Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2019-01-25, n. 201900652

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2019-01-25, n. 201900652
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201900652
Data del deposito : 25 gennaio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 25/01/2019

N. 00652/2019REG.PROV.COLL.

N. 01783/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1783 del 2018, proposto dal Ministero della Difesa, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

contro

il signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato A F T, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale delle Medaglie d’Oro, n. 266;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione I bis, n. 12224 dell’11 dicembre 2017.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del signor -OMISSIS-;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 dicembre 2018 il Cons. Roberto Caponigro e uditi l'avvocato dello Stato Luigi Simeoli, per la parte appellante, e l’avvocato A F T, per la parte appellata;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il Ministero della Difesa, con atto del 4 giugno 2015, ha disposto la non ammissione del signor -OMISSIS-, caporal maggiore in ferma quadriennale, alla rafferma biennale e il conseguente collocamento dello stesso in congedo illimitato a decorrere dall’8 giugno 2015.

Il T.a.r. per il Lazio, Sezione Prima bis, con la sentenza n. 12224 del 2017, ha accolto il ricorso proposto dall’interessato e, per l’effetto, ha annullato detto atto.

Di talché, il Ministero della Difesa ha interposto il presente appello, articolato nelle seguenti doglianze:

L’Amministrazione ha adottato il provvedimento impugnato a seguito dell’accertamento dei requisiti tassativamente indicati nell’art. 3, comma 1, lett. d), del d.m. 8 luglio 2005, nell’esercizio di un’attività di carattere vincolato, con esclusione di qualsiasi margine di discrezionalità.

La previsione normativa regolamentare trova fondamento nell’art. 635, comma 1, lett. g), del d.lgs. n. 66 del 2010 che, nell’operare un riordino della disciplina in materia, ha previsto, in via generale, e per tutte le diverse tipologie di personale militare, il possesso di alcuni requisiti imprescindibili, incluso quello dell’incensuratezza.

Peraltro, proprio in considerazione dei compiti e delle funzioni affidate alle Forze Armate, l’ordinamento militare impone una più penetrante ed incisiva valutazione dei suoi componenti ed aspiranti, sia sotto il profilo morale che giuridico.

Il T.a.r. sarebbe incorso in un eccesso di potere giurisdizionale, in quanto ha erroneamente interpretato ed applicato la clausola del bando. Infatti, quando le disposizioni presentano un contenuto univoco e non sono suscettibili di operazioni ermeneutiche, il giudice è vincolato dal principio in claris non fit interpretatio .

La causa ostativa all’ammissione alla procedura di rafferma e, quindi, alla concessione del relativo beneficio, individuata nell’art. 3 del d.m. 8 luglio 2005, non sarebbe subordinata ad alcuna valutazione, neppure in ordine alla gravità del fatto posto a fondamento dell’esercizio dell’azione penale, risultando sufficiente la sussistenza di un carico pendente per delitto non colposo in capo al militare.

Il signor -OMISSIS- ha analiticamente ribadito la fondatezza delle censure dedotte in primo grado - evidenziando anche che, con sentenza n. 5786 del 21 settembre 2016, il Tribunale di Firenze ha dichiarato non doversi procedere nei suoi confronti in ordine al reato a lui ascritto, perché estinto per remissione di querela - ha riproposto i motivi di impugnativa dedotti in primo grado ed ha concluso per la reiezione del gravame.

All’udienza pubblica del 20 dicembre 2018, la causa è stata trattenuta per la decisione.

2. L’appello è fondato e, di conseguenza, deve essere accolto.

2.1. Il Ministero della Difesa, Direzione generale per il personale militare, con atto del 4 giugno 2015, ha disposto la non ammissione alla rafferma biennale e il collocamento in congedo illimitato dal caporal maggiore -OMISSIS- a decorrere dall’8 giugno 2015, ai sensi dell’art. 954, comma 3-bis, del d.lgs. n. 66 del 2010 e successive modifiche e integrazioni.

Il provvedimento è stato adottato in quanto:

- dalla documentazione pervenuta a corredo dell’istanza prodotta dall’interessato, tesa ad ottenere il trattenimento in servizio per ulteriori due anni oltre la ferma cui è attualmente vincolato, risulta disposto nei suoi confronti il decreto di citazione a giudizio per delitto non colposo, emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Firenze in data 20 febbraio 2014;

- l’art. 3, comma 1, lett. d), del decreto del Ministero della Difesa 8 luglio 2005, vigente al momento della domanda (il cui contenuto è stato integralmente trasfuso anche nell’art. 3, comma 1, lett. d), del decreto del Ministro della Difesa 23 aprile 2015, attualmente in vigore), prevede quale condizione di ammissione alla rafferma “ non avere riportato condanne penali per delitti non colposi né risultare essere rinviati a giudizio o ammessi a riti alternativi per delitti non colposi ”.

