Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2025-02-18, n. 202501337

CS
Accoglimento
Sentenza
18 febbraio 2025
TAR Cagliari
Ordinanza collegiale
8 luglio 2021
TAR Cagliari
Sentenza
16 settembre 2022
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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2025-02-18, n. 202501337
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202501337
Data del deposito : 18 febbraio 2025
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 18/02/2025

N. 01337/2025REG.PROV.COLL.

N. 09617/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9617 del 2022, proposto dalla società In.Pro.Mar. – Industria Produzione Marmi S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Daniela Piras e Sergio Segneri, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia;



contro

la Regione Autonoma della Sardegna, in persona del Presidente pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Roberto Murroni e Floriana Isola, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia;
il Ministero della Cultura, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;



per la riforma

della sentenza n. 614 del 2022 del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna, Sezione Seconda.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Autonoma della Sardegna e del Ministero della Cultura;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 dicembre 2024 il Cons. Eugenio Tagliasacchi e viste le conclusioni delle parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1. Con l’appello in epigrafe, la società In.Pro.Mar. Industria Produzione Marmi S.r.l. ha impugnato la sentenza n. 614 del 2022 del T.a.r. Sardegna, con cui sono stati respinti il ricorso e i motivi aggiunti dalla medesima proposti per l’annullamento, quanto al ricorso principale, della determinazione n. 7 del 5 febbraio 2015, con la quale il Responsabile della Struttura delegata all'esercizio delle funzioni paesaggistiche dell’Unione dei Comuni Valle del Cedrino, nel riconoscere la compatibilità paesaggistica delle opere realizzate dalla In.Pro.Mar. S.r.l. nell'esercizio dell'attività di coltivazione della cava posta nel territorio del Comune di OR, località Canale Longu, in assenza di preventiva autorizzazione paesaggistica, ha determinato la sanzione di cui all'art. 167 del d.lgs. n. 42 del 2004 in euro 263.168,91, nonché, quanto ai motivi aggiunti, del verbale n. 13 della seduta del 22 luglio 2021 del Comitato tecnico istituzionale nella parte concernente la ridelimitazione dei confini del vincolo paesaggistico apposto con d.m. 25 gennaio 1968, oltre agli ulteriori atti meglio indicati nella sentenza impugnata.

2. La vicenda oggetto del presente giudizio riguarda i provvedimenti e gli atti sopra indicati che si fondano sul presupposto che la società ricorrente e odierna appellante abbia esercitato per oltre quarant’anni l’attività estrattiva senza autorizzazione paesaggistica in una zona sottoposta a vincolo.

In punto di fatto, occorre premettere – per quanto rileva in questa sede – che la cava in questione è stata gestita dalla società ricorrente e odierna appellante fin dagli anni Settanta e, con la legge regionale della Sardegna 7 giugno 1989, n. 30, è stata introdotta una prima disciplina regionale delle attività di cava, prima regolate solo dalla legge statale 29 giugno 1939, n. 1497, disciplina volta, secondo l’appellante, a “ contemperare la tutela dei beni paesaggistici con l’esigenza di garantire l’esercizio delle attività estrattive ”. In questo contesto, il provvedimento regionale prot. n. 565 del 19 gennaio 1993 ha autorizzato in via provvisoria la prosecuzione dell’attività stessa, in accoglimento dell’istanza presentata dalla ricorrente.

In considerazione del vincolo paesaggistico insistente sul territorio del Comune di OR ai sensi del d.m. 25 gennaio 1968, il Comune medesimo ha predisposto uno Studio di compatibilità paesistico ambientale, ai sensi degli artt. 9 e ss. delle NTA del PTP n. 6 della Sardegna orientale, approvato dalla Giunta regionale con deliberazione del 25 luglio 2000, n. 32/25, previo parere favorevole del Comitato Tecnico Regionale per l’Urbanistica, per il cui tramite è stato proposto il rilascio dell’autorizzazione definitiva in favore delle attività di cava esistenti a condizione che fossero realizzate alcune misure di mitigazione dell’impatto ambientale e paesaggistico. Successivamente sono stati approvati tre distinti strumenti di pianificazione attuativa incidenti sulle aree e le infrastrutture di cava e su tali strumenti si è espresso il Servizio regionale di Tutela del Paesaggio di Sassari e Nuoro, con deliberazioni 21 novembre 2000, nn. 6709, 6710 e 6711, con la precisazione che “ tutte le opere di urbanizzazione e residenziali previste dal Piano dovranno essere specificamente autorizzate ai sensi dell’art. 151 ” del d.lgs. 209 ottobre 1999, n. 490.

Con la l.r. 9 agosto 2002, n. 15, la Regione Sardegna ha previsto che le autorizzazioni relative all’attività di cava rilasciate in assenza di VIA o di verifica preliminare ambientale, dopo l’entrata in vigore del DPCM 3 settembre 1999 e della l.r. n. 1 del 1999, fossero sottoposte “ alla VIA o alla verifica ”, con la conseguenza che in data 16 novembre 2002 la ricorrente e odierna appellante ha presentato la relativa richiesta ex art. 10 del d.P.R. 12 aprile 1996 e s.m.i..

