Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2010-05-27, n. 201003378

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2010-05-27, n. 201003378
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201003378
Data del deposito : 27 maggio 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00518/2006 REG.RIC.

N. 03378/2010 REG.DEC.

N. 00518/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 518 del 2006, proposto da:
A M, rappresentato e difeso dagli Avv.ti M C, R V, con domicilio eletto presso l’Avv. M C in Roma, via Bassano del Grappa N.24;

contro

Comune di Laces, rappresentato e difeso dagli Avv.ti L M, M S, con domicilio eletto presso l’Avv. L M in Roma, via Federico Confalonieri, 5;
F Ingeburga, rappresentata e difesa dagli Avv.ti M M, P P, K T, con domicilio eletto presso l’Avv. P P in Roma, via G. Mercalli 13;

per la riforma

della sentenza del T.R.G.A. - SEZIONE AUTONOMA DELLA PROVINCIA DI BOLZANO n. 00397/2005, resa tra le parti, concernente AMPLIAMENTO DI EDIFICIO ATTUATO PRIMA DELL'APPROVAZIONE DEL PIANO URBANISTICO.


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 marzo 2010 il Cons. Bernhard Lageder e uditi per le parti gli Avv.ti Manzi, Costa, De Portu, su delega di Mayr e Piselli, e Tarfusser, in proprio e su delega di Mayr;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con ricorso notificato il 18 luglio 2003 al resistente Comune di Laces e al controinteressato A M, depositato il 12 agosto 2003, la Sig.ra F Ingeburga adiva il T.R.G.A.-Sezione Autonoma di Bolzano, impugnando la concessione edilizia n. 14/2002 del 22 febbraio 2002 e la successiva concessione edilizia in variante n. 101/2002 del 12 settembre 2002, rilasciate dal Sindaco del Comune di Laces al controinteressato A M (nonché i presupposti pareri della commissione edilizia edilizia), concernenti il risanamento ed ampliamento dell’edificio p.ed. 254 C.C. Laces – la vecchia casa di abitazione della famiglia F, sino al 2002 di proprietà dei fratelli della ricorrente e dagli stessi nel marzo 2002 venduta al controinteressato –, adiacente all’edificio p.ed. 629 C.C. Laces di proprietà della ricorrente, entrambi siti nel centro storico di Laces nella zona residenziale “A”.

2. Il ricorso era affidato a due motivi, con cui la ricorrente lamentava il superamento dell’indice di fabbricabilità di 1,3 mc/mq previsto dal vigente p.u.c. di Laces e, per l’ipotesi della ritenuta persistenza dell’efficacia del piano di recupero risalente al 1986 – che per il comparto edificatorio X (coincidente con l’attuale lotto A11), di cui le due p.ed. 254 e 629 facevano parte, prevedeva un volume massimo realizzabile fuori terra di 1.700 mc –, l’illegittimo spostamento di cubatura in danno di essa ricorrente. Con motivi aggiunti, presentati con atto notificato il 29 marzo e 2 aprile 2004, la ricorrente impugnava altresì la proposta di edificazione del lotto costituito dalle p.ed. 254 e 629, risalente al novembre 1989, sulla cui base – secondo quanto appreso da essa istante solo in corso di causa – il Comune avrebbe rilasciato le impugnate concessioni edilizie, negando di aver mai firmato detta proposta e deducendone comunque l’erronea interpretazione da parte dell’amministrazione comunale.

3. Costituendosi in giudizio, il controinteressato A M eccepiva l’irricevibilità dei ricorsi avversari, assumendo che le opere di ampliamento e trasformazione assentite con le impugnate concessioni edilizie erano già state completate nel dicembre 2002, talché il termine d’impugnazione di sessanta giorni era ormai ampiamente decorso al momento della notificazione del ricorso, e ne contestava comunque anche la fondatezza nel merito.

4. Con separato ricorso notificato il 27 febbraio 2004 (al solo Comune), la stessa ricorrente impugnava la nota prot. n. 5998 del 19 dicembre 2003 del Sindaco di Laces, con cui questi aveva comunicato di voler attendere la decisione del T.R.G.A. sull’impugnativa delle due concessioni edilizie nn. 14/2002 e 101/2002, prima di provvedere sulla domanda di concessione edilizia presentata da essa ricorrente per la costruzione di due verande sulla p.ed. 629.

5. Riuniti i due ricorsi (iscritti rispettivamente sub R.G. nn. 247/2003 e 80/2004), l’adito T.R.G.A. con la qui impugnata sentenza, in esito all’espletamento di consulenza tecnica d’ufficio diretta a ricostruire la cubatura assentibile alla p.ed. 254, disattendeva l’eccezione d’irricevibilità del ricorso sub R.G. n. 247/2003, sulla base del rilievo della carenza di prova della data di ultimazione delle opere edilizie in oggetto e della conseguente incertezza del dies a quo del termine d’impugnazione, da dimostrare dall’eccipiente. Nel merito, in accoglimento del ricorso, annullava le impugnate concessioni edilizie, ritenendo alla luce delle acquisite risultanze istruttorie, che il volume massimo fuori terra consentito sulla p.ed. 254 fosse già ampiamente esaurito dall’edificio preesistente, e che dunque l’ampliamento di cubatura assentito dalle impugnate concessioni fosse illegittimo. Dichiarava invece inammissibile il ricorso sub R.G. n. 80/2004, proposto avverso la nota prot. n. 5998 del 19 dicembre 2003 del Sindaco di Laces, escludendone la natura provvedimentale. Dichiarava le spese di causa interamente compensate tra le parti, ponendo le spese di c.t.u. a carico della ricorrente e del controinteressato, in ragione della metà per ciascuno.

