcuna rilevanza causale al fine indicato, stante il divieto di indire nuove gare comunali imposto dalla nuova legge regionale, considerata altresì la competenza di un’altra autorità, prevista dalla normativa del settore.

In particolare, non si ravvisano elementi per imputare al Comune appellante la mancata definizione della gara d’ambito da parte dell’A.R.O.;
né vi sono motivi per ritenere che, qualora lo stesso Comune avesse sollecitato gli organi di governo d’Ambito o la Regione, ciò avrebbe davvero potuto risolvere sit et simpliciter la problematica di cui si tratta.

Non riveste particolare significato, infine, il richiamo del Tribunale alla previsione dell’art. 14, comma 3, L.R. cit. (« Nel caso in cui siano vigenti, all’interno di un A.R.O., affidamenti di servizi di spazzamento, raccolta e trasporto di rifiuti solidi urbani attraverso gestioni in proroga o eseguite in forza di ordinanze emanate dall’ente competente, la procedura di cui al comma 1 è indetta per la gestione immediata delle porzioni di A.R.O. coperte da dette gestioni, al fine di non pregiudicare la necessaria continuità nell’erogazione del servizio »).

Anche la gara prevista da questa disposizione, difatti. avrebbe richiesto i suoi inevitabili tempi tecnici. E non vi è ragione di ritenere che l’A.R.O., che non è riuscito a concludere sollecitamente la gara unitaria d’Ambito, sarebbe stato invece in grado di pervenire ad un risultato diverso, se sollecitato a provvedere ai sensi di tale comma, per la gara sulla pertinente porzione di Ambito, in tempi tali da esimere l’Ente appellante da ogni intervento extra ordinem .

4c Per quanto precede, poiché risulta legittima l’emanazione da parte del Sindaco di Acquaviva delle Fonti dell’ordinanza contingibile e urgente, il primo motivo di appello merita integrale accoglimento.

5 I restanti mezzi vertono sul compenso riconosciuto dalle ordinanze in contestazione in favore del loro destinatario.

Tali motivi, che per la loro connessione possono essere trattati congiuntamente, sono parzialmente fondati.

Il ricorso di prime cure si conferma suscettibile di accoglimento nella sola parte in cui rivolge alle ordinanze la critica dell’immotivato mancato aggiornamento del compenso concordato tra le parti per gli anni 2012 e 2012, mentre per ogni prospettiva di riconoscimento ulteriore la sentenza impugnata deve essere riformata.

5a Introduttivamente occorre rilevare che, poiché la Sezione ha giudicato di per sé legittima l’emanazione dell’ordinanza contingibile e urgente, l’attuale appellata non risulta avere titolo ad avanzare nei riguardi dell’Amministrazione pretese di natura risarcitoria, ma può prospettare nei suoi confronti solo la domanda di una revisione del compenso da questa stabilito.

5b Una volta fatta questa puntualizzazione, il Collegio rileva che la giurisprudenza della Sezione risulta assestata nel senso che « il provvedimento contingibile ed urgente non può giustificare anche una sorta di prezzo imposto dall'Amministrazione al privato;
all'obbligo di proseguire nell'espletamento del servizio si ricollega un'esigenza di giusto compenso per il destinatario del provvedimento
» (Sez, V, 2 dicembre 2002, n. 6624).

In una vicenda del tutto analoga, è stato inoltre osservato che la situazione di urgenza non giustifica la definizione in via autoritativa e definitiva dell'importo dei canoni da corrispondere al gestore, poiché « il profilo economico del rapporto in alcun modo può essere attratto dai presupposti di contingibilità e urgenza, posti a fondamento dell'ordinanza » (Sez. V, 31 marzo 2011, n. 1969).

L’imposizione della esecuzione del servizio a condizioni non remunerative viene ritenuta, pertanto, in contrasto con l'esigenza del giusto compenso e con il principio secondo il quale l’esercizio del potere di ordinanza – pur sussistente - deve limitarsi in linea di massima ad imporre misure tali da comportare il minore sacrificio possibile per il destinatario (Sez. V, 8 settembre 2010, n. 6486).

