Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-11-17, n. 202007155

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-11-17, n. 202007155
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202007155
Data del deposito : 17 novembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/11/2020

N. 07155/2020REG.PROV.COLL.

N. 10409/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10409 del 2018, proposto da
Società Phoenix Asset Management S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati E L, F L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio E L in Roma, via Flaminia 79;

contro

Comune di Gaiole in Chianti, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato A B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Marco Selvaggi in Roma, via Adda, 55;

nei confronti

Società Curtes S.r.l. non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza) n. 00630/2018, resa tra le parti, concernente per l'annullamento

- dell'ordinanza del 5.9.2017 - prot. N. 7706 di rettifica di risultanze catastali e misure di manufatti abusivi e di accertamento di inottemperanza ad ordinanza di demolizione n. 31/2006 del 21.7.2006;

- dell'ordinanza n. 30 del 6.9.2017 di ingiunzione di pagamento entro 30 giorni dalla notifica della sanzione amministrativa ex art. 31 comma 4 bis del DPR n. 380/2001 di € 20.000,00 per l'inottemperanza all'ordine di demolizione n. 31/2006;

- dell'ordinanza n. 31 del 6.9.2017 di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi di manufatti in difformità dai titoli edilizi e/o assenza degli stessi, entro 90 giorni dalla notifica, atti tutti conosciuti dalla ricorrente il 2.10.2017;

- di ogni altro atto presupposto o conseguente.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Gaiole in Chianti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 novembre 2020 il Cons. Davide Ponte. L’udienza si svolge ai sensi dell’art. 4, comma 1, Decreto Legge 28 del 30 aprile 2020 e dell'art. 25, co.2, del Decreto Legge 137 del 28 ottobre 2020 attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto della circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con l’appello in esame l’odierna parte appellante, avente causa dell’originaria ricorrente, impugnava la sentenza n. 630 del 2018 del Tar Toscana, recante declaratoria di inammissibilità dell’originario gravame. Quest’ultimo era stato proposto dalla parte dante causa, in qualità di creditore ipotecario della società esecutata proprietaria dell’immobile interessato, al fine di ottenere l’annullamento dei seguenti atti: dell'ordinanza del 5 settembre 2017 - prot. N. 7706 di rettifica di risultanze catastali e misure di manufatti abusivi e di accertamento di inottemperanza ad ordinanza di demolizione n. 31/2006 del 21 luglio 2006;
dell'ordinanza n. 30 del 6 settembre 2017 di ingiunzione di pagamento entro 30 giorni dalla notifica della sanzione amministrativa ex art. 31 comma 4 bis del DPR n. 380/2001 di € 20.000,00 per l'inottemperanza all'ordine di demolizione n. 31/2006;
dell'ordinanza n. 31 del 6 settembre 2017 di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi di manufatti in difformità dai titoli edilizi e/o assenza degli stessi, entro 90 giorni dalla notifica, atti tutti conosciuti dalla ricorrente il 2 ottobre 2017.

Il Tar dichiarava inammissibile il gravame per difetto di interesse al ricorso.

Nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda, parte appellante, contestando le argomentazioni del Giudice di prime cure, formulava i seguenti motivi di appello:

- erroneità della sentenza di primo grado, poiché sussiste la legittimazione attiva e l’interesse alla proposizione del ricorso di primo grado;

- fondatezza dei motivi di ricorso dedotti in prime cure e riproposti nella presente sede.

L’amministrazione comunale appellata si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello.

Alla pubblica udienza dell’11 novembre 2020 la causa passava in decisione.

DIRITTO

1. Preliminarmente, va esaminato il motivo di appello proposto avverso la declaratoria di inammissibilità del ricorso di prime cure, in quanto solo l’eventuale accoglimento dello stesso consentirebbe di procedere all’esame del merito e dei vizi originariamente dedotti avverso gli atti impugnati.

2. La sentenza impugnata ha svolto una adeguata e chiara ricostruzione della vicenda in fatto, cui occorre fare riferimento.

2.1 La società Curtes s.r.l. (in precedenza Curtes s.a.s.) è proprietaria di taluni terreni siti nel Comune di Gaiole in Chianti sui quali è stato realizzato un complesso turistico-ricettivo in forza di un Piano di recupero approvato dal Consiglio Comunale con delibera n. 11 del 19 febbraio 2002, in attuazione del quale sono state rilasciate alla predetta società, dal 2002 al 2007, plurime concessioni edilizie e/o permessi a costruire.