2.2. La sentenza appellata, nel premettere che il reato originariamente contestato è stato dichiarato estinto per remissione di querela, ha ritenuto “ che la norma che prevede la non ammissione nelle Forze Armate, attesa la sua penetrante ed invasiva conseguenza proprio dei diritti fondamentali del cittadino costituzionalmente tutelati, richiede una adeguata e ponderata interpretazione che non deve essere limitata ad una mera ed automatica esegesi formale e letterale, ma, di contro, deve penetrare il senso e la voluntas legis espressa dal Legislatore secondo un contesto costituzionalmente orientato che consenta, inoltre, di contemperare le diverse e contrapposte esigenze tutelate dalla Carta ” e che “ se è vero che il compito affidato dall’Ordinamento alle Forze Armate richiede una più penetrante ed incisiva valutazione dei suoi componenti o aspiranti tali, sia sotto il profilo morale che giuridico, nondimeno tali esigenze non possono essere intese quale automatico criterio di esclusione ” ed “ è necessario, cioè, che il difetto di tali asseriti requisiti nel candidato sia oggetto di una penetrate e compiuta valutazione ”.

Il giudice di primo grado, sulla base di un articolata ratio dedicendi , ha evidenziato che “ l’asserita mancanza dei prescritti requisiti e, segnatamente quello di essere imputato, può intervenire solo quando l’imputazione è conseguente allo scrutinio del fatto da parte di un giudice terzo ” e, “ nel caso di specie, il ricorrente risulta imputato a seguito di Decreto di citazione diretta a giudizio ( art. 550 c.p.p.) da parte del pubblico ministero ”;
si tratta, cioè, di una ipotesi accusatoria soggetta al solo vaglio dell’ufficio inquirente senza alcuna mediazione del giudice, il quale interloquisce nella sola fase dibattimentale ” ed ha concluso che “ il concetto di imputato, cui consegue la esclusione del candidato, richiede una più attenta valutazione e deve essere attestato solo quando sul fatto è intervenuto il giudizio di un giudice terzo ”.

2.3. Le doglianze proposte dall’Amministrazione sono fondate.

Il provvedimento è stato adottato in applicazione dell’art. 3, comma 1, lett. d), del d.m. 8 luglio 2005, atteso che il signor -OMISSIS- è stato destinatario di un decreto di citazione a giudizio emesso nei suoi confronti dalla Procura di Repubblica presso il Tribunale di Firenze in data 10 febbraio 2014, per il delitto non colposo di cui agli artt. 110 e 624 c.p.

L’art. 3, comma 1, lett. d), del d.m. 8 luglio 2005 stabilisce che possono presentare domanda per l’ammissione alle rafferme biennali i volontari in ferma prefissata quadriennale risultati idonei, ma non utilmente collocati nella graduatoria per l’immissione nei ruoli dei volontari di truppa in servizio permanente, che risultino in possesso, tra gli altri, del requisito di “ non avere riportato condanne penali per delitti non colposi né risultare essere rinviati a giudizio o ammessi a riti alternativi per delitti non colposi ”.

La previsione del decreto è coerente con il disposto della norma primaria, in quanto l’art. 635, comma 1, lett. g), del d.lgs. n. 66 del 2010 include tra i requisiti generali “ per il reclutamento nelle Forze armate ” quello di “ non essere stati condannati per delitti non colposi, anche con sentenza di applicazione della pena su richiesta, a pena condizionatamente sospesa o con decreto penale di condanna, ovvero non essere in atto imputati in procedimenti penali per delitti non colposi ”.

L’art. 704 del d.lgs. n. 66 del 2010 dispone che, “ al termine della ferma prefissata quadriennale ovvero di ciascun anno delle rafferme biennali, i volontari giudicati idonei e utilmente collocati nella graduatoria annuale di merito sono immessi nei ruoli dei volontari in servizio permanente con le modalità stabilite con decreto del Ministero della difesa” .

Pertanto, l’ammissione alla ferma prefissata quadriennale ovvero alla rafferma biennale rientra nel concetto di ‘reclutamento’, con conseguente applicazione dell’art. 635 citato, mentre il passaggio al “servizio permanente” può farsi ragionevolmente rientrare nell’omogeneo, ma diverso, concetto di ‘immissione nel ruolo’, con conseguente non applicazione delle cause automatiche di esclusione previste dall’art. 635, comma 1, lett. g), del codice dell’ordinamento militare.

