Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2017-03-02, n. 201700989

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2017-03-02, n. 201700989
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201700989
Data del deposito : 2 marzo 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/03/2017

N. 00989/2017REG.PROV.COLL.

N. 09527/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9527 del 2010, proposto da:
R O, rappresentato e difeso dagli avvocati C O, C M, con domicilio eletto presso lo studio Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18;
I G B, rappresentata e difesa dagli avvocati C M, C O, con domicilio eletto presso lo studio Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18;

contro

Ministero per i beni e le attivita' culturali, nella persona del Ministro pro tempore;
rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio ex lege in Roma, via dei Portoghesi 12, presso la sede della stessa;
Comune di Sassuolo non costituito in giudizio;

per l’annullamento ovvero riforma

della sentenza del TAR Emilia Romagna, sede di Bologna, sezione II 28 maggio 2010 n. 5155, resa fra le parti, con la quale è stato respinto il ricorso per annullamento del provvedimento 20 febbraio 2000 del Soprintendente delegato per i beni architettonici ed ambientali dell’Emilia Romagna, di annullamento della precedente autorizzazione ambientale 19 gennaio 2000 del Comune di Sassuolo, concernente interventi di restauro conservativo di immobile sito a Sassuolo, piazza Martiri Partigiani 23, e della conseguente ordinanza di sospensione lavori;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 febbraio 2017 il Cons. Francesco Gambato Spisani e udito per i ricorrenti appellanti l’avvocato Orienti.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

I ricorrenti appellanti sono proprietari di un immobile situato a Sassuolo (Mo), piazza dei Martiri Partigiani numero 23, incluso in zona vincolata già come zona di protezione delle bellezze naturali ai sensi della l. 29 giugno 1939 n.1497 e come zona di particolare interesse ambientale ai sensi della l. 8 agosto 1985 n.431, in sintesi perché racchiude il paesaggio in cui si inserisce l’edificio storico del locale Palazzo ducale, residenza estiva degli Estensi;
in particolare, l’immobile in questione si trova al confine est sudest dell’area vincolata, e costituisce “porzione estrema dei fabbricati descritti come espressioni diffuse di architettura minore e rustica legata nei suoi valori compositivi al complesso estense” (doc. 4 in primo grado ricorrenti appellanti, autorizzazione paesaggistica 19 gennaio 2000).

Intenzionati a realizzarvi un recupero ad uso abitativo del sottotetto e un restauro dei prospetti, i ricorrenti appellanti chiedevano una prima volta al competente Comune la necessaria autorizzazione ambientale, rilasciata con provvedimento 21 agosto 1998 prot. n.4889 e annullata per asserita illegittimità con decreto del Soprintendente 21 settembre 1998;
contro tale annullamento, proponevano ricorso giurisdizionale, respinto con sentenza del TAR Emilia Romagna Bologna sez. II 31 agosto 1999 n.449;
non impugnavano tale decisione, e preferivano sollecitare il Comune a rinnovare il procedimento, ottenendo quindi la rinnovazione dell’autorizzazione ambientale annullata, con nuovo provvedimento 19 gennaio 2000, che per quanto qui interessa assentiva l’intervento e in particolare consentiva, per dar luce al sottotetto, di realizzare sulla copertura una serie di lucernari a nastro (v. sempre doc. 4 ricorrenti appellanti citati).

Anche di questa autorizzazione ambientale, i ricorrenti appellanti subivano l’annullamento, con nuovo decreto del Soprintendente 20 marzo 2000, che rileva come si tratti dello stesso intervento oggetto del primo annullamento e ritiene l’autorizzazione stessa immotivata: “il Comune… pur evidenziando… l’inserimento dei lucernari a nastro e l’assenza di strutture emergenti rispetto al profilo di copertura del manto in coppi, arriva a concludere in maniera assolutamente non dimostrata che siffatte innovazioni non determinano alterazioni suscettibili di comportare compromissione degli elementi di valore paesaggistico e inoltre che nessuna interferenza è ravvisabile con riferimento alla presenza emergente del Palazzo Ducale… si rileva che le innovazioni introdotte e in particolare l’inserimento dei lucernari a nastro in edifici che sono espressione di architettura minore legata nei suoi valori compositivi al complesso estense altererebbero visivamente ed architettonicamente la struttura tradizionale delle coperture e l’edificio nella sua integra conservazione” (doc. 5 in primo grado ricorrenti appellanti, decreto citato).

Contro tale decreto e contro la contestuale ordinanza di sospensione lavori, hanno proposto ricorso, respinto dal TAR con la sentenza indicata in epigrafe;
contro quest’ultima propongono ora appello, affidato a tre censure, riconducibili secondo logica ai seguenti due motivi, che costituiscono riproposizione dei motivi respinti in primo grado e valgono altresì come motivi di illegittimità derivata dell’ordinanza di sospensione. In dettaglio:

- con il primo motivo, corrispondente alle prime due censure alle pp. 9 e 19 dell’atto, deducono violazione dell’art. 151 d. lgs. 29 ottobre 1999 n.490, sostenendo in sintesi che l’amministrazione nell’esercitare il proprio potere di annullamento avrebbe in realtà operato un sindacato di merito non consentitole, e criticano la sentenza impugnata per aver ritenuto il contrario;

- con il secondo motivo, corrispondente alla terza censura, a p. 21 dell’atto, parimenti criticano la sentenza impugnata per non aver ritenuto dovuto l’avviso di inizio del procedimento di annullamento ai sensi dell’art. 7 l. 7 agosto 1990 n.241.

