Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2022-07-14, n. 202206008

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2022-07-14, n. 202206008
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202206008
Data del deposito : 14 luglio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/07/2022

N. 06008/2022REG.PROV.COLL.

N. 01797/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1797 del 2017, proposto da
E-Distribuzione S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati M C, C Tscano, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato M C in Roma, viale Bruno Buozzi, n. 51;

contro

Comune di Rieti, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato P B, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Luigi Ceci, n. 21;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Seconda, n. 12077/2016, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Rieti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 21 giugno 2022 il Cons. M S e uditi per le parti gli avvocati Abrate in sostituzione dell'avv. Cardi, e Borioni, entrambi in collegamento da remoto;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La E-distribuzione s.p.a., “società con socio unico soggetta a direzione e coordinamento di Enel S.p.A.”, concessionaria dell’attività di distribuzione dell’energia elettrica, titolare nel Comune di Rieti delle necessarie concessioni per l’attraversamento stradale, ha impugnato la nota del 18 dicembre 2015 con cui il Comune aveva comunicato ad Enel S.p.A. la non conformità delle richieste avanzate per l’autorizzazione “alla manomissione di suolo pubblico per opera di scavo” al Regolamento approvato con delibera C.C. n. 83 del 9/9/2015, di disciplina anche del “del canone non ricognitorio ex art. 27 co. 7 e 9 d.lgs. n. 285/992”, ed aveva chiesto di provvedere alla regolarizzazione delle stesse.

2. Il Tar Lazio, sez. III, con sentenza indicata in epigrafe, ha dichiarato irricevibile il ricorso poiché tardivamente proposto.

Sono stati conseguentemente dichiarati irricevibili per tardività anche i motivi aggiunti nella parte in cui investivano la legittimità del regolamento approvato con la deliberazione n. 83 del 2015;
inammissibile per difetto di giurisdizione è stata dichiarata la domanda di annullamento dei 7 avvisi di pagamento emessi tra il 12 aprile 2016 ed il 20 maggio 2016.

2.1. Il giudice di primo grado ha infatti ritenuto che la documentazione agli atti dimostrasse che, con lettera del 22 dicembre 2015, la ricorrente Enel Distribuzione s.p.a avesse fornito specifico riscontro alle pregresse note del 15 ottobre 2015 e del 30 novembre 2015 (con cui si chiedeva espressamente il pagamento per le occupazioni già avvenute sino a quel momento e si “annunciava”, al tempo stesso, che per le “nuove occupazioni” avrebbe trovato applicazione il ridetto regolamento comunale del 9 settembre 2015), così comprovando l’avvenuta piena conoscenza del regolamento impugnato (9 settembre 2015) e delle pretese formulate dal Comune in applicazione di esso già a tali date (15 ottobre 2015 e 30 novembre 2015). Di qui la tardività del ricorso notificato soltanto in data 11 marzo 2016.

3. Propone appello al Consiglio di Stato la società E-distribuzione s.p.a. deducendo con un unico articolato motivo di appello la manifesta erroneità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 41, co. 2, c.p.a. poiché le prime note del Comune ad essa indirizzate (rispettivamente nelle date 15 ottobre 2015 e 30 novembre 2015) contenevano mere “quantificazioni provvisorie” del canone dovuto, tali da non conferire ancora concreta lesività al Regolamento n. 83 del 9 settembre 2015, successivamente impugnato.

L’appellante ha inoltre riproposto i tre motivi del ricorso di primo grado non esaminati dal Tar Lazio, ossia: a) violazione art. 27 del codice della strada, nella parte in cui il canone non ricognitorio dovrebbe essere corrisposto anche in relazione a situazioni in cui difetti in concreto l’uso particolare della strada;
b) violazione del decreto legislativo n. 507 del 1993, nella parte in cui si cumulano canone non ricognitorio e TOSAP (tassa occupazione suolo pubblico);
c) violazione degli obblighi di partecipazione.

