Consiglio di Stato, sez. C, parere interlocutorio 2021-03-19, n. 202100458

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. C, parere interlocutorio 2021-03-19, n. 202100458
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202100458
Data del deposito : 19 marzo 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

<a data-decision-id="6f42cf7d-d5d8-5159-88fd-25df59d3e5f7" href="/decisions/itcsi0aajw77obydsm">N. 00252/2021</a> AFFARE

Numero 00458/2021 e data 19/03/2021 Spedizione

REPUBBLICA ITALIANA

Consiglio di Stato

Sezione Consultiva per gli Atti Normativi

Adunanza di Sezione del 23 febbraio 2021 e del 9 marzo 2021




NUMERO AFFARE

00252/2021

OGGETTO:

Ministero dell'economia e delle finanze.


Schema di decreto del ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il ministro dello sviluppo economico, recante disposizioni in materia di comunicazione, accesso e consultazione dei dati e delle informazioni relativi alla titolarità effettiva di imprese dotate di personalità giuridica, di persone giuridiche private, di trust produttivi di effetti giuridici rilevanti ai fini fiscali e di istituti giuridici affini al trust .

LA SEZIONE

Vista la nota di trasmissione della relazione prot. n. 1572 in data 11 febbraio 2021, con la quale il Ministero dell'economia e delle finanze ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare consultivo in oggetto;

Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Giuseppa Carluccio;


Premesso

1. Con nota dell’11 febbraio 2021, prot. n. 1572, il Ministero dell’economia e delle finanze ha trasmesso lo schema di decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, recante norme di attuazione dell’art. 21 del d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231 (“ Attuazione della direttiva 2005/60/CE concernente la prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo nonché della direttiva 2006/70/CE che ne reca misure di esecuzione ”, d’ora in poi DA), come novellato dall’art. 2, comma 1, lett. f), g) ed h), del d.lgs. 4 ottobre 2019, n. 125 (“ Modifiche ed integrazioni ai decreti legislativi 25 maggio 2017, n. 90 e n. 92, recanti attuazione della direttiva (UE) 2015/849, nonché attuazione della direttiva (UE) 2018/843 che modifica la direttiva (UE) 2015/849 relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario ai fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo e che modifica le direttive 2009/138/CE e 2013/36/UE ”).

1.1. Il Ministro ha esercitato il potere regolamentare conferitogli dall’art. 21, comma 2, lett. d), e lett. f), ultimo periodo (u.p.), comma 4, lett. c), e lett. d- bis ), u.p., e comma 5, del DA, come da ultimo novellato.

2. Lo schema di decreto sottoposto all’esame di questo Consiglio è corredato dalla relazione illustrativa, dall’analisi di impatto della regolazione (AIR), dall’analisi tecnico-normativa (ATN) e dal parere favorevole del Garante per la protezione dei dati personali, espresso in data 14 gennaio 2021.

3. La richiesta di parere ha per oggetto: a) lo schema di decreto, composto da undici articoli, suddivisi in tre sezioni;
b) l’allegato tecnico, suddiviso in sei parti, ciascuna delle quali, ad eccezione della VI, suddivisa in paragrafi.

4. L’intervento normativo in argomento, che detta disposizioni attuative, si inserisce nella materia di derivazione eurounitaria della prevenzione dei fenomeni di riciclaggio dei proventi di attività criminosa e di finanziamento del terrorismo nel sistema finanziario.

4.1. L’obiettivo di tale prevenzione, già perseguito con la direttiva 2005/60/CE, a partire dalla direttiva (UE) 2015/849, è stato rafforzato mediante la previsione del “disvelamento” della titolarità effettiva della clientela quando, ad entrare in contatto con gli operatori finanziari, che sono i soggetti obbligati destinatari delle disposizioni antiriciclaggio, non sono persone fisiche, ma società ed altre entità giuridiche, oltre a trust e istituti affini. Il rafforzamento è stato perfezionato ed implementato con la direttiva di modifica (UE) 2018/843.

4.2. Con la direttiva del 2015, e con le incisive integrazioni apportate dalla direttiva del 2018, il “disvelamento” è stato perseguito, non più solo attraverso gli obblighi in capo alla clientela di acquisire e conservare informazioni inerenti la propria titolarità effettiva e attraverso le verifiche degli operatori finanziari rispetto alla loro clientela;
bensì, con un nuovo strumento volto alla trasparenza e alla conoscibilità, entro determinate condizioni, dei dati e delle informazioni che concernono la titolarità effettiva della clientela. Lo strumento è costituito da un registro centrale nazionale dove confluiscono tali dati – interconnesso con quelli degli altri Paesi membri – che è il registro dei titolari effettivi dei soggetti clienti da “disvelare”, costituiti dalle “società ed altre entità giuridiche” (art. 30), nonché dai trust e istituti giuridici affini (art. 31).

4.3. La trasparenza e conoscibilità dei dati e delle informazioni concernenti la titolarità effettiva è stata oggetto di una marcata modifica con la direttiva del 2018. Il tratto essenziale in tale direzione è individuabile nella disciplina dell’accesso.

4.3.1. L’accesso verso i dati delle società e delle altre entità giuridiche era previsto: - senza restrizioni rispetto alle Autorità;
- nel quadro di un’adeguata verifica della clientela, in favore degli operatori finanziari;
- subordinatamente alla dimostrazione di un legittimo interesse, rispetto a qualunque “persona o organizzazione”, con possibili deroghe all’accesso in casi eccezionali di grave rischio per il titolare effettivo. L’accesso verso i dati dei trust e degli istituti affini era previsto solo a favore delle Autorità e dei soggetti obbligati alle stesse condizioni.

4.3.2. Con le modifiche del 2018, ferma la regolamentazione a favore delle Autorità e dei soggetti obbligati: a) l’accesso ai dati delle società e delle altre entità giuridiche è stato previsto “ in ogni caso ” a favore del “ pubblico ”;
b) l’accesso ai dati dei trust e degli istituti affini è stato previsto a favore di qualunque persona fisica o giuridica richiedente, subordinatamente alla dimostrazione di un legittimo interesse;
c) è stata confermata la possibile deroga eccezionale in ragione del grave rischio per il titolare effettivo, estendendola all’accesso ai dati dei trust e affini.

4.3.2.1. In definitiva - salva la permanenza della possibilità di deroghe eccezionali, a tutela del soggetto controinteressato da disvelare - per garantire la conoscibilità e la trasparenza dei dati sulla titolarità effettiva, è stata fatta cadere per il “ pubblico ” ogni restrizione di accesso ai dati delle società e delle altre entità giuridiche di cui si chieda il disvelamento;
mentre, la necessità della dimostrazione dell’interesse alla conoscenza è stata limitata unicamente alla richiesta di accesso delle persone fisiche e giuridiche relativa ai dati di trust e affini.

5. L’Italia ha provveduto alla attuazione della direttiva del 2015 con il d.lgs. n. 90 del 25 maggio 2017, il cui art. 2, comma 1, ha, per quanto di interesse, sostituito l’originario art. 21 del DA. Poi, in esito ad una procedura di infrazione del 2019, ha provveduto all’attuazione della direttiva del 2018 con il d.lgs. 4 ottobre 2019, n. 125, il cui art. 2, comma 1, ha, per quanto di interesse, novellato l’art. 21 del DA, la cui attuazione è ora all’esame della Sezione.

6. Si tratta, quindi, di norme di attuazione di disposizioni legislative di diretta derivazione eurounitaria in una materia connotata dal perseguimento di rilevanti interessi pubblici generali, quali la prevenzione e il contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, attraverso l’accesso alle informazioni sulla titolarità effettiva delle società e di altri soggetti ed istituti giuridici e, nel contempo, dalla necessaria ricerca del giusto equilibrio tra gli interessi pubblici perseguiti e i diritti fondamentali delle persone interessate dalla divulgazione dei dati.

Considerato preliminarmente

1. La Sezione rileva che, dalla documentazione in atti, non risulta il concerto espresso formalmente dal Ministro dello sviluppo economico sullo schema di decreto in oggetto. Come è noto, l’atto di concerto può essere sottoscritto solo dal Ministro competente o “d’ordine” del Ministro stesso. Inoltre, il contenuto della nota 8 febbraio 2021, n. 2784 non è proprio quello espressivo di un concerto, limitandosi a rappresentare di “non avere osservazioni da formulare ai fini del prosieguo dell’iter”.