5c Per questa questione, il Tribunale ha fatto un lineare richiamo al principio appena ricordato, osservando che l’imposizione del servizio a condizioni non remunerative doveva ritenersi illegittima per contrato con il canone del giusto compenso e con quello del minor sacrificio del destinatario dell’ordinanza.

Né l’Ente appellante ha fornito ragioni che possano indurre a discostarsi dal principio indicato, che ha ricevuto significative applicazioni, del resto, proprio in analoghi casi di imposizione di servizi di raccolta di rifiuti alle condizioni economiche stabilite da precedenti contratti ormai scaduti (cfr. la giurisprudenza appena cit.).

Il Collegio reputa inoltre condivisibili le considerazioni con cui il primo Giudice ha fatto più specificamente notare che:

- il compenso stabilito dalle ordinanze in contestazione era stato originariamente convenuto tra le parti per l’anno 2011, e per l’anno successivo già una prima volta era stato confermato;

- la sua ulteriore reiterazione per i successivi anni 2013 e 2014 era stata stabilita dalle ordinanze sindacali senza alcuna verifica in sede istruttoria della sua persistente congruità;

- infatti, benché la società qui appellata avesse fatto presente, dopo essere stata contattata per la prosecuzione del servizio anche per l’anno 2013, la sopraggiunta incongruità delle suddette condizioni, le medesime erano state nondimeno meccanicamente confermate, senza alcuna istruttoria né motivazione sulla loro persistente attitudine a remunerare con effettività il servizio.

5d Per converso, però, non può essere trascurato il punto che tra le parti era stato da poco liberamente convenuto, proprio per l’espletamento del servizio di cui si tratta, un preciso compenso, posto a base del loro contratto del 5 settembre 2011 e confermato anche per l’anno 2012 con il contratto del seguente 24 aprile 2012.

Da qui la sicura possibilità per il Sindaco di fare riferimento, a titolo di « equo compenso » satisfattivo del principio appena illustrato, all’ammontare del corrispettivo già concordato tra le parti (e come tale per definizione « giusto »), sia pure adeguandolo alle dinamiche economiche della frazione di tempo nelle more trascorsa.

La disponibilità di un simile, recente dato contrattuale inter partes escludeva, dunque, che il privato potesse avere titolo alla determinazione di condizioni economiche del tutto nuove.

Pertanto, non risultano invece condivisibili i richiami fatti dal primo Giudice alla ipotizzata necessità di una determinazione in chiave autonoma del «corrispettivo effettivamente dovuto», e, in tale ottica, alla stima prodotta in giudizio dall’attuale appellata e al compenso previsto dall’antecedente -ma più ampio- contratto inter partes del 1997.

Per quanto precede, deve ritenersi superata l’esigenza istruttoria che ha indotto il primo Giudice a disporre una verificazione, anche perché nelle more del giudizio il Comune, all’atto di provvedere per garantire la continuità del servizio anche per l’anno 2015, si è infine risolto a sottoporre ad un aggiornamento l’ammontare del compenso contrattualizzato per gli anni 2011 e 2012 portandolo dalla somma di euro 1.480.466,74 a quella di euro 1.518.151,33, importo avverso il quale non risultano sollevate contestazioni dall’appellata.

6 In conclusione, poiché l’unica censura fondatamente proposta avverso le due ordinanze sindacali impugnate è risultata quella del mancato aggiornamento del compenso convenuto tra le parti per gli anni 2011 e 2012, l’appello è suscettibile di accoglimento sotto ogni ulteriore profilo dedotto, nei termini che sono stati esposti.

L’esito della soccombenza reciproca impone la compensazione tra le parti delle spese processuali del doppio grado di giudizio (anche dei contributi unificati versati nel corso dei due gradi).

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