4. Si è regolarmente costituito il Comune di Rieti concludendo per il rigetto dell’appello in quanto infondato.

Le parti hanno presentato memorie ex art. 73 co. 1 del cod. proc. amm.

5. All’udienza del 21 giugno 2022 la causa, a seguito di discussione tra le parti, è stata trattenuta in decisione.

6. Ai fini della trattazione della questione è necessario distinguere tra le richieste di canoni relative ad occupazioni pregresse all’adozione del regolamento comunale per l’istituzione e la regolamentazione del c.d. canone non ricognitorio e quelle relative al rilascio delle nuove autorizzazioni ad effettuare scavi sul territorio comunale.

La E-distribuzione s.p.a. infatti ha lamentato, già del primo grado di giudizio, la violazione e falsa applicazione degli artt. 25 e 27 D.Lgs. n. 285/1992, nonché dell’art. 67 del D.P.R. n. 495/1992 per violazione del principio di irretroattività delle leggi di cui all’art. 11 delle preleggi: secondo la Società appellante il canone richiesto dal Comune ai sensi dell’art. 27 del codice della strada andrebbe determinato con specifico provvedimento all’atto del rilascio della singola concessione, non già retroattivamente con un provvedimento regolamentare destinato ad incidere in modo indifferenziato su tutte le fattispecie.

7. A tal proposito il Collegio ritiene di confermare quanto già affermato dal giudice di prime cure in merito all’impugnabilità dei regolamenti Comunali per l’istituzione e la regolamentazione del c.d. “canone non ricognitorio”.

Tali regolamenti sono invero configurati come regolamenti c.d. “volizione-preliminare” e non invece come regolamenti “volizione-azione”, in quanto contenenti previsioni connotate dai caratteri della generalità e astrattezza e quindi inidonee, in quanto tali, ad incidere sulla sfera giuridica soggettiva dei destinatari. Le norme dei regolamenti c.d. volizione-preliminare non producono una lesione attuale degli interessi coinvolti, che si verifica soltanto al momento della loro applicazione, benché non possa disconoscersi che, secondo un orientamento, la loro scontata attuazione contenga un carattere di immediata e concreta lesività, che abilita i soggetti interessati ad impugnarle, ma solo in via facoltativa, senza aspettare la loro applicazione.

In generale, tuttavia i c.d. regolamenti volizione-preliminare contengono previsioni che, in quanto strettamente coerenti con i descritti caratteri di generalità ed astrattezza, non presentano alcuna idoneità ad incidere direttamente sulla sfera soggettiva dei destinatari;
effetto, quest’ultimo che presuppone, invece, l’adozione a valle del provvedimento di attuazione, il solo in grado di rendere attuale la possibile compromissione delle singole situazioni soggettive, così determinando l’insorgere dell’interesse a ricorrere. Sul versante applicativo consegue che l’impugnazione è soggetta all’ordinario termine decadenziale, decorrente dal momento dell’adozione dell’atto applicativo (cfr. ex multis Consiglio di Stato, sez. V, nn. 2927, 2926 e 2917 del 2016).

8. Chiarito ciò, le questioni relative ai canoni per occupazioni pregresse devono essere dichiarate inammissibili per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

Le questioni relative agli avvisi di pagamento infatti sono sottratte alla giurisdizione del giudice amministrativo trattandosi di atti paritetici di mera quantificazione del debito vantato dall’Amministrazione sulla base di criteri predeterminati in modo vincolante (in tal senso Consiglio di Stato, V sez., 10 dicembre 2021, n. 08247;
Consiglio di Stato, 28 giugno 2016, n. 02927 e n. 2916).

Va in proposito affermato, dunque, il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo posto che le contestazioni relative all'avviso o, comunque, alla richiesta di pagamento del canone appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario (sul punto, cfr., ad esempio, la sentenza n. 7190/2011 della Suprema Corte di Cassazione con cui è stato ribadito - alla luce della pronuncia della Corte costituzionale n. 64/2008 - il principio di diritto secondo il quale, in tema di riparto di giurisdizione, spettano alla giurisdizione del giudice ordinario le controversie relative al canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche).