2. In esito all’approfondito esame dei testi sottoposti per il prescritto parere, la Sezione è pervenuta alla convinzione che, stante la valenza eurounitaria della materia normata ed il carattere di novità delle sezioni istituite presso il registro delle imprese esistente, sia opportuno, in uno spirito di collaborazione, coinvolgere l’Amministrazione in una riflessione comune su alcuni profili, con l’obiettivo: a) di pervenire ad una più chiara comprensione delle ragioni poste alla base delle scelte compiute;
b) di sottoporre alla stessa una riflessione sul taluni profili che, anche in ragione della rilevanza eurounitaria, non appaiono adeguatamente risolti.

2.1. L’ambito della riflessione comune richiesta si incentra, da un lato su profili trasversali che interessano più disposizioni, dall’altro su profili che riguardano le singole disposizioni.


Considerato, rispetto ai profili trasversali

Lo schema di decreto e l’Allegato tecnico

1. La relazione allegata allo schema di decreto afferma che il regolamento “ si completa di un allegato tecnico ”;
aggiunge che l’articolato tecnico “ individua le modalità e specifiche informatiche ai fini del popolamento e della consultazione delle sezioni ”. L’art. 1 dello schema di decreto rubricato “Definizioni”, al comma 1, lett. b), recita: “ allegato tecnico: indica l'allegato tecnico al presente decreto di cui costituisce parte integrante ”.

2. Rileva l’Adunanza: a) che la gran parte degli articoli dello schema di decreto rinviano all’allegato;
b) che la struttura del documento è discorsiva, in forma di appunto e non di articolato;
c) che la prima parte contiene l’esposizione delle novità apportate al portale “www.registroimprese.it” con l’implementazione all’indirizzo “www.titolareffettivo.registroimprese.it”, in collegamento con le nuove funzioni derivanti dallo schema di regolamento;
d) che alcuni paragrafi: - riproducono disposizioni contenute nello schema di decreto e nel DA;
- richiamano disposizioni di rango primario e secondario, in materie che si intrecciano con quella oggetto dello schema di regolamento, a volte integrando quelle richiamate nello schema di decreto (es: art. 3, comunicazione unica di impresa – autocertificazione);
- talvolta, al suddetto richiamo si accompagna la soluzione di profili applicativi in concreto delle stesse o la precisazioni di profili applicativi rispetto alla modalità informatica, occasionata dalle disposizioni dello schema di decreto o dall’assetto attuale del portale (es: art. 3, controlli formali, conferma comunicazione dati);
e) che sono presenti disposizioni prescrittive proprie del procedimento (es: art. 3, art. 5, art. 6 e art. 7).

3. Un allegato così strutturato, che si snoda per nove pagine, appare non idoneo a costituire parte integrante del decreto, già solo sulla base della considerazione che ogni modifica richiederebbe un nuovo decreto ministeriale concertato.

Inoltre, l’inammissibile duplicazione delle norme di rango primario e secondario, in una con la previsione di prescrizioni attuative aggiuntive rispetto a quelle individuate nello schema di decreto, incide quantomeno sulla semplicità e chiarezza, cui dovrebbero mirare le disposizioni, soprattutto se di carattere attuativo;
tanto più che i richiami dagli articoli dello schema di decreto all’allegato sono molteplici.

Peraltro, la conformazione suddetta dell’allegato appare in contraddizione con quanto l’Amministrazione sostiene nella relazione, secondo la quale conterrebbe “ modalità e specifiche informatiche ”.

4. La Sezione chiede, pertanto, se vi siano delle ragioni che hanno guidato la scelta dell’Amministrazione nella redazione di un allegato così composito, invece di optare per: - la pubblicazione sul sito di istruzioni operative con vademecum rispetto alle novità apportate al portale;
- l’inserimento delle disposizioni prescrittive nello schema di decreto;
- la precisa individuazione di previsioni di dettaglio ritenute necessarie, strettamente collegate con specifiche tecniche, e, comunque, in diretto e chiaro collegamento con il corrispondente articolo dello schema.


Accesso e consultazione

1. Lo schema di decreto individua la Sezione II con il titolo “ Accesso ai dati e alle informazioni ”;
poi, così rubrica gli articoli che ne fanno parte: art. 5 “ Accesso da parte delle autorità ”;
art. 6 “ Accreditamento e consultazione da parte dei soggetti obbligati ”;
art. 7 “ Consultazione da parte di altri soggetti ”.

2. L’art. 21 del DA usa sempre il termine “ accesso ”. Solo nel comma 5, lett. c), è utilizzata l’espressione “ modalità di consultazione ” in riferimento ai soggetti obbligati.

3. La direttiva del 2015, come modificata nel 2018: a) nell’art. 30 utilizza il termine “ accesso ” rispetto a tutti i soggetti aventi diritto [§ 2, rispetto alle Autorità;
§ 5, informazioni “ accessibili ” rispetto a tutti i soggetti;
comma 2, rispetto al “ pubblico ”;
§ 9, rispetto al “ pubblico ” e ai “ soggetti obbligati ”;
nell’art. 31 utilizza il termine “ accesso ” rispetto alle Autorità (§3) e rispetto a tutti i soggetti (§4)].

4. A fronte di una chiara scelta legislativa, conforme alla direttiva, la Sezione si chiede se vi siano delle ragioni che hanno indotto l’Amministrazione a pervenire ad un distinguo nella rubrica degli articoli.

4.1. Sebbene la rubrica non svolga un ruolo decisivo nell’interpretazione delle disposizioni, non può negarsi che, con il termine consultazione, il quale individua l’attività di esame dei dati e delle informazioni contenuti nelle sezioni del registro delle imprese, come tale logicamente successiva alla richiesta di accesso, si finisca per offuscare, ponendolo in secondo piano, il diritto di accesso;
questo costituisce, invece, il fulcro della novità della legge da attuare. Mentre, l’espresso richiamo alla consultazione, nell’art. 21, comma 5, del DA, si spiega con la circostanza che i soggetti obbligati sono già in possesso dei dati sulla titolarità effettiva, acquisiti dalla clientela mediante le verifiche cui sono tenuti, ed hanno accesso alle sezioni del registro per effettuare un riscontro e segnalare eventuali diversità.

4.2. Peraltro, risultando dalle rubriche un vero e proprio diritto di accesso solo in capo alle Amministrazioni, mentre per i soggetti obbligati vi sarebbe una mera consultazione preceduta dall’accreditamento e per i soggetti diversi solo la consultazione, unitamente alla circostanza che, nel corpo dell’art. 7 e nei relativi paragrafi dell’allegato, accreditamento e diritto all’accesso dei soggetti diversi si sovrappongono, la scelta effettuata dall’Amministrazione può essere fonte di dubbi interpretativi. Infatti, il rischio è che l’accesso appaia riconosciuto solo alle Autorità e che si individui una categoria intermedia di accesso, collegata alle funzioni di verifica, per i soggetti obbligati. Soprattutto, potrebbero sorgere dubbi in riferimento ai soggetti diversi, rispetto ai quali nel corpo dell’articolo e nelle parti dell’allegato richiamate, accreditamento e accesso si sovrappongono, come verrà chiarito nel prosieguo.

4.3. Invece, come appare evidente sulla base della disciplina legislativa, per tutti i soggetti si tratta di diritto di accesso ai dati e alle informazioni presenti nelle sezioni e consultabili, mutando solo i presupposti per l’accesso e l’oggetto dei dati consultabili. Infatti: a) la consultazione è completa per le autorità e i soggetti obbligati, previ, rispettivamente, acquisizioni di credenziali ed accreditamento;
b) è completa con modalità di accesso ordinario, senza previo accreditamento al portale, per il “pubblico”, ma limitatamente ai dati delle imprese con personalità giuridica e alle persone giuridiche private per le quali l’accesso è richiesto;
- c) è regolamentata, per i privati, compresi quelli portatori di interessi diffusi, rispetto ai trust e agli istituti affini, essendo l’unica condizione quella della dimostrazione di un interesse concreto ed attuale verso un trust o istituto determinato;
- d) inoltre, per entrambe le suddette due ultime categorie, l’accesso può essere eccezionalmente escluso a tutela del soggetto da disvelare controinteressato.

4.4. Per queste ragioni, la Sezione reputa opportuno chiedere all’Amministrazione se non sia preferibile, e maggiormente aderente al principio di eliminare ogni ambiguità nei testi normativi, utilizzare il termine “ accesso ” rispetto a tutti i soggetti aventi diritto, eventualmente utilizzando quello di “ consultazione ” nel corpo dell’art. 6, proprio perché i soggetti obbligati mettono a confronto i propri dati con quelli delle sezioni del registro. Naturalmente tale scelta inciderebbe anche nella definizione dell’oggetto del decreto (art. 2).


