Consiglio di Stato, sez. II, parere definitivo 2013-02-11, n. 201300545

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, parere definitivo 2013-02-11, n. 201300545
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201300545
Data del deposito : 11 febbraio 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04425/2011 AFFARE

Numero 00545/2013 e data 11/02/2013

REPUBBLICA ITALIANA

Consiglio di Stato

Sezione Seconda

Adunanza di Sezione del 12 dicembre 2012




NUMERO AFFARE

04425/2011

OGGETTO:

Ministero della difesa direzione generale per il personale militare.


Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dal Sig. R C, per l'annullamento, previa sospensiva, del Decreto del Ministero della Difesa n. 340/III -9/2009 del 18 settembre 2009, con il quale è stata disposta la perdita del grado per rimozione all'esito di un procedimento disciplinare di stato.

LA SEZIONE

Vista la nota prot. n. M_D

GMIL III

7 2 0404443 del 3 ottobre 2011, con la quale il Ministero della Difesa, ha inviato al Consiglio di Stato il ricorso straordinario in oggetto e la propria relazione, con la quale chiede al Consiglio di Stato di emettere il proprio parere;

visto il parere reso dalla Sezione in data 15 febbraio 2012;

vista la nota prot. n. M_D

GMIL

1

III

72 318201 del 3 agosto 2012, con la quale Il Ministero della Difesa ha inviato al Consiglio di Stato la propria relazione integrativa;

esaminati gli atti ed udito il relatore-estensore, cons. Nicolò Pollari;


PREMESSO:

Con sentenza n. 1143/05 del 15 novembre 2005 e divenuta irrevocabile dal 7 ottobre 2006, il tribunale di Brindisi ha condannato il capo di 2^ classe R C ad anni uno e mesi uno di reclusione ed euro 210 di multa per i reati di "detenzione illecita di armi da guerra" (artt. 1 e 2 della legge n. 895/67) e "di acquisto e ritenzione di effetti militari" (art.166 c.p.m.p.);
mesi nove di reclusione per i delitti di "tentata truffa" (artt. 56 e 640 c.p.) e "falsità materiale commessa dal privato" (art. 482 c.p. in relazione agli artt. 476 e 61 n. 2) c.p.). Pene successivamente condonate per intervento dell'indulto.

In particolare, risulta che il militare, con artifizi e raggiri, consistenti nella esibizione di una falsa documentazione notarile, nella quale si attestava l'esistenza di un credito di notevole entità dovuto ad una vincita al "superenalotto", abbia chiesto ad un direttore di banca un'apertura di credito per alcune decine di milioni di lire, ma non vi riusciva per cause indipendenti dalla sua volontà. Nell'ambito dell'indagine per tale reato, durante una perquisizione domiciliare, sono state rinvenute due bombe a mano del tipo "SRCM".

Nel frattempo, lo stesso ricorrente, in data 8 marzo 2006, è stato giudicato da una Commissione medica permanentemente non idoneo al servizio militare ed idoneo al transito nelle corrispondenti aree funzionali del personale civile dell'amministrazione difesa.

In data 4 marzo 2009, il Comandante in capo del dipartimento militare marittimo dello Jonio e del canale d'Otranto, una volta acquisita la citata sentenza penale di condanna ha disposto l'apertura di un'inchiesta formale, al termine della quale, concordando con le conclusioni dell'ufficiale inquirente, ha deferito il militare al giudizio della commissione di disciplina, la quale, in data 14 settembre 2009, non ha ritenuto il ricorrente meritevole della conservazione del grado. L'amministrazione ha inflitto, in tal modo, la massima sanzione disciplinare di stato con conseguente cessazione dal servizio per motivi disciplinari a decorrere dalla data del giudizio di inidoneità al servizio permanente.

Contro tale provvedimento il Sig. Convertito ha proposto l'attuale ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, integrato successivamente da motivi aggiunti.

In punto di fatto il ricorrente precisa che:

a) il Ministero della Difesa, preso atto che il Giudice del Tribunale di Brindisi con la citata sentenza del 7 ottobre 2006 non aveva applicato alcuna pena accessoria e, in particolare, quella della perdita del grado, avviava una sollecitazione in tale senso;

b) in data 09.02.2009 il Tribunale di Brindisi ha così disposto a carico del ricorrente la perdita del grado;

c) l'Amministrazione della difesa ha avviato l'inchiesta formale (in data 4 marzo 2009) a distanza di quasi tre anni dalla definitività della sentenza e comunque in data successiva all'avvenuta esecuzione di buona parte della pena, allorquando il ricorrente era già congedato dalla Marina militare e comunque dichiarato permanentemente non idoneo;

d) il provvedimento emesso dal Tribunale di Brindisi, su istanza del ricorrente, è stato sospeso in data 07.07.2009, per la proposizione del ricorso in Cassazione. La Suprema Corte ha fissato l'udienza in data 26.01.2010. In camera di Consiglio, sono state esposte le ragioni per le quali, ad avviso del ricorrente non era possibile l'applicazione della pena accessoria:

- alla data della definitività della sentenza - 7 ottobre 2006 - il ricorrente era già congedato per non idoneità permanente (riconosciuta in data 8 marzo 2006 ), per cui il Tribunale non avrebbe potuto togliere il grado a chi non era più un militare;

- alla data in cui il Tribunale è stato chiamato a decidere per l'applicazione della pena accessoria la sentenza era oramai divenuta irrevocabile.

e) al momento della proposizione del ricorso straordinario non si conosce l'esito dell'udienza camerale.

f) in data 18.09.2009, il Ministero della Difesa, senza attendere l'esito della decisione del tribunale di Brindisi (decisione che pur aveva sollecitato), infliggeva la sanzione della rimozione del grado con decorrenza 8 marzo 2006, ossia alla data in cui il ricorrente è stato ritenuto non idoneo al servizio militare.

In punto di diritto il ricorrente ritiene il provvedimento illegittimo, in quanto fa decorrere la perdita del grado alla data in cui "la sentenza non era ancora irrevocabile" e in quanto "la pena accessoria non è ancora stata applicata" (la sentenza quando è divenuta irrevocabile non conteneva, infatti, alcun riferimento alla pena accessoria).

Il Ministero ritiene che il ricorso sia infondato nel merito.

Inconferente, afferma il Dicastero, sarebbe la doglianza del ricorrente in ordine all'automatismo tra la sua perdita del grado e la condanna penale. Solo all'atto della piena conoscenza del provvedimento giudiziario l'Amministrazione ha avviato "un parallelo ed autonomo procedimento disciplinare teso a valutare se i fatti oggetti della sentenza di condanna avessero rilevanza disciplinare alla luce dell'allora vigente legge di stato del personale".

Quanto all'illegittimità della decorrenza del decreto impugnato, l'Amministrazione riferente precisa che "la sentenza penale di condanna emessa dall'autorità giudiziaria nei confronti del prefato militare è, senza alcun dubbio, divenuta irrevocabile il 7 ottobre 2006. Sotto la vigenza della legge di stato dei sottufficiali (legge n. 599 del 1954, ora abrogata con l'entrata in vigore del codice dell'ordinamento militare), all'art. 37, comma 1 era previsto che nel momento in cui un militare cessasse dal servizio permanente per una delle cause indicate dall' articolo 26 della stessa legge, la cessazione si sarebbe verificata anche se lo stesso militare fosse sottoposto ad un procedimento penale o disciplinare.

Qualora, invece, tali procedimenti avessero prodotto come effetto la perdita del grado, la cessazione dal servizio permanente del sottufficiale avrebbe dovuto considerarsi avvenuta, ad ogni effetto, per tale causa ma con la stessa decorrenza della cessazione per la causa originaria. E così, mentre la cessazione dal servizio permanente doveva considerarsi di fatto avvenuta all'atto della dichiarazione di inidoneità del prefato sottufficiale al servizio militare incondizionato, la perdita del grado, pur intervenuta successivamente è retroagita, ex art. 37, comma 2 della citata legge n. 599/1954, alla data del giudizio espresso dalla commissione medica ospedaliera, in deroga a quanto disposto dall'art. 61, comma 2 della stessa legge, laddove disponeva che "la perdita del grado per rimozione, per violazione del giuramento o per altri motivi disciplinari, previo giudizio di una commissione di disciplina" decorresse dalla data del decreto. Tale disposizione, peraltro, è stata integralmente recepita dal vigente codice dell'ordinamento militare (cfr. art. 923, ultimo comma)".

Con parere interlocutorio reso dalla Sezione in data 15 febbraio 2012, è stata chiesta al Ministero una relazione integrativa, con la quale far conoscere:

- la puntuale sequenza cronologica degli eventi e dei provvedimenti adottati in sede amministrativa ed in sede penale, tenendo conto che, come risulta in atti di causa, è intervenuta una sentenza penale passata in giudicato che ha integrato la precedente sentenza del 15 novembre 2005 (divenuta irrevocabile dal 7 ottobre 2006) con l'irrogazione della sanzione penale accessoria della rimozione del grado ex art. 33 c.p.m.p.. Con la conseguenza che detta ultima pena, ai sensi dell'art. 34 c.p.m.p., decorra, ad ogni effetto, dal giorno in cui è divenuta irrevocabile la sentenza di condanna;

- quali determinazioni siano state assunte in ordine alla intervenuta sentenza definitiva di rimozione, a fronte del procedimento amministrativo che aveva già provveduto alla irrogazione della sanzione di stato;

- quali determinazioni siano state assunte in ordine alla decorrenza del provvedimento, stanti i dettati del menzionato art. 34 c.p.m.p. e dell'art. 37, comma 2, della Legge 31 luglio 1954 n. 599.