6. Avverso tale sentenza proponeva appello il controinteressato soccombente A M, deducendo i seguenti motivi: a) l’erroneo rigetto dell’eccezione di irricevibilità del ricorso in primo grado e dei motivi aggiunti, in conseguenza dell’erronea valutazione delle prove al riguardo prodotte;
b) l’erronea interpretazione e ricostruzione degli strumenti urbanistici applicabili al caso di specie ed il conseguente erroneo annullamento delle concessioni edilizie. Chiedeva dunque, in riforma della gravata sentenza, la dichiarazione d’irricevibilità del ricorso avversario e, nel merito, il suo rigetto, con rifusione di spese. Ad integrazione della prova della data di ultimazione dei lavori, produceva ulteriori documenti.

7. Costituendosi, l’appellata F Ingeburga contestava la fondatezza dell’appello, chiedendone il rigetto con vittoria di spese. Eccepiva, in particolare, l’inammissibilità delle nuove produzioni documentali, in violazione dell’art. 345, comma 3, c.p.c. Proponeva appello incidentale avverso la dichiarazione d’inammissibilità del ricorso proposto ad impugnazione della determinazione sindacale del 19 dicembre 2003, comportante l’arresto del relativo procedimento concessorio e come tale autonomamente impugnabile, nonché avverso la statuizione sulle spese, ingiustamente compensate fra le parti.

8. Si costituiva, altresì, il Comune di Laces, associandosi alle eccezioni e richieste dell’appellante principale.

9. All’odierna pubblica udienza la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. L’appello principale è fondato e merita accoglimento.

2. Merita, segnatamente, accoglimento il primo motivo di gravame, con cui l’appellante lamenta l’erroneo rigetto dell’eccezione di irricevibilità del ricorso in primo grado (e dei motivi aggiunti).

2.1. Giova al riguardo premettere, in linea di diritto, che il termine di impugnazione di un titolo edilizio rilasciato a terzi comincia a decorrere solo quando vi siano elementi univoci, da cui si possa evincere la sua effettiva conoscenza in relazione alle essenziali caratteristiche dell’opera, rilevanti per la verifica di conformità della disciplina urbanistica, sicché il termine – in assenza di altri elementi da cui si possa evincere la previa conoscenza dell’atto – decorre non con l’inizio dei lavori, ma con il loro completamento, tranne quando si deduca l’inedificabilità dell’area, nel qual caso è sufficiente la conoscenza dell’iniziativa in corso (v. sul punto, per tutte, C.d.S., Sez. IV, 29 maggio 2009, n. 3358;
C.d.S., Sez. IV, 31 luglio 2008, n. 3849;
C.d.S., Sez. IV, 8 luglio 2002, n. 3805).

Orbene, sebbene nel primo grado le produzioni documentali a suffragio dell’eccezione di tardività sollevata dal controinteressato A M fossero insufficienti a comprovare l’esatto momento di ultimazione dell’opera – essendo tali prove documentali costituite da dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà rilasciate dalle imprese artigiane incaricate dell’esecuzione dei lavori (in particolare, dall’imprenditore edile Vidal Joachim, dall’impresa di carpenteria Rotom s.n.c. di Fleischmann Roman &
Trafoier Thgomas, dall’imprenditore lattoniere Ennemoser Otto), le quali nel processo amministrativo assurgono a mero valore indiziario e, in mancanza di altri elementi gravi, precisi e concordanti, non sono idonei a fornire la prova piena dei fatti cui si riferiscono (v. al riguardo C.d.S., Sez. IV, 7 luglio 2008, n. 3358) –, si osserva che la prova piena dell’ultimazione dei lavori nel dicembre 2002 è stata fornita dall’eccipiente ed odierno appellante nel presente grado di appello, con le prove documentali prodotte in allegato all’atto d’impugnazione.

Le risultanze delle dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà, rilasciate dai citati imprenditori (v. relativi estratti C.C.I.A.A., pure prodotti nel presente grado) – secondo cui i lavori di carpenteria e conciatetti erano stati completati prima del 12 dicembre 2002, ed i lavori di lattoniere e quelli edili prima del 27 dicembre 2002 –, risultano confermate dalle prodotte fatture commerciali finali, rispettivamente datate 2 dicembre 2002 (Rotom s.n.c.), 27 dicembre 2002 (Ennemoser) e 2 ottobre 2002 (Vidal). Considerato che i lavori di carpenteria, conciatetti e lattoniere notoriamente usano essere eseguite nella fase finale della costruzione di un edificio, una valutazione complessiva degli acquisiti elementi istruttori conduce alla conclusione, che la circostanza dell’ultimazione dell’opera di risanamento/ampliamento – quanto a volume, altezza, superficie, prospetti e sagoma – nel mese di dicembre 2002 sia stata provata in modo pieno ed esauriente.