I soggetti, diversi dalle Autorità e dai soggetti obbligati, che hanno diritto a richiedere l’accesso

1. La direttiva del 2015, come modificata nel 2018: a) nell’individuare i soggetti che hanno diritto all’accesso ai dati sulla titolarità effettiva delle società e delle altre “ entità giuridiche ” (art. 30, § 5, lett. c), utilizza il termine “ pubblico ”;
nel comma successivo, dove individua i dati e le informazioni ai quali il “ pubblico ” deve avere, almeno, accesso, utilizza il termine “ le persone ”;
b) nell’individuare i soggetti che hanno diritto all’accesso ai dati sulla titolarità effettiva dei trust e degli istituti affini [art. 31, § 4, lett. c) e d)], utilizza l’espressione “ qualunque persona fisica o giuridica ”.

2. L’art. 21 del DA: a) per la prima ipotesi ha mantenuto l’utilizzo del termine “ pubblico ” (comma 2 lett. f);
b) per la seconda ipotesi ha utilizzato la seguente espressione “ privati, compresi quelli portatori di interessi diffusi ” (comma 4, lett. d- bis ).

3. L’art. 7 dello schema di decreto ha utilizzato lo stesso termine “ pubblico ” per la prima categoria (comma 1) ed ha richiamato la corrispondente previsione normativa (art. 21, comma 4, lett. d- bis ) per la seconda;
quindi, si è completamente adeguato alle disposizioni legislative da attuare.

4. Rileva la Sezione che l’espressione usata dalla legge (“ privati, compresi quelli portatori di interessi diffusi ”) per indicare i soggetti che hanno diritto all’accesso ai dati sulla titolarità effettiva dei trust e degli istituti affini, richiamata poi nello schema di decreto, può creare incertezze interpretative. Infatti, la specificazione del termine “ privati ” dopo la virgola, con l’espressione “ compresi quelli portatori di interessi diffusi ”, potrebbe ingenerare il dubbio che tra i soggetti privati non siano ricomprese le persone fisiche;
mentre è inequivocabile la direttiva nell’indicare “ qualunque persona fisica o giuridica ”. Così come chiaramente la direttiva specifica il termine “ pubblico ” con “ le persone ”, facendo inequivocabilmente riferimento alle persone fisiche.

4.1. Va precisato che tale dubbio interpretativo non è idoneo anche solo ad ipotizzare un contrasto della legge e, quindi, dello schema di decreto che la richiama, con la direttiva europea.

4.2. Tuttavia, proprio in ragione della rilevanza eurounitaria della definizione ai fini del riconoscimento del diritto a chiedere l’accesso, si chiede all’Amministrazione di esprimersi in ordine alla opportunità di individuare nello schema di decreto le categorie degli aventi diritto, interpretando la disposizione legislativa alla luce della normativa europea.

4.2.1. In tale direzione, si potrebbe utilizzare: - l’espressione “ qualunque persona fisica ” oppure l’espressione “ le persone fisiche ”, per la prima categoria;
- l’espressione “ qualunque persona fisica o giuridica, ivi compresa quella portatrice di interessi diffusi ”, per la seconda categoria.

4.2.2. La modifica inciderebbe, oltre che sull’art. 7, anche sull’art. 2 dello schema di decreto, attinente all’oggetto.


Il procedimento e l’attribuzione della competenza

Premesso

1. Il procedimento, secondo quanto emerge dallo schema di decreto e dall’allegato, può così sintetizzarsi nei suoi snodi e tratti essenziali: I) l’acquisizione dei dati e delle informazioni;
II) la messa a disposizione dei dati della sezione autonoma (quella dove confluiscono i dati relativi alle imprese con personalità giuridica e alle persone giuridiche private) e della sezione speciale (quella dove confluiscono i dati relativi ai trust e ai soggetti affini) ai soggetti aventi diritto, ai fini della consultazione e rilascio di copie, con ampiezza diversa a seconda che si tratti di autorità e soggetti obbligati o di privati, a loro volta differenziati a seconda del soggetto da disvelare;
III) la decisione sulle richieste di accesso, a seconda dei diversi presupposti individuati dalla legge e, poi, dallo schema di decreto.

1.1. I suddetti segmenti essenziali sono così scomponibili e, naturalmente, il secondo e il terzo sono strettamente collegati.

1.2. La comunicazione al registro delle imprese (per il primo popolamento, per la sopravvenienza di nuovi clienti, a regime per le variazioni intervenute, per la conferma con cadenza annuale) dei dati e delle informazioni sulla titolarità effettiva, da parte dei soggetti clienti, già obbligati ad acquisirle sulla base di un obbligo di legge (art. 22, comma 2, del DA), mediante autocertificazione;
- l’eventuale indicazione delle ragioni di rischio che deriverebbero dal disvelamento dei dati, ai fini delle ipotesi eccezionali di diniego di accesso;
- l’inserimento dei suddetti dati e informazioni nella sezione autonoma e nella sezione speciale del registro delle imprese telematico, costituente una banca dati unica a livello nazionale, gestita da Infocamere;
- l’accertamento dell’inadempimento agli obblighi di comunicazione e l’eventuale irrogazione della sanzione.

1.3. La consultazione dei dati, con modalità informatiche dall’intero territorio nazionale, presuppone, secondo la terminologia utilizzata nello schema di decreto:

a) l’acquisizione di “credenziali” da parte delle Autorità, sulla base di una prima richiesta di accesso ai fini dell’individuazione del responsabile dell’Area Organizzativa Omogenea e, rispetto alle Autorità preposte al contrasto dell’evasione fiscale, una dichiarazione in ordine alla circostanza che l’accesso e la consultazione dei dati sono effettuati per i soli fini istituzionali;

b) l’“accreditamento” dei soggetti obbligati, ai fini della dimostrazione dell’appartenenza ad una o più categorie rientranti dell’art. 3 del DA, mediante autocertificazione;

c) l’“accreditamento” del “pubblico”, che voglia accedere ai dati e alle informazioni sulla titolarità effettiva delle imprese dotate di personalità giuridica e delle persone giuridiche private, mediante l’ordinaria modalità di accesso prevista dal gestore del registro delle imprese;

d) una richiesta motivata dei soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi diffusi, per accedere alle informazioni attinenti alla titolarità effettiva dei trust e istituti affini;
richiesta che attesti, mediante autocertificazione, la sussistenza dei presupposti previsti dalla legge, costituiti da un interesse giuridico rilevante e differenziato, diretto, concreto ed attuale per curare o difendere una situazione giuridicamente tutelata, unitamente a evidenze concrete e documentate della non corrispondenza tra titolarità effettiva e titolarità legale.

1.4. L’accertamento dell’adempimento o meno dell’obbligo di comunicazione e l’eventuale irrogazione della sanzione, la verifica dei presupposti all’accesso, variamente graduata a seconda dei soggetti richiedenti, la verifica della sussistenza o meno delle ragioni di rischio del disvelamento addotte dal controinteressato, costituiscono tutte “attività” che necessitano della esatta individuazione di un’autorità competente.

1.5 Osserva la Sezione che, dall’esame dello schema, come collegato con l’allegato, emergono delle criticità che si reputa opportuno sottoporre all’attenzione dell’Amministrazione.


2. Un primo profilo concerne l’attribuzione della competenza alle Camere di commercio.

Negli articoli dello schema, a volte si utilizza l’espressione “ Camera di commercio competente ” (es., art. 2, comma 3;
art. 7, comma 4), altre volte si utilizza il plurale “ le Camere di commercio ” (es., art. 4, comma 2;
art. 6, comma 3).

Da ciò si può desumere che l’attribuzione della competenza è riferita alla Camera di commercio territorialmente competente, posto che le camere di commercio, quali enti locali non territoriali, dotati di autonomia funzionale, sono distribuite sul territorio nazionale secondo circoscrizioni in rapporto al numero delle imprese presenti.

2.1. Si richiede all’Amministrazione di chiarire se questo fosse l’intendimento perseguito o se vi siano delle ragioni a supporto della mancata esplicita indicazione della competenza territoriale.


3. Un secondo profilo attiene al ruolo dell’ufficio del Registro delle imprese.

3.1. Coerentemente rispetto alle previsioni dell’art. 21 del DA, che fa riferimento al Registro delle imprese, lo schema di decreto individua nell’ufficio del Registro delle imprese il destinatario delle comunicazioni contenenti i dati e le informazioni sulla titolarità effettiva ai fini della conservazione nella sezione apposita e nella sezione speciale (art. 3), posto che il registro delle imprese “ è tenuto dall’ufficio ”, secondo quanto previsto dall’art. 2188 codice civile.

3.2. Si richiede alla Amministrazione di rappresentare le proprie eventuali valutazioni poste alla base della scelta di non fare riferimento all’ufficio nella fase decisoria e, in particolare, se le stesse attengono o meno all’esistenza di una specifica disciplina nell’ordinamento riguardante l’iscrizione, regolata da codice civile (artt. da 2188 a 2194) e dal d.P.R. n. 581 del 1995 (artt. 2, 7 e 11).