Il Ministero ha, pertanto, inviato una relazione integrativa con allegata documentazione, da cui è possibile dedurre quanto segue:

Nei confronti del Convertino, oltre alla sentenza n. 1143/05 del 15 novembre 2005 e divenuta irrevocabile dal 7 ottobre 2006, risultano ulteriori provvedimenti di condanna, ed in particolare, una sentenza del 13 dicembre 2002 del Tribunale di Brindisi confermata dalla sentenza del 24 marzo 2006 della Corte d'Appello del 24 marzo 2006, divenuta definitiva in data 17 ottobre 2006, nonché la sentenza sempre del Tribunale di Brindisi del 28 ottobre 2003 divenuta definitiva in data 26 febbraio 2005.

In data 2 maggio 2007, la Procura della Repubblica presso il tribunale di Brindisi - Ufficio Esecuzioni penali, nel prendere atto dell'esistenza delle tre sentenze chiedeva alla competente autorità giudiziaria di revocare il beneficio della sospensione condizionale della pena concesso al Convertino nella sentenze del 2005 (oltre che in quella del 2003).

Con l'ordinanza n. 506/07 del giudice dell'esecuzione penale presso il tribunale di Brindisi, la richiesta della Procura di Brindisi veniva accolta e, pertanto, al militare veniva revocato il beneficio della sospensione condizionale della pena di condanna.

E' a questo punto che, come afferma lo stesso ricorrente, l'Amministrazione della difesa ha chiesto alla Procura della Repubblica di Brindisi - Ufficio Esecuzioni Penali l'applicazione della pena accessoria militare della rimozione dal grado, ex art. 33, primo comma, n. 2 c.p.m.p., conseguente alla condanna del 15 novembre 2005.

Tale richiesta è stata accolta dalla prima sezione penale del competente tribunale di Brindisi, che con ordinanza n. 617/08 G.E. del 10 febbraio 2009 applicava al Convertino la pena militare accessoria della rimozione dal grado.

Conseguentemente, l'amministrazione della difesa, il 18 maggio 2009, con il decreto ministeriale n. 0177/3-9/2009 prendeva atto dell'inflitta pena accessoria militare della rimozione dal grado inflitta dal giudice penale e disponeva per l'effetto la cessazione dal servizio permanente del Convertino e il suo collocamento in congedo nei ruoli dei militari di truppa (nel frattempo, come precisato in premessa era stata avviata, a far data dal 4 marzo 2009, un'autonoma inchiesta formale, poi culminata con il deferimento del militare al giudizio della commissione di disciplina).

A causa dell'erronea notifica dell'ordinanza n. 617/08 G.E. del 10 febbraio 2009 che ha disposto la rimozione dal grado, la medesima autorità giudiziaria, il 7 luglio 2009, dichiarava non esecutivo tale provvedimento.

L'Amministrazione, provvedeva, pertanto, con il decreto ministeriale n. 283/3-9/2009 del 28 luglio 2009, a sospendere gli effetti del proprio precedente provvedimento n. 0177/3-9/2009 del 18 maggio 2009.

In seguito alla corretta notifica della citata ordinanza di applicazione della pena accessoria militare della rimozione dal grado, il Convertino presentava ricorso per cassazione. Il 27 novembre 2009, la Corte Suprema di Cassazione, qualificato il ricorso come opposizione, ne disponeva la trasmissione al tribunale di Brindisi.

Nel frattempo, però, il 18 settembre 2009, nei confronti del ricorrente veniva adottata, con il decreto ministeriale impugnato, la sanzione della perdita del grado per rimozione all'esito dell'autonomo procedimento disciplinare di stato. Tale provvedimento, come già chiarito dal Ministero nella prima relazione ministeriale, decorreva, ai sensi dell'art. 37 della legge di stato dei sottufficiali, dall'8 marzo 2006, data in cui il ricorrente era stato dichiarato permanentemente non idoneo al servizio militare incondizionato e collocato in congedo.

Successivamente, il tribunale di Brindisi, il 3 febbraio 2010, chiamato dalla Corte di Cassazione a pronunciarsi sull'opposizione del Convertino al provvedimento di applicazione della pena accessoria della rimozione dal grado, rigettava il ricorso, confermando l'ordinanza del 10 febbraio 2009.

Chiarita la sequenza cronologica degli eventi il Ministero riferente conclude osservando che, essendo stata disposta la destituzione del ricorrente dall'8 marzo 2006 (all'esito del procedimento disciplinare di stato) e dichiarata la sua cessazione dal servizio permanente nonché il suo collocamento nei ruoli dei militari di truppa, l'Amministrazione ha ritenuto che fosse "inutiliter datum" "un provvedimento che facesse rivivere l'efficacia del decreto n. 0177/3-9/2009 di esecuzione della pena militare accessoria, poiché tale provvedimento avrebbe prodotto i medesimi effetti di quello disciplinare destitutorio impugnato con il ricorso in oggetto e con la medesima decorrenza (8 marzo 2006)".