Inequivoco in tal senso il tenore della “intimazione” in data 30 novembre 2015 con cui si prescrive che ENEL, nelle more della quantificazione esatta, dovrà comunque provvedere al pagamento, a titolo di acconto e per le occupazioni pregresse, pari ad euro 2.488.200.

Ebbene, tali questioni attengono quindi alla giurisdizione del giudice ordinario il quale potrà disapplicare il regolamento comunale nel caso in cui ritenga illegittimi i criteri di determinazione del quid e del quantum del canone “non ricognitorio” dallo stesso determinati.

La sentenza di primo grado va al riguardo riformata, nella parte in cui non ha dichiarato il difetto di giurisdizione in merito alle richieste di pagamento specificamente contenute nella nota in data 30 novembre 2015 e riferite alle occupazioni sino a quella stessa data autorizzate. Tale difetto di giurisdizione va poi esteso – come correttamente statuito sul punto dal TAR Lazio – ai 7 avvisi di pagamento emessi tra il 12 aprile 2016 ed il 20 maggio 2016.

9. Separatamente vanno invece trattate le istanze relative ai canoni richiesti per le occupazioni successive all’adozione del Regolamento sulle concessioni stradali di cui alla delibera c.c. n. 83 del 9 settembre 2015.

In particolare si fa riferimento alle richieste di canoni inerenti alle nuove autorizzazioni indicate nella nota del Comune di Rieti prot. 73702 del 18 dicembre 2015, per le quali il Comune ha subordinato il rilascio di nuove autorizzazioni per scavi sul suolo pubblico al pagamento del canone non ricognitorio.

Al riguardo si osserva che:

a) le citate note in data 15 ottobre 2015 e in data 30 novembre 2015 contenevano un mero richiamo al regolamento comunale n. 83 del 9 settembre 2015 ed al fatto che, per le richieste di occupazione che da quel momento in poi sarebbero state presentate da ENEL, avrebbe trovato applicazione la nuova normativa locale. Dunque nessuna lesività attuale, ricollegata al citato regolamento n. 83, poteva effettivamente registrarsi dal momento che alcuna quantificazione concreta, e soprattutto alcun riferimento specifico a qualsivoglia richiesta di occupazione, era stata ancora formulata dalla appellata amministrazione comunale;

b) con la nota in data 18 dicembre 2015, pacificamente ricevuta da ENEL il successivo 13 gennaio 2016, veniva invece espressamente condizionata la prosecuzione dell’ iter di tre specifiche domande di occupazione (rispettivamente presentate nelle date 12 ottobre 2015, 18 novembre 2015 e 9 dicembre 2015) alla regolarizzazione del pagamento dei prescritti canoni non ricognitori alla stregua di quanto a sua volta previsto dal citato regolamento n. 83;

c) di qui il radicarsi effettivo della lesività in capo al suddetto regolamento comunale (acquisizione nota in data 13 gennaio 2016) e la conseguente tempestività del ricorso notificato il successivo 11 marzo 2016;

d) ciò con ogni conseguenza in ordine alla riforma della sentenza di primo grado (anche) nella parte in cui ha ritenuto tardivo il ricorso in merito alle tre richieste di occupazioni di cui sopra, ossia quelle richieste in seguito alla entrata in vigore della predetta regolamentazione comunale.

10. Nel merito il ricorso di primo grado va accolto per tale porzione di gravame, nei sensi e nei limiti di seguito indicati.

11. A tale riguardo è innanzitutto necessario accertare quali siano i presupposti e le condizioni che legittimano l’imposizione da parte dell’ente locale del canone concessorio non ricognitorio e se una tale pretesa possa essere vantata a fronte di un qualunque utilizzo della strada, ovvero soltanto a fronte di un utilizzo singolare che ne impedisca in tutto o in parte la pubblica fruizione.