4. Un terzo profilo attiene al ruolo del gestore del servizio informativo nella verifica dei presupposti all’accesso, variamente graduata a seconda dei soggetti richiedenti.

4.1. Questo profilo, per come risulta dalle disposizioni dello schema integrate ed intrecciate con i corrispondenti paragrafi dell’allegato, è quello che presenta maggiori criticità.

4.2. In generale, può rilevarsi che - a prescindere da quelle attività automatiche propriamente collegate alla gestione di un sistema informativo, quali la ricevuta dell’avvenuta comunicazione - non risulta con chiarezza: a) se le competenze attribuite al gestore siano autonome, oppure se si inseriscano in un modello già in atto, entro il quale i controlli “formali” del gestore precedono quelli “sostanziali” della camera di commercio;
b) se siano o meno autonome tutte le volte che si sostanziano in controlli effettuabili direttamente dal gestore, sulla base di dati già inseriti nel sistema informativo e, quindi, con possibili mutamenti nel tempo a seconda dell’evoluzione e dell’approntamento di soluzioni tecnologicamente avanzate.

4.3. Va premesso che questo profilo emerge trasversalmente in riferimento alle autocertificazioni, e per tale motivo si procederà, a titolo esemplificativo, all’enucleazioni di alcune ipotesi in cui tali criticità sembrano emergere.


4.4. Comunicazione dei dati e controlli.

4.4.1. Dalle previsioni dell’allegato tecnico (§ 2.1. e 2.2.) in rapporto all’art. 3 dello schema, sembra potersi evincere che l’Amministrazione ha richiamato modalità diverse: da un lato, per le imprese con personalità giuridica;
dall’altro, per le persone giuridiche private e i trust . Infatti, nonostante per entrambe le partizioni si richiami quale modalità la “ comunicazione unica di impresa ”, esplicitamente per la prima, ed implicitamente per la seconda (attraverso il richiamo del decreto del Ministro dello sviluppo economico 2 novembre 2007), poi si distingue: - per la prima si richiama il d.P.c.m. 6 maggio 2009, emanato ai sensi dell’art. 9, comma 7, del d. l. n. 7 del 2007, che contiene le regole tecniche per l’attuazione della comunicazione unica, seguito dal decreto direttoriale del Ministero dello sviluppo economico 19 novembre 2009;
- per la seconda si richiama l’originario modello di comunicazione unica di cui al d.m. del 2 novembre 2007 citato (cit.), sempre emanato ai sensi dell’art. 9, comma 7, cit.

4.4.2. Se si è correttamente intesa la previsione dell’allegato, sarebbe necessaria una distinzione chiara, da prevedersi nello schema di decreto, mediante il diretto richiamo delle disposizioni applicative di rango secondario, già esistenti nell’ordinamento, salva l’introduzione di qualche necessaria e giustificata diversità.

4.4.3. Invece, l’Amministrazione ha adottato una tecnica redazionale fonte di possibili incertezze applicative, prevedendo nell’allegato una serie di disposizioni di dettaglio, chiaramente applicative (il riferimento è ai periodi terzo e dal quinto al settimo del § 2.1., nonché ai periodi dal terzo al sesto del § 2.2.), senza esplicitare se sono state riprese, riproducendole, dalle norme secondarie richiamate in generale e dalle rispettive specifiche tecniche, oppure dalla disciplina generale che deriva dal codice dell’amministrazione digitale, o se, invece, si tratta di disposizioni particolari per l’attuazione in argomento.

4.4.4. Inoltre, nello schema di decreto si prevede l’autocertificazione per la comunicazione dei dati (art. 3, comma 7) ed il controllo formale in capo alla camera di commercio (art. 4, comma 2, secondo periodo), mentre dall’allegato, stante il rinvio al d.P.c.m. 6 maggio 2009, sembra emergere un controllo formale effettuato dal sistema informatico (cfr. art. 10 del d.P.c.m.).


4.5. Accreditamento delle autorità.

4.5.1. Le modalità attraverso cui tutte le informazioni sono rese tempestivamente accessibili alle autorità risultano dalla integrazione dell’art. 5 dello schema di decreto con i paragrafi 4.1. e 5.1 dell’allegato. Come si vedrà meglio nello scrutinio specifico dell’art. 5, secondo le previsioni dell’allegato, presupposto per l’accesso è l’acquisizione delle credenziali e, a tal fine, nella prima richiesta di accesso, è necessario che sia individuato il responsabile dell’Area Organizzativa Omogenea. Inoltre, per le autorità preposte al contrasto dell’evasione fiscale, l’allegato ha previsto, come modalità necessaria, la dichiarazione da parte dell’Autorità richiedente in ordine alla circostanza che l’accesso e la consultazione dei dati sono effettuati per i soli fini istituzionali. Infine, l’accesso è consentito tramite il sito internet, o tramite cooperazione applicativa attraverso servizi standard, o attraverso servizi evoluti di consultazione, previa convenzione con il gestore, secondo standard e criteri di sicurezza e di gestione, ai sensi dell’art. 60, comma 2– bis , del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (Codice Amministrazione Digitale).

4.5.2. Sempre dall’allegato (§ 4.1., secondo periodo) risultano controlli formali in ordine alla corrispondenza tra il soggetto richiedente e l’autorità di riferimento e si richiama l’esito positivo di tale controllo formale (§ 5.1., primo periodo) come presupposto per l’accesso alla consultazione.

4.5.3. Si è in presenza, quindi, di controlli previsti come formali, ma manca ogni riferimento al soggetto competente ad effettuarli. In ipotesi, potrebbero essere attribuibili al gestore se, come sembra, si tratta di verifiche e riscontri sulla base di dati rinvenibili nel sistema informativo, nell’ambito dell’accesso regolamentato come “ senza alcuna restrizione ”. Questo controllo formale si coniugherebbe – secondo le ipotesi contemplate dallo schema e dall’allegato - con l’omessa previsione della richiesta proveniente dall’autorità giudiziaria sulla base delle proprie attribuzioni e con la mera dichiarazione di intenti richiesta alle autorità di contrasto dell’evasione.

4.5.4. Invece, sarebbe incompatibile con una richiesta specifica dell’autorità giudiziaria fatta di volta in volta sulla base delle proprie attribuzioni e con una richiesta mirata da parte delle autorità di contrasto all’evasione, secondo le criticità rilevate nel prosieguo (cfr. osservazioni specifiche sull’art. 5).

4.5.5. Si ritiene, pertanto, opportuno che l’Amministrazione fornisca al riguardo gli opportuni chiarimenti.


4.6. Accreditamento e comunicazioni da parte dei soggetti obbligati

4.6.1. Si tratta della consultazione della sezione autonoma e della sezione speciale, contenenti i dati sulla titolarità effettiva dei clienti, consentita, previo accreditamento, a quei soggetti obbligati (tutti quelli dell’art. 3 del DA) che devono fare la verifica del cliente a fini di antiriciclaggio.

La consultazione avviene tramite il sistema di gestione dei soggetti accreditati reso disponibile dal gestore.

L’art. 6 dello schema di decreto è caratterizzato da molteplici rinvii all’allegato tecnico (§ 4.2., 4.2.1. e parte VI)

Secondo il testo risultante dallo schema di decreto, l’accreditamento (comma 2) al sistema presuppone l’autocertificazione (comma 1), ai sensi degli artt. 46 e 47 del d.P.R. n. 445 del 2000, del soggetto obbligato in ordine alla appartenenza ad una o più categorie previste dall’art. 3 del DA. Su tali autocertificazioni è previsto il controllo delle camere di commercio (comma 3, primo periodo ).

Nell’allegato è previsto (§ 4.2., terzultimo periodo) che le autorità di vigilanza di settore [art. 1, comma 2, lett. c), del DA] e gli organismi di autoregolamentazione [art. 1, comma 2, lett. aa), del DA] su richiesta della camera di commercio, forniscono informazioni utili per l’espletamento del controllo, anche mediante la stipula di apposite convenzioni.

Secondo il testo risultante dallo schema di decreto (comma 4), il soggetto obbligato, con comunicazione al gestore, segnala le eventuali incongruenze rilevate tra le risultanze dei dati contenuti nelle sezioni del registro consultate e le risultanze ottenute nell’ambito della autonoma verifica della clientela cui è tenuto.

Nell’allegato (parte VI, secondo periodo) è previsto che i soggetti obbligati effettuino tale segnalazione con apposita autocertificazione, ai sensi degli artt. 46 e 47 del d.P.R. n. 445 del 2000.