2.2 A seguito dell’accertamento da parte della Polizia Municipale della realizzazione di numerose opere abusive, in data 21 luglio 2006 veniva notificata alla Curtes, l’ordinanza n. 31 con la quale, rilevato che l’area su cui insistono le predette opere ricade in parte in zona boscata ed è ricompresa tra quelle soggette al vincolo idrogeologico di cui al R.D. 30 dicembre 1923 n. 3267, veniva ordinata la demolizione delle opere eseguite senza titolo, con la precisazione che la demolizione ed il ripristino dello stato dei luoghi sarebbero dovuti intervenire entro il termine di 90 giorni dalla notifica dell’ordinanza stessa e che in assenza di adempimento alla demolizione, “il bene e l’area di sedime, nonché quella necessaria secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quella abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del Comune”.

La società proponeva ricorso (rubricato al numero di registro generale 1935/2006) dinanzi al T.A.R. competente per territorio che, peraltro, con decreto n. 1232 del 2012 lo dichiarava perento.

Nel 2009 venivano avviate indagini da parte della Procura della Repubblica di Siena per presunta illegittimità del Piano di recupero di cui sopra, della relativa variante, nonché dei relativi permessi a costruire

2.3 Con nota del 4 dicembre 2009 la Regione Toscana comunicava al Comune di avere rilevato l’esistenza di numerose profili d’illegittimità del Piano di recupero per asserita contrarietà dello stesso con le norme di pianificazione urbanistica generale del Comune di talché l’amministrazione comunale avviava un procedimento per la verifica e l’eventuale annullamento in autotutela degli atti di approvazione e modifica del Piano di recupero e dei titoli abilitativi successivamente rilasciati.

Con delibera consiliare n. 10 del 9 aprile 2014 detto procedimento si concludeva nel senso di non procedere all’annullamento d’ufficio in autotutela degli atti amministrativi sottoposti a valutazione, confermando anche la validità delle concessioni edilizie rilasciate;
ad analoga conclusione giungeva anche la Regione Toscana.

2.4 In data 25 luglio 2017, la Polizia Municipale del Comune nel corso di un sopralluogo sui terreni in questione, riscontrava sia l’integrale inadempimento dell’ordinanza n. 31 del 2006, sia l’esistenza di opere (ulteriori e diverse da quelle indicate nella citata ordinanza) realizzate in assenza e/o in difformità rispetto ai titoli abilitativi.

Ne seguiva il provvedimento prot. n. 7706 del 5 settembre 2017 con cui il Comune di Gaiole in Chianti, accertava l’inottemperanza all’ordine di demolizione nel termine intimato di cui all’ordinanza n. 31 del 2006 ed al contempo dava avviso alla Curtes che, ai sensi dell’art. 31 del DPR n. 380/2001, tale accertamento costituiva titolo per l’immissione nel possesso e per la trascrizione gratuita nei registri immobiliari dei beni, dell’area di sedime e di quella pertinenziale per una superficie complessiva di mq. 4.800, provvedendo altresì ad indicare le aree tenendo conto dei mutamenti negli identificativi catastali intervenuti successivamente all’emissione dell’ordinanza del 2006.

2.5 Con ordinanza n. 30 del 6 settembre 2017 il Comune irrogava alla Curtes, in ragione della mancata demolizione dei manufatti abusivi in questione, la sanzione di cui all’art. 31 comma 4 bis del citato D.P.R. n. 380 nella misura massima ivi prevista pari a € 20.000,00 avendo verificato che gli stessi ricadono su di un terreno soggetto a vincolo sismico, vincolo idrogeologico e vincolo “Siti di importanza regionale SIR-SIC”.

Da ultimo, con riferimento alle ulteriori opere abusive accertate nel corso del sopralluogo del 25 luglio 2017 l’amministrazione, con ordinanza n. 31 del 6 settembre 2017, ne disponeva la demolizione e il ripristino dello stato dei luoghi e dei fabbricati nel termine di 90 giorni, con l’avvertenza che la mancata ottemperanza nel termine avrebbe costituito titolo per acquisto di diritto al patrimonio del Comune dei suddetti beni e dell’area di sedime.