In altri termini, è stato ritenuto che, per chi ha già lo status di militare arruolato, non possono applicarsi le cause di esclusione automatiche, in quanto sarebbe irragionevole per tali militari precludere definitivamente la prosecuzione del rapporto di servizio e lavorativo già avviato per la semplice pendenza di un procedimento penale, senza esaminare in concreto situazioni quali la gravità dei fatti e la definitività dell’accertamento (cfr. Cons. Stato, IV, n. 5012 del 2018;
Cons. Stato, IV, n. 2284 del 2018;
Cons. Stato, IV, n. 2753 del 2016;
Cons. Stato, IV, n. 4495 del 2014).

Tuttavia, nel caso di specie, l’appellante ha chiesto il trattenimento in servizio per ulteriori due anni oltre la ferma, sicché, ai sensi del richiamato art. 704 del d.lgs. n. 66 del 2010, il relativo procedimento inerisce alla fase del ‘reclutamento’ e non a quella della ‘immissione in ruolo’, con il conseguente esercizio di un potere amministrativo vincolato e non discrezionale nell’applicazione delle clausole automatiche di esclusione di cui all’art. 635 del d.lgs. n. 66 del 2010.

Il decreto di citazione a giudizio da parte del Pubblico Ministero costituisce uno dei modi di esercizio dell’azione penale, con contestuale assunzione, in capo all’interessato, della qualità di imputato ai sensi degli artt. 550 e segg. c.p.p., sicché, al verificarsi di tale presupposto, che concreta una causa automatica di esclusione, l’Amministrazione era tenuta, nell’esercizio di un potere vincolato, a non ammettere l’interessato alla rafferma biennale ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. d), del d.m. 8 luglio 2005 e dell’art. 635, comma 1, lett. g), del d.lgs. n. 66 del 2010.

In tale ottica e nel rispetto del principio tempus regit actum , non può assumere alcun rilievo la circostanza che, successivamente all’adozione dell’atto contestato, sia stata disposta la remissione di querela e vi sia stata la conseguente estinzione del reato.

Parimenti, non può essere condivisa la tesi svolta dal signor -OMISSIS- in primo grado, e reiterata nella memoria di appello, secondo cui i decreti ministeriali 25 aprile 2015 e 8 luglio 2005 si sarebbero dovuti interpretare alla luce delle modifiche al codice penale ed al codice di procedura penale, contenute nel d.lgs. n. 28 del 2015, recante “ Disposizioni in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera m), della legge 28 aprile 2014, n. 67 ”.

In particolare, l’interessato ha sostenuto che il principio ispiratore della nuova causa di non punibilità è che, quando l’offesa sia tenue e segua ad un comportamento non abituale, lo Stato rinuncia ad applicare la pena per attuare, eventualmente, una tutela risarcitoria o restitutoria tipicamente civile, per cui sarebbe illogico ed irragionevole non considerare che il fatto in questione è oggettivamente di particolare tenuità e che, non potendo essere punibile penalmente, non avrebbe potuto avere effetti destitutivi e condurre l’Amministrazione a negare la chiesta rafferma.

La prospettazione non può essere seguita, atteso che la stessa postula l’esercizio di una discrezionalità in ordine alla valutazione del fatto che, come detto, la norma applicata non prevede, in coerenza con la norma di cui all’art. 635 del codice dell’ordinamento militare (d.lgs. n. 66 del 2010): le sopra richiamate disposizioni sulla ‘ particolare tenuità del fatto ’ hanno inciso sui poteri e sulle valutazioni del giudice penale e non hanno inciso sull’ambito di applicazione delle norme attributive di poteri alla Autorità amministrativa.

In presenza di una norma chiara ed inequivoca, come correttamente rilevato dall’Amministrazione, si applica il principio in claris non fit interpretatio e, avendo assunto l’interessato lo status di imputato in ordine ad un delitto non colposo, l’Amministrazione ha doverosamente adottato il provvedimento di non ammissione alla rafferma biennale.

Né può ritenersi che l’art. 635 del d.lgs. n. 66 del 2010 sia sospetto di illegittimità costituzionale, in quanto è ben ragionevole che, nella fase del reclutamento, le disposizioni riguardanti le Forze Armate richiedano stringenti requisiti di carattere morale e di condotta, classificando gli stessi in ipotesi oggettive che vincolano l’operato dell’Amministrazione procedente.

3. Per le ragioni che precedono, l’appello risulta fondato, sicché, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso di primo grado va respinto.

Le spese del doppio grado di giudizio, per la peculiarità della fattispecie, possono essere integralmente compensate tra le parti.

4. Peraltro, va posto a carico della parte appellata, in quanto soccombente, ai sensi dell’art. 13, comma 6-bis.1, d.P.R. n. 115 del 2002, il contributo unificato corrisposto per la proposizione del ricorso di primo grado e del ricorso in appello.

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