4.6.2. Anche in questo caso emerge una ambiguità nella attribuzione delle competenze. Infatti, da un lato, è chiara la spettanza alla camera di commercio del controllo ai fini dell’accreditamento, anche in considerazione della possibilità che la stessa – secondo una prescrizione prevista nell’allegato – coinvolga le autorità di vigilanza;
dall’altro, non è altrettanto inequivocabile il ruolo del gestore, cui pure sono espressamente dirette le comunicazioni, con autocertificazione, delle difformità eventualmente riscontrate dal soggetto obbligato tra i dati risultanti dalla propria verifica e i dati rinvenuti nella sezione del registro.

Si ritiene, pertanto, opportuno che l’Amministrazione fornisca al riguardo gli opportuni chiarimenti.


4.7. Accesso da parte di altri soggetti

4.7.1. L’accesso da parte di altri soggetti, come disciplinato dall’art. 7 dello schema di decreto e dai relativi paragrafi dell’allegato (§ 4.3., 4.4., 5.3. e 5.4.), è quello dove con più evidenza emerge la mancanza di chiarezza in ordine all’attribuzione delle competenze tra camera di commercio e gestore.

Tuttavia, in ragione delle criticità che questo articolo presenta anche in ordine alla regolamentazione dell’accesso e del procedimento, l’esame e le osservazioni si completano con quelle che saranno svolte nella specifica trattazione dell’art. 7.

4.7.2. Con riguardo all’accesso del “ pubblico ” per conoscere i dati e le informazioni, inerenti la titolarità effettiva delle imprese dotate di personalità giuridica e delle persone giuridiche private, presenti nell’apposita sezione del registro delle imprese, l’art. 7, comma 1, dello schema e l’allegato (§ 4.3. e 5.3., primo periodo), premesso che non occorre il preventivo accreditamento al portale, rinviano alle ordinarie modalità di accesso previste dal gestore per il registro delle imprese ed in vigore all’emanazione del decreto.

4.7.2.1. La Sezione rileva l’indeterminatezza del rinvio effettuato, dal quale non emerge se qualunque controllo, anche solamente rivolto alla identificazione del soggetto richiedente l’accesso, sia o meno attribuito in via esclusiva al gestore o se si tratta di controlli “formali” del gestore che precedono quelli “sostanziali” della camera di commercio.

Tale indeterminatezza rileva, tanto più, la sua criticità se si considera che, pur trattandosi di accesso in linea di principio libero, può essere negato in casi eccezionali, qualora la società oggetto di disvelamento avesse rappresentato un rischio apprezzabile nella divulgazione dei propri dati da valutare ai fini dei casi di eccezionale diniego all’accesso da parte dell’organo competente.

4.7.3. Con riguardo all’accesso dei soggetti “privati, compresi quelli portatori di interessi diffusi”, per conoscere i dati e le informazioni attinenti alla titolarità effettiva dei trust e degli istituti affini di interesse, presenti nella sezione speciale del registro delle imprese, dall’art. 7 dello schema (commi 2 e 3) e dall’allegato richiamato (4.4. e 5.4.) emerge la sovrapposizione tra accreditamento al portale e richiesta motivata di accesso e la decisione è riferita alla sola richiesta di accreditamento (comma 2).

Peraltro, l’unica previsione nella quale si richiama la camera di commercio (comma 4) contiene solamente un criterio di decisione - individuato nel principio di proporzionalità e nel grado del rischio rappresentato - valevole unicamente per le ipotesi eccezionali in cui l’accesso può essere negato alle richieste del “ pubblico ” e dei “ privati, compresi quelli portatori di interessi diffusi ”, in presenza di circostanze eccezionali di rischio che deriverebbero dal disvelamento dei dati, rappresentate dal controinteressato al momento della comunicazione dei dati al registro.

4.7.3.1. In definitiva, si è in presenza di una indeterminatezza del soggetto competente all’accreditamento e alla decisione sull’accesso, sul quale si tornerà nello scrutinio specifico dell’art. 7, rilevando profili attinenti alla mancata autonoma valutazione dell’interesse all’accesso e alla necessità di provvedimenti motivati.

4.7.4. Anche su questi profili, si reputa opportuno che l’Amministrazione esprima chiarimenti e valutazioni.


I diritti di segreteria

1. Lo schema di decreto ha dapprima dettato una disposizione di carattere generale (art. 2, comma 1, secondo periodo) in ordine alle “ modalità di rilascio di certificati e copie relativi alle informazioni sulla titolarità effettiva consultabili nell'apposita sezione del Registro delle imprese ”;
poi, ha dettato disposizioni concernenti i diritti di segreteria dovuti: a) dai soggetti che effettuano la comunicazione di dati e informazioni (art. 3, comma 6);
b) dai soggetti obbligati (art. 6, comma 2, parte finale primo periodo;
c) da parte di altri soggetti (art. 7, comma 1, primo periodo;
comma 2, primo periodo;
comma 5).

2. La Sezione – anche prescindendo dalla scelta effettuata dall’Amministrazione di frammentare le disposizioni normative attinenti alla stessa materia e dalla diversità della terminologia usata – rileva alcune criticità.

3. La prima è data dalla considerazione che le disposizioni dello schema richiamate si limitano, oltre che a ribadire l’obbligo in capo ai soggetti obbligati, al mero rinvio a norme esistenti nell’ordinamento, costituite dall’art. 18 della l. n. 580 del 1993 e dall’art. 24 del d.P.R. n. 581 del 1995. La stessa tecnica normativa è utilizzata nell’allegato, che si occupa dei diritti di segreteria nella parte V.

3.1. Secondo la valutazione cui è pervenuta la Sezione, le disposizioni dello schema non aggiungono nulla a quanto risulta già previsto dall’art. 21 del DA, che pone l’obbligo in capo ai soggetti ed individua i diritti di segreteria mediante il richiamo all’art. 18 cit.;
di conseguenza, le disposizioni in argomento non appaiono avere natura di disposizioni di attuazione.

4. La seconda criticità è data dalla considerazione che le norme, alle quali rinviano l’art. 21 del DA e lo schema, non consentono di individuare chiaramente la disciplina dei diritti di segreteria per copie e certificazioni applicabile alle fattispecie che vengono in questione con l’istituzione di nuove sezioni nel registro delle imprese. Infatti, l’art. 18 cit., nell’ambito della materia del finanziamento delle camere di commercio, demanda ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, di stabilire le “ voci e gli importi dei diritti di segreteria sull’attività certificativa… e sulla iscrizione in ruoli, elenchi, registri e albi ” oltre alle tariffe relative ai servizi obbligatori. Tale decreto – tra l’altro non reperibile nelle fonti – non è individuato neanche nella relazione.

5. La terza criticità concerne un profilo interpretativo dell’art. 21, comma 6, del DA.

Dalla lettera della disposizione in argomento sembra potersi ricavare che i diritti di segreteria, dovuti per gli adempimenti ivi regolati, debbano essere individuati, oltre che modificati e maggiorati nel rispetto dei costi standard, da un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze;
e, quindi, da un apposito decreto da emanarsi. Si intende riferirsi alla parte della norma, secondo cui “ I diritti di segreteria…sono stabiliti…con le modalità di cui all’art. 18 …”, dove l’art. 18 è richiamato solo per le modalità e non per richiamare il decreto ministeriale emanato sulla base dello stesso e, peraltro, non indicato.

6. Sui profili suddetti si chiede all’Amministrazione di esprimere le proprie valutazioni.


Considerato, rispetto ai profili che riguardano le singole disposizioni

Art. 2 (Ambito di applicazione e finalità)

1. La Sezione rileva la non omogeneità del contenuto dell’articolo tra il comma 1 primo periodo, che individua l’oggetto, e le restanti disposizioni.

1.1. Come si è detto, il comma 1, secondo periodo, è strettamente collegato ai diritti di segreteria.

1.2. Il comma 2 concerne la limitazione temporale della conservazione dei dati, in conformità al Regolamento (UE) 2016/679 - sul quale si è espresso positivamente il Garante per la protezione dei dati personali nel proprio parere – e stabilisce la decorrenza del termine.

1.3. Il comma 3 individua nella Camera di commercio competente il titolare del trattamento dei dati e delle informazioni acquisiti con il decreto, i quali confluiscono nella apposita sezione e nella sezione speciale istituite nel registro delle imprese.

2. Poiché i commi 2 e 3 attengono al trattamento dei dati e delle informazioni, appare evidente il collegamento con l’art. 10, attinente alla sicurezza del trattamento, anche rispetto alla delimitazione dei soggetti autorizzati dalla camera di commercio ad avere accesso ai dati sensibili attinenti al rischio rappresentato dai controinteressati.