La giurisprudenza ha avuto modo di affermare che l’articolo 27 del Codice della strada va essenzialmente letto alla luce del principio generale posto dall’art. 1 dello stesso Codice, vale a dire come corpo normativo inteso alla sicurezza delle persone nella circolazione stradale.

L’ art. 27 del Codice della Strada fonda la legittimità dell’imposizione del canone “non ricognitorio” su un provvedimento di autorizzazione o di concessione dell’uso singolare della risorsa pubblica.

Tuttavia, l’insieme delle disposizioni del Titolo II (Della costruzione e tutela delle strade) di quel Codice (per come espressamente richiamate dal ridetto articolo 27) dimostra che le concessioni e le autorizzazioni che giustificano l’imposizione del canone non ricognitorio di cui all’articolo 27 sono caratterizzate dal tratto comune – riferibile in ultimo alla libera e sicura circolazione delle persone sulle strade – di sottrarre in tutto o in parte all’uso pubblico la res a fronte dell’utilizzazione eccezionale da parte del singolo.

Ebbene, il fatto che il Codice abbia operato un espresso richiamo alla sola “sede stradale” (i.e.: alla superficie e non anche al sottosuolo e al soprasuolo) depone nel senso che l’imposizione di un canone non ricognitorio a fronte dell’uso singolare della risorsa stradale è legittima solo se consegue a una limitazione o modulazione della possibilità del suo tipico utilizzo pubblico;
ma non anche a fronte di tipologie e modalità di utilizzo (quali quelle che conseguono alla posa di cavi e tubi interrati) che non ne precludono ordinariamente la generale fruizione. Naturalmente, in questi ultimi casi, l’imposizione di un canone non ricognitorio avrà un giusto titolo che la renderà legittima per il tratto di tempo durante il quale le lavorazioni di posa e realizzazione dell’infrastruttura a rete impediscono la piena fruizione della sede stradale;
ma non si rinviene una giustificazione di legge per ammettere che una siffatta imposizione possa proseguire anche indipendentemente da questa occupazione esclusiva, cioè durante il periodo successivo (che può essere anche pluridecennale) durante il quale la presenza in loco dell’infrastruttura di servizio a rete non impedisce né limita la pubblica fruizione della sede stradale (così Consiglio di Stato, V sezione, 28 giugno 2016 n. 02927).

Il canone non ricognitorio di cui all’art. 27, commi 7 e 8, del Codice della Strada è quindi una prestazione patrimoniale che si applica in correlazione con l’uso singolare della risorsa stradale (intesa ai sensi dell’art. 3, comma 1, n. 46, dello stesso codice, quale “superficie compresa entro i confini stradali”, comprensiva della carreggiata e delle fasce di pertinenza) e dunque in funzione della limitazione od esclusione dell’ordinaria fruizione generale (Cons. Stato, V, 22 settembre 2016, n. 3921).

Ne consegue che in linea di principio alle occupazioni - come quella oggetto di tale controversia - finalizzate all’interramento di condutture per l’esercizio di pubblici servizi non si applica il canone ricognitorio;
si tratta infatti di una modalità di utilizzo della sede stradale che non preclude ordinariamente la generale fruizione della risorsa pubblica, limitandosi alla presenza nel sottosuolo dell’infrastruttura di servizio a rete.

L’imposizione del canone non ricognitorio va quindi limitata temporalmente e fisicamente e può essere consentita in relazione all’arco temporale nel quale viene eseguito l’intervento di posa dell’infrastruttura (così Cons. Stato, sez. V, 12 maggio 2016, n. 1926) e, più in generale, per il tempo in cui le lavorazioni di realizzazione impediscono la piena fruizione della sede stradale;
una siffatta imposizione non può peraltro proseguire nel periodo successivo, durante il quale la presenza in loco dell’infrastruttura di servizio a rete non impedisce né limita la pubblica fruizione della sede stradale (in tal senso anche Cons. Stato, sez. V, 10 dicembre 2021, n. 08257).