2.6 Contestualmente, in parallelo alla vicenda sanzionatoria edilizia, si svolgeva la vicenda posta a base dell’interesse azionato dalla odierna appellante. Per la realizzazione del complesso immobiliare in discorso la società Curtes aveva ottenuto da Unicredit Banca d’Impresa s.p.a. un mutuo ipotecario per l’importo di € 1.800.000,00 ed in precedenza aveva stipulato altro contratto di mutuo con la Banca Popolare dell’Alto Adige di Bolzano che aveva erogato la somma di € 1.000.000,00.

Tra il 2004 ed il 2009 la società aveva ottenuto ulteriori somme dal medesimo istituto bancario di Bolzano, con apertura di conto corrente, fido in conto corrente, contratto di finanziamento chirografario, con parziale garanzia fideiussoria del legale rappresentante della medesima.

2.7 La Banca, non vedendo onorato il proprio credito, aveva chiesto ed ottenuto dal Tribunale di Bolzano decreto ingiuntivo per circa € 794.000,00 nei confronti della società, e per circa € 700.000,00 nei confronti del legale rappresentante G A cui faceva seguito, in data 6.6.2009, l’emissione di un decreto ingiuntivo e dell’iscrizione di ipoteca giudiziale per l’importo di € 1.000.000,00 sugli immobili in Gaiole in Chianti.

2.8 La società Curtes si rendeva altresì inadempiente nei confronti del debito di cui al mutuo fondiario stipulato con Unicredit Banca d’Impresa risultando debitrice anche nei confronti di altri istituti di credito e di altri soggetti, per cui, sul compendio immobiliare di cui trattasi pende avanti al Tribunale di Siena la procedura esecutiva immobiliare n. 105/2009, promossa da B.N.L. nella quale Unicredit Corporate Banking spa (già Unicredit Banca d’Impresa) è intervenuta come creditore ipotecario di primo grado, per un credito di complessivi € 1.933.189,38.

A detta procedura esecutiva immobiliare veniva riunita altra procedura, n. 153/2010, promossa dalla Banca Popolare dell’Alto Adige per il proprio credito ipotecario.

Nel luglio del 2010 il Giudice dell’esecuzione nominava un consulente tecnico d’ufficio quale stimatore degli immobili, contestualmente sottraendo la custodia dei beni alla società Curtes e nominando per tale funzione l’Istituto Vendite Giudiziarie di Siena.

2.9 Gli atti del procedimento amministrativo sopra descritti, nella prospettazione ricorrente ed oggi appellante, sarebbero stati conosciuti dalle parti della procedura esecutiva solo il 2 ottobre 2017 quando la Cancelleria esecuzioni del Tribunale di Siena ha reso visibili i documenti trasmessi telematicamente. Tale ultimo elemento evidenzia, già in sede ricostruttiva, il carattere indiretto – a fini di legittimazione al ricorso - dell’interesse azionato rispetto ai provvedimenti amministrativi e sanzionatori in contestazione.

3. Rispetto a tale ricostruzione, unico elemento di novità è la successione dell’odierna appellante nei titoli vantati dalla originaria ricorrente, in virtù di atto stipulato in data 25 settembre 2018.

Ciò peraltro non muta la sostanza degli elementi posti a base della ricostruzione in fatto e della conseguente statuizione in diritto in ordine all’inammissibilità del ricorso.

Statuizione che va confermata per la piena condivisibilità delle argomentazioni spese dal Giudice di prime cure.

4. Oggetto del gravame sono gli atti conclusivi del procedimento sanzionatorio edilizio, svoltosi nei confronti della società titolare dell’immobile interessato.

4.1 Se sul versante contenutistico i provvedimenti trovano il proprio originario fondamento nell’originaria ordinanza di demolizione del 2006, sul versante temporale l’acquisizione del titolo creditizio posto a fondamento dell’asserita legittimazione al ricorso è (6 giugno 2009) ampiamente successiva alla originaria definizione del procedimento sanzionatorio attraverso l’adozione della predetta ordinanza n. 31 del 21 luglio 2006.

4.2 In proposito, costituisce orientamento consolidato il principio per cui l’accertamento dell'inottemperanza all'ingiunzione di demolizione è normativamente configurato alla stregua di un atto ad efficacia meramente dichiarativa, che si limita a formalizzare l'effetto (acquisizione gratuita del bene al patrimonio comunale) già verificatosi alla scadenza del termine assegnato con l'ingiunzione stessa;
l'acquisizione gratuita al patrimonio comunale delle opere edilizie abusivamente realizzate è infatti una misura di carattere sanzionatorio che consegue automaticamente all'inottemperanza dell'ordine di demolizione;
ne consegue, data la natura dichiarativa dell'accertamento dell'inottemperanza, che la mancata indicazione dell'area nel provvedimento di demolizione può comunque essere colmata con l'indicazione della stessa nel successivo procedimento di acquisizione.