2.1. Pertanto, si chiede all’Amministrazione di esplicitare le ragioni che ne hanno suggerito una diversa collocazione.


Art. 3 (Modalità e termini della comunicazione e conferma dei dati e delle informazioni sulla titolarità effettiva)

1. Nello schema di decreto (art. 3, commi da 1 a 5), l’obbligo della comunicazione è individuato: a) con data fissa (30 aprile 2021), finalizzata al popolamento iniziale;
b) con termine, 30 giorni, decorrente dalla costituzione, per i soggetti sorti successivamente alla data del popolamento iniziale;
c) con termine, 30 giorni, decorrente dall’atto che ha determinato la variazione dei dati e delle informazioni, a regime;
d) con cadenza annuale, la conferma dei dati.

2. Nella relazione si afferma che tali termini sono perentori.

3. Rileva la Sezione che nell’art. 21 del DA, che costituisce la fonte del potere regolamentare esercitato con il decreto ministeriale, non si rinviene alcuna esplicita previsione concernente la perentorietà dei termini. Perentorietà che, naturalmente, rileva ai fini della sanzione per l’inadempimento, regolata nell’art. 4, comma 2, dello schema di decreto, a prescindere di quanto si dirà specificamente in ordine a tale ultima previsione.

4. Al fine di pervenire ad una più chiara comprensione delle ragioni poste dall’Amministrazione alla base della ritenuta perentorietà, si richiede una esplicitazione su tale rilevante profilo.

4.1. Nello spirito di collaborazione, si chiede una riflessione sul se il carattere perentorio dei termini possa sistematicamente desumersi dall’art. 21, comma 1, u.p. e comma 3, u.p., dove, con identica previsione, si ricomprende l’omessa comunicazione, di dati e informazioni concernenti la titolarità effettiva, tra le omissioni di comunicazioni punite dall’art. 2630 codice civile, in ragione della struttura della contravvenzione richiamata, la cui forma omissiva presuppone l’individuazione di un termine da parte del legislatore.

4.1.1. In definitiva, se sia sostenibile la tesi che, con la disposizione contenuta nell’art. 21, il legislatore, individuando la medesima sanzione prevista dall’art. 2630 codice civile, che presuppone come perentorio il termine individuato per le comunicazioni presso il registro delle imprese, abbia implicitamente affermato il carattere perentorio del termine, anche se non lo ha direttamente fissato, demandandone la fissazione al decreto ministeriale con il comma 5, lett. a).

5. Con l’occasione, si segnala che il termine previsto per la prima comunicazione è irrealistico;
inoltre, lo stesso andrebbe raccordato con le previsioni dell’art. 10 dello schema, secondo le quali per l’operatività del registro, con trattamento dei dati, è necessario un disciplinare tecnico, da predisporsi da parte del gestore e da sottoporsi alla verifica preventiva del Garante per la protezione dei dati personali.

6. Sotto altro profilo, si rileva che, in presenza di un obbligo a regime di comunicare le variazioni rispetto alla comunicazione iniziale, la previsione della conferma annuale dovrebbe decorrere dall’ultima variazione comunicata;
ma tale precisazione non emerge dall’art. 3 dello schema, né dall’allegato.

7. Con riferimento, all’art. 3, comma 7, dello schema, si osserva che l’Amministrazione non ha tenuto conto, senza fornire alcun chiarimento e motivazione nella relazione, dell’osservazione del Garante per la protezione dei dati personali, secondo la quale, in riferimento alla previsione di “ogni documentazione utile a comprova”, sarebbe necessario minimizzare i dati da acquisire a quelli assolutamente necessari.


Art. 4 (Dati e informazioni oggetto di comunicazione)

1. Lo schema di decreto, al comma 2, primo periodo, prevede il potere delle Camere di commercio di accertare e contestare la violazione dell’obbligo di comunicazione dei dati e delle informazioni (di cui all’art. 3) e di irrogare la relativa sanzione amministrativa, ai sensi dell’art. 2630 codice civile, secondo le disposizioni di cui alla l. n. 689 del 1981.

2. Rileva la Sezione che nell’art. 21 del DA, nel suo complesso e nel comma 5, non si rinviene una disposizione esplicita che fondi il potere regolamentare dei Ministri concertanti rispetto a disposizioni attuative del procedimento per l’accertamento del mancato rispetto dell’obbligo di comunicazione e per l’irrogazione della sanzione.

3. Al fine di pervenire ad una comprensione delle ragioni poste dall’Amministrazione alla base della disposizione dello schema in argomento, si richiede una esplicitazione su tale rilevante profilo.

3.1. Nello spirito di collaborazione, si chiede una riflessione sul se il fondamento legislativo possa desumersi implicitamente dall’art. 21 cit., sulla base di una interpretazione sistematica, anche alla luce delle previsioni cogenti della direttiva europea.

4. L’art. 21 del DA, mediante una formulazione identica rispetto alle comunicazioni che riguardano le imprese con personalità giuridica e le persone giuridiche private (comma 1, u.p.), e i trust e gli istituti affini (comma 3, u.p.), così dispone: “ l’omessa comunicazione delle informazioni sul titolare effettivo è punita con la medesima sanzione di cui all’art. 2630 del codice civile ”.

Lo stesso articolo, con il comma 5, lett. a), demanda al decreto ministeriale l’emanazione di norme attuative, così testualmente disponendo: “ a) i dati e le informazioni sulla titolarità effettiva delle imprese dotate di personalità giuridica, delle persone giuridiche private e dei trust e degli istituti giuridici affini, stabiliti o residenti sul territorio della Repubblica italiana da comunicare al Registro delle imprese nonché le modalità e i termini entro cui effettuare la comunicazione; ”.

Con tale disposizione, si richiama il soggetto destinatario delle comunicazioni – già individuato dall’art. 21, comma 1, nel Registro delle imprese – e si fonda il potere dell’Amministrazione di individuare modalità e termini dell’obbligo di comunicazione previsto dalla legge.

4.1. La direttiva, nel § 1 dell’art. 30 e dell’art. 31, così dispone: “ gli Stati membri garantiscono che le violazioni del presente articolo siano soggette a misure o sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive ”.

4.2. In definitiva, si potrebbe sostenere che la legge individua il destinatario degli obblighi di comunicazione nel registro delle imprese, che è tenuto dalla camera di commercio, e demanda alle norme attuative la fissazione di modalità e termini entro cui effettuare le comunicazioni;
inoltre, individua nell’omessa comunicazione il comportamento rilevante ai fini della sanzione, richiamando l’art. 2630 codice civile. Poiché il procedimento tende naturalmente ad una conclusione con l’accertamento o meno della violazione, se non si rinvenisse il fondamento legislativo al potere di accertare e irrogare la sanzione, il procedimento stesso rimarrebbe monco, perché privo della sua conclusione e, tanto, in contrasto con la direttiva, secondo la quale gli Stati membri garantiscono che le violazioni siano soggette a misure o sanzioni.


Art. 5 (Accesso da parte delle autorità)

1. Lo schema di decreto contiene una disposizione finalistica. Infatti, rinviando all’allegato, dispone: a) che le modalità di accesso garantiscano l’univoca individuazione dell’unità organizzativa responsabile dell’autorità richiedente;
b) che, per le autorità preposte al contrasto dell’evasione fiscale, le modalità di accesso garantiscano l’utilizzo dei dati e informazioni per tale finalità di contrasto.

1.1. Secondo le previsioni dell’allegato - che in questo caso hanno natura prescrittiva e avrebbero trovato migliore collocazione nello schema di decreto – presupposto per l’accesso è l’acquisizione delle credenziali e, a tal fine, nella prima richiesta di accesso, è necessario che sia individuato il responsabile dell’Area Organizzativa Omogenea.

2. Va premesso, con riferimento alla individuazione delle Autorità, che non c’è identità tra la disposizione legislativa fondante il potere ministeriale di emanare norme di attuazione (art. 21, comma 5, del DA) e la individuazione delle autorità fatta dallo stesso articolo, con gli elenchi nei commi 2 e 4, rispettivamente, per l’accesso verso le società e simili e verso trust e affini, dove gli elenchi sono più ampi rispetto alla sola lett. a) richiamata nell’art. 21, comma 5.

2.1. L’art. 5 dello schema individua le Autorità richiamando l’art. 21, commi 2 e 4, e le relative lettere.

Tuttavia, non si ravvisa una violazione della disposizione di legge (comma 5, lett. a) fondante il potere regolamentare, apparendo esistente, piuttosto, un difetto di coordinamento tra il comma 5, lett. a), e gli altri commi dell’art. 21. Tanto, anche sulla base della ratio , quale emerge dalla direttiva comunitaria.

