Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2013-11-06, n. 201305313
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N. 05313/2013REG.PROV.COLL.
N. 07780/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7780 del 2010, proposto da:
Elemedia S.p.A., rappresentata e difesa dagli avv. V C e B G, con domicilio eletto presso l’avv. B G in Roma, via Alessandria n. 129;
contro
Comune di Parma, rappresentato e difeso dagli avv. S A R e G Cgurra, con domicilio eletto presso l’avv. S A R in Roma, viale XXI Aprile n. 11;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA - SEZ. STACCATA DI PARMA: SEZIONE I n. 00034/2010, resa tra le parti, concernente demolizione antenne/parabole di impianti di radiodiffusione
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Parma;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 ottobre 2013 il Cons. Angelica Dell'Utri e uditi per le parti gli avvocati Guglielmetti e Romano;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con atto notificato il 29 luglio e 3 agosto 2010, depositato il 15 settembre seguente, Elemedia S.p.A. (titolare dell’emittente Radio Capital) ha appellato la sentenza 26 gennaio 2010 n. 34 del TAR per l’Emilia Romagna, sezione staccata di Parma, sezione prima, non risultante notificata, con la quale è stato respinto il suo ricorso avverso il provvedimento 30 ottobre 2001 n. 146609 del dirigente del settore interventi urbanistici del Comune di Parma, di ingiunzione ai sensi dell’art. 10, co. 1, della legge 28 febbraio 1985 n. 47 della demolizione di antenne/parabole di impianti di radiodiffusione installate senza autorizzazione nei confronti della stessa Elemedia, quale proprietaria dell’impianto di radiodiffusione, e dell’INAIL, quale proprietario dell’immobile interessato.
A sostegno dell’appello ha dedotto:
1.- Erroneità ed illogicità della sentenza: carenza di motivazione e di istruttoria. Violazione e travisamento di legge (art. 7 L. 241/90 e art. 21 octies co. 2 L. 241/90) (Eccesso di potere per violazione del principio del giusto procedimento e dei principi generali in materia di autotutela – mancata comunicazione dell’avvio del procedimento amministrativo).
Nel negare l’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento il TAR ha fatto riferimento all’art. 21 octies della legge n. 241 del 1990 stante la natura vincolata del provvedimento, senza considerare che tale obbligo è inderogabile salvo casi di legge, qui non ricorrenti e comunque non esplicitati;nella specie, poi, proprio la mancanza del preavviso ha causato la mancata instaurazione del contraddittorio, quindi la possibilità di partecipare evidenziando elementi di fatto e di diritto rilevanti ai fini decisori, tenuto conto dell’esito non scontato del procedimento. Il TAR ha omesso di valutare la ricorrenza delle circostanze di legge, né l’Amministrazione ha dimostrato l’inutilità del contraddittorio. In ogni caso, il divieto di annullamento non esclude un giudizio di illegittimità del provvedimento, non interamente vincolato quanto ai non pacifici ed assolutamente incontestati presupposti di fatto e di diritto. L’omissione contrasta con lo scopo della legge n. 15 del 2005 di potenziare gli istituti partecipativi del privato, nonché con l’esigenza di tutela nei confronti della p.a. di diritti soggettivi ed interessi legittimi e di non compressione del diritto di azione.
2.- Erroneità ed illogicità della sentenza: carenza di motivazione e di istruttoria. Violazione e travisamento di legge (Legge regionale dell’Emilia Romagna n. 30 del 2000 – D.P.R. 380/2001 Testo Unico Edilizia) (eccesso di potere sotto il profilo della erroneità dei presupposti di fatto e di diritto e della carenza di motivazione. Mancanza di rilevanza edilizia del manufatto asseritamente abusivo – non necessarietà dell’autorizzazione edilizia – illegittimità della sanzione della demolizione).
Il TAR ha travisato i fatti poiché l’oggetto della demolizione non è il traliccio che sorregge l’antenna ma la stessa antenna, quindi non si tratta di manufatto di obiettiva consistenza idoneo ad alterare l’ambiente, ciò essendo stato peraltro affermato senza motivare. La singola antenna non può considerarsi abuso edilizio in quanto mera appendice di manufatto già esistente ed autorizzato. Né, stante l’impatto nullo, può ritenersi che acquisti rilevanza edilizia per il fatto che concorra con altri numerosi manufatti ad incidere sulla situazione esistente quanto meno sotto il profilo estetico, oltrettutto non esistendo una figura di abuso edilizio “in concorso”. D’altra parte, l’antenna non rientra in alcuna delle ipotesi di cui all’art. 10 del cit. t.u., neppure in quella di “nuova costruzione”, quindi non necessita di concessione edilizia, potendo se mai ricondursi alla disciplina relativa alla c.d. “d.i.a.” di cui al successivo art. 22, co. 2, oppure rientrerebbe nell’abuso “minore” della parziale difformità previsto dall’art. 34 dello stesso t.u., per il quale la sanzione demolitoria è posta in alternativa a quella pecuniaria, comportante la necessità di valutazione comparativa dell’utilità e dell’efficacia di entrambi i rimedi sanzionatori. La complessità della vicenda in ordine agli accertamenti di fatto ed alla scelta del regime giuridico applicabile corrobora la censura di difetto di contraddittorio.
3.- Erroneità ed illogicità della sentenza: carenza di motivazione e di istruttoria. Violazione e travisamento di legge (art. 10 l. 47/85) (sviamento di potere).