CONSIDERATO:

Il ricorso è infondato.

In ordine all'automatismo della perdita del grado e della sentenza penale, valga ribadire il prevalente indirizzo giurisprudenziale, secondo cui i fatti accertati in sede di un procedimento penale conclusosi con una sentenza di condanna non assumono automatica rilevanza nei procedimenti disciplinari, nel corso dei quali l'Amministrazione ha l’obbligo di procedere ad una autonoma valutazione dei fatti posti a base della pronuncia penale. Ciò, a sua volta, non esclude che alla pronuncia penale possa farsi riferimento per ritenere accertati quei fatti emersi nel corso del procedimento penale, che o non siano contestati o che, in base a un ragionevole apprezzamento delle risultanze processuali, appaiono fondatamente ascrivibili all'interessato.

La questione, in estrema sintesi, verte sui rapporti tra giudicato penale e procedimento disciplinare, così come regolati ex art. 653 c.p.p., modificato dalla Legge 27 marzo 2001, n. 97, recante “norme sul rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare ed effetti del giudicato penale nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche”.

Sull’annosa questione da sempre si sono scontrate due opposte tendenze, quella che predilige l’unità della giurisdizione e che propende per la pregiudizialità obbligatoria del giudicato penale, e quella dell’autonomia delle singole cognizioni giustiziali che, tuttavia, implica l’eventualità del verificarsi di giudicati contrastanti.

Il legislatore, con le modifiche apportate dalla citata legge, ha innegabilmente conferito un maggior peso al giudicato penale all’interno del procedimento disciplinare. All’art. 653 c.p.p. è stato, infatti, aggiunto il comma 1 bis, il quale espressamente prevede che “la sentenza penale irrevocabile di condanna ha efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare davanti alle pubbliche autorità quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso”.

La disciplina così modificata, peraltro, eliminando qualsiasi riferimento alla sentenza “pronunciata in seguito a dibattimento”, che compariva nel testo originario dell’art. 653 c.p.p., ha parificato fra loro tutti i giudicati penali derivanti da qualsiasi tipo di sentenza, sia essa pronunciata a seguito di patteggiamento, o a seguito di giudizio abbreviato, sia essa pronunciata all’esito del dibattimento.

Il Collegio osserva che dagli elementi esposti si evince che la predetta sentenza poteva esplicare l'effetto di giudicato sul procedimento disciplinare a seguito di essa instaurato. Da ciò consegue la piena legittimità del procedimento disciplinare in oggetto che, lungi dal concludersi con un’automatica espulsione del militare, ha consentito all’autorità disciplinare un autonomo e discrezionale apprezzamento in ordine alla rilevanza disciplinare dei fatti accertati in sede penale e dei profili di responsabilità emersi in tale ambito.

Peraltro, il ricorrente non muove alcuna censura in ordine alla correttezza dell'istruttoria condotta dall'Amministrazione nel procedimento disciplinare.

Quanto all'illegittimità della decorrenza del decreto impugnato, come osservato dall'Amministrazione riferente, valga ricordare che l'art. 37 della Legge 31 luglio 1954, n. 599 (il cui contenuto è stato integralmente recepito dal vigente codice dell'ordinamento militare - art. 923, ultimo comma -) afferma che "il sottufficiale, nei cui riguardi si verifichi una delle cause di cessazione dal servizio permanente previste dal presente capo, cessa dal servizio anche se si trovi sottoposto a procedimento penale o disciplinare. Qualora il procedimento si concluda con una sentenza o con un giudizio di Commissione di disciplina che importi la perdita del grado, la cessazione del sottufficiale dal servizio permanente si considera avvenuta, ad ogni effetto, per tale causa e con la medesima decorrenza con la quale era stata disposta".

Lo stesso art. 60 della citata legge prevede che ordinariamente la perdita del grado decorre dalla data del decreto, salvo che ricorra l'applicazione proprio dell'art. 37, per cui la perdita del grado decorre dalla data in cui il sottufficiale ha cessato dal servizio permanente.

Nel caso di specie la cessazione dal servizio permanente è stata correttamente collegata all'atto della dichiarazione di inidoneità del sottufficiale al servizio militare incondizionato.

Il fatto che tale data sia precedente a quella in cui la sentenza penale è divenuta irrevocabile, altro non è che una conseguenza dell'applicazione delle norme appena citate, che, stante peraltro il sopra evocato principio di autonomia tra i due procedimenti, non ha alcun effetto viziante in ordine al procedimento disciplinare.

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