2.2. Sotto un profilo strettamente processuale, si osserva che secondo ormai consolidato orientamento giurisprudenziale di questo Consiglio (Sez. V, 7 maggio 2008, n. 2080;
Sez. IV, 4 febbraio 2008, n. 306;
Sez. IV 6 marzo 2006, n. 1122) nel processo amministrativo opera, bensì, il divieto dello ius novorum sancito dall’art. 345 c.p.c. nella sua interezza, compreso il divieto di nuove produzioni documentali secondo l’interpretazione fornita da Cass. Sez. Un. Civ. 20 aprile 2005, nn. 8202 e 8203 (ora recepita nel novellato comma 3 del citato art. 345 c.p.c.), per cui il divieto di ammissione di nuovi mezzi di prova in appello riguarda anche le prove cc.dd. precostituite, quali i documenti, la cui produzione è subordinata, al pari delle prove cc.dd. costituende, alla verifica della sussistenza di una causa non imputabile, che abbia impedito alla parte di esibirli in primo grado, ovvero alla valutazione della loro indispensabilità. Ma nel caso di specie è proprio l’indispensabilità dei documenti a consentirne la produzione nel presente grado, dovendosi tale requisito ritenere integrato, ogniqualvolta il nuovo mezzo istruttorio assuma un’influenza causale determinante sull’esito del giudizio, nel senso che esso sia idoneo a dissipare un perdurante stato di incertezza sui fatti controversi, in modo da condurre ad un accertamento in fatto che denoti l’ingiustizia della prima decisione e ne rovesci le statuizioni. La ratio dell’art. 345, comma 3, c.p.c., laddove prevede, in deroga al divieto dei nova in appello, l’ammissibilità delle prove indispensabili, esprime l’esigenza di garantire, per quanto possibile, l’aderenza della decisione di gravame alla verità sostanziale, in esplicazione del principio del “giusto” processo, sancito dall’art. 111, comma 1, Cost., la cui attuazione esige anche, se non in primo luogo, la tendenziale aderenza del risultato del processo alla verità sostanziale (in punto di fatto) e al diritto oggettivo sostanziale (in punto di diritto).

Se, poi, si considera che nel caso di specie le prove si riferiscono a fatti posti a base di un’eccezione (l’irricevibilità del ricorso per tardività) rilevabile anche d’ufficio, in quanto tale a norma dell’art. 345, comma 2, c.p.c. proponibile – cioè deducibile in fatto ed in diritto – per la prima volta anche in grado d’appello, le prove a suffragio dei fatti posti a fondamento di siffatta eccezione anche sotto il profilo in esame potevano essere fornite per la prima volta in grado d’appello, non avendo senso, a pena d’incorrere in una vera e propria contradictio in adiecto , ammettere la proponibilità di un’eccezione e nel contempo vietarne la prova dei fatti costitutivi.

Né, infine, nella soluzione qui propugnata è ravvisabile una violazione del diritto di difesa della parte appellata, dovendo le prove essere offerte in limine nello stesso atto d’appello – come avvenuto nel caso sub iudice –, onde preservare il diritto di replica e/o controprova della controparte.

2.3. A fronte della tardività del ricorso – notificato il 18 luglio 2003, a lavori ultimati nel mese di dicembre 2002 – in riforma della gravata sentenza s’impone la declaratoria di irricevibilità del ricorso di primo grado (compresi i motivi aggiunti), con impedimento all’ingresso delle questioni di merito.

3. Quanto all’appello incidentale, proposto dall’appellata F Ingeburga avverso la statuizione d’inammissibilità del ricorso incardinato dinnanzi al T.R.G.A. sub R.G. n. 80/2004, lo stesso deve essere disatteso, in quanto i primi giudici hanno correttamente escluso che l’impugnata lettera-nota prot. n. 5998 del 19 dicembre 2003 del Sindaco di Laces – con cui questi aveva comunicato di voler attendere la decisione del T.R.G.A. sull’impugnativa delle due concessioni edilizie nn. 14/2002 e 101/2002, prima di provvedere sulla domanda di concessione edilizia presentata dalla ricorrente per la costruzione di due verande sulla p.ed. 629 – possa qualificarsi come provvedimento definitivo di diniego, essendovi fissato un ulteriore aggiornamento della trattazione della pratica all’8 gennaio 2004, ore 9, nella casa comunale, per un incontro al fine di una soluzione bonaria della vertenza (v. doc. 1 in allegato al ricorso sub R.G. 80/2004), e trattandosi dunque di risposta meramente interlocutoria priva di natura provvedimentale.

4.

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