Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2024-02-05, n. 202401157

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2024-02-05, n. 202401157
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202401157
Data del deposito : 5 febbraio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/02/2024

N. 01157/2024REG.PROV.COLL.

N. 00890/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 890 del 2023, proposto da
Università Telematica Internazionale Uninettuno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati G C, G P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio G P in Roma, via dei Tre Orologi, 14/A;



contro

Ministero dell'Università e della Ricerca, ANVUR - Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca, Università degli Studi Roma La Sapienza, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;



nei confronti

Ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale, non costituito in giudizio;
Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;



per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 09563/2022, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell'Università e della Ricerca, dell’Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca – ANVUR, e dell’Università degli Studi Roma La Sapienza;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 novembre 2023 il Cons. Marco Valentini e uditi per le parti gli avvocati G P e l'avvocato dello Stato Monica De Vergori;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.




FATTO

Avanti il giudice di prime cure, l’originaria ricorrente, odierna appellante, ha chiesto l’annullamento:

- del decreto del Ministero dell'Università e della Ricerca del 14 ottobre 2021, n. 1154, avente per oggetto “ Decreto autovalutazione, valutazione e accreditamento iniziale e periodico delle sedi e dei corsi di studio ”, nella parte in cui definisce i nuovi indicatori di accreditamento dei corsi relativamente ai requisiti di docenza ed alla numerosità massima degli studenti, applicabili alle università telematiche;

- di tutti gli atti presupposti e connessi, ancorché non conosciuti, ivi inclusi, ove occorrer possa, il decreto ministeriale 25 marzo 2021, n. 289 (recante “ Linee generali d'indirizzo della programmazione 2021-2023 ”; l'Allegato 1 alla delibera dell' Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca - A.N.V.U.R. n. 166 del 27 luglio 2021 (recante “ proposta di revisione del decreto ministeriale n. 6 del 7 gennaio 2019 ”), nonché il decreto direttoriale del Ministero dell'Università e della Ricerca - MUR del 22 novembre 2021, n. 2711.

- di ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale.

Il TAR ha respinto il ricorso.

Col ricorso in primo grado, la parte ricorrente, Università telematica non statale, idonea alla erogazione della didattica a distanza, ha impugnato in parte qua il citato decreto del Ministero dell’Università e della ricerca n. 1154/2021, con cui sono state dettate le disposizioni applicabili all’ autovalutazione, valutazione, accreditamento iniziale e periodico delle sedi e dei corsi di studio universitari, nonché alla valutazione periodica delle Università, con riferimento alle Università statali e non statali legalmente riconosciute, ivi comprese le Università telematiche.

Come indicato all’art. 10, comma 1, del predetto decreto ministeriale, le nuove disposizioni sostituiscono quelle previste dal d.m. n. 6/2019, e successive modificazioni e integrazioni, a decorrere dall’offerta formativa dell’anno accademico 2022/2023.

Si evince dagli atti di causa, come ampiamente richiamato dalla sentenza impugnata, che il citato decreto ministeriale n. 6/2019 aveva previsto, per le sole Università telematiche, uno specifico moltiplicatore per il calcolo della numerosità massima di studenti partecipanti ai corsi universitari, da considerare ai fini del computo del correlato numero minimo di docenti, necessario per il rispetto dei requisiti di idoneità dell’offerta di docenza.

In caso di superamento delle numerosità massime indicate nell’allegato D del medesimo decreto, il numero di docenti di riferimento, comprendente anche i docenti a contratto e quello delle figure specialistiche aggiuntive, avrebbe dovuto essere incrementato in misura proporzionale al superamento delle soglie, secondo un’apposita formula, mantenendo la quota minima prevista per i professori a tempo indeterminato nell’ambito dei docenti di riferimento.

Il nuovo decreto ministeriale impugnato, che ha sostituito al termine del triennio la disciplina introdotta nel 2019, ha eliminato il suddetto moltiplicatore e previsto, al contempo, un proporzionale aumento del numero dei docenti a tempo indeterminato per il caso di superamento della numerosità massima degli studenti.