Ebbene con riguardo al regolamento n. 83 del 9 settembre 2015 va osservato come lo stesso, ai fini del presupposto applicativo del predetto corrispettivo (canone non ricognitorio), all’art. 8 (dedicato espressamente alla “apertura dei cantieri temporanei stradali”) riguardi indistintamente sia le superfici stradali sia il soprasuolo/sottosuolo. Il tutto senza neppure porre dei limiti temporali strettamente legati all’utilizzo del fondo stradale e dunque al periodo di concreta indisponibilità del bene stesso.

Di qui l’illegittimità della previsione di regolamento.

12. Quanto invece alla invocata impropria sovrapposizione tra tassa di occupazione di suolo pubblico e canone non ricognitorio va richiamato lo stesso precedente di questa sezione (n. 2927 del 28 giugno 2016), secondo cui le due pretese patrimoniali si fondano su due rispettive differenti radici (tributaria per la TOSAP;
corrispettivo per il canone non ricognitorio). In particolare è stato affermato che:

“6.2. Per quanto riguarda, invece, le conclusioni dinanzi richiamate sub b) (possibile coesistenza fra il canone concessorio non ricognitorio e la TOSAP/COSAP), non si ravvisa contraddizione nella eventuale coesistenza fra le due fattispecie, già affermata dalla giurisprudenza della Corte di cassazione.

Ed infatti le due pretese patrimoniali (una di ordine tributario e l’altra caratterizzata dalla descritta lata corrispettività) potranno in ipotesi coesistere, ma a condizione che sussistano, per ciascuna, i relativi presupposti giustificativi.

Non emerge alcun presupposto che giustifichi la pretesa alla corresponsabile del canone ex articolo 27, cit. nelle ipotesi in cui – come nel caso che qui rileva – l’utilizzo del sottosuolo stradale non incida in alcun modo sulla pubblica fruizione della risorsa.

Al contrario, l’articolo 63 (Canoni per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche) del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali) espressamente richiama, fra i presupposti per l’imposizione tributaria, le ipotesi di “occupazione, sia permanente che temporanea, di strade, aree e relativi spazi soprastanti e sottostanti appartenenti al proprio demanio o patrimonio indisponibile (…)”.

In definitiva il richiamato orientamento giurisprudenziale (in particolare: Cass., V, 27 ottobre 2006, n. 23244 e 31 luglio 2007, n. 16914) ammette la possibile coesistenza fra i due richiamati obblighi, ma non impone affatto che la sussistenza dei presupposti applicativi di uno di essi renda ipso facto, quasi per irragionevole duplicazione automatica di effetti, necessitata la prestazione anche dell’altro”.

Alla luce delle considerazioni sopra esposte, il secondo motivo di ricorso va dunque rigettato.

13. In ragione della illegittimità del regolamento locale sopra evidenziata, nei sensi e nei limiti sopra indicati, il collegio può dunque esimersi dall’esaminare la censura relativa alla violazione degli obblighi partecipativi, atteso che le ragioni che sarebbero state sollevate in quella sede procedimentale hanno trovato ampia trattazione e parziale soddisfazione in questa medesima sede processuale. Di qui il conseguente assorbimento dello specifico motivo.

14. In conclusione sono da dichiarare inammissibili per difetto di giurisdizione le censure relative ai canoni concessori inerenti ad occupazioni pregresse all’adozione del regolamento sulle concessioni stradali di cui alla delibera c.c. n. 83 del 9 settembre 2015 e cioè inerenti alle note del Comune di Rieti del 15 ottobre 2015 e del 30 novembre 2015. Va, quindi, indicato il giudice ordinario come munito di giurisdizione sul punto, innanzi al quale il processo potrà essere riproposto ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 11, secondo comma, c.p.a.

Al contrario devono essere le accolte, nei termini sopra indicati, le censure relative alle concessioni successive all’entrata in vigore del Regolamento ed inerenti dunque alla nota del Comune di Rieti 18 dicembre 2015.

15. Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.

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