Secondo la direttiva, infatti, gli Stati assicurano che le autorità competenti e le FIU abbiano prontamente accesso alle informazioni, provvedono affinché le informazioni siano accessibili in ogni caso, senza alcuna restrizione [art. 30 § 2 e 5, lett. a);
art. 31 § 3 e 4, lett. a)] con formulazione identica tra accesso verso società e affini e verso trust e affini.

3. Inoltre, rileva la Sezione che dalle disposizioni attuative, come risultanti dall’allegato, emerge la mancata considerazione di un profilo applicativo rispetto all’ipotesi che l’accesso sia richiesto dalla autorità giudiziaria.

In tal caso, infatti, appare non applicabile la previsione che, nella prima richiesta di accesso, sia individuato il responsabile dell’Area Organizzativa Omogenea;
così come appare non applicabile la previsione di una “ prima richiesta di accesso ” una volta per tutte.

3.1. In proposito, l’art. 21 cit. richiede una richiesta proveniente dall’autorità giudiziaria, “ conformemente alle proprie attribuzioni istituzionali ” (comma 2, lett. c), con l’aggiunta “ previste dall’ordinamento vigente ” (comma 4, lett. b).

3.2. Pertanto, si chiede all’Amministrazione di far conoscere le proprie determinazioni al riguardo.

4. La Sezione, infine, ravvisa un profilo di maggiore criticità rispetto alla richiesta di accesso proveniente dalle Autorità preposte al contrasto dell’evasione fiscale.

4.1. L’allegato ha previsto, come modalità necessaria, la dichiarazione da parte dell’Autorità richiedente in ordine alla circostanza che l’accesso e la consultazione dei dati sono effettuati per i soli fini istituzionali. In definitiva, appare ritenuta necessaria una mera dichiarazione di intenti.

4.2. Rileva la Sezione che la disposizione legislativa che fonda il potere regolamentare sembra richiedere di più di una semplice dichiarazione di intenti.

Infatti, con formulazione identica per l’accesso verso le società e verso i trust - art. 21, comma 2, lett. d), e comma 4, lett. c) – alle Autorità di contrasto all’evasione l’accesso è consentito “ secondo modalità…idonee a garantire il perseguimento di tale finalità ”. Sembra richiesta, pertanto, la specifica individuazione di modalità idonee ad assicurare l’accesso e la consultazione dei dati e delle informazioni sulla titolarità effettiva per i soli fini istituzionali.

4.2.1. Queste considerazioni appaiono suffragate da un dato di tecnica legislativa. Nell’ipotesi in argomento, il legislatore ha previsto il potere regolamentare concertato in autonomi commi, diversi dal comma 5 e non ha semplicemente richiamato il comma 5, come, invece, ha fatto rispetto ad un’altra ipotesi relativa alla pubblicazione dei dati statistici [art. 21, comma 2, lett. f), u.p. e comma 4, lett. d- bis ), u.p.].

4.3. Anche su questo profilo, si chiede all’Amministrazione di far conoscere le proprie determinazioni.


Art. 6 (Accreditamento e consultazione da parte dei soggetti obbligati)

1. Secondo quanto previsto nello schema di decreto (comma 3), i soggetti obbligati accreditati sono obbligati a comunicare al gestore, entro 10 giorni, le modifiche – evidentemente di categoria - o la cessazione dello status di soggetto obbligato.

Nel comma 2 si prevede una durata annuale dell’accesso accordato al soggetto obbligato accreditato, decorrente dal primo accreditamento o da quella del suo rinnovo, il quale, in ipotesi, potrebbe avvenire immediatamente prima della scadenza per evitare soluzioni di continuità o, eventualmente, dopo.

2. Rileva la Sezione che nella relazione l’Amministrazione non si sofferma sulla ratio della previsione della durata annuale dell’accesso.

2.1. La ratio sembra potersi rinvenire nella sfiducia in ordine al rispetto dell’obbligo di comunicare le variazioni da parte dei soggetti obbligati e, da tale prospettiva, costituirebbe una utile misura precauzionale per evitare che soggetti accreditati, non aventi più i requisiti, continuino ad avere accesso ai dati e alle informazioni sulla titolarità effettiva.

2.2. Tuttavia, poiché potrebbe costituire un inutile aggravio del procedimento, si chiede all’Amministrazione di rendere palesi le proprie valutazioni.


Art. 7 (Consultazione da parte di altri soggetti)

1. Con riguardo all’accesso dei soggetti “privati, compresi quelli portatori di interessi diffusi”, volto a conoscere i dati e le informazioni presenti nella sezione speciale del registro delle imprese ed attinenti alla titolarità effettiva dei trust e degli istituti affini, questo articolo dello schema presenta criticità in ordine alla regolamentazione dell’accesso e alla disciplina del procedimento di decisione.

2. La legge (art. 21, comma 4, lett. d- bis , primi due periodi) riconosce a questi soggetti il diritto all’accesso a condizione che siano: “ titolari di un interesse giuridico rilevante e differenziato, nei casi in cui la conoscenza della titolarità effettiva sia necessaria per curare o difendere un interesse corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata, qualora abbiano evidenze concrete e documentate della non corrispondenza tra titolarità effettiva e titolarità legale. L'interesse deve essere diretto, concreto ed attuale e, nel caso di enti rappresentativi di interessi diffusi, non deve coincidere con l'interesse di singoli appartenenti alla categoria rappresentata .”.

2.1. Lo schema del decreto (comma 2, primo periodo), nell’individuare le modalità di accesso, prevede una “ una richiesta motivata che attesti la sussistenza dei presupposti di cui alla medesima lettera d-bis), primo e secondo periodo, secondo le modalità di cui al punto 4.4. dell'allegato tecnico”.

2.2. L’allegato richiamato, “ ai fini dell'accreditamento ”, prevede “ una richiesta motivata di accreditamento al Portale, presentando apposita autodichiarazione ai sensi degli artt. 46 e 47 del DP.R. 445/2000, che attesti, la sussistenza dei presupposti di cui all'art. 21, comma 4, lettera d-bis), primo e secondo periodo, del Decreto Antiriciclaggio”. Quindi, procede ad elencare i contenuti dell’autodichiarazione.

Questi (pag. 7 dell’allegato), sino alla lett. c ii) possono ricondursi all’identificazione del soggetto richiedente l’accesso e all’identificazione del trust o affine per il quale l’accesso si chiede e, quindi, ai requisiti soggettivi e oggettivi per poter chiedere l’accesso.

Per il resto, dalla lett. c iii) alla lett. e), attengono a quanto il richiedente deve dedurre affinché possa essere apprezzata la presenza o meno, oltre che, eventualmente, della effettiva rappresentatività di interessi diffusi, delle condizioni per poter essere autorizzato all’accesso previste dalla legge.

All’evidenza, queste condizioni non possono essere oggetto di autocertificazione, costituendo il nucleo centrale della decisione sul diritto all’accesso, prima da parte dell’Amministrazione ed, eventualmente, in sede giurisdizionale.

3. Rileva la Sezione che lo schema di decreto e le relative parti dell’allegato, accomunando l’identificazione dei soggetti richiedenti l’accesso con l’interesse a supporto della richiesta, si potrebbero porre in contrasto con la disciplina legislativa che ha subordinato l’accesso, ai soggetti legittimati e verso alcuni soggetti da disvelare, alla sussistenza di un interesse connotato da particolari requisiti (art. 21, comma 4, lett. d- bis , primi due periodi). Inoltre, si potrebbero porre in contrasto con la disposizione che è fonte del potere regolamentare, atteso che, ai sensi dell’art. 21, comma 5, lett. d), l’amministrazione dovrà individuare il soggetto competente a “ valutare la sussistenza dell’interesse all’accesso in capo ai soggetti di cui al comma 4, lett. d-bis) ”.

In definitiva, si è finito per dettare una disciplina analoga a quella dell’accesso per la consultazione da parte dei soggetti obbligati, dove – nel contesto di un accesso libero per il quale non è necessario dimostrare la sussistenza di un interesse differenziato, concreto ed attuale – l’accreditamento è volto solo alla verifica dell’appartenenza del richiedente ad una o più categorie dell’art. 3 del DA.

Invece, sarebbe stato necessario distinguere, ai fini della decisione sulla richiesta di accreditamento, le ragioni a sostegno della richiesta di accesso.

In tale ambito si porrebbe la problematica, già individuata nei profili trasversali, dell’attribuzione al gestore di eventuali controlli in ordine alla identificazione, chiarendo se in via esclusiva o nell’ambito di un successivo controllo sostanziale da parte della camera di commercio.

4. Le considerazioni che precedono si collegano strettamente ad un’altra criticità, che attiene alla disciplina del procedimento per la decisione sull’accesso.