4.3 In materia, se per un verso tutti i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia sono atti vincolati e, quindi, non richiedono una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest'ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. VI, 21 aprile 2020, n. 2537), per un altro verso assume ulteriore rilievo dirimente il carattere reale della misura ripristinatoria della demolizione e la sua precipua finalizzazione al ripristino di valori di primario rilievo.

In generale questi ultimi non si pongono in modo peculiare nelle ipotesi in cui il proprietario non sia responsabile dell'abuso. Non può infatti ritenersi che, ferma restando la doverosità della misura ripristinatoria, la diversità soggettiva fra il responsabile dell'abuso e l'attuale proprietario imponga all'Amministrazione un peculiare ed aggiuntivo onere motivazionale. Ne discende che il carattere reale dell'abuso e la stretta doverosità delle sue conseguenze non consentono di valorizzare ai fini motivazionali la richiamata alterità soggettiva. la quale può — al contrario — rilevare a fini diversi da quelli della misura ripristinatoria, come nelle ipotesi del riparto delle responsabilità fra il responsabile dell'abuso e il suo avente causa (cfr. ad es. Consiglio di Stato , sez. VI , 26/03/2018 , n. 1893).

4.4 Ai fini in esame, il richiamato carattere reale esclude in radice la rilevanza, in termini di interesse diretto alla contestazione, di un diritto di credito, acquisito peraltro anche successivamente alla stessa adozione del provvedimento sanzionatorio di carattere reale. Parte appellante è titolare di un interesse di mero fatto sotteso al mantenimento dell’assetto anteriore ai provvedimenti contestati;
ovvero di un interesse di fatto che gli consente di ritrarre un vantaggio indiretto dall’accoglimento del gravame nel caso in cui lo stesso fosse stato presentato dai destinatari soggetti passivi dei provvedimenti.

4.5 Nessun rilievo ai fini di causa può trarsi dalla invocata pronuncia n. 10 del 2007 del Supremo Consesso, a mente della quale il creditore che abbia iscritto ipoteca su un immobile, nel caso tale immobile venga requisito in uso dall'amministrazione, può intervenire in giudizio a sostegno delle ragioni del proprietario contro la requisizione oppure può proporre ricorso autonomo contro lo stesso provvedimento.

Infatti, se per un verso – temporale - il credito risultava anteriore all’adozione del provvedimento in contestazione, con sussistenza del carattere dell’attualità, per un altro verso – sostanziale - il provvedimento di requisizione ha una natura (ablatoria temporanea giustificata da ragioni di urgenza, cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. V, 16 giugno 2009, n. 3854) e valenza (eccezionale) ben diverse da quello sanzionatorio edilizio, avente carattere reale e natura sanzionatoria.

A quest’ultimo proposito, parte appellante neppure può vantare la successione nella titolarità del bene oggetto di sanzione, stante la proprietà tutt’ora facente capo alla società responsabile dell’abuso.

5. Vanno quindi condivise le lucide argomentazioni svolte dalla sentenza impugnata.

Se è indubbia l’esistenza di un interesse di fatto della ricorrente in ordine al pregiudizio che assume possa derivarne alla propria posizione creditoria, tale posizione si qualifica come interesse indiretto rispetto alle vicende sanzionatorie edilizie in questione. Infatti, non è sufficiente che dalla proposizione del gravame il ricorrente si proponga di conseguire una utilità o posizione di vantaggio che attiene ad uno specifico bene della vita, ma occorre anche, sul presupposto piano sostanziale, che l’interessato sia titolare di una posizione personale differenziata che lo ponga in relazione diretta con l’atto che intende contestare tale da collocarlo in una situazione differente dall'aspirazione alla mera ed astratta legittimità dell'azione amministrativa genericamente riferibile a tutti i consociati (Cons. Stato, sez. IV, 22 gennaio 2018 n. 389). Orbene, nel caso di specie parte appellante non è stata destinataria dei provvedimenti impugnati né avrebbe potuto esserlo.

6. Le spese di lite, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

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