Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2014-04-16, n. 201401875

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2014-04-16, n. 201401875
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201401875
Data del deposito : 16 aprile 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 06103/2012 REG.RIC.

N. 01875/2014REG.PROV.COLL.

N. 06103/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6103 del 2012, proposto da:
Invitalia - Agenzia Nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa s.p.a., rappresentata e difesa dagli avv. S V, M T, con domicilio eletto presso S V in Roma, via Emilia, 88;

contro

Pasternak s.a.s. di B Cinzia, rappresentata e difesa dall'avv. G O R, con domicilio eletto presso G O R in Roma, via Attilio Friggeri, 55;

nei confronti di

Ministero dell'Economia e delle Finanze, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. PUGLIA - SEZ. STACCATA DI LECCE: SEZIONE I n. 00607/2012, resa tra le parti, concernente agevolazioni finanziarie in forma di microimpresa per l'apertura di una scuola di formazione professionale


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Pasternak s.a.s. di B Cinzia e di Ministero dell'Economia e delle Finanze;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 marzo 2014 il Cons. Giuseppe Castiglia e uditi per le parti gli Avvocati Chirulli (su delega di Vinti) e Russo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La società Pasternak di B Cinzia s.a.s. ha chiesto a Invitalia – Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e dello sviluppo d’impresa s.p.a. l’ammissione alle agevolazioni previste dal decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185 - per un importo di circa 129.000,00 euro – in vista dell’apertura a Brindisi di una scuola di formazione professionale e recupero di anni scolastici.

Con delibera del 21 dicembre 2010, Invitalia ha dichiarato non accoglibile la richiesta, sul presupposto che entrambe le socie della Pasternak non avessero il requisito della non occupazione alla data di presentazione della domanda - richiesto dal combinato disposto degli artt. 17 e 19 del decreto legislativo citato - per essere l’una titolare di un contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato e l’altra socio accomandatario di una società in accomandita semplice.

La società Pasternak ha impugnato il diniego deducendo l’errata applicazione della normativa di settore, la lesione dell’affidamento (sorto a seguito dell’esito positivo della fase preliminare), la mancata previa comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento della domanda, la violazione delle garanzie partecipative.

Con sentenza 6 aprile 2012, n. 607, il T.A.R. per la Puglia – Lecce ha accolto il ricorso. Il Tribunale regionale ha ritenuto che Invitalia avesse erroneamente interpretato la normativa vigente (la socia B sarebbe occupata solo formalmente, ma in concreto non eserciterebbe attività lavorativa) e avesse violato l’art. 10 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241 (in un’ottica di leale collaborazione procedimentale con la P.A., il contenuto negativo del provvedimento finale sarebbe stato tutt’altro che vincolato).

Invitalia ha interposto appello contro la sentenza: la normativa richiamata imporrebbe di escludere i soggetti non considerati privi di occupazione (in particolare: i titolari di contratto di lavoro dipendente, i titolari di partita IVA, gli imprenditori) senza dover effettuare ulteriori indagini circa l’effettiva percezione di reddito da parte dell’interessato. D’altronde, il certificato rilasciato dal Centro per l’impiego di Brindisi, da cui risulterebbe lo stato di disoccupazione della signora B, non solo non sarebbe idoneo a superare la previsione di legge, ma neppure sarebbe stato allegato alla domanda al momento della sua presentazione.

Quanto poi alla mancata comunicazione del preavviso di rigetto, questa sarebbe concretamente irrilevante - anche a norma dell’art. 21 octies della legge n. 241 del 1990 - per la natura vincolata del provvedimento finale.

Il Ministero dell’economia e delle finanze ha aderito all’appello di Invitalia, senza svolgere difese.

La società Pasternak si è costituita in giudizio per resistere al gravame.

L’appellata ritiene che la sentenza non sarebbe stata impugnata nella parte in cui avrebbe censurato il diniego per difetto di istruttoria, in relazione al fatto che entrambe le socie avrebbero integrato la metà numerica che possiede la metà delle quote. Questa sola circostanza basterebbe a condurre al rigetto dell’appello.