Il ricorso pone l’accento su tale circostanza, evidenziando che le disposizioni ministeriali penalizzano le attività delle Università telematiche, comportando un rilevante e ingiustificato aumento dei costi.

Premessa un’analitica, ampia e puntuale ricostruzione del quadro normativo di riferimento, la sentenza impugnata ha respinto il primo motivo di ricorso, concernente, in primo luogo, l’omesso coinvolgimento delle Università telematiche in sede di emanazione del decreto ministeriale gravato, in asserita violazione di quanto previsto dal d.m. n. 196/2018 e, in secondo luogo, dell’illegittima adozione del medesimo in forma di decreto, anziché con regolamento ministeriale, in conformità alla disciplina procedimentale di cui all’art. 17 della legge n. 400/1988..

Il secondo e il terzo motivo di ricorso, esaminati congiuntamente dal TAR, concernenti l’asserita illegittimità delle previsioni relative alla composizione del corpo docenti e la numerosità degli studenti, sono stati pure rigettati dal TAR.

Con il quarto motivo, anch’esso respinto, la ricorrente ha impugnato l’art. 10, comma 3, del decreto n. 1154/2021, sostenendo che, con tale disposizione, si realizza un’illegittima anticipazione del termine per l’adeguamento ai nuovi requisiti, irragionevole e priva di motivazione.

Il TAR adito ha infine respinto anche il quinto e il sesto motivo di ricorso, a mezzo dei quali è stata dedotta la violazione di principi costituzionali ed eurounitari.

In sede di appello, parte appellante, articolando plurimi motivi che ripropongono, in critica alla sentenza del TAR, i motivi dedotti in primo grado, ha chiesto di accogliere il ricorso e, per l’effetto, riformare la sentenza impugnata e annullare i provvedimenti ministeriali impugnati.

Si sono costituiti in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell'Università e della Ricerca, – l’Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca – ANVUR, e l’Università degli Studi Roma La Sapienza.

In data 21 ottobre 2023 ha depositato memoria l’Avvocatura dello Stato per le parti appellate.

Nell’udienza pubblica del 28 novembre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.



DIRITTO

In sede di appello l’Università ha dedotto i motivi di seguito riassunti.

Con il primo motivo ( Violazione e falsa applicazione dell’art. 26, comma 5, della L.n. 289/2002; dell’art. 1, co. 148, l. n. 286/2006; del DM n. 196/2018; del DM n. 6/2019. Avverso la sentenza appellata: difetto di motivazione ), l’appellante deduce che i provvedimenti impugnati in prime cure sono palesemente viziati ed è parimenti errata la motivazione di rigetto espressa dal TAR.

In particolare, per l’appellante, le disposizioni del d.m. n. 1154/2021 non tengono conto della specificità dei corsi integralmente a distanza e sviliscono totalmente l’autonomia organizzativa e finanziaria della ricorrente.

In primo luogo, si lamenta al riguardo il mancato rispetto del contraddittorio con le istituzioni universitarie destinatarie del provvedimento e delle altre forme e misure previste dal d.m. n. 196/2018, tenuto conto che:

- non risulta istituito il tavolo tecnico, composto dagli esperti e da un rappresentante delle università telematiche;

- non risultano espletate le audizioni degli esperti della formazione a distanza e delle tecnologie e-learning ;

- non risultano elaborati gli appositi e specifici criteri di sostenibilità dei corsi;

- non risulta acquisito il concerto con il Ministero dello sviluppo tecnologico e della innovazione, il cui coinvolgimento è richiesto da due norme di legge (art. 26, comma 5, della L. 289/2002; art. 2, comma 148, l. n. 262 del 2006).

In secondo luogo, si lamenta l’inosservanza delle disposizioni normative che prevederebbero l’adozione di un regolamento ex art. 17, comma 3, della legge n. 400/1988, in luogo di un decreto ministeriale, come adottato nel caso di specie.

Si contesta, pertanto, la motivazione resa dalla sentenza impugnata sui punti richiamati, deducendone l’insufficienza, la carenza e la supposta elusione del regime normativo speciale delle Università telematiche.

Ne consegue, per l’appellante, la dedotta carenza in capo al Ministero appellato del potere di intervenire nella

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