La presenza di più impianti di radiodiffusione in un unico edificio è situazione che appare come vero oggetto di preoccupazione della p.a., che ha inteso “punire” la singola antenna, il cui contributo sarebbe deflagrante per l’intera area (ma, significativamente, solo sotto il profilo estetico). Ciò dimostra che il Comune ha agito a tutela di un interesse diverso da quello tipico, tenuto anche conto della palese intenzione di negare l’autorizzazione nell’ottica di una complessiva situazione elettromagnetica (da tempo risolta) dell’area interessata. Il TAR ha disatteso la censura ritenendola inconfigurabile nei riguardi di un provvedimento del tutto vincolato, con concetto – come si è visto – errato.
Il Comune di Parma si è costituito in giudizio e con memoria del 24 luglio 2013 svolto controdeduzioni.
A sua volta l’appellante ha ribadito le proprie tesi e richieste con memoria del giorno seguente.
Entrambe le parti hanno rispettivamente prodotto memorie di replica.
All’odierna udienza pubblica l’appello è stato trattenuto in decisione.
Ciò posto, la Sezione concorda col primo giudice laddove ha ricordato che, per pacifica giurisprudenza, ai sensi dell'art. 1 della legge 28 gennaio 1977 n. 10 è soggetta al rilascio della concessione edilizia ogni attività che comporti la trasformazione del territorio attraverso l'esecuzione di opere comunque attinenti agli aspetti urbanistici ed edilizi, ove il mutamento e l'alterazione abbiano un qualche rilievo ambientale ed estetico, o anche solo funzionale, e dunque anche quando si tratti della realizzazione di una antenna destinata a stazione radio, poiché col termine “costruzione” si intende non soltanto un edificio caratterizzato da volumetria e superfici calpestabili, ma qualsiasi opera o manufatto da collocare sul territorio, la cui realizzazione è consentita nei limiti previsti dallo strumento urbanistico o da un atto ad esso equivalente (cfr. Cons. St., sez. VI 26 settembre 2003 n. 5502, richiamata dal TAR). Più puntualmente in relazione a fattispecie analoga al caso in esame, è stato affermato che l'installazione di un'antenna, visibile dai luoghi circostanti, comporta alterazione del territorio avente rilievo ambientale ed estetico, sicché, ai sensi del cit. art. 1 della legge n. 10 del 1977 n. 10, essa è soggetta al rilascio di concessione edilizia e che tale principio è stato recepito dal d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, il quale, all'art. 3, assoggetta a permesso di costruire “l'installazione di torri e tralicci per impianti radio -ricetrasmittenti e di ripetitori per i servizi di telecomunicazione”, appunto in quanto "interventi di nuova costruzione” (cfr. Cons. St., sez. VI 18 maggio 2004 n. 3193).
Tuttavia il primo giudice non ha correttamente applicato i principi suesposti.
Nella specie, il Comune di Parma ha ingiunto la demolizione di antenne/parabole ad Elemedia (ed all’INAIL) ai sensi dell’art. 10, co. 1, della legge 28 febbraio 1985 n. 47, concernente “Opere eseguite senza autorizzazione”, non già ai sensi del precedente art. 7, concernente “Opere eseguite in assenza di concessione, in totale difformità o con variazioni essenziali”, sicché esso stesso si è reso conto che l’installazione dell’antenna/parabola non necessitava di concessione edilizia, bensì di autorizzazione (ovvero di d.i.a.).
Del resto, a prescindere dal dato giuridico che la sanzione della demolizione non è applicabile nell’ipotesi di cui all’art. 10 della legge n. 47 del 1985, prevedente la sola sanzione pecuniaria, nella specie – come dedotto dall’attuale appellante – il Comune non si è dato carico di enucleare gli elementi di fatto in base ai quali l’antenna/parabola, di cui non è controversa l’installazione su un traliccio preesistente e regolarmente assentito, avrebbe rilievo quanto meno sul piano ambientale ed estetico e di conseguenza costituisca significativa trasformazione del territorio, dovendosi ovviamente aver riguardo a unicamente alla stessa antenna/parabola e non anche all’insieme di analoghe strutture eventualmente già presenti sull’immobile, in ipotesi sanzionabili autonomamente qualora ricorrano i prescritti presupposti.
Non senza dire che, com’è ben noto, un’antenna di modeste dimensioni, irrilevante sotto il profilo edilizio, neppure necessita di mera autorizzazione parimenti edilizia, occorrendo invece, trattandosi di impianto di emittenza radio, unicamente la ben diversa e specifica autorizzazione tecnica (nella specie, ex art. 6 della legge regionale Emilia Romagna 31 ottobre 2000, n. 30, recante “Norme per la tutela della salute e la salvaguardia dell’ambiente dall’inquinamento elettromagnetico”).
In conclusione, condivise le censure attinenti ai profili trattati contenute nel secondo motivo di gravame ed assorbita ogni ulteriore doglianza, l’appello va accolto, con conseguente riforma della sentenza appellata nel senso dell’annullamento dell’impugnata ordinanza comunale di ingiunzione di demolizione in accoglimento del ricorso di primo grado.
Tuttavia consiglia la compensazione tra le parti delle spese di entrambi i gradi l’annosità della vicenda, insorta in epoca in cui, se non altro, la prassi in materia non era ancora univoca.