Successivamente, con deliberazione 15 luglio 2008, n. 39/35, la Giunta regionale ha deciso di non sottoporre a VIA i progetti inseriti nel “ Piano di recupero generale dell’intero comparto produttivo del marmo di OR ” predisposto dal Comune e comprendente il progetto inerente alla cava in questione. Ad avviso dell’appellante, l’anzidetta delibera della Giunta 15 luglio 2008, n. 39/35 “ integrava se non un’autorizzazione paesaggistica, l’accertamento della compatibilità paesaggistica delle singole cave ”.

In data 22 febbraio 2011, la In.Pro.Mar. S.r.l. ha, infine, presentato al Comune di OR e al Servizio Regionale di Tutela del Paesaggio di Nuoro la richiesta di accertamento di compatibilità paesaggistica sulle relative infrastrutture di cava (cfr. doc. 23 depositato dalla ricorrente nell’ambito del primo grado di giudizio), con la precisazione che la competenza sull’anzidetto accertamento di compatibilità paesaggistica è stata attribuita all’Unione dei Comuni della Valle del Cedrino.

Successivamente, con nota prot. 518 del 7 giugno 2014, l’Unione, esprimendo una prima valutazione positiva sull’istanza, ha trasmesso gli atti alla Soprintendenza per i beni architettonici paesaggistici storici artistici ed etnoantropologici per le province di Sassari e Nuoro affinché esprimesse il parere di compatibilità paesaggistica e in data 2 luglio 2014 la Soprintendenza ha espresso parere positivo.

Da ultimo, con nota prot. n. 702 del 14 luglio 2014, l’Unione, per procedere alla quantificazione della sanzione pecuniaria prevista per la realizzazione di opere non autorizzate su beni paesaggisticamente tutelati, ha chiesto all’odierna appellante di trasmettere una perizia giurata per l’individuazione del danno prodotto e del profitto ottenuto dall’attività di cava e tale perizia è stata, poi, trasmessa dalla In.Pro.Mar. S.r.l. con l’indicazione di un danno ambientale pari a euro 154.984,00 e di un profitto dell’attività di cava pari a euro 263.168,91. Conseguentemente, con la determinazione del 5 febbraio 2015, n. 7, l’Unione ha accolto la richiesta di accertamento di compatibilità paesaggistica e contestualmente ha applicato la sanzione di euro 263.168,91, corrispondente al maggiore tra i due importi sopra indicati.

3. A fronte dell’adozione dell’anzidetta determinazione, la In.Pro.Mar. S.r.l. ha proposto il ricorso introduttivo del presente giudizio chiedendone l’annullamento nella sola parte relativa alla quantificazione della sanzione e non quindi in relazione all’accertamento di compatibilità paesaggistica. Con l’impugnata sentenza n. 614 del 2022, il T.a.r. Sardegna ha respinto il ricorso e i motivi aggiunti ritenendo infondata la tesi della ricorrente secondo cui le cave dovrebbero essere considerate paesaggisticamente autorizzate sin dal 1993 o, quanto meno, dal 2000, in ragione della deliberazione della Giunta regionale del 25 luglio 2000, n. 32/25, che aveva approvato lo Studio di compatibilità paesistico ambientale predisposto dal Comune di OR, recante le misure necessarie per mitigare l’impatto ambientale e paesaggistico dell’attività.

Il T.a.r., del pari, ha respinto la tesi secondo cui l’illecito paesaggistico non potrebbe essere proseguito oltre l’anno 2008 vista la deliberazione 15 luglio 2008, n. 39/35, per il cui tramite la Giunta regionale aveva escluso che le attività di cava in questione dovessero essere sottoposte a VIA.

Ad avviso del giudice di primo grado, infatti, nessuno dei provvedimenti sopra menzionati recherebbe un dispositivo da cui si possa desumere il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica riferito alla singola attività di cava e non sarebbe neppure configurabile un atto amministrativo implicito, in considerazione dei presupposti stringenti richiesti per lo stesso, che nel caso di specie non sarebbero ravvisabili.

Il Tribunale ha poi respinto le censure relative alla contestazione del quantum della sanzione reputando non irragionevole il criterio della Direttiva regionale n. 2, impugnata quale atto presupposto, che ha introdotto un tetto sanzionatorio massimo pari a 26.000 euro per le sole cave ubicate a una distanza superiore ai 2.000 metri dal mare, mentre per le altre attività estrattive, come quella della società ricorrente, ha richiesto la presentazione di una perizia giurata per la quantificazione della sanzione, determinata senza limiti massimi nella somma maggiore tra quella corrispondente al danno e quella relativa al profitto ricavato dalla cava. Sul punto, il giudice di primo grado ha ritenuto non irragionevole che alle cave site oltre la fascia di 2.000 metri dal mare possa essere riferito un impatto

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