Nel merito, la signora B non eserciterebbe attualmente alcuna attività di impresa: non potrebbe dunque essere considerata imprenditore ai sensi degli artt. 2082 e 2095 (recte: 2195) c.c.

La delibera negativa, contenendo l’implicita revoca dell’ammissione, avrebbe dovuto essere assunta previo contraddittorio: da ciò dunque la violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990.

In vista dell’udienza di discussione, la società Pasternak ha depositato una memoria.

All’udienza pubblica dell’11 marzo 2014, l’appello è stato chiamato e trattenuto in decisione.

DIRITTO

L’eccezione preliminare opposta all’appello dalla società Pasternak non è fondata.

Secondo la tesi, in particolare per come articolata nella memoria del 4 febbraio scorso, l’annullamento per difetto di istruttoria - per non avere il provvedimento impugnato distinto la posizione delle due socie - non sarebbe stato fatto oggetto di specifica censura. Tuttavia Invitalia sostiene che, all’esito dell’accertamento svolto, non avrebbe potuto adottare provvedimento di contenuto diverso da quello poi contestato: nega cioè, precisamente, di avere compiuto un’istruttoria insufficiente.

Nel merito, peraltro, l’appello non ha pregio.

La società Pasternak ha due socie. Di queste, l’una (la signora Corso) ha senz’altro un contratto di lavoro a tempo indeterminato. Tuttavia - ai sensi dell’art. 19, comma 1, del decreto legislativo n. 185 del 2000 - occorre avere riguardo alla situazione dell’altra socia (la signora B), che è il socio di maggioranza, detenendo il 51% delle quote. La difesa della società fa leva sulla situazione di attuale disoccupazione della signora B, come attestata da un certificato rilasciato del Centro per l’impiego di Brindisi in data 16 settembre 2009. A questa circostanza, Invitalia oppone una visura camerale, dalla quale risulta l’avvenuta assunzione della carica di socio accomandatario nella società Vega Impianti s.a.s., che farebbe venir meno uno dei requisiti cui il decreto legislativo richiamato subordina l’ammissione ai c.d. “incentivi all'autoimprenditorialità e all'autoimpiego”.

In particolare, secondo l’appello (pag. 13), la titolarità di quella carica integrerebbe le ipotesi escludenti previste dall’art. 17, comma 2, lett. a) e e) del decreto legislativo n. 185 del 2000.

Tuttavia, l’ipotesi della lett. a), (essere cioè titolare di “contratti di lavoro dipendente a tempo determinato e indeterminato ed anche a tempo parziale”) non sussiste per la duplice ragione, da un lato, che l’attività di impresa e quella di lavoro subordinato sono reciprocamente incompatibili, dall’altro, che l’amministratore di una società non è un lavoratore dipendente.

Quanto poi all’ipotesi della lett. e), esattamente la parte appellata rileva che:

la disposizione esclude dai benefici gli imprenditori;

la qualità di imprenditore non è puramente formale (quale deriverebbe dall’essere la signora B socia accomandataria, e dunque amministratrice, di una società commerciale), ma – a norma dell’art. 2082 c.c. – implica l’esercizio di un’attività;

nella specie, tale esercizio è testualmente escluso, perché un certificato camerale in atti attesta l’inattività della società Vega Impianti.

Non si tratta, dunque, di far valere considerazioni sostanziali (il difetto di una concreta capacità di percezione di reddito) contro le disposizioni di legge;
di ciò si duole l’appello di Invitalia. Occorre, piuttosto, leggere e interpretare la normativa di settore nel quadro complessivo dell’ordinamento, il che – come si è detto – conduce ad affermare la fondatezza della pretesa della società appellata.

Dalle considerazioni che precedono, discende che l’appello è infondato e va perciò respinto, con conferma della sentenza impugnata.

Tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati ritenuti dal Collegio non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a condurre a una conclusione di segno diverso.

Tuttavia, apprezzate le circostanze e considerata la novità della questione, le spese del presente grado di giudizio possono essere compensate fra le parti.

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