Con memoria 29 dicembre 2016, i ricorrenti appellanti hanno poi meglio illustrato le loro asserite ragioni, ed evidenziato di aver già ultimato l’intervento sulla base dell’ordinanza cautelare della Sezione 19 giugno 2000 n.2915, che aveva accolto la relativa istanza proposta in primo grado e respinta con ordinanza del TAR sez. II 20 aprile 2000 n.336.

All’udienza del giorno 9 febbraio 2017, la Sezione ha trattenuto il ricorso in decisione.

DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso è fondato ed assorbente, per le ragioni di seguito precisate.

2. Per chiarezza, si ricorda la norma vigente all’epoca dei fatti, ovvero l’art. 151 del d. lgs. 29 ottobre 1999 n.499, che per quanto qui interessa ai primi quattro commi dispone: “ I proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di beni ambientali inclusi negli elenchi pubblicati a norma dell'articolo 140 o dell'articolo 144 o nelle categorie elencate all'articolo 146 non possono distruggerli né introdurvi modificazioni, che rechino pregiudizio a quel loro esteriore aspetto che è oggetto di protezione (comma 1). I proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo dei beni indicati al comma 1, hanno l'obbligo di sottoporre alla Regione i progetti delle opere di qualunque genere che intendano eseguire, al fine di ottenerne la preventiva autorizzazione (comma 2). L'autorizzazione è rilasciata o negata entro il termine perentorio di sessanta giorni (comma 3). Le regioni danno immediata comunicazione delle autorizzazioni rilasciate alla competente soprintendenza, trasmettendo contestualmente la relativa documentazione. Il Ministero può in ogni caso annullare, con provvedimento motivato, l'autorizzazione regionale entro i sessanta giorni successivi alla ricezione della relativa comunicazione (comma 4).”

3. Per pacifica giurisprudenza – per tutte, C.d.S. sez. VI 6 febbraio 2009 n.696, il comma 4 appena citato prevede un potere di annullamento per soli vizi di legittimità, e quindi non un potere di riesame nel merito, in capo all’organo periferico del Ministero, ovvero in capo alla locale Soprintendenza, che nel caso di specie in effetti si è pronunciata. E’ poi altrettanto pacifico che nell’esercitare il proprio potere la Soprintendenza non può sostituire una propria valutazione tecnico discrezionale a quella contenuta nell’autorizzazione rilasciata: per tutte, C.d.S. sez. VI 24 gennaio 2006 n.207 e 21 ottobre 2005 n.5937, specificamente citata dalla difesa dei ricorrenti appellanti perché relativa ad un caso verificatosi nel medesimo comune.

4. Ciò posto, il decreto di annullamento per cui è causa, come detto in premesse, ravvisa nell’autorizzazione paesaggistica annullata un difetto di motivazione, che com’è noto è vizio di legittimità ai sensi dell’art. 3 l. 241/1990. Ritiene, più propriamente, non congrua la motivazione offerta dal Comune per assentire l’intervento, ripresa dal parere della commissione edilizia riportato nel corpo dell’atto. Tale motivazione afferma in sintesi estrema che il palazzo su cui si interviene è sito ad una certa distanza dal complesso del Palazzo Ducale, e che i lucernari a nastro, che sono visibili solo dall’alto, e per comune esperienza si presentano come un rettangolo di vetro inserito a livello nella copertura, sono una soluzione preferibile alle finestre a tetto, ovvero agli abbaini, che come è pure noto sporgono dalla copertura e ne interrompono l’uniformità.

5. L’apprezzamento della Soprintendenza, per cui non si tratterebbe di valida motivazione, ad avviso del Collegio non va condiviso. Occorre partire dal dato assolutamente notorio per cui, se si esamina una veduta aerea del centro di Sassuolo, disponibile a tutti anche per mezzo di Internet, le coperture dei vari edifici non sono tutte identiche ed uniformi, essendo presenti moltissimi abbaini e soluzioni tecniche di vario tipo. In tale contesto, la copertura prevista dall’autorizzazione annullata non determina effettivamente alterazioni apprezzabili, e quindi i presupposti dell’annullamento per vizio di legittimità non vi sono.

6. Il carattere sostanziale del motivo accolto assorbe, come si è detto, il secondo motivo di appello, che attiene al profilo procedurale dell’annullamento.

7. Di conseguenza, l’appello va accolto, e la sentenza impugnata va riformata nel senso di accogliere il ricorso di primo grado e di annullare sia il decreto del Soprintendente impugnato, sia l’ordinanza di sospensione lavori che ne è seguita, e che risulta all’evidenza a sua volta colpita da illegittimità derivata, come correttamente dedotto dalla difesa dei ricorrenti appellanti. Come poi si puntualizza per chiarezza, effetto della pronuncia è la reviviscenza dell’originaria autorizzazione paesaggistica, sì che l’intervento, nel frattempo completato come spiegato in premesse, si deve considerare realizzato in presenza della stessa.

8. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

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