4.1. L’art. 7, comma 2, secondo periodo, dello schema, così dispone “ Al richiedente viene inviata una comunicazione via PEC contenente l'accettazione o il diniego della richiesta di accreditamento entro il termine di quindici giorni. In mancanza di comunicazione, la richiesta si intende respinta. Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 e i relativi regolamenti attuativi. ”.

4.2. L’Amministrazione, quindi, dopo aver fatto coincidere la richiesta di accreditamento al sistema di gestione con la richiesta di accesso alle informazioni - la quale, invece, secondo la legge non è libera, ma subordinata all’accertamento dell’esistenza dell’interesse - l’ha disciplinata unitariamente come decisione, anche mediante silenzio/rigetto, sull’accreditamento, richiamando nell’allegato (§ 5.4. che rinvia § 4.4. ultimo periodo) quell’autodichiarazione contenente insieme richiesta di accreditamento e deduzioni dell’interesse all’accesso.

5. Un difetto di regolamentazione del procedimento per la decisione sull’accesso è ravvisabile anche in riferimento ad un’altra fattispecie (art. 21, comma 2, lett. f, terzo periodo, e art. 21, comma 4, lett. d- bis , terzo periodo).

Si tratta di quelle ipotesi in cui, a fronte di richieste di accesso - sia nei confronti delle imprese con personalità giuridica e delle persone giuridiche private, sia nei confronti dei trust e affini – rispettivamente avanzate dal “ pubblico ” o dai soggetti “ privati, anche portatori di interessi diffusi ”, il controinteressato (al momento della comunicazione dei dati al registro) ha rappresentato circostanze eccezionali di rischio che deriverebbero dal disvelamento dei dati, sulle quali può fondarsi un eccezionale diniego all’accesso.

5.1. In questi casi, lo schema di decreto (comma 4) si è limitato ad indicare la camera di commercio competente, quale soggetto che decide, e ad individuare, per di più genericamente senza richiedere una dettagliata valutazione delle circostanze eccezionali addotte, un criterio di decisione nel principio di proporzionalità e nel grado del rischio rappresentato.

5.2. Peraltro, venendo in rilievo potenziali lesioni di diritti fondamentali dei titolari effettivi derivanti dall’ostensione, sarebbe stato necessario il coinvolgimento espresso dei controinteressati nella decisione in ordine alla ricorrenza dei casi eccezionali di diniego all’accesso. Invece, anziché una espressa previsione in tal senso nello schema di decreto, si rinviene nell’allegato (§ 2.1., quarto periodo) una disposizione del tipo applicativo, che prevede l’indicazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata da parte di chi, nel comunicare i dati, rappresenti ragioni di rischio da valutare ai fini dell’eccezionale diniego di accesso, e rinvia all’art. 7, comma 4, dello schema, dove tale coinvolgimento non è invece previsto.

5.2.1. In proposito, va messo in rilievo che il Garante, nel proprio parere, ha positivamente valutato l’introduzione – sulla base delle proprie osservazioni sviluppate nel corso delle interlocuzioni intercorse – di una procedura che consentisse il coinvolgimento dei controinteressati nel procedimento di ostensione in questi casi eccezionali. Atteso che tale coinvolgimento non risulta dallo schema di decreto, si può ipotizzare che lo stesso sia stato omesso nella redazione finale dello schema di decreto per mero errore materiale, oppure che il Garante abbia inteso fare riferimento alla inidonea previsione contenuta nell’allegato, della quale si è detto.

5.3. Rispetto a queste fattispecie, la Sezione ritiene opportuno mettere in risalto un altro profilo di rilievo comunitario. Si tratta dell’individuazione dei soggetti nei confronti dei quali i controinteressati possano addurre rischi eccezionali, con il fine di ottenere un diniego all’ostensione dei dati sulla propria titolarità effettiva.

5.3.1. Dallo schema di decreto risulta chiaramente che, in conformità alle previsioni dell’art. 21 del DA, le eccezionali ragioni di rischio sono opponibili solo all’ostensione chiesta dal “pubblico” e dai soggetti “privati, anche portatori di interessi diffusi”.

5.3.2. Dalla direttiva risulta chiaramente che tali eccezionali deroghe non sono opponibili nei confronti delle Autorità competenti e delle FIU;
mentre si ammette l’opponibilità nei confronti di alcune categorie di soggetti obbligati. Tanto risulta chiaramente sia nell’art. 30 che nell’art. 31 (cfr. art. 30, § 9, comma 2;
art. 31, § 7- bis , comma 2). In definitiva, è esclusa l’opponibilità rispetto agli enti creditizi, istituti finanziari e a quei soggetti, quali i notai, che sono funzionari pubblici, mentre si ammette rispetto agli altri soggetti risultanti dall’art. 2, § 1, punto 3), quali prestatori di servizi, agenti immobiliari ecc.

Il DA non ha recepito le suddette eccezioni alla non opponibilità, mantenendo la generale non opponibilità ai soggetti obbligati. Tanto non determina sicuramente un contrasto con la direttiva, posto che è rimessa agli Stati membri la possibilità di introdurre le deroghe eccezionali al diritto di accesso. Tuttavia, posto che risulta già all’attenzione della Corte di giustizia UE la tematica della opposizione all’accesso fatta valere dai controinteressati, si rimette alle scelte dell’Amministrazione l’opportunità di valutare se, sulla base di un’interpretazione della legge nazionale alla luce della direttiva, possa ammettersi l’opponibilità del rischio rispetto ad alcune categorie di soggetti obbligati individuate nell’art. 2, § 1, punto 3), della direttiva.

6. In entrambe le ipotesi trattate nei due paragrafi che precedono, dalla norma fondante il potere regolamentare discende, non solo l’obbligo di individuare il soggetto competente a pronunciare, ma anche l’obbligo di motivazione.

Infatti, ai sensi dell’art. 21, comma 5, lett. d), l’amministrazione dovrà individuare il soggetto competente “ a rilevare la ricorrenza delle cause di esclusione dell’accesso ” [il riferimento è all’art. 21, comma 2, lett. f), terzo periodo, nonché all’art 21, comma 4, lett. d- bis ), terzo periodo] e a “ valutare la sussistenza dell’interesse all’accesso in capo ai soggetti di cui al comma 4, lett. d-bis) ” [il riferimento è al primo e al secondo periodo].

6.1. La camera di commercio competente , quindi, si dovrà pronunciare con un provvedimento motivato, in ordine alla sussistenza o meno del rischio che deriverebbe dal disvelamento, rappresentato dal controinteressato, ai fini dell’esclusione eccezionale dell’accesso, e in ordine alla sussistenza o meno dell’interesse all’accesso, emergendo in entrambi i casi valori fondamentali, quali gli interessi pubblici perseguiti, anche attraverso l’accesso pubblico, e i diritti fondamentali delle persone interessate dalla divulgazione dei dati.

6.2. L’esigenza della motivazione emerge anche dalle disposizioni comunitarie.

In riferimento alle possibili eccezionali deroghe all’accesso, sia l’art. 30, § 9, primo comma, secondo periodo, sia l’art. 31, § 7- bis , secondo periodo, così dispongono: “ Gli Stati membri assicurano che tali deroghe siano concesse previa una valutazione dettagliata della natura eccezionale delle circostanze ”.

In riferimento alla sussistenza dell’interesse all’accesso, secondo l’art. 31, § 4, primo comma, lett. c) e d), gli Stati membri provvedono affinché le informazioni siano accessibili in ogni caso a qualunque persona fisica o giuridica possa dimostrare un legittimo interesse, che faccia una richiesta scritta motivata in relazione a un trust o istituto affine.

7. Resta da aggiungere che, in collegamento a quanto si è detto in ordine alla valutazione dell’opportunità di indicare la camera di commercio territorialmente competente, l’Amministrazione potrebbe considerare la possibilità di scegliere: a) rispetto alle possibili eccezionali deroghe all’accesso sulla base del rischio rappresentato dal controinteressato, se la competenza vada attribuita alla sede della camera di commercio del controinteressato o a quella del soggetto che ha fatto richiesta di accesso;
b) rispetto alla valutazione della sussistenza dell’interesse all’accesso, se la competenza vada attribuita alla sede della camera di commercio del soggetto che ha fatto richiesta di accesso o alla sede dei destinatari della richiesta.

8. Infine, nel testo dello schema andrebbero eliminate le mere riproduzioni di norme di legge. Il riferimento è, ad esempio, all’art. 1 (laddove il Ministero riferisce, con riguardo alle definizioni, che esse “riproducono definizioni già contenute nella normativa primaria di riferimento”) e all’art. 4, comma 1, lett. e), che riproduce in gran parte il contenuto dell’art. 21, comma 2, lett. f), e comma 4, lett. d-bis), del DA.

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